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E N G Firenze | Battistero di San Giovanni


« Non mi parean [i fori] men ampi né maggiori
che que' che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco de' battezzatori »
(Dante Alighieri - Divina Commedia, Inferno, XIX canto, versi 16-18)

 

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Firenze |
Battistero di San Giovanni 



   
   

Il battistero dedicato a san Giovanni Battista, patrono della città di Firenze, sorge di fronte al duomo di Santa Maria del Fiore, in piazza San Giovanni.
Inizialmente era collocato all'esterno della cerchia delle mura, ma fu compreso, insieme al duomo, nelle mura realizzate da Matilde di Canossa ("quarta cerchia"). In origine era circondato da altri edifici, come il palazzo Arcivescovile che arrivava molto più vicino, i quali vennero abbattuti per creare l'attuale piazza.
Il battistero si trova fra piazza del Duomo e piazza San Giovanni, fra il duomo e l'arcivescovado, nel centro religioso della città. La facciata principale dell'edificio ottagonale è rivolta verso il duomo, mentre l'abside si trova verso ovest.
Dante cita il battistero nella sua Divina Commedia. Egli inoltre dice che una volta, per salvare un ragazzo che rischiava di affogare, fu costretto a rovesciare una delle pozze dove si battezzavano i fanciulli, rompendone il bordo. Questa frattura, secondo i cronisti fiorentini, era ancora visibile quando le fonti battesimali vennero distrutte da Bernardo Buontalenti nel 1576.[0]


   
   


Storia


   

L'edificio fu costruito su resti di una struttura romana, una ricca domus del I secolo DC, con mosaici a motivi geometrici, ritenuta in origine un tempio dedicato al dio Marte. L'impiego nel nuovo edificio di numerosi pezzi di recupero da varie rovine romane fu forse all'origine del malinteso, che venne messo nero su bianco da Giovanni Villani, venendo messo in dubbio solo a partire dal Settecento[1]. La vera data di fondazione è assai incerta: si pensa al IV-V secolo DC, con rimaneggiamenti nel VII secolo durante la dominazione longobarda[senza fonte], forse in seguito alla conversione al cristianesimo della regina Teodolinda.
La prima citazione risale all'anno 897, quando l'inviato dell'imperatore rende giustizia sotto il portico "davanti alla basilica di San Giovanni Battista": la denominazione di basilica indica che l'edificio doveva svolgere le funzioni di chiesa cattedrale. Il papa fiorentino Niccolò II riconsacrò la basilica, ancora cattedrale di Firenze, il 6 novembre 1059, dopo lavori che avevano aggiunto il terzo ordine e altre modifiche[1].
Nel 1128 l'edificio diventa ufficialmente il battistero cittadino e intorno alla metà dello stesso secolo viene eseguito il rivestimento esterno in marmo, successivamente completato anche all'interno; il pavimento, sempre in tarsie marmoree, viene realizzato nel 1209. Nella seconda metà del XIII secolo viene inoltre realizzata la cupola. L'abside a pianta rettangolare ("scarsella") viene realizzata nel 1202, in sostituzione di una precedente abside semicircolare, e dotata di un altare. Vengono realizzati quindi i mosaici della scarsella (anni 1220) e successivamente il complesso mosaico della cupola a spicchi ottagonali, al quale si lavora tra il 1270 e il 1300, con l'intervento di frate Jacopo e la partecipazione di Coppo di Marcovaldo e di Cimabue.
Tra il 1330 e il 1336 viene eseguita la prima delle tre porte bronzee, con l'utilizzo di 24 formelle, commissionata ad Andrea Pisano dall'Arte di Calimala, l'arte più antica dalla quale discendono tutte le altre, sotto la cui tutela era il battistero: essa era di fatto in competizione con l'Arte della Lana che patronava invece il vicino duomo. La porta, forse inizialmente collocata sul lato est, il più importante, di fronte al Duomo, fu spostata sul lato sud per collocare al posto d'onore la seconda porta: tale notizia, riportata dal Vasari e ripresa un po' da tutte le fonti fino ad oggi, è stata messa recentemente in dubbio per discrepanze nelle misure tra le due aperture[2]. Verso il 1320 inoltre Tino di Camaino aveva scolpito tre gruppi scultorei entro nicchie per decorare la parte sopra i portali di ciascun ingresso: consumate dalle intemperie vennero poi gradualmente sostituite dalla fine del Quattrocento in poi: la maggior parte dei frammenti è oggi nel Museo dell'Opera del Duomo[3].
Quest'ultima, tra il 1401 e il 1424, venne realizzata da Lorenzo Ghiberti, vincitore di un concorso a cui parteciparono anche Filippo Brunelleschi, Jacopo della Quercia, Simone da Colle Val d'Elsa, Niccolò di Luca Spinelli, Francesco di Valdambrino e Niccolò di Pietro Lamberti. Inizialmente collocata sul lato orientale, fu a sua volta poi spostata sul lato nord. Nel corso del restauro iniziato nel 2013 si e'scoperto, pulendo le formelle, che le figure dei bassorilievi sono dorate, tramite doratura ad amalgama di mercurio su base bronzea.

  1.  Touring Club, cit, p. 147.
  2.  Dieci cose che di certo non sapete sulle porte del battistero di Firenze
  3.  AA.VV., Il museo dell'Opera del Duomo a Firenze, Mandragora, Firenze 2000, p. 126. ISBN 88-85957-58-7

La terza porta, con formelle interamente rivestite d'oro, eseguita sempre dal Ghiberti tra il 1425 e il 1452 e chiamata da Michelangelo "Porta del Paradiso", tuttora occupa il lato orientale. Per la realizzazione delle due porte, il Ghiberti creò una vera e propria bottega di bronzisti, nella quale si formarono artisti come Donatello, Michelozzo, Masolino e Paolo Uccello.
Nel 1576, in occasione del battesimo dell'atteso erede maschio del granduca Francesco I de' Medici, Bernardo Buontalenti ricostruì il fonte battesimale, distruggendo i battezzatoi medievali ricordati da Dante Alighieri (Inf. XIX vv. 16-20), nonché il coro che era nell'abside[1].
Il battistero fiorentino era luogo di investitura di cavalieri e poeti, come ricorda Dante Alighieri nel Paradiso (XXV, 7-9): "con altra voce omai, con altro vello / ritornerò poeta, e in sul fonte / del mio battesmo prenderò 'l cappello". Era sede deputata per solenni giuramenti, nonché per la celebrazione in onore del patrono cittadino con il dono delle stoffe pregiate (i palii) da parte dei magistrati del Comune nella ricorrenza del Battista (24 giugno).[2]

Architettura e decorazione

Esterno



 


Santa Maria del Fiore, come appare nel "Codice Rustici" del XV secolo
(Seminario Arcivescovile di Cestello - Firenze)

 

The Villani Chronicle, How the city of Florence was destroyed by Totila, the scourge of God, king of the Goths and Vandals, ms. Chigiano L VIII 296 della Biblioteca Vaticana, f.36r (1.III,1)

Ha pianta ottagonale, con un diametro di 25,60 m, quasi la metà di quello della cupola del Duomo. La necessità di un edificio di vaste dimensioni si spiega con l'esigenza di accogliere la folla che riceveva il battesimo solo in due date prestabilite all'anno. Anticamente era sopraelevato di alcuni gradini, scomparsi con l'innalzamento graduale del piano del calpestio, che Leonardo da Vinci aveva pensato di ricreare studiando un modo per sollevare in blocco l'edificio e ricreare una nuova piattaforma[3].
L'edificio è coperto da una cupola ad otto spicchi, mascherata all'esterno dall'attico e coperta da un tetto a piramide schiacciata. Sul lato opposto all'ingresso sporge il corpo dell'abside rettangolare (scarsella).
L'ornamento esterno, in marmo bianco di Carrara e verde di Prato, è scandito da tre fasce orizzontali, ornate da riquadri geometrici, quella mediana occupata da tre archi per lato, nei quali sono inserite superiormente finestre con timpani. Il pilastri in marmo verde del registro inferiore corrispondono colonne poligonali in strisce bianche e nere in quello superiore, reggenti gli archi a tutto sesto. I pilastri angolari, originariamente in pietra serena, furono poi rivestiti pure di marmo. Si tratta di uno spartito di gusto classico, usato già in altri monumenti romanici come la facciata di San Miniato al Monte, che testimonia il perdurare a Firenze della tradizione architettonica della Roma antica[3].
Nonostante il battistero sia considerato la matrice del “Romanico fiorentino”, alcune caratteristiche della sua architettura non hanno riscontro altrove. La disposizione di colonne e capitelli – differenziati per tipologia e per colore del marmo – non è né uniforme né casuale, ma come nella architetture della Tarda antichità è finalizzata a indicare precise gerarchie spaziali. All’interno l’asse principale est-ovest è indicato dal contrapporsi dell’arcone e della coppia di colonne con capitelli compositi ai lati della Porta del Paradiso (in tutti gli altri casi abbiamo invece capitelli corinzi, eccetto uno probabile frutto di restauro); un secondo asse di simmetria obliquo sudest-nordovest è invece indicato dai fiori dell’abaco dei capitelli corinzi di pilastro, che sono di tre tipi differenti. All’esterno le finestre a edicola si differenziano per forma, tipo di capitelli e colonne, e colore dei marmi impiegati, secondo un ordinamento molto complesso che distingue i lati obliqui da quelli volti ai punti cardinali e tra questi il lato est, con l'ingresso principale, differenziato in tutto dagli altri. La disposizione simmetrica di differenti tipi di capitelli si riscontra anche nei tre lati volti a sud dell’attico, verosimilmente eseguiti per primi perché rivolti alla città.
Le tre porte bronzee, realizzate secondo un programma figurativo unitario nell'arco di più di un secolo, mostrano la storia dell'umanità e della Redenzione, come in una gigantesca Bibbia figurata. L'ordine narrativo, sconvolto dal cambiamento di posizione delle singole porte, va dalle Storie dell'Antico Testamento nella porta est, a quelle del Battista nella porta sud, fino a quelle del Nuovo Testamento (Storie di Cristo) nella porta nord[3].


Porta sud, di Andrea Pisano


La porta è suddivisa in 28 formelle, disposte su sette file di quattro, con scene inquadrate da una cornice a losanga lobata (anche nota come «compasso gotico»). Le prime 20 formelle narrano episodi della vita di San Giovanni Battista, iniziando da quelle del battente sinistro (da 1 a 10) e proseguendo poi nel battente destro (da 11 a 20), mentre le altre 8 recano personificazioni delle tre virtù teologali (da 21 a 23) con l'aggiunta dell'Umiltà (24), nella penultima fila sui due battenti, e delle quattro virtù cardinali (da 25 a 28), nell'ultima fila di formelle in basso[4].

1 Annuncio dell'angelo a Zaccaria, padre di san Giovanni, della futura nascita.
2 Zaccaria diviene muto per aver dubitato dell'annuncio a causa dell'età avanzata della moglie.
3 Visitazione di Maria a santa Elisabetta incinta.
4 Nascita del Battista
5 Zaccaria, ancora muto, scrive il nome da dare al bambino
6 Il santo fanciullo nel deserto
7 Predica ai farisei
8 Annuncio della venuta del Cristo
9 Battesimo dei seguaci
10 Battesimo di Gesù
11 Il santo rimprovera il re Erode Antipa per aver sposato Erodiade, prima sposa di suo fratello Erode Filippo.
12 Incarcerazione del santo
13 Visita dei discepoli
14 Gesù risana lo storpio
15 Danza di Salomè, figlia di Erode ed Erodiade. In seguito alla danza il re Erode le chiede di scegliere la sua ricompensa e la ragazza, istigata dalla madre, chiede la testa del Battista.
16 Decollazione del santo (gli viene tagliata la testa)
17 Presentazione della testa ad Erode. La testa è ancora viva sebbene staccata dal corpo.
18 Salomè porta la testa ad Erodiade.
19 Trasporto della salma del santo
20Sepoltura di San Giovanni
21 Speranza
22 Fede
23 Carità
24 Umiltà
25 Fortezza
26 Temperanza
27 Giustizia
28 Prudenza

Realizzata dal 1330 al 1336, con questa opera lo scultore aggiornò la tipologia dei portali romanici inserendo nelle ventotto formelle quadrate cornici mistilinee (il cosiddetto "quadrilobo"), tipiche dell'arte gotica, racchiuse a loro volta da altre cornici quadrate. Ne risulta una continua tensione, tra linee rette e spezzate.

 

Per quanto riguarda le immagini vere e proprie, l'artista realizzò figure singole o gruppi con uno stile sobrio e raffinato, memore del gusto di Nicola e Giovanni Pisano. Ogni composizione rappresenta un'opera a sé stante, in cui da un fondo liscio si staccano i personaggi.
In particolare, la figura della Speranza, risponde appieno all'iconografia finora stabilita: è vista di profilo e il suo corpo è proteso verso il cielo, così come le sue braccia e il suo sguardo; anche se non si vede, si capisce che a porle la corona è un angelo; è anch'essa alata, ma al contrario dello slancio che pervadeva la Virtù giottesca (presente nella cappella degli Scrovegni a Padova), questa risulta seduta, sebbene il suo abito ricco di panneggi, lasci presagire un leggero spostamento verso l'angelo.
La cornice è stata portata a termine, su disegno di Lorenzo Ghiberti da suo figlio Vittorio Ghiberti, e dalla bottega. In essa si nasconde un messaggio teologico molto complesso che si può legare alle scene in vita (battente di destra per chi esce) e in morte (battente di sinistra) di Giovanni Battista[4].
La porta è coronata da un gruppo scultoreo, con il Battista col carnefice durante l'esecuzione e Salomè, di Vincenzo Danti (1571), restaurate nel 2008 e da allora conservate nel Museo dell'Opera del Duomo e sostituite da copie all'esterno[4]. Sulle colonne ai lati della porta sud sono scolpiti in leggero bassorilievo due rettangoli: sono due misure di lunghezza in uso nell'alto medioevo: il piede longobardo ("piede di Liutprando") e quello fiorentino[4]. Poco più avanti, sul lato sud vicino all'abside, si vede incassato alla base, sull'esterno, un sarcofago scolpito, forse di epoca romana, con una scena di navi e persone, probabilmente la rappresentazione della vendemmia e del carico di botti su una nave[5][4].

Porta nord, di Lorenzo Ghiberti


In modo analogo alla porta di Andrea Pisano, anche questa è suddivisa in 28 formelle, con scene inquadrate dalla medesima cornice a losanga lobata. Le prime 20 formelle superiori narrano storie del Nuovo Testamento, e si susseguono nelle file su entrambi i battenti e a partire dalla fila inferiore (da 1 a 20); le ultime due file mostrano i quattro evangelisti (penultima fila, da 21 a 24) e quattro Dottori della Chiesa (ultima fila, da 25 a 28). Questa porta si trovava originariamente ad est e fu spostata poi a nord vista la bellezza dell'ultima porta eseguita, la Porta del Paradiso[6].

Annunciazione
Natività
Adorazione dei Magi
Disputa con i dottori
Battesimo
Tentazioni nel deserto
Cacciata dei mercanti dal tempio
Gesù cammina sulle acque e salva Pietro
Trasfigurazione
Resurrezione di Lazzaro
Ingresso a Gerusalemme
Ultima cena
Veglia nell'orto degli ulivi
Cattura di Gesù
Flagellazione
Gesù dinanzi a Pilato
Salita al Calvario
Crocifissione
Resurrezione
Pentecoste
San Giovanni Evangelista
San Matteo
San Luca
San Marco
Sant'Ambrogio
San Girolamo
San Gregorio
Sant'Agostino

Sulla porta nord si trova il gruppo con la Predica del Battista, di Giovanni Francesco Rustici (1506-1511), opera in cui l'artista dimostrò tutto il suo apprezzamento verso gli affetti morbidi e chiaroscurali derivati dal suo maestro Leonardo da Vinci: il dolce indicare l'alto del Battista è stato ad esempio messo in relazione con il San Giovanni del Louvre[6].
Sulla finestra centrale si trova l'emblema dell'Arte di Calimala, ovvero l'aquila che tiene con gli artigli una balla di mercanzie (il "torsello").

Porta del Paradiso (est), di Lorenzo Ghiberti


 
La nuova porta resta al suo posto per tutto il XIV secolo. È solo nel 1401, infatti, che la Repubblica fiorentina decide di bandire un concorso per una seconda porta, destinata sempre al lato est, con l'intenzione di spostare la precedente sul lato sud, dove si trova tutt'ora (è l'odierno ingresso al Battistero). Al concorso partecipa il fior fiore degli artisti toscani: sette maestri in tutto fra cui Filippo Brunelleschi, Jacopo della Quercia e lo scultore e orafo Lorenzo Ghiberti, appena ventitreenne. Il tema, da svolgere in una formella, è quello del Sacrificio di Isacco.[a]


   

Le formelle di Ghiberti e Brunelleschi al Bargello

Brunelleschi e Ghiberti offrono due interpretazioni diverse del soggetto e vincono a parimerito ma è il secondo, dal linguaggio ancora in parte gotico e quindi più comprensibile, ad avere la meglio ottenendo la commissione. Le due formelle presentate al concorso sono oggi esposte fianco a fianco nel museo del Bargello.

Ghiberti, Sacrifice of Isaac, 1401-3  

Brunelleschi, Sacrifice of Isaac, 1401-3

 

   
         

La porta è suddivisa in 10 ampi riquadri rettangolari, disposti su cinque file, ciascuno dei quali, con le incorniciature ornate da tondi con teste di profeti, occupa l'intera larghezza di un battente. I riquadri presentano scene dell'Antico Testamento, che si susseguono su entrambi i battenti da sinistra a destra e dall'alto in basso[6].
La porta fu danneggiata dall'alluvione del 1966 e i rilievi sono attualmente sostituiti da copie, mentre gli originali, restaurati, si trovano nel Museo dell'Opera del Duomo.

1 Adamo ed Eva

Creazione di Adamo
Creazione di Eva
Peccato originale
Cacciata dal paradiso terrestre

2 Caino e Abele
3 Noè
4 Abramo
5 Isacco, Esaù e Giacobbe

Nascita di Esaù e Giacobbe
Esaù parte per la caccia salutato dal padre Isacco
Rebecca e Giacobbe ordiscono l'inganno con la pelle di agnello
Isacco benedice Giacobbe

6 Giuseppe

Giuseppe gettato dai fratelli nel pozzo
Giuseppe venduto ai mercanti
Consegna di Giuseppe al faraone
Interpretazione del sogno del faraone
Il faraone rende onore a Giuseppe
Giacobbe manda i figli in Egitto per prendere il grano
Giuseppe riconosce i fratelli, li perdona e torna a casa dal padre

7 Mosè
8 Giosuè
9 Davide
10Salomone e la regina di Saba

La porta è sormontata dal gruppo scultoreo del Battesimo di Gesù di Andrea Sansovino (1502) con angelo aggiunto di Innocenzo Spinazzi (1792) Presso la porta est (porta del Paradiso) sono presenti due colonne in porfido, attualmente spezzate, che furono donate da Pisa come ringraziamento per l'aiuto che Firenze le aveva prestato contro gli infedeli in una spedizione alle Baleari nel 1115[7].


 

La Porta del Paradiso è la porta est del Battistero di Firenze, quella principale situata davanti al Duomo di Santa Maria del Fiore. Realizzata dall'orefice e scultore Lorenzo Ghiberti tra il 1425 e il 1452 (con un'importante collaborazione del figlio Vittore) rappresenta il suo capolavoro, nonché una delle opere più famose del Rinascimento fiorentino. Completamente dorata, fu soprannominata del Paradiso da Michelangelo Buonarroti. Dall'alluvione di Firenze i pannelli originali, dopo essere stati sottoposti a restauro, sono conservati nel vicino Museo dell'Opera del Duomo.

La formella è quella eseguita da Ghiberti in occasione del concorso bandito nel 1401 dall'Arte di Calimala per la seconda porta del Battistero. Non è facile chiarire tramite le fonti quale fosse il numero dei partecipanti alla gara; Ghiberti nei Commentari indica ben sette nomi di artisti, mentre Antonio Manetti attesta che alla competizione artistica presero parte solo Brunelleschi e Ghiberti. Quest'ultimo si aggiudicó la vittoria. Pope Hennessy ci fa notare che entrambe le formelle (anche quella del Brunelleschi conservata al Bargello) furono probabilmente eseguite secondo un numero di figure prestabilito e con l'obbligo di inserire la rappresentazione dei servi nel prino piano. Tecnicamente le due opere si differenziano: quella del Ghiberti è stata fusa in un sol pezzo, mentre la formella di Brunelleschi si compone di più sezioni saldate alla placca di base. Stilisticamente la critica loda nella formella ghibertiana la particolare abilità compositiva ed i notevoli effetti di chiaroscuro. L'opera originariamente fu collocata nella sala dell'udienza dell'Arte di Calimala; successivamente pervenne alle collezioni granducali e poi agli Uffizi; dopo il 1859 é passata al museo Nazionale del Bargello.



 

East doors, or Gates of Paradise, by Lorenzo Ghibertiadise, by Lorenzo Ghiberti

Gates of Paradise | Lorenzo Ghiberti, Story of Abel and Cain


   
Lorenzo Ghiberti, Story of Abel and Cain (original panel of the eastern Door of Eden, baptistery of Florence), 1425-1437.
Gilded bronze, 79.5 x 79.5 cm, Museo dell’Opera del Duomo, Florence.


Nelle due ante alte cinque metri e venti centimetri per 154 centimetri di larghezza e 11 di spessore, del peso di quaranta quintali ciascuna, trovano posto dieci lastre, cinque per parte, anziché ventotto, e questo ha consentito all’artista di progettare scene spaziose e complesse, comprendenti più episodi con una pittoresca varietà di ambienti. Intorno alle formelle si snoda una cornice con venti nicchie contenenti figure in piedi <quasi tonde> e quattro figure giacenti cui si aggiungono ventiquattro teste tra le quali spiccano l’autoritratto di Lorenzo, maestro di tutta l’opera, e del padre Bartolo.
(...)
L’iconografia delle storie del Veccho Testamento si deve all’abate Ambrogio Traversari, generale dell’ordine dei Camaldolesi. La prima scena racconta la creazione di Adamo, che pare uscire dalle viscere della terra, e quella di Eva, che si leva leggera dall’uomo come Venere dalle acque; in un folto frutteto avviene il peccato originale che provoca la cacciata dei progenitori. Adamo ed Eva vivono in un ambiente montagnoso coi figli Abele e Caino che, diventati grandi, offrono sacrifici a Dio: Abele dona le primizie, Caino frutti meno buoni. Di un incisivo realismo è l’immagine di Caino che ara come quella in cui infierisce col bastone sul fratello fino ad ucciderlo. La storia di Noè inizia con l’uscita dall’arca degli animali intagliati con orafa precisione in un sottile rilievo; dopo aver piantato le viti, il patriarca subisce gli effetti inebrianti del vino finendo coricato per terra con una contorsione di prorompente anatomia. Una dolcezza pastorale caratterizza il racconto di Abramo che incontra i tre angeli e poi sale sul monte col figlio Isacco, protagonista della scena seguente – con la storia di Giacobbe che sottrae la primogenitura a Esaù - inquadrata in una rinascimentale prospettiva architettonica che si fa ancora più armonicamente complessa nelle storie di Giuseppe dove un grande edificio circolare domina lo spazio in cui si muove una moltitudine di persone rese con naturalezza gestuale e una turgida plasticità che si assottiglia sullo sfondo. Architettura e paesaggio si fondono nelle scene successive. Dapprima sono solo le tende che emergono sotto il monte Sinai dove Mosè riceve da Dio le tavole della Legge mentre gli ebrei l’attendono tra ansie e apprensioni. Le tende sono dodici, come le tribù di Israele, nell’assedio a Gerico che sorge su un colle ben difeso dalle mura che però cadranno al suono delle trombe dell’esercito di Giosuè. Altro eroe della storia ebraica è Davide che sconfigge il gigantesco Golia gettando lo scompiglio nell’esercito filisteo travolto sullo sfondo di una città fitta di torri e campanili. Dopo tanti episodi drammatici, le storie si concludono col solenne incontro nel segno della pace tra il re Salomone e la regina di Saba con le loro ricche corti sullo sfondo di un edificio religioso, allusivo al conclave avvenuto in quegli anni a Firenze (1439) con la partecipazione di illustri personaggi bizantini, nel quale si è giunti alla riunificazione tra la Chiesa d’Occidente e quella di Oriente: un avvenimento che per molteplici aspetti, tra cui l’esotica presenza di molti stranieri, ha trovato un’eco in numerosi artisti.[10]

 

Lorenzo GhibertiAutoritratto di Lorenzo Ghiberti, sulla cornice

 

Interno


   
L'interno è a pianta ottagonale, con un diametro di 25,6 metri. La decorazione interna è ispirata agli edifici romani, come il Pantheon, con un ampio uso di specchiature marmoree policrome. È suddivisa, come all'esterno, in tre fasce orizzontali, la più alta però coperta dalla cupola, mentre la fascia mediana è occupata dai matronei. Inferiormente le pareti sono suddivise verticalmente in tre zone per mezzo di lesene e di colonne monolitiche in granito e in marmo cipollino di spoglio (come gran parte dei marmi del rivestimento), con capitelli dorati che reggono l'architrave. Le pareti, tripartite da colonne e raccordate agli angoli da doppi pilastri scanalati in marmo, presentano un rivestimento marmoreo a due colori alternati in fasce e altre forme, bianco di Carrara e verde di Prato. Sopra le bifore si trovano tarsie geometriche, databili a prima del 1113, a giudicare dall'iscrizione sul sarcofago del vescovo Ranieri[7].
La fonte battesimale in origine occupava il centro del pavimento, dove si trova un ottagono in cocciopesto. Il pavimento presenta tarsie marmoree di grande pregio, di gusto orientalizzante, con motivi geometrici, fitomorfi e zoomorfi spesso legati ad animali di fantasia, ispirati ai tessuti provenienti dal Mediterraneo meridionale e orientale. Essi furono realizzati in tutta probabilità dalle stesse maestranze che lavorarono anche, fino al 1207, in San Miniato al Monte[7]. Dal 1048, su iniziativa di Strozzo Strozzi, esisteva nel battistero un orologio solare: attraverso un foro praticato nella cupola, i raggi solari colpivano nel corso dell'anno i segni dello zodiaco su una lastra di marmo collocata presso la porta nord, il riquadro zodiacale che oggi è in corrispondenza della porta est, in seguito al rifacimento del XIII secolo. Sulla lastra è riportato il verso palindromo "en giro torte sol ciclos et rotor igne"[7].
Un'altra caratteristica del battistero che non ha riscontri nell’architettura romanico-gotica è la relazione architettonica tra le facciate, che – sia all’interno che all’esterno – non sono raccordate da nodi strutturali (gli attuali pilastri bicolori esterni sono un rifacimento: in origine erano in arenaria e separavano le facciate contigue incrostate di marmi), ma sono invece intese come unità bidimensionali indipendenti e solo accostate – all’interno addirittura separate da un vuoto angolare – in modo da esaltare l’architettura del battistero come puro solido geometrico.
Dante cita il battistero nella sua Divina Commedia: nel XIX canto dell'Inferno:
Non mi parean [i fori] men ampi né maggiori /che que' che son nel mio bel San Giovanni, /fatti per loco de' battezzatori (versi 16-18). Egli inoltre dice che una volta, per salvare un ragazzo che rischiava di affogare, fu costretto a rovesciare una delle pozze dove si battezzavano i fanciulli, rompendone il bordo. Questa frattura, secondo i cronisti fiorentini, era ancora visibile quando le fonti battesimali vennero distrutte nel 1576.
L'altare è neoromanico e venne creato da Giuseppe Castellucci ai primi del Novecento recuperando frammenti originali e sostituendo il precedente altarone barocco di Girolamo Ticciati (1732, oggi nei depositi del Museo dell'Opera del Duomo)[1]. Davanti all'altare una grata lascia intravedere i sotterranei, in cui si trovano gli scavi della domus romana con pavimenti a mosaici geometrici, venuta alla luce durante gli scavi del 1912-1915[1].


I mosaici della cupola


 
Veduta interna della cupola


Il rivestimento a mosaico della cupola fu impresa difficile e dispendiosa; i lavori iniziarono forse intorno al 1270 e si conclusero agli inizi del secolo successivo.
Presenta otto spicchi ed è rivestita da mosaico su fondo dorato. Su una fascia superiore sono raffigurate le gerarchie angeliche (2 nello schema) Su tre degli spicchi (1 nello schema) è raffigurato il Giudizio Universale, dominato dalla grande figura del Cristo: sotto i suoi piedi avviene la resurrezione dei morti, alla sua destra i giusti sono accolti in cielo dai patriarchi biblici, mentre alla sua sinistra si trova l'inferno con i suoi diavoli.
Gli altri cinque spicchi sono suddivisi in altri quattro registri orizzontali, dove sono raffigurate a partire dall'alto: storie della Genesi (3), storie di Giuseppe (4), storie di Maria e di Cristo (5) e storie di San Giovanni Battista (6).
Furono impiegate, secondo alcuni, maestranze veneziane, coadiuvate sicuramente da importanti artisti locali che fornirono i cartoni, come Coppo di Marcovaldo, autore dell'Inferno, Meliore per alcune parti del Paradiso, il Maestro della Maddalena e Cimabue, cui sono attribuite le prime storie del Battista.

 

 

Altre opere


 

Schema della disposizione delle scene sui mosaici della cupola : 1. Giudizio universale 2. Lantern. 3. Gerarchie angeliche 4. Storie della Genesi 5.Storie di Giuseppe 6. Storie di Maria e di Cristo 7. Storie del Battista

All'interno si trovano due sarcofagi romani: uno detto "della fioraia", da un soggetto del bassorilievo, dove venne sepolto il vescovo Giovanni da Velletri, e uno con scena di caccia al cinghiale, con un coperchio cinquecentesco con stemma Medici aggiunto quando venne reimpiegato come sepoltura di Guccio de' Medici, gonfaloniere di Giustizia nel 1299. Tra questi sarcofagi si trova un statua del Battista di Giuseppe Piamontini (1688 circa) donata da Cosimo III de' Medici. Sulla parete destra dell'abside si conserva il monumento funebre del vescovo Ranieri, costituito da un sarcofago con un'iscrizione del 1113 in esametri leonini[8].
A destra dell'abside il monumento funebre dedicato a Baldassarre Cossa, l'antipapa Giovanni XXIII, morto a Firenze nel 1419, eseguito da Donatello e Michelozzo tra il 1422 e il 1428. L'angelo reggicandela a destra dell'altare, posto su una colonnina con base leonina, è di Agostino di Jacopo e risale al 1320[1]. Il candelabro per il cero pasquale è pure attribuito allo stesso autore. Ai lati delle porte tre coppie di acqusantiere su colonne tortili. Il fonte battesimale, fatto principalmente di un unico blocco marmoreo, è attribuito a un seguace di Andrea Pisano (1371) e mostra sei bassorilievi con Scene di battesimo[1].
Vi era esposta anche la Maddalena penitente, scolpita da Donatello in legno. Danneggiata nell'alluvione del 1966 l'opera è attualmente esposta nel Museo dell'Opera del Duomo. Perduto è invece l'affresco con San Giovanni al di sopra della porta sud, opera del 1453 di Alesso Baldovinetti[1]. Per il battistero erano stati realizzati inoltre l'altare argenteo e il Parato di San Giovanni (su disegno di Antonio del Pollaiolo), tutte opere al museo dell'Opera[8].

Opere già nel battistero

Donatello

Maddalena penitente, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze

Tino di Camaino

Carità, oggi nel Museo Bardini
Speranza, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Fede, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Sibilla, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Battesimo di Cristo, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Testa del Battista, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze



   
 
   

Firenze, vista sul Battistero, Duomo e Campanile
Siena
Corridoio Vasariano, Firenze
Corridoio Vasari e Galleria degli Uffizi
a Firenze



[0]
[1] Touring Club, cit, p. 152.
[2] Medioevo, novembre 2013, pag. 59.
[3] Touring Club, cit, p. 148.
[4] Touring Club, cit, p. 149.[5] Curiosità su Firenze
[6] Touring Club, cit, p. 150.
[7] Touring Club, cit, p. 151.
[8] Touring, cit., p.153.
[9] igi | http://www.mega.it/ita/gui/monu/bo.htm
[10] Pier Paolo Mendogni, Lorenzo Ghiberti, La Porta del Paradiso | www.pierpaolomendogni.it
[11] "Brunelleschi & Ghiberti, The Sacrifice of Isaac"Smarthistory at Khan Academy. Retrieved January 6, 2013.
[12] La porta fu danneggiata dall’alluvione del 1966 e i rilievi sono attualmente sostituiti da copie, mentre gli originali, restaurati, si trovano nel Museo dell’Opera del Duomo.
Fino all'alluvione in Battistero si trovava anche un capolavoro di Donatello, la grande Maddalena penitente scolpita in legno di gattice dal maestro nell'ultima fase della sua attività (1453-55) e oggi esposta nel Museo dell'Opera del Duomo dopo un restauro che ne ha rivelato i colori originari. L'intera superficie della statua era infatti stata coperta da una cupa ridipintura marrone fra Sette e Ottocento, privandola di quelle lumeggiature dorate che davano luce e spessore al corpo.[9]


Bibliografia

Piero Degl'Innocenti: Le origini del bel San Giovanni. Da tempio di Marte a battistero di Firenze, Edizioni Cusl, Firenze 1994. ISBN 88-8021-037-8

Rolf C. Wirtz: Florenz. Könnemann, Köln 1999. ISBN 3-8290-2659-5

Gerhard Straehle: Die Marstempelthese - Dante, Villani, Boccaccio, Vasari, Borghini. Die Geschichte vom Ursprung der Florentiner Taufkirche in der Literatur des 13. bis 20. Jahrhunderts, Gerhard Straehle, München 2001. ISBN 3-936275-00-9

Giuseppe Marchini Langewiesche: Baptisterium, Dom und Dommuseum in Florenz, K.R. Langewiesche, Königstein im Taunus 1980. ISBN 3-7845-6130-6

Annamaria Giusti: Das Baptisterium San Giovanni in Florenz, Mandragora, Florenz 2000. ISBN 88-85957-57-9

Carlo Montrésor: Das Museum der Opera del Duomo von Florenz, Schnell & Steiner, Regensburg/Florenz 2000, 2003. ISBN 3-7954-1615-9

Alberto Busignani – Raffaello Bencini: Le chiese di Firenze. Il Battistero di San Giovanni, Firenze 1988.

AA.VV., a cura di Domenico Cardini: Il Bel San Giovanni e Santa Maria del Fiore. Il Centro religioso di Firenze dal Tardo Antico al Rinascimento, Firenze 1996. ISBN 88-7166-282-2
Guglielmo De Angelis D’Ossat: “Il Battistero di Firenze: la decorazione tardo romana e le modificazioni successive”, IX Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna 1962.

AA.VV., Guida d'Italia, Firenze e provincia "Guida Rossa", Touring Club Italiano, Milano 2007.


 


Giacomo Brogi (1822-1881) - "Firenze, vista sul Battistero, Duomo e Campanile". Ca.1865

 

 



L'alluvione del 1966 provoca danni al Duomo, Battistero, Museo e archivio storico dell'Opera. Gravi gli effetti sulla Porta del Paradiso. (Photographer Bazzechi)

 

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