Arezzo sorge su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell'Appennino Tosco-Romagnolo. Come testimonia l'architettura stessa della città, vanta un'origine antichissima che l'ha vista essere una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. [1] La parte più elevata della città conserva uno spiccato aspetto medievale, dominata dalla Cattedrale e dalla Fortezza Medicea. La Cattedrale, che presenta nel suo aspetto tratti gotici, custodisce pregevoli opere d'arte tra le quali la Maddalena di Piero della Francesca e le vetrate istoriate di Guillaume de Marcillat. Al centro della città Piazza Grande dispiega una vera antologia di stili architettonici. Accanto alle torri medievali, si ergono l'imponente Loggiato Vasariano, una delle più interessanti opere architettoniche rinascimentali; il Palazzo della Fraternita dei Laici, bell'esempio di sintesi di architettura gotica e rinascimentale e l'abside della Pieve di Santa Maria. Piazza Grande, il penultimo sabato di giugno e la prima domenica di settembre, diventa lo scenario della Giostra del Saracino, torneo cavalleresco di origini medioevali. La stessa piazza e gran parte del centro storico ospitano, ogni prima domenica del mese ed il sabato precedente, la Fiera Antiquaria. La cappella Bacci nella Basilica di San Francesco accoglie lo straordinario ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, una delle più alte testimonianze della pittura rinascimentale italiana. Nella Basilica di San Domenico, semplice costruzione a navata unica, si conserva la croce dipinta di Cimabue, opera giovanile dell'artista. Molte altre chiese e palazzi testimoniano con la loro bellezza e la loro originalità stilistica la civiltà aretina e la sua importanza nelle varie epoche storiche. Ricordiamo tra queste la Badia delle Sante Flora e Lucilla, la Chiesa della Santissima Annunziata, edifici come Palazzo Pretorio e Palazzo dei Priori, e a qualche minuto fuori le mura della città, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, la Pieve romanica di Sant'Eugenia al Bagnoro. I musei della città offrono ai visitatori la possibilità di ammirare una varietà di beni di inestimabile valore artistico: il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate, il Museo Statale d'Arte Medioevale e Moderna, il Museo e Casa Vasari, la Casa Museo Ivan Bruschi.
La vita è veramente bella ad Arezzo e dintorni. Lo ha affermato gridando al mondo la sua felicità Roberto Benigni, che nella Piazza Grande del capoluogo ha girato una delle più suggestive scene del film La vita è bella. Lo ribadiscono i tanti film che del territorio aretino hanno messo in luce le bellezze paesaggistiche di una campagna autentica, nella quale si tramandano le antiche tradizioni toscane.
Monumenti e luoghi d'interesse
Principali chiese
Duomo di Arezzo
Piero della Francesca,, Mary Magdalene, fresco, 190 x 105 cm Arezzo, Duomo, 1460
La Cattedrale dei Santi Pietro e Donato è il Duomo di Arezzo. Costruita nelle sue parti essenziali tra il 1278 ed il 1511 grazie ai lasciti di Papa Gregorio X (morto ad Arezzo nel 1276) ed all’intraprendenza del Vescovo Guglielmo degli Ubertini e dei suoi successori, la Cattedrale è un imponente edificio gotico a tre navate senza transetto, contornata da un’elegante scalinata in travertino, realizzata sul progetto di Guillaume de Marcillat, autore anche delle bellissime vetrate interne.
La facciata è stata realizzata tra il 1900 ed il 1914. Il campanile, anch’esso neogotico, fu elevato tra il 1857 ed il 1860 e terminato con la caratteristica guglia appuntita nel 1931-1932.
L’interno del Duomo custodisce altri importanti capolavori, tra i quali spiccano l’affresco di Maria Maddalena di Piero della Francesca, il Cenotafio del Vescovo Tarlati, opera di Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura, il fonte battesimale con sculture attribuite a Donatello, la Cappella della Madonna del Conforto, costruita in stile neoclassico dopo il miracolo mariano del 1796.
Maria Maddalena
Nella Cattedrale, anch'essa gotica, è visibile l'affresco raffigurante la Maria Maddalena, in fondo alla navata sinistra.
La figura della Maddalena si trova incorniciata da un'arcata a tutto sesto dipinta, dallo stile classicheggiante. La presenza di motivi vegetali sulla ghiera è una decorazione che non si riscontra nell'architettura reale, né classica né dell'epoca, ma compare in vari dipinti di ambito romano dell'epoca, come la cappella Niccolina di Beato Angelico. Per questa caratteristica e per gli effetti luministici, l'opera viene in genere datata a dopo il soggiorno romano dell'artista (1458-1459).
La Maddalena si erge a dimensioni naturali, con lo sguardo abbassato verso lo spettatore e sullo sfondo di una balaustra e di un cielo azzurro. La cornice le dà la consistenza monumentale di una statua in una nicchia. Il ritratto incede su una dolce bellezza giovanile, sottolineata dalla postura fiera del collo, la fronte alta e nobile, le fossette ai lati della bocca, le sopracciglia leggermente innalzate.
La veste ed il mantello sono trattati con un panneggio estremamente plastico, con il ricorso ai colori complementari rosso/verde, uniti al luminoso bianco della fodera. I capelli della santa sono lunghi come da tradizione iconografica, cadenti sulle spalle in tenere ciocche, raffinatamente dipinte una a una.
La luce è chiara e nitida, che dà ai colori un tono delicato e armonico, su superfici ampie. Questa caratteristica di Piero deriva dalla lezione di Domenico Veneziano, ma è anche possibile che avesse avuto modo di vedere alcune opere di Antonello da Messina a Roma.
Maddalena tiene in mano l'attributo dell'ampolla degli unguenti, con il quale avrebbe cosparso il corpo di Cristo. L'ampolla mostra un virtuosistico uso della luce che restituisce il lustro brillante del vetro, particolarmente difficile nella tecnica ad affresco, facendola quasi assomigliare a una fonte di luce.
Arezzo, Duomo
Santa Maria Maddalena, Dome, Arezzo
La Basilica di San Francesco
La Basilica di San Francesco è un'importante chiesa di Arezzo, famosa soprattutto per le Storie della Vera Croce, un ciclo di affreschi di Piero della Francesca presenti nella cappella.
La Basilica è storicamente la seconda chiesa di Arezzo. La prima era fuori dalle mura e doveva essere una chiesa grande per contenere la Grande Croce francescana e una tavola della Maestà di Guido da Siena. La prima chiesa fu distrutta per motivi di difesa e così la comunità di Arezzo chiese se la seconda potesse essere costruita dentro le mura (1290). La Maestà fu spostata nella nuova chiesa e successivamente asportata nel 1863 per farne un pezzo da museo.
La basilica, costruita in pietre e mattoni, si trova nell'omonima piazza di San Francesco. Di fronte alla facciata è presente un monumento a Vittorio Fossombroni, di Pasquale Romanelli (1863), posto in posizione non dominante rispetto alla facciata. L'interno, molto spazioso, ha un'unica navata, fiancheggiata a sinistra da alcune cappelle e a destra da edicole con ornamenti del Trecento.
Sulle pareti della cappella maggiore, tra il 1453 ed il 1464 Piero della Francesca dipinse il celebre ciclo di affreschi delle Storie della Vera Croce. Un restauro è stato compiuto nel 1992, 500 anni dopo la morte dell'artista. La cappella posta a destra dell'abside ospita affreschi di Spinello Aretino, mentre in quella a sinistra si trova una Annunciazione forse del giovane Luca Signorelli.
La chiesa contiene anche un crocifisso del Maestro di San Francesco, un contemporaneo di Cimabue. La chiesa inferiore, divisa in tre navate, è ora usata come sala espositiva.
The church of San Francesco an the statue of Vittorio Fossombroni
Arezzo, la Basilica di San Franceso, interno con la cappella Bacci
Nel 1417 era morto Baccio di Maso Bacci, un ricco mercante appartenente a un'importante famiglia aretina, nelle cui disposizioni testamentarie era previsto un generoso lascito per la decorazione del coro della basilica francescana, patronato dalla famiglia stessa. Iniziative del genere non erano infrequenti nei testamenti tra Medioevo e Rinascimento, ed erano una sorta di riconciliazione religiosa di individui di successo che si erano arricchiti in maniera non del tutto tollerata dalla Chiesa, come il prestito e il "cambio", che all'epoca erano considerati peccato di usura [1].
Le disposizioni testamentarie vennero messe in pratica dagli eredi solo trent'anni dopo, quando nel 1447 Francesco Bacci vendette una vigna per pagare i lavori che vennero affidati all'attempato artista fiorentino Bicci di Lorenzo, maestro di una delle più attive botteghe della città toscana, ma dallo stile piuttosto ancorato al passato, che non abbracciò mai, se non in questioni superficiali, le novità dell'arte rinascimentale. Bicci di Lorenzo iniziò a dipingere i pennacchi della volta (quattro Evangelisti), la parte superiore del sottarco della cappella (due Dottori della Chiesa: Gregorio e Girolamo) e il prospetto esterno dell'arco trionfale (Giudizio Universale), ma nel 1452 si ammalò gravemente morendo di lì a poco.
Presumibilmente Giovanni Bacci, figlio di Francesco che aveva intensi rapporti con i circoli umanistici aretini, chiamò allora un artista della nuova corrente artistica, scegliendo Piero della Francesca, che era ormai ben noto oltre i confini della sua patria (Sansepolcro) ed aveva già lavorato per corti importanti quali Ferrara, Rimini e Urbino.
Come risulta da un documento notarile, i lavori furono interrotti negli anni 1458-1459, quando Piero fu a Roma, alla corte papale di Niccolò V, dove eseguì nel Palazzo Apostolico affreschi ben documentati ma oggi perduti. Qui entrò in contatto con artisti di altre scuole, in particolare fiamminghi, che influenzarono il suo stile, come si legge nelle caratteristiche diverse degli affreschi aretini della seconda fase, dipinti dopo il soggiorno romano.
Gli affreschi della Vera Croce risultavano terminati entro il 1466, quando la confraternita aretina della Nunziata commissionò a Piero uno stendardo con l'Annunciazione, nel cui contratto si faceva riferimento al ciclo ben riuscito, che aveva orientato la scelta sul pittore biturgense. Quello stesso anno Piero dipinse l'affresco di una Maddalena nel Duomo di Arezzo.
Gli affreschi vennero "riscoperti" a metà del XIX secolo, quando si risvegliò l'interesse verso Piero della Francesca a partire dai viaggiatori e gli studiosi inglesi. Il primo articolo in cui si acclamava Piero come artista di prim'ordine fu scritto nel 1858 da Austin Henry Layard nel Quarterly Review. Con la costruzione della prima linea ferroviaria per Arezzo a metà degli anni sessanta dell'Ottocento, gli artisti inglesi, che già avevano ammirato il Battesimo di Cristo della National Gallery, si riversarono a vedere gli affreschi di Arezzo e di Sansepolcro, dove apprezzavano la "laicità" della sua nuova scienza prospettica e l'ispirazione che, secondo loro, derivava dall'arte greca, baluardo dei neoclassici. Lo stesso Edgar Degas visitò Arezzo, traendo ispirazione per opere come Semiramide alla costruzione di Babilonia, oggi al Museo d'Orsay, o i Giovani spartane alla National Gallery di Londra[2].
Il primo critico moderno occuparsi di Piero della Francesca fu Adolfo Venturi nel 1911, seguito a breve da Roberto Longhi nel 1913 (Piero dei Franceschi e le origini della pittura veneziana), che ne diede un'originale rilettura attraverso Cézanne, nel quale riscontrava lo stesso "intervallarsi regolare di volumi regolari", in scene come la Verifica della Croce. Nel 1914 riprese l'accostamento nella Breve ma veridica storia della pittura italiana, parlando di straordinaria "sintesi tra la forma e il colore per vioa prospettica", ripresa anche da Seurat.
Gli affreschi sono stati oggetto di accurato lavoro di restauro terminato nel 1992.
Piero della Francesca | Storie della Vera Croce
La Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo
Gli affreschi sono posti su tre livelli sulle pareti laterali e sul fondo, senza alcuna intelaiatura architettonica. Le storie della Vera Croce sono narrate dagli avvenimenti della Genesi fino all'anno 628, quando il santo Crocifisso, dopo essere stato rubato, venne riportato a Gerusalemme. Le fonti delle Storie sono la Bibbia e la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, raccolta di agiografie estremamente popolare nel Medioevo e nel Rinascimento, scritta dal vescovo ligure tra il 1224 e il 1250. Da un punto di vista iconografico Piero aveva a disposizione come modelli gli affreschi di Agnolo Gaddi nel coro di Santa Croce a Firenze, quelli di Cenni di Francesco nella cappella della Croce di Giorno della chiesa di San Francesco a Volterra e quelli di Masolino nella cappella di Sant'Elena nella chiesa di Santo Stefano a Empoli (chiesa in cui aveva lavorato anche il suo predecessore Bicci di Lorenzo): la scelta del soggetto è legata alla lunga tradizione di adorazione della Croce negli ordini francescani; la visione del Cristo sulla Croce da parte di Francesco d'Assisi era stata infatti il culmine della sua vita religiosa, premiandolo con il contrassegno delle celebri stimmate, per la prima volta nella storia cristiana.
Piero si discostò comunque dai modelli precedenti, a livello di scelta delle storie (alcune sono trattate individualmente, come quella del Sollevamento della Croce), sia a livello iconografico (Adorazione della Croce e incontro di Salomone e la Regina di Saba, Sogno di Costantino, Battaglia di Costantino e Massenzio). Egli inoltre non si curò dell'andamento cronologico, privilegiando un criterio meramente estetico-formale, che creasse effetti di simmetria, senza per questo impedire rispondenze filosofico-teologiche tra scene che si fronteggiano. In alto ad esempio, sia nella parete sinistra che in quella di destra è rappresentata una scena all'aperto, mentre nel registro mediano si trovano due scene di corte su sfondo architettonico, e, in basso, due battaglie. A determinate scene dell'Antico Testamento inoltre si contrappongono altre del Nuovo.
Elenco delle scene
Le scene possono esser quindi lette in un ordine cronologico o nell'ordine di lettura naturale, che va dal registro superiore a sinistra (lunette), alle due scene sulla parete centrale ai lati della finestra, fino alla parete destra, riniziando poi nel registro mediano e in quello inferiore con lo stesso ordine. L'ordine di lettura cronologico invece inizia nella lunetta destra e termina, ciclicamente, nella lunetta sinistra.
Adamo sta per morire, ed è infatti accasciato sulla destra , con l'anziana Eva alle sue spalle. Suo figlio Seth riceve dall'arcangelo Michele (sullo sfondo) il germoglio dell'Albero della Conoscenza, che poi mette (scena centrale) in bocca al padre morto. Dall'Albero, che visse fino ai tempi di Salomone, nascerà il legno per la Croce di Cristo.
La Regina di Saba, attraversando un ponte, riconosce in una trave il legno dell'albero della Conoscenza e si inginocchia ad adorarlo. Nella parte destra, in un interno, la Regina si incontra con re Salomone, davanti al quale si inchina in segno di sottomissione.
Dio, dall'alto dei cieli, invia l'Angelo e lo Spirito Santo per annunciare a Maria l'incarnazione di Cristo nel suo grembo, che ella accetta con un gesto, facendo avverare le Sacre Scritture.
Un angelo porta in sogno a Costantino, addormentato nella sua tenda di notte, la rivelazione della Croce e della vittoria su Massenzio a patto della sua conversione. L'Angelo gli porta una minuscola croce, simbolo dell'In hoc signo vinces.
La Croce, dopo la morte di Cristo, è stata sepolta e solo un ebreo di nome Giuda è a conoscenza di dove si trovi. Per obbligarlo a parlare Elena lo fa calare in un pozzo, lasciandolo lì dentro fino a quando sarà disposto a parlare. La scena mostra i funzionari che lo tirano fuori in malo modo.
Elena ha ritrovato la croce di Gesù e quelle dei due ladroni. Non riuscendo a capire quale possa essere quella su cui fu inchiodato Cristo, Elena le fa esporre tutte e tre sopra il cadavere di un giovane appena defunto, che risorge miracolosamente allorché viene a contatto con la sacra reliquia. A quel punto Elena e il suo seguito si inginocchiano in adorazione.
Cosroè II, re persiano della dinastia sasanide, conquista Gerusalemme e ruba la Vera Croce. A fianco della sacra reliquia e del gallo si fa adorare come una divinità (edicola nella parte destra), ma i cristiani, comandati dal re bizantino Eraclio, lo fanno prigioniero dopo averne sconfitto l'esercito nella Battaglia di Ninive (dicembre 627) - nella quale muore uno dei suoi figli - e lo fanno decapitare (gennaio 628).
Eraclio, dopo la riconquista della Croce, la riporta a Gerusalemme in un pellegrinaggio che fa scalzo come Cristo sulla strada del Golgota. Fedeli accorrono dalla città e si inginocchiano davanti alla sacra reliquia.
A questi dipinti vanno poi aggiunti altri affreschi di corredo (molto frammentari) dipinti da Piero e la sua bottega lungo lo spessore dell'arcone: Sant'Agostino (sull'arco in basso a sinistra), Sant'Ambrogio (sull'arco in basso a destra), Cupido (piedritto sinistro in alto), San Ludovico (piedritto sinistro al centro), San Pietro Martire (piedritto sinistro in basso), Angelo (piedritto destro in basso, la rimanente superficie del piedritto destro è completamente perduta). Il registro più basso, ad altezza d'uomo, è occupato da finte specchiature marmoree e una cornice con dentelli dipinta.
Manca un affresco della Crocifissione, ma ciò era giustificato dalla presenza, tutt'ora in loco, di un grande crocifisso ligneo dipinto attribuito al Maestro del San Francesco Bardi (XIII secolo), appeso sopra l'altare maggiore al centro della cappella.
Note
[1] L'esempio più celebre è quello di Reginaldo degli Scrovegni, citato come dannato nell'Inferno da Dante, il cui figlio Enrico fece affrescare, in riparazione dei "peccati" del padre, la famosa cappella degli Scrovegni a Giotto.
[2] Silvia Ronchey, L'enigma di Piero, BUR, Milano 2006, pag. 40-41.
Piero della Francesca, autoritratto in Ritrovamento delle tre croci
Lo schema iconografico, il riferimento tematico degli affreschi nella Cappella Maggiore di San Francesco
Schema della narrazione degli affreschi nella cappella
Le tre pareti della Cappella Bacci (foto: A. Benci)
Museo Basilica di San Francesco
Via di San Francesco - 52100 Arezzo
Tel. 0575 352727 - Fax 0575 302001
info@pierodellafrancesca-ticketoffice.it
Santa Maria della Pieve
La Pieve di Santa Maria. Romanica, con elegante facciata a colonnato, custodisce al suo interno un polittico di Pietro Lorenzetti (1320), Madonna e Santi e una Croce lignea di Margarito (XIII sec.). Della antica facciata del XII secolo fanno parte la lunetta con un bassorilievo raffigurante la Madonna Coronata e due angeli e lo straordinario ciclo raffigurante i dodici Mesi, capolavoro di scultura medievale visibile dopo un attento ed accurato restauro.
Santa Maria della Pieve
Santa Maria della Pieve (la Pieve), con una torre alta 59 metri, detta anche il campanile dalle cento buche, nell'archivolto del portale principale si ammira il complesso scultoreo lapideo policromo del XII secolo raffigurante Ciclo dei mesi e all'interno il polittico di Pietro Lorenzetti ed il busto reliquario di San Donato.
La chiesa di Santa Maria della Pieve è situata nel centro storico di Arezzo, tra corso Italia, sul quale prospetta la facciata, e piazza Grande, su cui prospetta l'abside.
La facciata, ricostruita nel XIII secolo, da tre logge sorrette da colonnine; le due logge inferiori sono ad arco, la terza, quella più in alto, è ad architrave. Il coronamento della facciata è privo di timpano.
Nella parte inferiore della facciata, si aprono tre portali strombati; quello centrale, presenta la lunetta Vergine fra due angeli che reca il nome dell'artista, Marchio, e la data 1216.
Sulla destra della facciata, si erge la torre campanaria, detta dei cento buchi per le bifore, dieci per ogni lato, disposte su cinque ordini sovrapposti.
Sulla parte posteriore della chiesa vi è la grande abside semicircolare, decorata con arcate cieche a tutto sesto e monofore che danno luce all'interno e alla cripta.
Interno
All'interno fu ideato il transetto posto di fronte al presbiterio con pilastri a fascio. Aggiunte di cappelle, di edicole e di affreschi si verificarono nel XIV secolo. Testimonianza di questo momento è rimasto il polittico con la Vergine col Bambino e i Santi Giovanni Evangelista, Donato, Giovanni Battista e Matteo commissionato a Pietro Lorenzetti nel 1320. Il busto reliquiario di San Donato, conservato nella cripta, in argento dorato, con smalti traslucidi e con pietre preziose, fu eseguito nel 1346.
Del XIV secolo è anche il fonte battesimale, di forma esagonale e con formelle raffiguranti Storie di San Giovanni Battista, opera di Giovanni d'Agostino (1332-1333). Grandi lavori di trasformazione della Pieve furono realizzati da Giorgio Vasari nel 1560. Da documenti esistenti, si dà per certo che i resti di Giorgio Vasari e della moglie Nicolosa de Bacci, posti insieme in un'urna, riposino dentro la tomba che si trova sotto il pavimento all'interno della Pieve di Santa Maria Assunta.
L'altare maggiore fu sostituito da quello di famiglia, oggi si trova nella Badia delle Sante Flora e Lucilla.
Il polittico di Pietro Lorenzetti
Il Polittico della pieve di Arezzo del 1320 è la prima opera pervenutaci datata.
Vasari raccontò che Pietro Lorenzetti venne chiamato ad Arezzo dal vescovo Guido Tarlati per affrescare la tribuna e l'abside della pieve di Santa Maria, dipingendo dodici storie della Vergine culminanti nell'Assunzione, in cui aveva rappresentato gli apostoli a grandezza naturale, lodati come primo tentativo di "ringrandire la maniera". queste opere, tanto apprezzate dal biografo aretino e oggi completamente perdute, valsero a Pietro la commissione per la pala d'altare, che è ancora in loco.
Dell'opera resta in contratto di allogazione, che riporta in nome per intero del pittore: «Petrus pictor, quondam Lorenzetti qui fuit de Senis» ("Pietro del fu Lorenzetti che fu di Siena").
Al centro si trova la Madonna col Bambino a mezza figura (come tutti gli altri santi), che attrae immediatamente l'attenzione per il velo sontuoso, di un raffinatissimo broccato d'oro con motivi blu, in cui i quadrilobi si susseguoni deformandosi per effetto delle pieghe; esso è foderato di pelliccia di scoiattolo grigio dalla tipica forma a vaio con code di visone attaccate.
Suggestivo scenario della Giostra del Saracino e della fiera antiquaria, la Piazza Grande si apre nel cuore della città medioevale. Occupa con la sua caratteristica composizione planimetrica forma trapezoidale, superficie fortemente inclinata la parte più bassa dell’antica platea communis, sorta attorno al 1200 e dotata di un perimetro assai più esteso dell’attuale, dominato a monte dal palazzo del Comune (del quale restano scarse tracce in cima a via Pelliceria) e dal palazzo del Popolo, i cui ruderi sono visibili alla sommità di via dei Pileati, incorporati nel muraglione di sostegno del terrapieno del Prato. Nel corso del Cinquecento, abbandonato il primo dei due palazzi pubblici ad un progressivo degrado ed abbattuto il secondo, profondamente modificato il sistema difensivo, la piazza fu ridotta alle dimensioni attuali con la realizzazione, sul lato NE, del loggiato vasariano.
La Giostra del Saracino è una rievocazione storica medievale. La Giostra del Saracino si corre in Piazza Grande ad Arezzo il penultimo sabato del mese di giugno (Giostra di San Donato) in notturna e la prima domenica del mese di settembre (Giostra di settembre) diurna.
Vi partecipano i quattro quartieri in cui è suddivisa la città, ovvero: il Quartiere di Porta Crucifera (conosciuto anche come Colcitrone ), il Quartiere di Porta del Foro (conosciuto anche come San Lorentino), il Quartiere di Porta Sant'Andrea e il Quartiere di Porta Santo Spirito (prima chiamato Porta del Borgo).
La Giostra è una rievocazione storica in costume medievale che si svolge ad Arezzo presumibilmente dal XIII secolo.
Si tratta di un'antica competizione cavalleresca che affonda le sue origini nel Medioevo e che consiste nel colpire un bersaglio, posto sullo scudo del Buratto (un automa girevole che impersona il "Re delle Indie"), con un colpo di lancia al termine di una veloce carriera a cavallo. Il tutto senza farsi colpire dal mazzafrusto, imbracciato dal Buratto stesso, il quale viene azionato da un meccanismo a molla.
In principio probabilmente questo cavalcare contro un fantoccio era un esercizio militare, che lentamente assunse i connotati di manifestazione nella quale si sfidavano i cavalieri durante particolari celebrazioni o semplicemente per dimostrare la propria abilità. Di torneamenti e giostre visti in terra di Arezzo parla espressamente Dante Alighieri, all'inizio del XXII canto dell'Inferno, in alcune celebri terzine:
« Io vidi già cavalier muover campo,
e cominciar stormo a far lor mostra,
e tal volta partir per loro scampo;
corridor vidi per la terra vostra,
o Aretini, e vidi gir gualdane,
fedir torneamenti e correr giostra;
quando con trombe, e quando con campane,
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane; »
(Dante Alighieri, La Divina Commedia - Inferno, Canto XXII, 1-9)
Piazza Grande, with the apse of Santa Maria della Pieve, the old Tribunal Palace and the Lay Fraternity
Il Palazzo della Fraternita dei Laici è un monumento di Arezzo che si trova in piazza Grande.
Il palazzo, affittato dal 1786 al Tribunale allora detto della Ruota Civile, ha avuto varie fasi di costruzione, partendo da quella gotica (1375-1377); il secondo momento è quello rinascimentale (1433-1460), documentato dalla lunetta del portale con la Madonna della Misericordia di Bernardo Rossellino (1435). Il coronamento della facciata fu realizzato su progetto di Giorgio Vasari nel 1552; cinquecentesco è anche l'orologio costruito da Felice da Fossato.
La Fraternita dei Laici fu fondata nel 1262 con il nome ufficiale di Fraternita di Santa Maria della Misericordia, grazie alla volontà di un gruppo di persone dirette dai padri domenicani e desiderose di aiutare i poveri e gli infermi. A seguito di lasciti e donazioni la Fraternita ha svolto grandi imprese per la città, compreso il pagamento delle logge progettate da Giorgio Vasari.
Il Palazzo delle Logge del Vasari domina il lato più elevato della centralissima Piazza Grande, innestando “una grandiosa cornice rinascimentale nel cuore della città medioevale”. Richiesto dal Comune cittadino e progettato dal Vasari nel 1573, l'edificio fu terminato nel 1595, sotto la direzione di Alfonso Parigi (il Vasari morì nel 1574). In ogni caso, questo palazzo è considerato l’architettura più bella, compiuta e riuscita del grande aretino.
L’edificio modificò profondamente l'assetto urbanistico della piazza, già alterato dalla rovina del palazzo del Comune e del palazzo del Popolo. Per la sua realizzazione si dovette, infatti, ridimensionare l'antica platea communis ed occupare un intero lato con una cortina ininterrotta. Tuttavia, l'operazione raggiunse un risultato innovativo ed equilibrato insieme, grazie “alla semplicità delle linee architettoniche ed alla luminosità del lungo porticato, sotto il quale si aprono gli ingressi alle antiche botteghe con le caratteristiche spallette”. Al centro del loggiato, una breve scalinata conduce alla soprastante Piazza del Praticino; all'estremità occidentale, si apre l'ingresso all'aula della Corte di Assise, ricavata nell'Ottocento dal salone di un teatro cinquecentesco.
#travelingintuscany Arezzo, Piazza Grande, Palazzo dei Tribunale and Santa Maria della Pieve, view of the apse.
The two rows of loggia recall the façade's structure, repeating the use of different style capitals.
Basilica of San Domenico, fondata nel 1275 e terminata all'inizio del Trecento. Vi è esposto il Crocifisso ligneo di Cimabue. La chiesa di San Domenico è uno dei più rinomati edifici sacri di Arezzo per la presenza, al suo interno del Crocifisso ligneo dipinto da Cimabue, considerato uno dei capolavori della pittura del Duecento, databile alla fine degli anni sessanta.
La chiesa fu iniziata nel 1275 e finita nel XIV secolo.
La decorazione pittorica trecentesca è tutt'oggi bene documentata. È lavoro maturo (1395-1400) di Spinello Aretino l'affresco con i Santi Filippo e Giacomo Minore e storie della loro vita e di Santa Caterina. Del figlio Parri di Spinello è la Crocifissione tra santi.
La cappella Dragondelli ha struttura gotica con altare scolpito da Giovanni di Francesco da Firenze (1368) e affresco con Gesù tra i dottori di Gregorio e Donato di Arezzo. Al Maestro del Vescovado è attribuito il trittico con San Michele Arcangelo tra i santi Domenico e Paolo. Una Madonna col Bambino in pietra, di ambito aretino, faceva parte della serie di sculture che a partire dal 1339 decoravano le dieci porte delle mura della città.
Vi fu sepolto il pittore rinascimentale Niccolò Soggi (1479-1551c.) citato dal Vasari nelle sue Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori.
Cimabue, Crucifix (particolare), 1268-71, tempera on wood, 336 x 267 cm, San Domenico, Arezzo
Altri luoghi d'interesse
Santuario di Santa Maria delle Grazie
La Chiesa della SS. Annunziata - detta anche della Madonna delle Lacrime - fu eretta tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, forse su progetto di Bartolomeo della Gatta. Sicuramente il progetto originario fu modificato da Antonio da Sangallo il Vecchio, che terminò i lavori nel 1591. Si ritiene che l’edificio sia stato costruito sui resti di un preesistente oratorio trecentesco, a seguito del cosiddetto miracolo della Madonna delle Lacrime avvenuto il 26 febbraio 1490, epoca in cui la statua della Madonna, attribuita a Michele da Firenze, si trovava nel vestibolo dell'ospedale intitolato a San Cristoforo: secondo le cronache del tempo la statua avrebbe lacrimato davanti ad un giovane della Spezia che, tornando da Loreto, si inginocchiò per pregare la Vergine.
Del precedente edificio restano, nella facciata della chiesa rinascimentale, il portale gotico e la lunetta con l’Annunciazione, affrescata nel 1370 da Spinello Aretino.
Santa Maria in Gradi, progettata dall'Ammannati con affreschi e cantorie del XVII secolo ed un'antica cripta.a medieval church from the 11th or the 12th century, but was rebuilt in the late 16th century by Bartolomeo Ammannati. The interior has a single nave with stone altars (17th century) and a Madonna of Misericordia, terracotta by Andrea della Robbia.
La chiesa di Sant'Agostino sorge nell'omonima piazza. La chiesa fu costruita nel XIII secolo. Rispetto alla struttura originale l'edificio è stato dimezzato e completamente restaurato tra il 1766 e il 1776, su progetto del ferrarese Filippo Giustini.
La decorazione a stucco è di Carlo Sproni e di Francesco e Giuliano Rusca, entrambi milanesi.
Nel rifacimento settecentesco la facciata non ha subito alterazioni. All'interno, dove sono conservate tele seicentesche di Bernardino Santini, è di grande effetto la cantoria della parete di controfacciata, anch'essa progettata da Francesco Rusca.
Settecentesco è il coro ligneo intagliato da Ludovico Paci nel 1771.
Badia delle Sante Flora e Lucilla (la Badia) con la croce dipinta di Segna di Bonaventura, l'altare maggiore di Giorgio Vasari e la Finta cupola di Andrea Pozzo.
Quattrocentesco è l'affresco con "San Lorenzo" di Bartolomeo della Gatta, datato 1476.
La chiesa è stata completamente trasformata su progetto di Giorgio Vasari a partire dal 1565. I lavori si protrassero fino al Seicento e nel 1650 fu costruito il campanile. La chiesa è a tre navate composte da campate d'identica grandezza, quadrate quelle centrali e rettangolari quelle laterali.
Il presbiterio è dominato dal complesso monumentale dell'altare realizzato da Giorgio Vasari per la cappella della sua famiglia nella pieve di Santa Maria nel 1563 e qui trasportato nel 1865.
Capolavoro di artificio barocco è la finta cupola dipinta su tela da Andrea Pozzo nel 1702 e posta al di sopra dell'altare maggiore. All'interno della chiesa è conservato anche un ciborio, probabilmente di Benedetto da Maiano.
La chiesa di San Lorenzo è uno degli edifici più sacri più antichi di Arezzo. La chiesa dù il nome alla piaggia che la ospita. La chiesa, seconda dal cardine massimo fra quelle ancora esistenti, è stata realizzata prima dell'anno 1000, probabilmente in epoca paleocristiana, in una zona in cui già in epoca romana erano presenti alcuni insediamenti.
L'esistenza dell'edificio, oggi non più adibito al culto, è documentata per la prima volta nel 1025. Ricostruita nel XIII secolo e restaurata dopo il 1583, la chiesa è stata completamente rifatta nel 1705.
Al 1932 risale il restauro diretto da Giuseppe Castellucci. Al momento romanico rimanda l'abside esterna in pietra con decorazione in laterizio, di origine ravennate e assai frequente nell'aretino a partire da poco dopo il Mille.
All'interno dell'edificio, durante il XVI secolo, è stata trovata una Minerva bronzea risalente al III secolo a.C., oggi conservata al Museo archeologico di Firenze.
Il Santuario di Santa Maria delle Grazie è un'importante chiesa di Arezzo. Nel luogo dove oggi sorge la chiesa vi era un santuario pagano con una fonte che nel periodo etrusco-romano era consacrata ad Apollo, mentre nell'alto Medioevo era detta Fonte Tecta. Nel 1425, San Bernardino tentò inutilmente di farla distruggere. Cacciato dalla città, egli vi tornò nel 1428 riuscendo però questa volta nello scopo e facendo costruire al posto della fonte un oratorio dove tra il 1428 e il 1431 Parri di Spinello dipinse l'affresco con l'immagine della Madonna della Misericordia, oggi inserita nell'altare marmoreo di Andrea Della Robbia (1487-1493). L'altare è un'opera inconsueta del famoso cermasita fiorentino e raffigura nel timpano una Madonna con Bambino tra due angeli, nelle nicchie i Santi Lorentino, Pergentino, Donato e Bernardino, mentre nel paliotto è rappresentata la Pietà La chiesa di Santa Maria Maddalena e il convento omonimo hanno avuto origine prima del XIV secolo. Sostituendo la piccola struttura iniziale, nel 1561 fu costruita una chiesa più grande dove fu portata la Madonna col Bambino detta della Rosa, dipinta da Spinello Aretino nel Duomo Vecchio, oggi molto rovinata e incorniciata dall'altare in pietra scolpito da Pietro di Subisso su disegno di Guillaume de Marcillat nel 1525 circa per la chiesa della Santissima Trinità.
La chiesa è oggi sconsacrata e di proprietà privata.
La Pieve di San Paolo si trova in località San Polo. Sorta come chiesa battesimale paleocristiana, ristrutturata tra nell'VIII-IX secolo e ricordata nel 1031, ebbe nel XIII secolo un rifacimento romanico a forma basilicale con tre navate, documentato da due iscrizioni (1256) nella facciata. Tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento fu costruito il campanile a torre. Prima del 1424 furono tamponate le arcate laterali e l'interno fu ridotto ad una sola navata. Dopo il terremoto del 1796 fu completamente restaurata. Le pareti sono decorate da affreschi quattrocenteschi attribuiti in parte a Lorentino d'Andrea
La Pieve di Sant'Eugenia al Bagnoro si trova in località Bagnoro. Documentata fin dal 1012, è stata nel Medioevo una delle pievi più importanti della diocesi aretina. L'edificio presenta due fasi costruttive: la zona presbiteriale, riferibile al XII secolo, mostra tre absidi, delle quali quella sinistra serve da base al campanile; il resto della fabbrica è realizzato secondo tecniche costruttive altomedievali ma è attribuibile all'XI secolo. L'edificio subì il crollo della facciata e della torre campanaria cilindrica, della quale rimane il basamento. Il restauro condotto tra il 1968 e il 1981 ha assicurato la stabilità dell'edificio.
La Pieve di San Donnino a Maiano si trova in località Palazzo del Pero. Documentata dal 1064, è sorta intorno al VII-X secolo, sostituendo una chiesa battesimale paleocristiana. Nel Trecento è stata ricostruita la parte anteriore, trasformando le tre navate originarie in un'unica ampia navata a pianta rettangolare con abside semicircolare. Numerosi rimaneggiamenti si sono successivamente verificati, tra cui il restauro completo del 1910. La parte più antica è l'abside esterna, che risale alla fine dell'XI secolo e che oggi si apre in una sala della canonica. Trecentesco è il fianco sinistro. L'interno dell'abside è decorato da affreschi quattrocenteschi. Tale è la Madonna del latte della seconda cappella a destra. Alla fine del Trecento e ai primi anni del Quattrocento risale la scultura lignea con la Madonna col Bambino.
Pieve al Bagnoro, Arezzo
Pieve di San Donnino a Maiano
Palazzo dei Priori
Il palazzo dei Priori, oggi sede comunale, si affaccia sul lato occidentale di piazza della Libertà.c Eretto nel 1333, il Palazzo Comunale (Palazzo dei Priori) ha ospitato dal basso Medioevo ai giorni nostri le supreme magistrature cittadine: oggi è sede degli organi e degli uffici del Municipio. Il lato di via Ricasoli conserva le tracce più evidenti dell'originaria architettura trecentesca; la facciata e la caratteristica torre quadrangolare (1337, con orologio del secolo successivo) sono invece il risultato di numerosi rifacimenti e restauri, effettuati nel Quattrocento, nel Cinquecento e nel Seicento (in seguito ad un rovinoso crollo della parte frontale). L'ultima ristrutturazione - opera di Giuseppe Castellucci ed Umberto Tavanti - risale al 1930, ed ha lasciato segni profondi, sia nell'aspetto esteriore (merlatura della facciata, coronatura della torre) che nella sistemazione interna dei locali.[3]
Palazzo dei Priori
L'interno del palazzo presenta un cortile del Cinquecento. All'esterno del porticato, sormontato ai piani superiori da due loggiati, recenti lavori di sistemazione edilizia hanno creato un nuovo ingresso, di indubbia forza suggestiva, dalla sottostante via Montetini. All'interno della sala terrena (ingresso da piazza della Libertà, portone a destra) è conservata una rara veduta di Arezzo seicentesca, sullo sfondo di un affresco di Salvi Castellucci raffigurante la Madonna col Bambino e S. Donato (1640). Salendo al piano superiore sono da notare gli affreschi a carattere sacro; i molti ritratti e busti di illustri aretini dislocati nelle diverse sale; la statua in pietra raffigurante la Madonna con Bambino (1339), trasferita dalla demolita porta S. Spirito; la sala dei Matrimoni con il cinquecentesco camino in pietra, due dipinti di Giorgio Vasari e dodici scene affrescate da Teofilo Torri nel 1610, raffiguranti altrettanti momenti della storia aretina; la Sala del Consiglio con il quattrocentesco affresco della Crocifissione di Parri di Spinello, nonché il ritratto di Pietro Aretino.
L'ultimo piano, oggetto di un recente intervento di restauro, dà accesso all'interno della torre.
L’Anfiteatro romano si trova nella parte meridionale della "città murata" ed è considerato il più importante monumento romano di Arezzo. L'anfiteatro, che fu costruito a cavallo fra gli ultimi anni del I secolo e i primi del II, è ellittico e dotato di gradinate su due ordini: della struttura, realizzata usando blocchi di arenaria, laterizi e marmo, rimangono la platea e i resti degli ambulacri[1]. Il sito ha un asse maggiore di 121 metri. L'anfiteatro ha subito diversi saccheggi nel corso degli anni e parte del materiale è stato utilizzato per realizzare alcuni edifici religiosi. Una testimonianza di questo uso è il Monastero di San Bernardo, che fu realizzato nel XVI secolo a ridosso dell'emiciclo sud e che oggi ospita il Museo Archeologico.
Dotata di una capienza presunta di circa 8.000 spettatori, la struttura - accessibile da via Margaritone e da via Francesco Crispi, viene utilizzata come teatro all'aperto.
La Fortezza Medicea, che si trova sul Colle di San Donato (viale B. Buozzi), costituisce un importante esempio di architettura militare difensiva cinquecentesca.
Durante la rivolta del 1502 contro il dominio fiorentino gli aretini cercarono di abbattere la fortezza. La Repubblica di Firenze diede ordine però di ricostruirla secondo i principi della fortificazione alla moderna, affidando i lavori a Giuliano e Antonio da Sangallo. Questa fortezza (a forma trapezoidale e non pentagonale come l'attuale, di cui sono ancora visibili i balurdi del Ponte di Soccorso e della Chiesa sul fianco orientale, nonché alcuni tratti di cortina) venne però danneggiata intorno al 1530.
L'attuale fortificazione è quella fatta costruire, rispettando in parte i disegni originali di Giuliano e di Antonio da Sangallo, tra il 1538 e il 1560 per ordine di Cosimo I de' Medici. Il lavori furono diretti da Antonio da Sangallo il Giovane.
L'edificio, perfettamente inserito nella cinta muraria e dall'impianto pentagonale irregolare per adattarsi al terreno con bastioni di differente impostazione e scarpa di notevole altezza in confronto alla parete a piombo, sorge alla sommità della spianata del Prato (305 m).
Gli spalti della Fortezza costituiscono un punto panoramico sulla città, la valle dell'Arno, il massiccio del Pratomagno e l'alpe di Catenaia.
Il Palazzo Camaiani-Albergotti fa parte di un insieme edilizio composito, derivante dall'accorpamento di palazzi appartenenti a famiglie della nobiltà guelfa (Camaiani, Sassoli, Albergotti), eretti nel tratto terminale del borgo maestro. L'edificio situato all'incrocio tra Corso Italia e vie degli Albergotti (inizialmente appartenente a quest'ultima famiglia, come tutte le maggiori costruzioni disposte lungo l'omonima strada), ha origini trecentesce; la porzione d'angolo, risalente al Duecento, residua da un troncone di torre. Ampiamente rimaneggiato nel Cinquecento (cortile e loggiato interni), il palazzo fu restaurato all'inizio del 19° secolo; all'ultimo intervento risalgono le decorazioni di Galileo Chini e la creazione dell'ingresso da via Albergotti, da cui si accede attualmente alle sale dell'Archivio di Stato, le cui raccolte di atti e documenti occupano l'intera struttura dell'edificio. Sul fianco inferiore (lato Corso Italia) la caratteristica Torre della Bigazza, eretta nel Trecento, successivamente "scapitozzata" e quindi rialzata con un discutibile intervento novecentesco.
Il Palazzo Bruni-Ciocchi è un'edificio rinascimentale, chiamato anche palazzo della Dogana per la sua destinazione ottocentesca, eretto a metà del Quattrocento su progetto attribuito a Bernardo Rossellino. Situato all’incrocio di via S. Lorentino con via Garibaldi, è divenuto nel corso dei secoli proprietà delle famiglie Bruni, Ciocchi e Barbolani, subendo diverse manomissioni. Dopo la restaurazione il Governo Toscano lo adibì a sede della dogana e dei “generi di privativa” (sali e tabacchi); ampiamente restaurato dopo l’ultima guerra è oggi sede del Museo di Arte Medioevale e Moderna.
Il Palazzo Pretorio si trova in Via dei Pileati. Si dice che il famoso poeta italiano Francesco Petrarca abbia visto i natali proprio qui ad Arezzo: in via dei Pillati, dove si trova anche il Palazzo Pretorio, e dove è possibile vedere la presunta casa natale del poeta. All'inizio del Passeggio del Prato, invece, si trova un monumento dedicato a lui.
Tra i numerosi personaggi storici che hanno legato il loro nome alla città di Arezzo c'è naturalmente anche Francesco Petrarca, uno dei padri fondatori della letteratura italiana che nacque, nel 1304, proprio nel capoluogo aretino.
La casa del Petrarca si trova in zona Borgo dell'Orto, anche se a dir la verità la costruzione visibile oggi venne eretta solo successivamente, nel corso del XVI secolo, sui resti dell'edificio medievale noto proprio come la casa natia del poeta. La sua opera principale, ancora vitale per linguaggio e sentimenti, è il Canzoniere: più di trecento poesie, in prevalenza sonetti, dedicate a Laura, la donna amata.
L'attuale costruzione di Borgo dell'Orto è stata eretta nel Cinquecento, sui resti di un edificio medioevale tradizionalmente ritenuto la casa natale del poeta. In effetti, più volte il Petrarca dichiara di essere nato ad Arezzo: in una sua epistola, precisa anche che, tornando da Roma dopo il giubileo del 1350, si fermò ad Arezzo, dove i concittadini gli fecero festosa accoglienza e lo condussero a vedere la sua casa natale, che le autorità cittadine avevano vietato di modificare.
Dopo essere stata per diversi secoli una residenza privata, divenne negli anni prima sede della Questura di Arezzo e poi, nel 1926, restaurata e destinata ed edificio pubblico.
Oggi è sede della prestigiosa Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze, e al suo interno è custodita una ricca biblioteca che conserva alcuni volumi di pregevolissima fattura, oltre ad una splendida collezione di monete antiche.
La Casa Vasari Casa Vasari è un palazzo situato in via XX Settembre 55. Fu la residenza di famiglia del pittore, architetto e storico dell'arte Giorgio Vasari e conserva pregevoli sale affrescate.
L'artista acquistò questa abitazione verso il 1540 e, impegnatissimo tra Firenze, Roma e i suoi viaggi, vi visse per brevi periodi, intervenendo però direttamente sia nei lavori di completamento, che di decorazione, compreso il disperso nucleo di arredi. Aveva progettato anche una facciata, che non venne mai realizzata.
Esempio tra i meglio conservati nella regione di casa d'artista e dimora di gusto manierista, fu proprietà degli eredi del Vasari fino alla loro estinzione, nel 1687, quando passò alla Fraternita dei Laici. Venduta a una famiglia privata, i Brozzi, nel 18971 passò ai Paglizzi e, infine, venne acquistata dallo Stato nel 1911, che ne fece un museo aperto al pubblico. È sede anche dell'Archivio Vasariano.
Probabilmente impiantato fin dalla costruzione dell'abitazione, il giardino sopraelevato rispetto al livello stradale venne principalmente usato come orto, come ricorda lo stesso Vasari in una nota legata all'acquisto del terreno ("da fare orti bellissimi"). La costruzione di una limonaia dimostra la presenza di un giardino all'italiana fin dall'antico, oggi ripreso con la costruzione di aiuole geometriche che risale, grossomodo, alla sistemazione dei primi del Novecento, restaurata nel 1975-1981. Recentemente sono state aggiunte alcune essenze medicinali creando un "orto dei semplici".
[1] Arezzo sorse in epoca pre-etrusca in una zona abitata fin dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento di strumenti di pietra e del cosiddetto "uomo dell'Olmo", risalente al Paleolitico, avvenuto nei pressi della frazione dell'Olmo durante i lavori di scavo di una breve galleria della linea ferroviaria Roma-Firenze nel 1863.
La zona posta alla confluenza di Valdarno, Valdichiana e Casentino, infatti, è passaggio naturale per chi voglia attraversare l'Appennino. Si ha notizia poi di insediamenti stabili di epoca pre-etrusca in una zona poco distante dall'attuale area urbana, il colle di San Cornelio, dove si sono rinvenute tracce di una cinta muraria di difficile datazione poiché sovrimpresse dalle poderose mura romane. L'abitato etrusco sorse invece sulla sommità del colle di San Donato, occupata dall'attuale città. Si sa che la Arezzo etrusca, con un nome quasi identico all'attuale, Arretium, esisteva già nel IX secolo a.C.
Arezzo fu poi una delle principali città etrusche, e molto probabilmente sede di una delle 12 lucumonie. A questo periodo risalgono opere d'arte di eccezionale valore, come la Chimera, oggi conservata a Firenze, la cui immagine caratterizza talmente la città quasi da diventarne un secondo simbolo e inoltre è da segnalare l'ampia necropoli di Poggio Sole, formatasi nel VI secolo a.C. ed utilizzata fino all'età romana.
Al sorgere della potenza di Roma la città, insieme alle consorelle etrusche, tentò di arginarne le tendenze espansionistiche, ma l'esercito messo insieme da Arezzo, Volterra e Perugia fu sconfitto a Roselle, presso Grosseto, nel 295 a.C.; e così nel III secolo a.C. Arezzo fu conquistata dai Romani che latinizzarono il suo nome etrusco Arretium.
[2] Marco Bussagli, Piero Della Francesca, p. 24, Giunti Editore, 2007
[3] D. Medina Lasansky, The Renaissance perfected: architecture, spectacle, and tourism in Fascist Italy, (Buildings, Landscapes, and Societies), Pennsylvania State Univ Pr (November 1, 2005)
Mussolini's bold claims upon the monuments and rhetoric of ancient Rome have been the subject of a number of recent books. D. Medina Lasansky shows us a much less familiar side of the cultural politics of Italian Fascism, tracing its wide-ranging efforts to adapt the nation's medieval and Renaissance heritage to satisfy the regime's programs of national regeneration. Anyone acquainted with the beauties of Tuscany will be surprised to learn that architects, planners, and administrators working within Fascist programs fabricated much of what today's tourists admire as authentic. Public squares, town halls, palaces, gardens, and civic rituals (or the ‘invented traditions’ in cities like, Arezzo or San Gimignano, including the famed palio of Siena) were all 'restored' to suit a vision of the past shaped by Fascist notions of virile power, social order, and national achievement in the arts. Ultimately, Lasansky forces readers to question long-standing assumptions about the Renaissance even as she expands the parameters of what constitutes Fascist culture.The arguments in The Renaissance Perfected are based in fresh archival evidence and a rich collection of illustrations, many reproduced for the first time, ranging from photographs and architectural drawings to tourist posters and film stills.
Bibliografia
Chiara Frugoni, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, in Dal Gotico al Rinascimento, Scala, Firenze 2003. ISBN 88-8117-092-2Montenegro, Riccardo (May 2007).
"Un'arte per tutte le stagioni". Medioevo (124): pp. 34–35.
Roberto Manescalchi, Appunti concernenti la fortuna storica del polittico della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca. Heliopolis (in collaborazione con Sergio Pittino), 1980
Roberto Paolo Ciardi (a cura di), Case di artisti in Toscana, Banca Toscana, 1998.
Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003. ISBN 88-356-2767-1
The Antiques Market| La Fiera Antiquaria
La Fiera Antiquaria di Arezzo, che si svolge ogni primo sabato e domenica del mese, è la più grande d’Italia, con oltre 500 espositori. Nata per prima, su territorio nazionale nel 1968, è la più conosciuta e frequentata.
Casa del Petrarca
Grazie ad un recente accordo stipulato con l'Accademia Petrarca di Arezzo, Creative Arts gestisce gli ingressi e le visite alla celeberrima Casa del Petrarca di Arezzo, permettendo così la massima fruibilità al prestigioso sito cittadino da parte dei numerosi visitatori presenti in Città.
Gli ospiti potranno trovare all'interno della Casa Petrarca, oltre la biglietteria e il personale competente, un fornito book shop con contributi editoriali e gadgets dedicati a Petrarca e al Pozzo del Boccaccio, collocato proprio di fronte all'entrata della Casa Museo. Orari Feriali 10,30-17,30
sabato,domenica e festivi 10,30-17,30
L'antico castrum di Anghiari è un borgo fortificato che domina l'intera Valtiberina. Il nucleo originario dell'abitato risale all'XI secolo quando i monaci Camaldolesi, in gran parte fautori dello sviluppo economico ed artistico del luogo, contribuirono a dare forma al paese.
Il possente monastero di S. Bartolomeo, trasformato dai Perugini in edificio difensivo (Cassero) per le sue caratteristiche, è la prima costruzione di Anghiari sorta insieme alla Chiesa della Badia, luogo di culto cristiano. La cinta muraria si presenta quasi intatta, corrispondente alla costruzione avvenuta tra il XII e il XIII secolo, e si apre all'esterno attraverso tre porte: Sant'Angelo, San Martino e Fiorentina. Sulla cerchia di mura si innestano elementi caratterizzanti del paese: l'abside della Chiesa di Sant'Agostino ed il Bastione del Vicario.
L'antica piazza del Borghetto, attuale piazza Mameli, è crocevia obbligato per chi si avventura tra i vicoli del Borgo e testimoni della sua storia artistica sono i due principali Musei che qui hanno sede: Palazzo del Marzocco e Palazzo Taglieschi.
L'espansione del centro storico avvenne nel XIV secolo, quando la nobile famiglia dei Tarlati fece costruire il lungo stradone che conduce a Sansepolcro e la Loggia con le fonti, sotto l'attuale piazza del Mercatale, oggi piazza Baldaccio, a sua volta ampliata.
Al di fuori del circuito delle mura è interessante visitare, oltrepassata la Galleria Girolamo Magi, l'ampio complesso settecentesco di Palazzo Corsi, fatto costruire da Benedetto Corsi tra il 1777 e il 1794: ne fanno parte il Palazzo, oggi sede della Biblioteca ed Archivio Comunale, la Cappella votiva e il Teatro.
La Battaglia di Anghiari era una pittura murale di Leonardo da Vinci, databile al 1503 e già situata nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. A causa dell'inadeguatezza della tecnica il dipinto venne lasciato incompiuto e mutilo; circa sessant'anni dopo la decorazione del salone venne rifatta da Giorgio Vasari, non si sa se distruggendo i frammenti leonardiani o nascondendoli sotto un nuovo intonaco o una nuova parete: i saggi finora condotti non hanno sciolto il mistero.
Le Opere di Piero della Francesca | Itinerario Sansepolcro Monterchi Arezzo
Anghiari
Piero Della Francescaè sicuramente uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, nato nel 1416 a Sansepolcro, in questa zona ha lasciato stupende testimonianze della sua attività artistica. L’itinerario alla scoperta delle opere di Piero della Francesca, nella provincia di Arezzo, si snoda tra la Valtiberina, toccando le località di Sansepolcro e Monterchi, borgo natìo della madre Monna Romana, e la città di Arezzo.
L'Alta valle del Tevere, o Valtiberina, è il lembo più orientale della Toscana e trae il nome dal fiume che l'attraversa in tutta la sua lunghezza, fino al confine con l'Umbria. La Valtiberina fu confine e insieme punto d'incontro tra civiltà diverse, l'umbra e l'etrusca, la bizantina e la longobarda. Piero della Francesca, già nel natio Borgo San Sepolcro, intuì il segreto dello spazio e della luce e lo tradusse in pittura.
Il Museo Civico di Sansepolcro, città natale dell’artista, ospita quattro opere, il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico.
Lasciata Sansepolcro l’itinerario continua a Monterchi, nella Val Cerfone. Per questo borgo, adagiato su una collina al confine con l’Umbria, Piero della Francesca realizzò lo straordinario affresco della Madonna del Parto per l’antica chiesa di Santa Maria a Momentana.
L’itinerario nella terra di Piero prosegue e termina in Arezzo. Splendida città posta su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell’Appennino Tosco-Romagnolo, fu una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. Piero della Francesca lasciò in questa città una delle più alte testimonianze pittoriche dell’arte del Rinascimento. La Basilica di San Francesco ospita nella cappella Bacci il ciclo affrescato della Leggenda della Vera Croce, il capolavoro che l’artista eseguì per la chiesa francescana tra il 1452 e il 1466 circa e nel Duomo di Arezzo, in fondo alla navata sinistra, è collocato l’affresco raffigurante la Maddalena.
Sansepolcro
* Polittico della Misericordia, Museo Civico
* Resurrezione, Museo Civico
* San Giuliano, Museo Civico
* San Ludovico, Museo Civico
La cittadina di Sansepolcro, sviluppatasi intorno alla grande abbazia benedettina ha conservato quasi inalterato l'assetto urbanistico medioevale e si è, nei secoli, arricchita di pregevoli edifici rinascimentali e barocchi. Città natale di Piero della Francesca, conserva nel Museo Civico la memoria del maestro biturgense. Opere come la Resurrezione, complessa e simbolica, il Polittico della Misericordia, San Giuliano e San Ludovico testimoniano il genio dell'artista del primo rinascimento. Nella Cattedrale di notevole interesse è il "Volto Santo", crocifisso ligneo di epoca carolingia, il Polittico di Francesco di Segna e la tavola raffigurante l'Ascensione del Perugino. Accanto alla Cattedrale vi è il Palazzo delle Laudi, di forme manieristiche, oggi sede del Comune. Altre testimonianze artistiche della città sono visibili attraversando il suo centro storico: Chiesa di Santa Maria delle Grazie, Chiesa di San Francesco. Da non perdere una visita alla Chiesa di San Lorenzo che ospita una tavola del Rosso Fiorentino raffigurante la Deposizione. Cuore del centro storico è la piazza Torre di Berta, nella quale, la seconda domenica di settembre si svolge il tradizionale Palio della Balestra - i costumi indossati dai figuranti sono ispirati ai dipinti di Piero della Francesca.
Monterchi
* Madonna del Parto, Museo Madonna del Parto
Il borgo medievale sorse su un luogo sacro per gli antichi romani, dedicato al culto di Ercole.
Incastonato tra due piccole valli, disegnate da colline rivestite di lecci, la Val Padonchia e la Val Cerfone, Monterchi rappresenta una tappa d’obbligo lungo il “sentiero dell’arte” pierfrancescana. Borgo natale della madre di Piero della Francesca, ospita, nel centro storico in un piccolo museo a Lei dedicato, il celebre affresco della Madonna del Parto, straordinario affresco nel quale l’artista ritrae la splendida figura della Vergine in stato di attesa.
Arezzo
* Leggenda della Vera Croce, Cappella Bacci, Basilica di San Francesco
* Santa Maria Maddalena, Duomo
Arezzo sorge su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell'Appennino Tosco-Romagnolo. Come testimonia l'architettura stessa della città, vanta un'origine antichissima che l'ha vista essere una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. La parte più elevata della città conserva uno spiccato aspetto medievale, dominata dalla Cattedrale e dalla Fortezza Medicea. La Cattedrale, che presenta nel suo aspetto tratti gotici, custodisce pregevoli opere d'arte tra le quali la Maddalena di Piero della Francesca e le vetrate istoriate di Guillaume de Marcillat. Al centro della città Piazza Grande dispiega una vera antologia di stili architettonici. Accanto alle torri medievali, si ergono l'imponente Loggiato Vasariano, una delle più interessanti opere architettoniche rinascimentali; il Palazzo della Fraternita dei Laici, bell'esempio di sintesi di architettura gotica e rinascimentale e l'abside della Pieve di Santa Maria. Piazza Grande, il penultimo sabato di giugno e la prima domenica di settembre, diventa lo scenario della Giostra del Saracino, torneo cavalleresco di origini medioevali. La stessa piazza e gran parte del centro storico ospitano, ogni prima domenica del mese ed il sabato precedente, la Fiera Antiquaria. La cappella Bacci nella Basilica di San Francesco accoglie lo straordinario ciclo di affreschi della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, una delle più alte testimonianze della pittura rinascimentale italiana. Nella Basilica di San Domenico, semplice costruzione a navata unica, si conserva la croce dipinta di Cimabue, opera giovanile dell'artista. Molte altre chiese e palazzi testimoniano con la loro bellezza e la loro originalità stilistica la civiltà aretina e la sua importanza nelle varie epoche storiche. Ricordiamo tra queste la Badia delle Sante Flora e Lucilla, la Chiesa della Santissima Annunziata, edifici come Palazzo Pretorio e Palazzo dei Priori, e a qualche minuto fuori le mura della città, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, la Pieve romanica di Sant'Eugenia al Bagnoro. I musei della città offrono ai visitatori la possibilità di ammirare una varietà di beni di inestimabile valore artistico: il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate, il Museo Statale d'Arte Medioevale e Moderna, il Museo e Casa Vasari, la Casa Museo Ivan Bruschi.
Itinerario
L'itinerario alla scoperta delle opere di Piero della Francesca, nella provincia di Arezzo, si snoda tra la Valtiberina, toccando le località di Sansepolcro e Monterchi, borgo natìo della madre Monna Romana, e la città di Arezzo.
L'Alta valle del Tevere, o Valtiberina, è il lembo più orientale della Toscana e trae il nome dal fiume che l'attraversa in tutta la sua lunghezza, fino al confine con l'Umbria. La Valtiberina fu confine e insieme punto d'incontro tra civiltà diverse, l'umbra e l'etrusca, la bizantina e la longobarda. Piero della Francesca, già nel natio Borgo San Sepolcro, intuì il segreto dello spazio e della luce e lo tradusse in pittura.
Il Museo Civico di Sansepolcro, città natale dell'artista, ospita quattro opere, il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico.
Lasciata Sansepolcro l'itinerario continua a Monterchi, nella Val Cerfone. Per questo borgo, adagiato su una collina al confine con l'Umbria, Piero della Francesca realizzò lo straordinario affresco della Madonna del Parto per l'antica chiesa di Santa Maria a Momentana.
L'itinerario nella terra di Piero prosegue e termina in Arezzo. Splendida città posta su una collina nella Toscana orientale a ridosso dell'Appennino Tosco-Romagnolo, fu una delle maggiori città etrusche e successivamente una strategica città romana. Piero della Francesca lasciò in questa città una delle più alte testimonianze pittoriche dell'arte del Rinascimento. La Basilica di San Francesco ospita nella cappella Bacci il ciclo affrescato della Leggenda della Vera Croce, il capolavoro che l'artista eseguì per la chiesa francescana tra il 1452 e il 1466 circa e nel Duomo di Arezzo, in fondo alla navata sinistra, è collocato l'affresco raffigurante la Maddalena.
Mostra Piero della Francesca e le corti italiane
La mostra si estende ad un vero e proprio itinerario nel territorio che permetterà di conoscere le testimonianze dell’arte di Piero conservate nella Cappella Bacci della chiesa di San Francesco ad Arezzo, nel Duomo di Arezzo, nel Museo Madonna del Parto di Monterchi e nel Museo Civico di Sansepolcro.
Piero della Francesca e le corti italiane rappresenta un affascinante viaggio che, partendo dai luoghi d'origine dell'artista, accompagnerà il visitatore tra le corti del Rinascimento, ricostruendone clima, cultura, protagonisti, scambi e incontri, attraverso la figura del maestro e gli echi della sua arte.
Dalla casa a Sansepolcro alla corte dei Baglioni a Perugia, come collaboratore di Domenico Veneziano; dal soggiorno nella Firenze di Cosimo il Vecchio con la visione della corte bizantina, alla permanenza presso la corte estense di Ferrara, con la sua influenza su artisti coevi come i Lendinara e i maestri dello studio di Belfiore; dall'arrivo a Rimini alla corte dei Malatesta, al contatto diretto con Roma dove soggiorna tra il 1458-59 lavorando per Pio II in Vaticano. Il viaggio di Piero prosegue alla volta di Urbino, presso la corte dei Montefeltro, dove si dedica alla scrittura del trattato sulla prospettiva ed il cui passaggio lascerà riflessi nell'opera di Giovanni Santi, in quella del Laurana. Infine presso i della Rovere, ove dipinge la splendida Madonna di Senigallia.
Un artista itinerante Piero della Francesca; la Mostra ne ricostruisce quindi il viaggio grazie ad opere straordinarie come il Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, il San Girolamo con Girolamo Amadi, il Dittico dei duchi d'Urbino, la Madonna di Senigallia, e a dipinti e tavole di artisti a lui coevi come Pisanello, Rogier van der Weyden, Domenico Veneziano, Fra Carnevale, Luca Signorelli.
Arezzo offre inoltre la possibilità di ammirare, nel Duomo e nella Basilica di San Francesco, altri celebri capolavori dell'artista come la Maria Maddalena e il ciclo della Leggenda della Vera Croce.
Piero della Francesca sentiva un profondo e intenso legame con le sue terre, ove tornò più volte lasciando alcuni dei suoi più importanti capolavori. Dopo Arezzo l'itinerario si dipana quindi nella valle superiore del Tevere, a Sansepolcro ed a Monterchi, il primo, borgo natale del Maestro che custodisce il Polittico della Misericordia, la Resurrezione, il San Giuliano e il San Ludovico, il secondo, piccolo centro che serba un altro straordinario affresco di Piero della Francesca, la Madonna del Parto.
Colori e ritmi delle terre di Arezzo rivivono nelle opere del maestro e solo in questi luoghi possono essere pienamente comprese.
[Fonte: www.mostrapierodellafrancesca.it]
San Giuliano, Sansepolcro, Museo Civico (frammento)
Madonna del parto, Museo Madonna del Parto a Monterchi
Piero della Francesca, Madonna del parto (dettaglio)
Piero della Francesca, La Resurrezione, Museo Civico, Sansepolcro
Casa di Piero della Francesca, Sansepolcro
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Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia.
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