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L'Orco classico. Sul labbro superiore si legge: OGNI PENSIERO VOLA
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« A Bomarzo la finzione scenica è travolgente; l'osservatore non può contemplare perché vi è immerso, in un ingranaggio di sensazioni (...), capace di confondere le idee, di sopraffare emotivamente, di coinvolgere in un mondo onirico, assurdo, ludico e edonistico (...) » |
(Bruno Zevi, Barocco Illuminismo, Roma, 1995)
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L'architetto e antiquario Pirro Ligorio su commissione del principe Pier Francesco Orsini (detto Vicino Orsini) progettò e sovraintese alla costruzione, nel XVI secolo, il parco elevando a sistema, nelle figure mitologiche ivi rappresentate, il genere del grotesque. Alcuni studiosi, erroneamente, facevano risalire la "regia", a Michelangelo (E. Guidoni), mentre altri, in particolare per il Tempio citavano il nome di Jacopo Barozzi detto "il Vignola". La realizzazione delle opere scultoree fu probabilmente affidata a Simone Moschino.[1] L'Orsini chiamò il parco Sacro Bosco e lo dedicò a sua moglie, Giulia Farnese (non l'omonima concubina del papa Alessandro VI). Vi sono anche architetture impossibili, come la casa inclinata, o alcune statue enigmatiche che rappresentano forse le tappe di un itinerario di matrice alchemica.
Iscrizioni sui monumenti stupiscono e confondono il visitatore. Forse questa era l'intenzione del principe:
« Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua, dove son facce horrende, elefanti, leoni, orchi et draghi. »
Ci sono anche implicazioni morali:
« Animus quiescendo fit prudentior ergo. »
O forse il complesso fu fatto semplicemente "per arte" in un doppio senso della parola:
« Tu ch'entri qua con mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte. »
Scienziati storici e filologi hanno fatto parecchi tentativi di spiegare il labirinto di simboli, e hanno trovato temi antichi e motivi della letteratura rinascimentale, per esempio del Canzoniere di Petrarca, dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e dei poemi Amadigi e Floridante di Bernardo Tasso (in quest'ultimo compare ad esempio un dragone d'acciaio con una stanza all'interno, e dalla cui bocca uscivano amazzoni a cavallo). Sono rimasti, però, talmente tanti misteri che uno schema interpretativo universale, alla fine, forse non potrebbe essere trovato; su un pilastro, però, compare la possibile iscrizione-chiave "Sol per sfogare il core". John Shearman, che cita più volte il parco nel suo Mannerism, parla di "incredibili, piacevoli e soprattutto manifeste finzioni - prodotti d'evasione artistica e letteraria".[2] Nel 1585, dopo la morte dell'ultimo principe Orsini, il parco fu abbandonato e nella seconda metà del Novecento fu restaurato dalla coppia Giancarlo e Tina Severi Bettini, i quali sono sepolti nel tempietto interno al parco, che forse è anche il sepolcro di Giulia Farnese.
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L'Orco classico
Casa pendente
Sirena
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Nettuno
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[1] Pierfrancesco II Orsini, detto Vicino (Roma, 4 luglio 1523 – Bomarzo, 28 gennaio 1585), è stato signore di Bomarzo dal 1542 al 1585. Dopo la carriera militare che lo vede impegnato dal 1545 al 1557, si ritira a vita privata nel suo palazzo di Bomarzo. È conosciuto soprattutto come committente del Sacro Bosco, oggi identificato con il nome di Parco dei Mostri, un complesso monumentale di sculture e fontane dalle caratteristiche peculiari che lo differenziano dai giardini coevi, fatti realizzare nei dintorni da altri signori, come Villa d'Este a Tivoli, Villa Lante a Bagnaia o il giardino di Palazzo Farnese a Caprarola.
La giovinezza
Vicino Orsini[1] nasce a Roma il 4 luglio del 1523 nella parrocchia di Santa Maria in Traspontina[2] da Gian Corrado Orsini, signore di Bomarzo e da Clarice Orsini, figlia del cardinale Franciotto Orsini signore di Monterotondo. Non ci sono finora notizie sulla sua infanzia. Il testamento del padre del 1526 affida il tutorato dei figli minori Pierfrancesco e Maerbale al maggiore Girolamo ma già nel 1528 le fonti cessano di nominare Girolamo, probabilmente già morto, e i bambini sono affidati al patronato dell'Abate di Farfa. Negli anni '39-'40 Vicino è a Venezia dove frequenta il circolo letterario legato all'editore Giolito che annovera i poeti Giuseppe Betussi, Francesco Maria Molza e Franceschina Baffo. Il Betussi e la Baffo gli dedicheranno anche dei versi. Negli stessi anni a Venezia conosce una giovane romana di cui si innamora, Adriana dalla Roza. A causa di una rissa viene allontanato da Venezia e fa ritorno nel Lazio, dove Adriana lo segue. Nel 1541 è a Viterbo, dove assiste come dedicatario alla rappresentazione teatrale della Cangiaria, commedia attribuita a Sacco da Viterbo, forse identificabile con il medico Girolamo Sacchi[3]. Il cardinale Alessandro Farnese il Giovane è arbitro nel 1542 della fase finale della controversia ereditaria aperta alla morte di Gian Corrado fin dal 1535 ed assegna a Vicino i feudi di Bomarzo, Collepiccolo, Castelvecchio, Montenero e Mompeo e mentre il fratello Maerbale riceve Chia, Penna, Giove, Collestatte, e Torreorsina. Maerbale eleggerà domicilio a Penna e Vicino a Bomarzo.
Il matrimonio e la carriera militare
Nel 1544 sposa Giulia Farnese, figlia di Galeazzo, signore di Latera, imparentandosi così con la famiglia del cardinale Alessandro, al quale resterà sempre legato, e quindi con l'allora pontefice Paolo III. A parte la sua dubbia partecipazione all'assedio di Perpignan, la sua carriera militare inizia nel 1545 quando Paolo III lo vuole fra i consulenti per la progettazione delle fortificazioni di Borgo, occasione in cui è ricordato con Torquato Conti, signore di Poli, che diverrà suo cognato, e in cui forse ha modo di conoscere Michelangelo. Nel 1546 è al seguito delle truppe pontificie di rinforzo all'esercito dell'Imperatore Carlo V nella guerra contro i principi protestanti riuniti nella lega di Smalcalda. Fatto prigioniero, è liberato nel 1547, come testimonia la lapide del pozzo alla base della chiesa di Santa Maria Assunta a Bomarzo, fatto costruire da Giulia Farnese come voto per la liberazione del marito. Successivamente, segue le sorti della politica farnesiana, in difficoltà dopo la morte di Paolo III. Nel 1552 è a Bomarzo,come attesta l'iscrizione situata nel Sacro Bosco, ma già l'anno successivo è al fianco di Orazio Farnese, duca di Parma, e fratello del cardinale Alessandro, con cui partecipa ad una fase del continuo scontro tra la Francia e l'Impero, dalla parte dei francesi. Nello stesso 1553, durante l'assedio di Hesdin dove i francesi erano asserragliati, Orazio Farnese viene ucciso e Vicino cade prigioniero insieme con Torquato Conti e lo resterà per circa due anni, riuscendo a rientrare a Bomarzo solo nel 1556, dopo la pace di Cateau-Cambresis. Negli ultimi anni della carriera militare, è al servizio di papa Paolo IV come comandante della fanteria di Velletri. Durante la "guerra d'Italia" del 1556-57 che oppone il papa al viceregno spagnolo di Napoli, è testimone della distruzione del paese di Montefortino, oggi Artena, ordinata dallo stesso pontefice[4]. Gli abitanti erano passati, insieme con il signore locale, appartenente alla famiglia Colonna, dalla parte degli spagnoli uccidendo in un agguato cento fanti appartenenti proprio al reparto al comando di Vicino. La reazione di Paolo IV è violenta: ordina al comandante della cavalleria Giulio Orsini di espugnare e distruggere il borgo e giustiziare tutti gli abitanti, rei di tradimento. Non si conosce il ruolo preciso di Vicino nell'operazione ma sembra che non partecipasse all'assedio, entrando a Montefortino solo dopo che Giulio aveva eseguito l'ordine del pontefice. Horst Bredekamp e Maurizio Calvesi ritengono che la crudeltà dell'accaduto abbia negativamente impressionato Vicino e abbia influenzato, se non determinato, il suo ritiro dalla vita militare. Alla fine del 1557 infatti Vicino lascia il comando di Velletri. L'ultima sua azione di una qualche rilevanza politica è la mediazione che compie a Firenze nel 1558 per il matrimonio di Paolo Giordano Orsini, duca di Bracciano, suo parente, con Isabella de' Medici, figlia del duca di Toscana Cosimo I.
[1] I dati biografici sono riscontrabili in massima parte in Bredekamp 1989 e Calvesi 2000, cui si rimanda per le fonti antiche originali (vedi bibliografia per il riferimento in forma estesa), passim
[2] Giuseppe Zander, Gli elementi documentari sul Sacro Bosco in "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura", n. 7-8-9, Roma, 1955
[3] Quirino Galli (a cura di), La Cangiaria, Agnesotti, Viterbo, 1972
[4] Vittorio Aimati, Arato e seminato col sale, Ful.Vi.A. editrice, Artena, 2001
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Palazzo Orsini
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Gardens in Italy| Il parco dei mostri di Bomarzo | The Park of the Monsters, Bomarzo
Michelangelo Antonioni. La villa dei mostri. 1950
Bibliografia
Horst Bredekamp, Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo. Un principe artista ed anarchico, Roma, Edizioni dell'Elefante, 1985.
Maurizio Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura, Milano, Bompiani, 2000.
Enrico Guidoni, Il sacro bosco di Bomarzo nella cultura europea, Ghaleb, 2006.
Bruno J. Richtsfeld: Der "Heilige Wald" von Bomarzo und sein "Höllenmaul". In: Metamorphosen. Arbeiten von Werner Engelmann und ethnographische Objekte im Vergleich. Herausgegeben von Werner Engelmann und Bruno J. Richtsfeld. München 1989, S. 18 - 36.
Sabine Frommel, Andrea Alessi (a cura di), Bomarzo: Il Sacro Bosco, Milano, ElectaArchitettura, 2009.
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Questo articolo è basato sulgli articoli Vicino Orsini e Parco dei Mostri dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License. |
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