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Arcidosso è un comune che sorge ai piedi del Monte Amiata. Le piste da sci del comprensorio amiatino distano circa 10 km, 12 km è invece la distanza che separa Arcidosso dalla vetta del monte Amiata.
Arcidosso è un altro dei borghi amiatini più suggestivi. Imponente e caratteristico da tutti i lati, il paese antico ha al centro la Rocca Aldobrandesca, assediata nel 1331 dai Senesi comandati da Guidoriccio da Fogliano e passata nel 1559 ai Medici.
All'ingresso del paese merita una sosta l'imponente monumento ai Caduti del Lavoro. A destra della scalinata che vi sale, una lapide indica il luogo dove fu ucciso nel 1878 David Lazzaretti, il Profeta dell'Amiata.
Prima di entrare nel Borgo antico, merita una sosta la chiesa della Madonna delle Grazie (o dell'Incoronata), uno dei santuari più venerati dell'Amiata. Molte le opere d'arte notevoli, tutte di scuola senese, tra cui spiccano la Vergine in Gloria tra i Santi Sebastiano e Rocco di Ventura Salimbeni, e una Madonna con Bambino del primo Quattrocento proveniente dal Palazzo della Capitaneria e oggi sull'altar maggiore.
Fuori dalla Porta Talassese è la piccola e interessante chiesa di Sant'Andrea, ricordata dal 1118. Sulla strada che porta al Borgo antico è una curiosa fontana neogotica in ghisa, realizzata a Follonica nelle Fonderie Granducali.
Ancora qualche rampa e si arriva alla base della Rocca, affacciata su una silenziosa piazzetta. Riattraversata la porta si segue la strada prima tralasciata, si traversa la porta neogotica che dà accesso al Borgo e ci si inoltra nelle vecchie strade del paese.
Qui si incontra la chiesa medievale di San Niccolò.
Una discesa porta al Terziere del Codaccio e alla chiesa di San Leonardo, ricordata fin dal 1188, e risistemata più volte nel Cinquecento. L'interno, danneggiato nella Seconda Guerra Mondiale, conserva una serie di importanti dipinti tra cui la Decollazione di San Giovanni Battista (1588-O89) di Francesco Vanni.
Dalla strada per Montelaterone, una discesa tra splendidi castagni porta alla Pieve di Santa Maria ad Làmulas, costruita nel 1268 su un edificio più antico, ma pesantemente risistemata alla fine dell'Ottocento.
Nel Comune di Arcidosso è stato creato un parco faunistico che si ispira ai Wild Park tedeschi. Il parco è suddiviso in aree faunistiche che ospitano specie animali che hanno, o hanno avuto in passato, un ruolo negli equilibri dell'ecoambiente appenninico.[1]
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La Rocca Aldobrandesca di Arcidosso
La Rocca aldobrandesca di Arcidosso
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Rocca Aldobrandesca di Arcidosso |
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Vicolo verso Rocca Aldobrandesca
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Rocca Aldobrandesca, vicolo verso Via dei Olmi |
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Rocca Aldobrandesca, visto da Via Risorgimento
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Porta del Castello
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Arcidosso, stemmi sulla Porta del Castello
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La Chiesa di San Niccolò ad Arcidosso si trova nella parte sommitale dell'omonimo centro, con la facciata principale che si affaccia sulla sponda sud-occidentale del poggio.
La chiesa venne edificata attorno alla metà del XII secolo a navata unica, collegata alla cappella laterale destra.
Nel corso del Seicento, l'edificio religioso fu completamente ristrutturato e, durante i lavori di ampliamento, venne incorporato il vicino Oratorio di Santa Croce (fino ad allora edificio a se' stante) che divenne, così, la navata laterale sinistra: contemporaneamente, anche l'orginaria cappella laterale destra fu trasformata nella corrispondente navata laterale.
Nello stesso periodo, furono anche arricchite le decorazioni al suo interno, con l'aggiunta di due altari e di un'acquasantiera.
Un'ulteriore intervento di restauro è avvenuto poco prima della metà del secolo scorso.
La Chiesa di San Niccolò si presenta a pianta basilicale, suddivisa in tre navate; l'originario aspetto romanico è ravvisabile nelle varie parti in filaretto.
La facciata si presenta in stile neomedievale a seguito della ristrutturazione novecentesca, fatta eccezione per la parte corrispondente alla navata destra dove si conservano gli elementi stilistici originali. Il portale d'ingresso è preceduto da una gradinata e sovrastato da una lunetta decorata, chiusa da un arco a tutto sesto bicromatico. Al di sopra, si apre una bifora romanica spartita da una colonnina centrale munita di capitello. La parte sommitale della sezione centrale della facciata è decorata da un coronamento di archetti ciechi.
In ognuna delle due sezioni laterali della facciata principale si apre una monofora con vetrata posticcia.
La chiesa di San Leonardo, ricordata dal 1188, è stata trasformata più volte nel corso dei secoli. La forma attuale risale al XVI-XVII secolo.
L'interno, coperto a capriate nella navata centrale e con volte a crociera in quelle laterali, ha subito un restauro nel dopoguerra. La facciata, affiancata conserva parte del paramento originario e presenta un portale architravato con lunetta decorata a mosaico. All'ingresso, un'acquasantiera di Pietro Amati (1603), autore anche del primo altare a sinistra, dove si trova la Decollazione del Battista di Francesco Vanni (1588-1589).
Nella navata destra è una tela seicentesca con San Bartolomeo che presenta le proprie spoglie alla Madonna e al Bambino; sull'altare maggiore sono due statue lignee di San Processo e Sant'Andrea (1617).
La Chiesa di Sant'Andrea, nella quale è affrescata una Vergine in trono di scuola senese e nella quale è sepolto il poeta arcidossino Gian Domenico Peri.
Chiesa di Sant'Andrea, nella quale è affrescata una Vergine in trono di scuola senese e nella quale è sepolto il poeta arcidossino Gian Domenico Peri.
La Pieve di Santa Maria ad Lamulas Cresciuto su una cresta di arenaria tra le valli dei torrenti Ente e Zancona, Montelaterone è uno tra i primi castelli documentati dell'Amiata.
Ricordata fin dalla metà del IX secolo, la Pieve di Santa Maria a Lamula divenne un importante centro religioso e amministrativo e nel 996 ricevette il privilegio del fonte battesimale. L'impianto è a tre navate concluse da absidi e spartite da alti pilastri di varia sezione che sorreggono direttamente la copertura lignea del tetto. Si nota una notevole diversità strutturale tra la parte presbiteriale, relativa all'ultima campata, scandita da pilastri cruciformi, tipici del romanico maturo della metà del XII secolo, e il resto dell'edificio, che ha subito una ristrutturazione nella seconda metà del Duecento a seguito di un incendio. L'edificio fu ristrutturato nel periodo barocco, restauro del quale non c'è più traccia dopo gli interventi del 1935-1943.[2]
Chiesa dell’ Incoronata (Church of the Crowned): built in the second half of the 14th century, it commemorates the end of the pestilence and is custodian of some frescoes which depict “La Madonna con il Bambino” (The Madonna with the baby) and “La Gloria della Santissima Trinità”(The Glory of the Sacred Trinity).
Rocca Aldobrandesca (Aldobrandesca Fortress): a fortress which was constructed in the highest part of the town. Today the building is home to interesting cultural events, shows, conventions and displays.
Fonte del Poggiolo (Fount of the Poggiolo): a splendid fountain made out of marble and resembling a small neo-Gothic temple.
The ancient doors used to access the fortified city: Porta dell’Orologio (Door of the Watch), Porta del Castello (Door of the Castle) and Porta Talassese.
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Galleria fotografica Monte Amiata e Arcidosso
Merigar West
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Merigar West |
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Targa sulla casa di Lazzaretti ad Arcidosso
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Bagnore, La casa dove morì Davide Lazzaretti |
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Monte Labbro |
Montelaterone |
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Montelaterone è una frazione, situata a circa 4 km a nord-ovest dello stesso, in provincia di Grosseto nell'area del Monte Amiata. È situato su una cresta arenaria tra le valli dei torrenti Ente e Zancona, da cui si domina l'abitato di Castel del Piano.
L'abitato sorse poco dopo l'anno mille come possedimento dell'Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, per poi passare sotto il controllo senese già a partire dall'inizio del Duecento.
Il paese rimane quasi ininterrottamente sotto l'egemonia di Siena fino alla metà del Cinquecento quando, a seguito della definitiva caduta della Repubblica senese, entrò a far parte del Granducato di Toscana, seguendone le sorti da quel momento in poi.
La Pieve di Santa Maria a Lamula (XII secolo), raggiungibile dalla strada che collega Montelaterone e Arcidosso, fu costurita in stile romanico e a 3 navate; è legata ad una leggenda secondo cui una mula si inginocchiò sulla soglia in pietra della porta, lasciandovi il segno del ginocchio.
L'impianto è a tre navate concluse da absidi e spartite da alti pilastri di varia sezione che sorreggono direttamente la copertura lignea del tetto. Si nota una notevole diversità strutturale tra la parte presbiterale, relativa all'ultima campata, scandita da pilastri cruciformi, tipici del romanico maturo della metà del XII secolo, e il resto dell'edificio, che ha subito una ristrutturazione nella seconda metà del Duecento a seguito di un incendio.
L'edificio fu ristrutturato nel periodo barocco, restauro del quale non c'è più traccia dopo gli interventi del 1935-1943, che hanno ripristinato il precedente aspetto romanico.
La pieve è legata ad una leggenda secondo cui una mula si inginocchiò sulla soglia in pietra della porta, lasciandovi il segno del ginocchio, visibile ancora oggi. |
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Pieve di Santa Maria ad Làmulas, Montelaterone |
Stribugliano col suo borgo si allunga da una parte in nuove costruzioni, dall'altra si chiude con un grosso macigno, "La Pietra Rossa", posato lì, sembra, come talismano di questo piccolo paese. E' soprattutto un ottimo belvedere sull'Amiata, in un'invidiabile posizione che guarda verso il Tirreno, da cui si godono tramonti infiniti sull'Argentario, la Sardegna, la Corsica. Le colline rotondeggianti si distendono in un dolce paesaggio fino all'Abbandonato, in un alternarsi di terre coltivate, di querce, di papaveri rosseggianti in ampi campi di grano dardeggiati dal sole, di pascoli seminati di pecore e di poderi.
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Arcidosso
Storia
Arcidosso risulta essere storicamente uno dei centri più importanti del Monte Amiata, nonché uno dei principali centri tra le province di Grosseto e Siena.
Il nome di Arcidosso viene menzionato per la prima volta in un documento dell'860 d.C. Il nome deriva probabilmente dai sostantivi latini arx e dossum, che significano rispettivamente fortezza e dosso. A partire dal XII secolo si trovò a far parte dei possedimenti della famiglia degli Aldobrandeschi, i quali la fortificarono, iniziando la costruzione della Torre Maestra con l'aiuto degli abitanti di Casal Roveta, Talassa e Montoto, antichi insediamenti medioevali scomparsi. Nel 1331, dopo uno dei più lunghi assedi condotti dall'esercito senese, il castello ed il borgo di Arcidosso entrarono a far parte della Repubblica senese, alla quale restarono fedeli sino alla sua dissoluzione. Tale fedeltà rimase rappresentata anche dalla presenza nello stemma comunale arcidossino della Balzana bianca e nera, simbolo della città di Siena. L'assedio da parte delle truppe senesi condotte da Guidoriccio da Fogliano è rappresentato in un affresco situato nella sala del mappamondo del palazzo comunale di Siena. Durante il periodo del Granducato di Toscana, fino a pochi anni prima dell'unità d'Italia, Arcidosso arrivò a contare oltre 12.000 abitanti: il quadruplo di quelli che risiedevano a Grosseto, non ancora all'epoca capoluogo di provincia. Arcidosso, in seguito alla costituzione dello Stato unitario italiano venne eletto al ruolo di "prefettura" e a partire dal 1776 assunse la sua attuale fisionomia territoriale inglobando le frazioni di Montelaterone e Stribugliano.
Gli abitanti, oltre al termine corretto ed ufficiale, vengono chiamati anche caperci (cioè caparbi, testardi) in tutta l'area del Monte Amiata.
La prima "foto" di Arcidosso
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Duccio di Buoninsegna, La consegna del Castello di Giuncarico, Palazzo Pubblico, Siena
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Nel 1980, durante un restauro nella "Sala del Mappamondo" del palazzo Comunale di Siena, venne scoperto un affresco fino ad allora rimasto coperto dal "Guidoriccio da Fogliano" e la cui parte sinistra risulta tuttora coperta dal ritratto di un santo patrono di Siena, risalente al 1530 circa. Le valutazioni degli storici dell'arte, dei restauratori e della stampa, portarono ad individuare il castello rappresentato nel castello di Arcidosso. Infatti le caratteristiche morfologiche e paesaggistiche presentano una somiglianza straordinaria con l'attuale panoramica di Arcidosso.
L'opera mostra il comandante delle truppe senesi, Guido Ricci o Guidoriccio da Fogliano di Reggio Emilia, rappresentato a cavallo, di profilo, mentre si reca all'assalto del Castello di Montemassi nella Maremma, episodio avvenuto nel 1328. Sullo sfondo la rappresentazione di un paesaggio piuttosto realistico con montagne, un accampamento e le località interessate dagli eventi.
Il dipinto mostra evidenti segni di interventi a più riprese, ridipinture e rifacimenti, messi ancor più in evidenza da un restauro conservativo effettuato nel 1980 da Giuseppe Gavazzi.
L'attribuzione dell'affresco a Simone Martini deriva da un documento del 1330 nel quale si dà mandato al maestro Simone di dipingere per 16 fiorini i castelli di Montemassi e Sassoforte appena acquisiti dalla Repubblica Senese (l'anno dopo riceverà 8 fiorini d'oro per dipingere Arcidosso e Castel del Piano). Considerazioni di diverso tipo (stilistico, araldico, storico e altro) avevano però portato già nel 1977 Gordon Moran a dubitare della attribuzione martiniana, pensando ad un dipinto quattrocentesco a carattere commemorativo. Tale ipotesi tuttavia non convinceva gli studiosi italiani.
Solo nel 1980, a seguito di restauri eseguiti sulla parete in cui era dislocato il famoso Mappamondo che dette il nome alla sala, venne alla luce un altro dipinto ad affresco immediatamente sottostante al grande ritratto del Guidoriccio a cavallo e la controversia di natura artistica prese un diverso spessore, coinvolgendo critici e storici d'arte, tecnici ed esperti di ogni materia. Tale scoperta, per le implicazioni che essa ha avuto ed ha tuttora, ha messo fortemente in dubbio l'autenticità e la paternità del dipinto tradizionale, creando due scuole di pensiero: una anglosassone, con Michael Mallory e Moran in testa, che ha rilevato le decine di incongruenze che presenta l'affresco del Guidoriccio e lo considera un pastiche del XV secolo; l'altra, di formazione per lo più italiana e tradizionalmente ancorata all'attribuzione a Simone Martini, orientata quindi a giustificare le presunte incongruenze.
L'intonaco del Guidoriccio sormonta l'intonaco del nuovo dipinto scoperto (attribuibile per qualità anche alla mano di Simone Martini) che rappresenta (sulla base di strettissime somiglianze topografiche e per considerazioni araldiche) Arcidosso, castello dell'Amiata conquistato da Guidoriccio nel 1331; alcuni studiosi ritengono che si tratti del castello di Giuncarico dipinto precedentemente (1315), ma in tal caso non corrisponderebbero le vicende storiche con la rappresentazione della resa.
Arte in Toscana | Ambrogio Lorenzetti | La Sala del Mappamondo
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Il possente castello presente nello stemma di Arcidosso fu costruito dai conti Aldobrandeschi, che lo elessero a sede. La quercia, posta a lato della torre, ricorda quella che un tempo frondeggiava sulle antiche mura, mentre lo scudetto con la balzana di Siena richiama l’attaccamento a quella città, sempre dimostrato dagli arcidossini.
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Parco Faunistico del Monte Amiata
All'interno del comune di Arcidosso si trova anche il parco faunistico dell’Amiata, il quale si colloca in un area montana di particolare pregio naturalistico e paesaggistico, si avvale di soluzioni e metodologie espositive moderne e rispettose degli animali e costituisce l’ambiente ideale per la presenza e l’osservazione di numerose specie di fauna selvatica. Il parco faunistico del monte Amiata si ispira ai Wild Park tedeschi, ma aggiunge a quelle esperienze contenuti ed obiettivi più nuovi e innovative metodologie di fruizione: è gestito secondo le direttive degli Enti Locali che lo utilizzano anche per l’organizzazione di attività didattiche e di sensibilizzazione, per le iniziative di studio e di ricerca, per la conservazione di specie animali e vegetali che rischiano l’erosione genetica e la scomparsa. All’interno delle aree faunistiche sono presenti specie animali che hanno, o hanno avuto in passato, un ruolo negli equilibri ecologici della nostra zona, che, pur non facendone parte, è caratterizzata da ambienti di tipo appenninico. Una delle caratteristiche sta nel fatto che non esistono interposte barriere fisische tra visitatori ed animali. Molte le specie animali e vegetali che vengono presentate, tra cui, solo per citarne alcune, cervi, caprioli, daini, camosci, mufloni; numerose sono quelle naturalmente presenti nel territorio del parco, alcune delle quali piuttosto rare. Percorrendo i sentieri, o da un apposita altana, possono essere avvistati i rari e fieri lupi appenninici, altrimenti difficilissimi da osservare nei loro comportamenti più spontanei.
Parchi naturali della Maremma Toscana | Parco Faunistico del Monte Amiata (it)
CENTRO VISITE DEL PARCO FAUNISTICO DEL MONTE AMIATA
La Riserva naturale del Monte Labbro (667 ha) si trova a sud ovest del Monte Amiata. La Riserva si estende, per oltre 650 ettari, tra il torrente Zancona ed il suo affluente di sinistra fosso Onazio, a nord, e il fiume Albegna, a sud. Tutto il territorio è di media montagna, con rilievi come il monte omonimo, che raggiunge i 1.190 metri. La Riserva è caratterizzata da scarsa presenza di vegetazione arborea, limitata alla zona del Torrente Onazio, con cerri, castagni, olmi, noccioli e aceri. I castagneti si trovano soprattutto sul versante settentrionale del Monte Labbro, dove occupano una superficie di circa 60 ettari. L'agricoltura è riconducibile alla pastorizia e a coltivazioni tradizionali. La fauna è rappresentata da innumerevoli specie, alcune di interesse comunitario, oltre che dalla presenza di mammiferi come il gatto selvatico, la puzzola, la faina, la martora e il tasso. L'area è collocata in posizione strategica per la migrazione dei falconiformi. Oltre a specie esclusivamente migratrici è possibile osservare il biancone, il falco pecchiaiolo, la poiana, le albanelle e il lanario. Ai rapaci si aggiungono anche il passero solitario, il codirossone, il culbianco e il sordone. Numerosi sono i rettili: il biacco, la biscia d'acqua, le vipere e le testuggini di Hermann. La geologia annovera formazioni a calcari vari (prevalenti), compreso il rosso ammonitico, calcareniti, argilliti e diapri. Fenomeni carsici hanno dato vita a doline, inghiottitoi e grotte. Da segnalare, sulla sommità del Monte Labbro, la presenza di alcuni edifici di importanza storico-culturale, risalenti al movimento Giurisdavidico di Davide Lazzaretti.
Per raggiungere il Monte Labbro si deve percorrere la strada statale n. 323 che congiunge Arcidosso a Roccalbegna; sette chilometri dopo Arcidosso, per chi proviene da Arcidosso, o un chilometro dopo la località Poggi la Bella, per chi proviene da Roccalbegna, si prende (km 33,4) la strada sterrata con le indicazioni per il Monte Labbro e per il Parco Faunistico dell’Amiata.
Tutti i mesi dell’anno sono adatti per visitare l’area: in primavera sono di scena le fioriture, in estate i molti rapaci che qui nidificano e nei mesi invernali il cielo terso che permette di affacciarsi dalla vetta del Monte Labbro su panorami sconfinati e spettacolari.
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Il Centro Studi David Lazzaretti
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David Lazzaretti
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Il Centro Studi David Lazzaretti nasce su iniziativa del Comune di Arcidosso agli inizi degli anni '80, dando seguito ad un lavoro di ricerca e valorizzazione dell'esperienza lazzarettista iniziato nel 1978 in occasione del centenario della morte del "Profeta dell'Amiata".
Il Centro è strutturato in due sezioni:
Sezione Libri e Documenti
Raccoglie materiale bibliografico su Lazzaretti e sulla storia del movimento lazzarettista: monografie, saggi, alcuni studi sul messianesimo e i movimenti religiosi minori, pubblicazioni che abbracciano un periodo che va dalla fine dell'Ottocento ai nostri giorni. Sono inoltre disponibili tesi di laurea provenienti da varie Università ed una ricca raccolta di articoli di giornali e riviste che documentano l'evento sin dai giorni successivi all'uccisione del Lazzaretti.
La sezione contiene inoltre manoscritti e lettere del Lazzaretti e dei principali protagonisti della vicenda, documenti e registri relativi alla vita sociale e religiosa della Comunità, materiale iconografico e fotografico.
La sezione espositiva del Centro, situata attualmente nel Palazzo Comunale, documenta la storia dell'esperienza lazzarettista partendo da una breve cronologia della vita del Lazzaretti e ricostruendo attraverso materiale fotografico, dipinti, documenti d'epoca ed oggetti, quelli che sono stati i momenti più significativi della vicenda che nasce e si sviluppa negli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia.
Centro Studi David Lazzaretti | www.centrostudilazzaretti.it
Trekking in Toscana | Arcidosso - Monte Labbro | 10 km | 2 hours | Download gpx
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David Lazzaretti
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La Castagna IGP del Monte Amiata e "La Castagna in Festa"
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La castanicoltura nell'area del Monte Amiata, ed in particolare del comune di Arcidosso, ha da sempre avuto diffusione, grazie alle condizioni climatiche particolarmente favorevoli, tanto che già negli statuti delle comunità dell'Amiata del XIV secolo si ritrovano specifiche norme per la salvaguardia e lo sfruttamento dei castagni, sia riguardo ai frutti sia riguardo alla legna. Ad oggi la castagna del Monte Amiata è tutelata dal marchio di qualità IGP. La Castagna IGP del Monte Amiata è oggetto di un'importante e significativa festa, che ogni anno si tiene ad Arcidosso nel mese di ottobre: La Castagna in Festa. La manifestazione richiama nella cittadina amiatina migliaia di persone da tutta Italia offrendo convegni e dibattiti, stand gastronomici, apertura delle cantine, degustazione di prodotti tipici a base di castagne tra i quali la birra, visite guidate ai seccatoi e nei castagneti, antichi mestieri, animazioni, spettacoli nel castello e nel borgo medioevale, concerti musicali, sfilate di moda, tombole, mercatini dell’antiquariato.
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Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia. |
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Abbaddia San Salvatore |
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Massa Marittima |
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Frazioni
Bagnoli, frazione alle pendici del Monte Amiata, famosa per la lavorazione della lana, possedendo uno dei più importanti lanifici della zona.
Le Macchie, situata sul versante del Monte Labbro, è famosa per la coltivazione delle patate e per essere stata luogo di culto del profeta David Lazzaretti.
Montelaterone, situato su una cresta arenaria tra le valli dei torrenti Ente e Zancona, l'abitato sorse poco dopo l'anno mille come possedimento dell'Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, per poi passare sotto il controllo senese già a partire dall'inizio del Duecento.
Salaiola, piccola frazione celebre per le iniziative, come la Festa della Poesia, rassegna poetica, o la Festa della Luna nel mese di giugno. Salaiola rientra nella circoscrizione ecclesiastica di Montelaterone.
San Lorenzo, antico borgo situato tra Arcidosso e Castel del Piano, oggi una popolata zona residenziale.
Stribugliano, piccola frazione vicino alle pendici del Monte Amiata, tra Monte Buceto e Monte Aquilaia.
Zancona, frazione plurisecolare alle pendici del Monte Labbro, un tempo popolosa, oggi con poco più di 80 abitanti. Insieme a Le Macchie è stata il luogo in cui David Lazzaretti visse e predicò maggiormente i suoi ideali, ed è attraversata dall'omonimo torrente.
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Questo articolo è basato sull'articolo Arcidosso, Chiesa di San Niccolò (Arcidosso), Chiesa di Sant'Andrea (Arcidosso) e altri articoli dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
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Montefalco |
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Perugia |
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Florence, Duomo |
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Il meglio della Maremma | Podere Santa Pia
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Podere Santa Pia |
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Podere Santa Pia, giardino |
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Parco Naturale della Maremma |
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Podere Santa Pia, immersa nella splendida campagna della Maremma, è situato in una splendida posizione panoramica, a pochi chilometri da Montalcino e Abbazzia Sant' Antimo.
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Il Monte Amiata è una presenza inconfondibile nel panorama della Maremma: unica vera montagna della Toscana meridionale, è con i suoi 1736 metri il più elevato tra i vulcani spenti italiani. Noto per i suoi centri medievali, per la sua gastronomia e per le sue piste da sci, è rivestito a partire dagli 800 metri da una magnifica foresta che alterna il castagno all'abete e al faggio. Affacciato a nord-est sui dolci paesaggi della Val d'Orcia, l'Amiata chiude verso oriente il panorama della Maremma, ed è a portata di mano dalle colline di Grosseto.
Chi s'interessa alla storia ha a disposizione i centri storici di Arcidosso, Castel del Piano, Santa Fiora e Seggiano e numerosi monumenti isolati. Le Riserve Naturali Provinciali del Monte Labbro e del Monte Penna, che si estendono intorno ai due più importanti satelliti del Monte Amiata e l'Oasi WWF del Bosco Rocconi, base per i progetti di reintroduzione del capovaccaio in Maremma.
I sentieri del Parco Faunistico dell'Amiata, sul versante settentrionale del Monte Labbro, permettono di avvistare cervi, daini, lupi, camosci e caprioli. Una fitta rete di itinerari escursionisticche interessano entrambi i versanti della montagna. Da Roccalbegna a Rocchette di Fazio
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 10 km
Questo piacevole itinerario percorre a mezza costa la solitaria valle dell'Albegna, traversa vari valloni e raggiunge il pittoresco borgo di Rocchette. I primi 2 km sono su una strada asfaltata, il resto utilizza delle tranquille strade sterrate, alla fine si può raggiungere (altri 3 km) Semproniano.
Da Roccalbegna all'Oasi WWF dei Rocconi
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 16 km
Sulle alture della destra orografica dell'Albegna, raggiunge il Fosso il Rigo e risale verso il bosco e il casale dei Rocconi, cuore dell’omonima area protetta dal WWF.
Da Arcidosso al Monte Labbro e a Roccalbegna
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 13 km
La traversata della montagna che si affianca da sud all'Amiata consente di ammirare vasti panorami e di visitare il "tempio" giurisdavidico costruito sui 1193 metri della cima. Toccato il podere le Capanne, si scende al centro storico e alle torri calcaree di Roccalbegna.
Da Santa Fiora a Selva
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 9 km
La prima parte della traversata dalle pendici dell'Amiata al Monte Civitella e a Castell’Azzara include lunghi tratti su strade asfaltate. Si scende alla valle della Fiora, si risale lungo quella dello Scabbia, alla fine si tocca il Convento della SS. Trinità.
Da Arcidosso al Monte Labbro e a Roccalbegna
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 11 km
Quasi interamente su strade sterrate, sale al Monte Labbro tra i campi e i pascoli del versante orientale, con ampi panorami sul Monte Amiata. La discesa è in comune con l'itinerario precedente. Segnavia n. 6.
Da Selvena a Castell'Azzara
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 7 km
La traversata del massiccio del Monte Penna e del Monte Civitella inizia con una ripida salita e prosegue toccando il Poggio della Vecchia e la sorgente delle Fossatelle.
Da Arcidosso alla Fonte alle Monache e a Santa Fiora
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 14 km
Uno dei più interessanti sentieri dell'Amiata. Si sale tra bellissimi castagneti, si raggiunge l'Anello della Montagna e lo si segue fino alla Fonte delle Monache. La discesa tocca le abetine di Poggio Trauzzolo e le pareti trachitiche de Le Mura. Segnavia n. 10 e 12.
Da Seggiano a Castel del Piano e ad Arcidosso
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 9 km
Il comodo itinerario che collega i paesi del versante grossetano dell'Amiata scende al castello del Potentino e al torrente Vivo, risale a Castel del Piano e prosegue con qualche saliscendi fino ad Arcidosso.
L'Anello della Montagna
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 24 km
Il più lungo e famoso sentiero dell'Amiata compie il periplo della montagna tra i 1000 e i 1300 metri di quota e traversa boschi di faggio, abete, cerro e castagno. Dal versante grossetano lo si raggiunge salendo in auto a Fonte Capo Vetra, al Prato delle Macinaie, alla Fonte alle Monache e alla Madonna del Camicione. A piedi, si possono seguire i sentieri che salgono da Castel del Piano, Arcidosso e Santa Fiora.
Da Rocchette di Fazio a Semproniano e a San Martino sul Fiora
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 14 km
Questo percorso di raccordo consente di raggiungere la zona dei Tufi di Sovana, Pitigliano e Sorano. Dopo aver raggiunto il capoluogo si prosegue a sud verso Catabbio e San Martino.
Da Selva a Selvena
Percorso a piedi, a cavallo e in bicicletta - 1 km
La traversata prosegue ridiscendendo alla valle dello Scabbia, scavalcando il Poggio Fontenassa e toccando le case di Poggio Montone. Da Selvena si possono raggiungere verso sud (4 km a/r) le rovine di Rocca Silvana.
[Fonte: Provincia di Grosseto | www.provincia.grosseto.it]
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Monte Amiata |
Amiata a piedi | www.amiataturismo.it
L’antico e ormai spento vulcano del Monte Amiata è situato tra le province di Siena e Grosseto ed è il rilievo vulcanico più settentrionale d’Italia. Il suo profilo a cono, tipico di tutti i vulcani, è la conseguenza di numerose eruzioni avvenute tra i 280 e i 180 milioni di anni fa. Da qui deriva la formazione di enormi ammassi rocciosi di pietra lavica che rendono il paesaggio particolarmente suggestivo. Fino a pochi anni fa questo territorio era molto importante per i suoi giacimenti di minerali come il cinabro e il mercurio: fonti essenziali per l’economia amiatina. Anche sorgenti di acqua termale come quelle di Bagni San Filippo e Bagno Vignoni e i gas naturali che fuoriescono nelle zone di Santa Fiora e Piancastagnaio e che vengono usati come fonti di energia, dimostrano l’origine vulcanica di questa montagna. Il Monte Amiata raggiunge il suo punto più alto a 1.738 metri. Adiacente ad esso, a sud-ovest, si osserva la Montagnola (1.571), mentre in direzione sud si erigono il Monte Labbro (1.193), il Monte Civitella (1.107) e il Monte Penna (1.086). I fiumi Albegna, Fiora e Paglia nascono direttamente dall’Amiata. Il fiume Orcia trova la sua via nel lato nord della montagna e dà il nome alla meravigliosa Val d’Orcia.
Nei castagneti di Arcidosso [PUNTO DI PARTENZA E ARRIVO: Capannelle Grappolini (circa 1 km fuori da Arcidosso, sentiero circolare).
LUNGHEZZA: 6.2 Km. DURATA: 3 ore circa.]
Poco dopo Arcidosso c’è un sentiero che attraversa dei magnifici castagneti dove si incontra un antichissimo patrimonio forestale composto da nodosi alberi secolari e dove si può ammirare l’antica attrezzatura per l’essiccazione delle castagne. Tutt’oggi le castagne rappresentano una fonte economica importante per questa regione e in autunno questi frutti vengono raccolti a mano. Le ricche chiome degli alberi offrono all’escursionista un sentiero ombreggiato.
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Dal parco faunistico del Monte Amiata alla cima del Monte Labbro [LUNGHEZZA: circa 6,5 Km.
DURATA: 3 ore circa]
L’escursione al Monte Labbro (1.193 m) inizia dal Parco Faunistico, uno dei più significativi progetti di protezione ambientale in Italia. In un paesaggio a tratti brullo e a tratti ricco di vegetazione è possibile osservare, nel loro habitat naturale, specie di animali e piante in via di estinzione. Particolarmente suggestivi sono i lupi che qui vivono in cattività e sono stati reintrodotti in questo ambiente agli inizi degli anni ’80. Al centro visitatori “Podere dei Nobili”, dove c’è anche un piccolo ristorante, si possono reperire informazioni.
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Dal Prato delle macinaie alla vetta del Monte Amiata [PUNTO DI PARTENZA E ARRIVO: Prato delle Macinaie (1.385 m), possibilità di parcheggio (percorso circolare). LUNGHEZZA: circa 7 Km. DURATA: circa 2 ore e 1/2 ]
Nei mesi invernali, la parte alta del Monte Amiata si trasforma in una ben nota stazione sciistica. Quando nevica, quindi, c’è sicuramente da divertirsi per i pendii dell’antico vulcano ormai spento. Anche durante i mesi estivi, si può raggiungere la vetta dell’Amiata con gli impianti di risalita oppure a piedi. Il nostro percorso inizia da una pista di fondo che corre attraverso una maestosa e splendida faggeta che collega i due alberghi ristoranti del “General Cantore” e delle “Macinaie”.
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Portale Maremma Riserva di Natura | www.maremmariservadinatura.it
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Riserva Naturale Monte Labbro - Provincia di Grosseto | Il punto di partenza del sentiero ad anello si trova presso una piccola costruzione in legno, usata come punto di informazioni, con relativo parcheggio, che si trova ai piedi del Monte Labbro. Questo si raggiunge dal bivio tra la strada provinciale, che collega Arcidosso con Roccalbegna, e la strada bianca carrozzabile che conduce al Parco Faunistico del Monte Amiata dove comunque si trovano le indicazioni relative. Praticamente provenendo da Arcidosso e superato il bivio per Santa Fiora, al successivo seguire le indicazioni per il Parco fino ad un primo bivio, continuare a sx verso Monte Labbro che è visibile in alto. Ad un successivo bivio tenere la dx e poco dopo ancora a dx fino ad arrivare al punto di partenza (punto 1). Consigliamo di effettuare il sentiero ad anello in senso antiorario, quindi proseguire sulla strada di arrivo, superare una staccionata con passaggio, in leggera salita fino ad arrivare ad un cancello con relativo scalandrino adiacente (punto 2). Consigliamo di superare questo sbarramento, necessario per animali liberi al pascolo, e proseguire a dx sulla vecchia strada a sterro che conduce in salita sulla cima del Monte Labbro dove si trovano i resti della Chiesa e la Grotta di Davide Lazzaretti (1834 –1878), dove si ammira uno stupendo panorama veramente a 360 gradi. Dopo la visita ritornare indietro per la stessa strada sterrata e superare di nuovo lo sbarramento (punto 2), proseguire a dx su un evidente sentiero acciottolato che quasi pianeggiante attraversa dei campi abbandonati, usati per la pastorizia, continua in leggera discesa e segue il dirupo che sovrasta la strada bianca poderale sottostante fino ad arrivare ad uno scalandrino su una recinzione di chiusura di un fondo necessario per animali liberi al pascolo. Superare la recinzione; un piccolo tratto del sentiero richiede una maggiore attenzione a causa dell’esposizione più evidente, proseguire sempre su campi abbandonati con leggeri sali-scendi poi in discesa fino ad un bivio con una strada bianca carrozzabile. Seguire a sx questa strada trascurando alcune piccole deviazioni che portano ai poderi circostanti fino ad arrivare nei pressi del punto di partenza, girare e concludere così il sentiero ad anello. |
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Eremo di David Lazzaretti or Torre Giurisdavidica. Davide Lazzaretti, che predicava un socialismo mistico e utopistico, fu ucciso da una pattuglia di carabinieri. Il Lombroso lo definì un "monomaniaco"
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