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Simone Martini, Equestrian portrait of Guidoriccio da Fogliano,1328-30, Palazzo Pubblico, Siena [1]


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Ambrogio Lorenzetti
| La Sala del Mappamondo


   
   

Il Palazzo Pubblico di Siena (detto anche Palazzo Comunale) è l'edificio fatto costruire approssimativamente tra il 1297 e il 1310 dal Governo dei Nove della Repubblica di Siena, come propria sede. Il Palazzo Pubblico sorge sulla piazza del Campo ed è affiancato dalla snella Torre del Mangia.

Il Museo Civicodi Siena è ubicato al primo piano del Palazzo Pubblico. Il Museo Possiede un patrimonio storico-artistico di straordinario valore dovuto a opere come la Maestà di Simone Martini, il Buono e Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti, a dipinti italiani e stranieri databili tra i secoli XVI e XVIII, ceramiche di manifattura senese dei secoli XIV e XVIII e altre preziose collezioni.
La sala principale del Palazzo Pubblico di Siena prende nome da un mappamondo che sette secoli fa vi faceva bella mostra; l' oggetto era una creazione di Ambrogio Lorenzetti ed era cosí famoso che la sala ne porta ancora oggi il nome, anche se l' oggetto stesso non esiste piú. Giorgio Vasari lo chiama una cosmografia perfetta, secondo que' tempi.
Il mappamondo trecentesco dipinto da Ambrogio Lorenzetti era probabilmente un grosso disco girevole che rappresentava la Repubblica Senese, pieno di piccole immagini delle singole località, per vedere le quali appunto si faceva ruotare il disco: a ciò potrebbero risalire i graffi circolari molto evidenti nell' intonaco di una parete della Sala del Mappamondo.

Sulla parte opposta alla "Maestà" Simone Martini realizzò nel 1328 un altro suo celebre capolavoro "Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi". Il dipinto faceva parte di un gruppo di figurazioni analoghe che avevano il compito di testimoniare del successo della politica espansionista dello Stato senese in quegli anni. Si tratta di un tema assai inconsueto, che coincide in qualche modo con la nascita della "pittura di cronaca" concepita a conferma e supporto della realtà e della politica e non più soltanto come intermediazione tra l'umano e il divino.

Duccio di Buoninsegna, La consegna del Castello di Giuncarico, Palazzo Pubblico, Siena

 

L'affresco è stato recentemente oggetto di una diatriba sulla sua autenticità che ha conosciuto anche episodi di sperticata passione, finora poco consueti nella Storia dell'arte.[1]

Si può confermare che il dipinto, almeno nelle sue parti originali, è di altissima qualità e che sia la maestria stilistica, sia la tecnica esecutiva ci riconducono ineccepibilmente alle qualità di Simone.

Sotto al "Guidoriccio" è stato rinvenuto una ventina d'anni indietro un altro affresco di tema analogo, anch'esso di eccelsa mano, raffigurante "Due personaggi e un castello". Il fatto che l'opera sia stata presto ricoperta da uno strato di intonaco ci fa mancare qualsiasi tradizione attributiva. Dopo un vivace dibattito le posizioni più serie e documentate riferiscono il dipinto all'ultima attività di Duccio, la cui attività di freschista, finora poco nota, è stata recentemente riconosciuta in numerosi episodi nel territorio senese.

L'affresco fu probabilmente eliminato, insieme alla maggior parte degli altri, raffiguranti le terre e i castelli conquistati da Siena, perchè si ritenne di sostituirli con il grande "Mappamondo" di Ambrogio Lorenzetti, ormai perduto da tre secoli e di cui ci manca una descrizione soddisfacente, anche se si presume che contenesse l'immagine della città al centro, circondata dal suo Stato e, a sfumare, tutte le altre terre conosciute. Della elaborata macchina girevole, consistente in un grandissimo disco di legno e cartapecora, non restano che le impronte impresse dall'uso sulla parete ma la sua memoria ha fatto sì' che alla Sala venisse assegnato il suo nome. Sotto al "Guidoriccio" il Sodoma dipinse, nel 1529, due dei Santi protettori senesi: "San Vittore" e "Sant' Ansano". Sulla parte alta della parete davanti alla finestra vi sono le opere: La battaglia della Val di Chiana (1363), di Lippo Vanni, e La battaglia del Poggio Imperiale, di Giovanni di Cristoforo Ghini e Francesco d'Andrea; in basso si trovano alcuni dei maggiori santi senesi: Beato Bernardo Tolomeo del Sodoma, San Bernardino di Sano di Pietro e Santa Caterina del Vecchietta.

   
   

Nell'immagine dell'affresco rinvenuto nel 1980 si nota in particolare: un castello con torre dalle forme quadrate che poggia su uno sperone roccioso, una chiesa con campanile posta di fronte del castello, una alberatura ramificata piegata sul lato destro del castello, una scogliera su cui poggia il castello e il resto dell'insediamento (un paesaggio decisamente roccioso), due personaggi, di cui uno con spada (quindi non un semplice "civile") e uno che porge il guanto forse in segno di resa.

L'imagine a destra, è un particolare dell'affresco scoperto nel 1980, riferito al castello. Si noti la pianta a destra, che in una visione più dettagliata sembra avere varie ramificazioni tutte nascenti da una piattaforma murata, ma tutte piegate in diagonale. Questa stessa alberatura la ritroviamo esattamente negli stemmi (o sigilli) della Comunità di Arcidosso, che nel corso dei secoli ha sempre avuto come emblema un castello con un albero piegato quasi a 45 gradi. Qui sotto, a destra, uno stemma di Arcidosso tratto da una stampa del 1883. Anche oggi il comune di Arcidosso è rappresentato con uno stemma, ove compare il castello con una pianta sulla sinistra. In cronache del passato è descritta come presente realmente a lato del castello una pianta di quercia. Il fatto che essa a volte è rappresentata sulla destra, a volte sulla sinistra, non deve trarre in inganno: cambiando angolo visuale, essa può apparire a destra se si guarda da sud-ovest e a sinistra se la si guarda da nord-est.

 

 

[1] Nel 1980, nel corso di un restauro finanziato da un'associazione artistica tedesca, venne alla luce un nuovo affresco sottostante al "Guidoriccio da Fogliano", la cui cornice più bassa lo ricopre in parte. Questo evento ha rappresentato l'occasione e il momento per l'apertura di una controversia, già latente nel passato, sulla paternità del Guidoriccio da Fogliano, che una parte della critica d'arte mondiale ritiene essere un'opera databile ad epoche successive e non attribuibile a Simone Martini.

Si capì subito che la qualità dell'opera che stava emergendo in quel 1980 era altissima, degna di un grande artista del trecento senese (lo stesso Simone Martini o Ambrogio Lorenzetti). Ma, con grande sorpresa, il rinvenimento artistico si fermò lì: ciò che era stato scoperto era un castello, circondato da una chiesa, da vari edifici e da recinzioni, individuato subito, con grande attendibilità, nel castello di Arcidosso, conquistato dai Senesi nel 1331 unitamente a Casteldelpiano. Ma la scoperta del nuovo affresco mise in evidenza anche due figure emblematiche, in una scenografia densa di significato. Un personaggio con vesti civili, ma armato di spada, figura che appare dominante nella scena, che era nascosto o cancellato da un bizzarro strato di vernice blu, e l'altra con veste scura propria di un castellano, in atteggiamento di resa. Le due figure dovrebbero ragionevolmente riferirsi, come affermano Moran e Mallory, al vero Guidoriccio, che conquistato Arcidosso, ottiene in via pacifica da un conte Aldobrandeschi (l'altra figura) la cessione di Casteldelpiano.

Nel 1330, su incarico del governo senese, Guidoriccio da Fogliano, condottiero di ventura, muove con quattromila fanti, di cui una parte a cavallo, per attaccare i conti di Santa Fiora, cioè gli Aldobrandeschi, in quel periodo rappresentati dall'anziano padre Stefano Aldobrandeschi, che coinvolto in beghe familiari condivideva il potere decisionale della casata non solo con i figli Giovanni e Senese (vedi la genealogia curata da Davide Shamà), ma anche con altri parenti del ramo di Sovana. La minaccia costituita da un'armata così possente persuade subito i conti di Santa Fiora ad accettare una pace imposta, ma non ben accettata. Dopo un breve periodo di tergiversazioni con Siena, i conti di Santa Fiora organizzano una difesa passiva e lasciano strategicamente il castello di Santa Fiora alle armate senesi, rifugiandosi con parte della propria corte (una corte sempre pronta a cambiare sede, una corte "errante") nel castello di Arcidosso, meglio difendibile sul piano militare.

Nell'aprile 1331 Guidoriccio stringe d'assedio la roccaforte di Arcidosso, dove sono presenti alcuni degli Aldobrandeschi. Trova resistenza, ma dopo quattro mesi, riesce ad entrare nell'abitato attraverso un passaggio sotterraneo, scavato dagli assedianti. Vi sono vittime, ma i conti Aldobrandeschi chiedono prontamente la resa, onde evitare il peggio. Anche il maniero di Casteldelpiano dopo pochi giorni è ceduto a Guidoriccio. Grandi festeggiamenti a Siena, ma la pace con gli Aldobrandeschi e una sorta di compromesso sul castello di Santa Fiora avverranno solo qualche mese più tardi, non estranei pagamenti in fiorini, alle condizioni poste da Guidoriccio, abbastanza flessibili e comunque non vessatorie per gli Aldobrandeschi. Il Governo senese non approva completamente il comportamento del proprio condottiero, pur rinnovandogli il comando dell'esercito senese. Nel settembre 1333 avviene la rottura e Guidoriccio rientra nella sua Reggio Emilia, da cui viene scacciato più tardi dai Gonzaga. Nel gennaio 1337 lo ritroviamo Podestà di Padova, a testimonianza di un carattere che non disdegnava la conquista e l'esercizio del potere anche in modi diversi da quelli militari.

Questa breve cronistoria sta a dimostrare quanto credibile sia l'interpretazione della scena tra i due personaggi raffigurati nell'affresco del 1980: un conte Aldobrandeschi al momento della resa, era presente nel castello di Arcidosso, e pertanto l'atto di sottomissione, con la consegna pacifica di Casteldelpiano a Guidoriccio, è del tutto verosimile e compatibile con la cronologia e gli avvenimenti storici. Questa stessa interpretazione è stata ricostruita e riproposta pittoricamente nella saletta preconsiliare del Municipio di Casteldelpiano in un affresco-riproduzione che segna fedelmente, ed in modo esemplare, le considerazioni storiche e iconografiche che hanno fatto seguito alla scoperta del 1980. Ne sono autori i due artisti emiliani William Tode e Paul Angel, studiosi peraltro di arte medioevale.

E poichè la commissione dell'affresco celebrativo della conquista dei castelli di Arcidosso e Casteldelpiano fu affidata dal governo dei Nove a Simone Martini, diviene conseguente che la paternità dell'affresco scoperto nel 1980 appartenga proprio al maestro Simone, compatibile anche per lo stile e il paesaggio. Ma questa che oggi è un'ipotesi, sia pure fondata, potrebbe essere definitivamente convalidata dal completamento dell'opera di ricerca e di "bonifica" della parete della sala del Mappamondo. Probabilmente il ciclo dei castelli emergerebbe in modo compiuto e un contributo così importante andrebbe ad arricchire il patrimonio artistico di Siena e dell'intero paese, anche in termini di conoscenza e di implicazioni.

 

Il possente castello presente nello stemma di Arcidosso fu costruito dai conti Aldobrandeschi, che lo elessero a sede. La quercia, posta a lato della torre, ricorda quella che un tempo frondeggiava sulle antiche mura, mentre lo scudetto con la balzana di Siena richiama l’attaccamento a quella città, sempre dimostrato dagli arcidossini.

     
 
   


Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Ambrogio Lorenzetti

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Il Monte Amiata sorge in un territorio compreso tra le provincie di Grosseto e Siena, in un ambiente caratterizzato da una fitta vegetazione costituita da faggi, castagni e abeti; dall'alto dei suoi 1738 metri la montagna domina le zone della Maremma, della Val d'Orcia e del lago di Bolsena.
L'Amiata è un vulcano di origini antiche che ormai è spento e per la particolare conformazione del territorio si ha una grande presenza di acque; il suolo della montagna è stato in passato sede di numerosi giacimenti minerari ed oggi è sicuramente il luogo principale della Toscana nel quale praticare gli sport invernale e trascorrere una piacevole vacanza.
I comuni più importanti del comprensorio sono: Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Santa Fiora, Arcidosso, Castel del Piano e Seggiano; questo borghi si caratterizzano per la particolarità dei loro monumenti, per la storia e per il forte attaccamento alle tradizioni ed alle celebrazioni religiose.

Monte Amiata

 


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Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia


   
San Qurico d'Orcia
 
Podere Santa Pia, giardino
 
Podere Santa Pia
         
Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia.
Siena, Piazza del Campo
Pienza
       
       



Siena, duomo

Siena, Piazza del Campo
and Palazzo Publicco

 

Siena, Palazzo Sansedoni
       

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