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Ponte Vecchio, Florence

E N G

Ponte Vecchio, visto dalla Piazza Michelangelo

 

« Tra i piloni addormentati scorre l'Arno dolcemente. Nel veder gli innamorati, acconsente... acconsente.
Benvenuto Cellini, la sua stizza appena cela, io vi tengo birichini la candela... la candela. »
("Sul Ponte Vecchio", Riccardo Marasco)

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Il Ponte Vecchio


   
   

Il Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Firenze ed uno dei ponti più famosi del mondo. Attraversa il fiume Arno nel suo punto più stretto, dove nell'antichità esisteva un guado.

   
   
Ponte Vecchio (15796833712)

The Ponte Vecchio[5]

 

L'evoluzione del ponte è accompagnata da quella del Corridoio Vasariano (1554), che collega il palazzo degli Uffizi con Palazzo Pitti e sostenuto a metà del ponte da tre arcate.

 

Il Corridoio Vasariano

 

Florence, The Vasari Corridor and Ponte Vecchio

Il Corridoio Vasariano e il Ponte Vecchio

 

Preesistenze

Il primo attraversamento sull'Arno doveva trovarsi leggermente più a monte dell'odierno ponte, sulla prosecuzione del cardo maximo delle attuali via Roma-via Calimala, ovvero nell'attuale piazza del Pesce. Doveva risalire a poco dopo la fondazione della città, ovvero alla metà del I secolo a.C., e avere un andamento obliquo rispetto alla corrente, per meglio sostenere la spinta delle piene. Sondaggi effettuati nell'alveo del fiume alla fine degli anni cinquanta hanno infatti rivenuto due larghe fondazioni in calcestruzzo riferibili in tutta probabilità al primo ponte romano.[1]
Tale passerella dovette essere consolidata e allargata verso il 123, quando Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova, che attraversava la città e che corrispondeva verosimilmente, sulla sponda sud, alle vie de' Bardi e di San Niccolò. Il ponte aveva già forse piloni in muratura, mentre la travatura doveva essere, come di consueto, in legno. Il primo ponte romano dovette andare distrutto verso il VI-VII secolo, per l'incuria e le guerre dell'epoca barbarica, oltre che per probabili danni legati ad alluvioni.
Difficile è ipotizzare quanti ponti siano stati travolti dalle frequenti inondazioni dell'Arno e quanti ricostruiti. Tra le scarse tracce documentarie ne esiste una del 972 in cui il vescovo Sichelmo conferiva a padre Domenico d'Orso la chiesa di Santa Felicita "non lunge da capo di ponte de fluvio Arno". Giovanni Villani parlò di un ponte costruito sotto Carlo Magno, ed è forse nel IX o X secolo che l'attraversamento ebbe la posizione attuale.[2]

Il primo ponte

Sicuramente un ponte nelle attuali posizioni venne rifatto dopo un crollo nel 1177. Studi novecenteschi sui resti nelle testate e nei piloni dimostrano che esso poggiava su residui più antichi, come travi in rovere della seconda metà del X secolo.
Danneggiato nel 1222 e nel 1322, fu spazzato via dall'alluvione del 1333, una delle più violente che si ricordino. Dopo la costruzione dei "lungarni", il ponte venne ricostruito, a tre valichi, nel 1345 ed è considerato opera di Taddeo Gaddi (secondo il Vasari) o di Neri di Fioravante.

Nel 1442 l'autorità cittadina per salvaguardare la pulizia e il decoro, impose ai beccai (macellai) di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro. La disposizione mirava soprattutto ad eliminare le consuete, maleodoranti tracce lasciate dai barroccini dei beccai lungo le strade fino all'Arno durante il trasporto degli scarti più minuti delle lavorazioni delle carni, scarti che potevano ora disperdersi direttamente, senza alcun danno, nella sottostante corrente del fiume. Da quel momento il ponte divenne il mercato della carne ed i beccai, divenuti in seguito proprietari delle botteghe, per ottenere più spazio, vi aggiunsero in modo disordinato delle stanzette aggettanti sul fiume puntellandole con pali di legno.[3]
Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli (o "sporti") e prosegue sulla riva sinistra ("Oltrarno") fino a Palazzo Pitti.

 

Vista dal Ponte Vecchio, Ponte Santa Trinita e la chiesa di San Frediano in Cestello

Vista dal Ponte Vecchio, Ponte Santa Trinita e la chiesa di San Frediano in Cestello [6]

 

Nel 1442 l'autorità cittadina per salvaguardare la pulizia e il decoro, impose ai beccai (macellai) di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro. La disposizione mirava soprattutto ad eliminare le consuete, maleodoranti tracce lasciate dai barroccini dei beccai lungo le strade fino all'Arno durante il trasporto degli scarti più minuti delle lavorazioni delle carni, scarti che potevano ora disperdersi direttamente, senza alcun danno, nella sottostante corrente del fiume. Da quel momento il ponte divenne il mercato della carne ed i beccai, divenuti in seguito proprietari delle botteghe, per ottenere più spazio, vi aggiunsero in modo disordinato delle stanzette aggettanti sul fiume puntellandole con pali di legno.[3]
Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli (o "sporti") e prosegue sulla riva sinistra ("Oltrarno") fino a Palazzo Pitti.

 

Il Ponte Vecchio è composto da tre ampi valichi ad arco ribassato (rapporto altezza/larghezza 1:6); per la prima volta in Occidente veniva superato il modello romano che prevedeva l'uso esclusivo di valichi a tutto sesto (ovvero arcate semicircolari) che nel caso di un ponte molto lungo richiedevano un gran numero di arcate, creando così potenziali pericoli in caso di piena (per la facile ostruzione dei valichi stretti) o una pendenza molto accentuata, soluzione ugualmente indesiderabile (casi tipici: il Ponte della Maddalena, presso Borgo a Mozzano, il Ponte Fabricio, a Roma). L'esempio fece scuola, con una simile arcata ribassata fu costruito nel XVI secolo il Ponte di Rialto a Venezia e molti altri. Il ponte di Alconétar, in Spagna, offre un esempio molto più antico di impiego di valichi ad arco ribassato, ma non riesce ad evitare il problema dell'intasamento del letto del fiume con le pile di sostegno degli archi, dato che si tratta di un ponte con numerosi piccoli valichi, in tutto simile ai tradizionali ponti con archi a tutto sesto.[6]
Altra caratteristica tipica, ben più evidente al turista ma meno rivoluzionaria, è il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe artigiane, ricavate in antichi portici poi chiusi, che lo hanno reso famoso, come se si trattasse del proseguimento della strada. Le botteghe di Ponte Vecchio si affacciano tutte sul passaggio centrale, ciascuna con un'unica vetrina chiusa da spesse porte in legno, e spesso presentano un retrobottega costruito a sbalzo sul fiume e sostenuto da beccatelli (o "sporti").
Ai quattro angoli del ponte esistevano altrettante torri che ne controllavano l'accesso: di queste resta solo la torre dei Mannelli, mentre la torre dei Rossi-Cerchi fu ricostruita dopo le esplosioni del 1944.

 

  Ponte Vecchio, Torre dei Mannelli 
Torre dei Mannelli 
Amidei e Buondelmonti


Gli Amidei e i Buondelmonti furono due nobili e cospicue famiglie fiorentine, la cui storica lite è considerata come l'inizio della lotta tra Guelfi e Ghibellini in Firenze.
L'antefatto si ebbe nel gennaio 1216 quando Mazzingo Tegrimi de' Mazzinghi diede una gran festa nel proprio castello di Campi, per festeggiare la sua nomina a cavaliere, festa a cui fu ovviamente invitata tutta la nobiltà fiorentina.
Durante il banchetto, un giullare burlone tolse all'improvviso un piatto davanti a Buondelmonte dei Buondelmonti e Uberto degli Infangati: il primo non accettò lo scherzo e se la prese a male e allora un terzo convitato, Odarrigo (o Arrigo) de' Fifanti, noto sobillatore di risse, accusò villanamente Uberto della scomparsa del piatto. Questi rispose a tono ("Tu menti per la gola!") , accusando Oddo di essersi intromesso nella discussione per prendersi il piatto; questi reagì a sua volta lanciando in faccia a Uberto un tagliere pieno di carne. Finito il banchetto, mentre si sparecchiava, si scatenò una rissa durante la quale Buondelmonte aggredì Odarrigo con un coltello e lo ferì al braccio.
Secondo le usanze del tempo, la zuffa campigiana doveva essere composta per tutelare l'onore dei contendenti: in un consiglio di casa Arrighi, a cui parteciparono anche le famiglie amiche (Fifanti, Gangalandi, Uberti, Lamberti e Amidei) fu deciso di ripianare la questione con la soluzione classica del matrimonio pacificatore, proponendo a Buondelmonte di sposare una nipote di Oddo, figlia di una sua sorella e di Lambertuccio Amidei. La proposta fu accolta e si stipulò un regolare contratto notarile, con tanto di penale in caso di mancata celebrazione.
Le cose sembravano appianate e risolte per il meglio, se non si fosse messa di mezzo Gualdrada Donati, moglie di Forese Donati il Vecchio, che andò a trovare Buondelmonte, accusandolo di aver accettato il matrimonio per paura delle ritorsioni dei Fifanti e dei loro alleati, rinfacciando la poca attrattiva estetica della futura sposa e proponendogli in sposa una propria figlia, rinomata per la bellezza. Gualdrada si offrì persino di pagare la penale prevista, se Buondelmonte accettava di sposarne la figlia.
L'allettante proposta ebbe il suo effetto: il 10 febbraio 1216 Buondelmonte non si presentò alla chiesa di Santo Stefano dove lo aspettava la fidanzata ufficiale per celebrare il matrimonio ma se ne andò in casa Donati a contrattare le nuove nozze con Forese e Gualdrada; anzi, lo sposo mancato ebbe la sfrontatezza di entrare a Firenze passando da Por Santa Maria, che si trovava nei pressi della chiesa dove lo stava aspettando la sposa.
In casa Amidei ovviamente si scatenò il finimondo e si convocò un consiglio con le famiglie alleate nella chiesa di Santa Maria sopra Porta; mentre alcuni proponevano una vendetta leggera, come una solenne bastonatura o uno sfregio in viso al vituperato Buondelmonte, si alzò Mosca dei Lamberti, proponendo l'assassinio con la celebre frase "Cosa fatta capo ha!", per evitare poi ulteriori ritorsioni. Accettata la proposta, fu deciso di organizzare bene la vendetta e fu stabilito che l'agguato dovesse svolgersi proprio per il giorno delle nozze.
La mattina di Pasqua, giorno scelto per il matrimonio, Buondelmonte entrò in Firenze dal Ponte Vecchio, riccamente vestito, per recarsi alla chiesa. Arrivato alla Porta Santa Maria, dove era presente un'antica statua di Marte ("la pietra scema" di cui parla Cacciaguida), sotto alla Torre degli Amidei, Buondelmonte fu prima insultato e poi disarcionato con un colpo di mazza da Schiatta degli Uberti; una volta a terra, fu finito con un coltello da Oddo Arrighi. Dell'aggressione furono ovviamente accusati come mandanti gli Amidei e la città si divise sul fatto, divisione da cui sarebbero sorte le fazioni dei guelfi e dei ghibellini alcuni anni dopo.
Da un lato si coalizzarono gli Uberti, i Lamberti e gli Amidei, che avevano tutti le proprie case nel settore cittadino più o meno tra il Ponte Vecchio e piazza della Signoria; dall'altro i Buondelmonti, i Pazzi e i Donati (guelfi), che gravitavano tra via del Corso e la Porta San Piero. Fu per la forte fedeltà degli Uberti all'imperatore che lo schieramento cittadino si raccordò a quello sovraccittadino delle contese tra papato e impero: anticamente però "guelfo" aveva un significato semplicemente di "anti-ghibellino", indipendentemente dall'appoggio al papato.
Questa la leggenda, illuminante per porre la vicenda nei giusti termini è il saggio di Enrico Faini[4], Il convitto del 1216. La vendetta all'origine del fazionalismo fiorentino.

 

La torre degli Amidei è un'antica torre di Firenze, situata in via Por Santa Maria, a due passi da piazza della Signoria.
Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]
Detta anche Bigonciola o Bigoncia, appartenne alla famiglia Amidei, celebre perché dagli scontri di questi ultimi con i Buondelmonti sarebbero nati i partiti di guelfi e ghibellini a Firenze. L'episodio che fece da scintilla fu l'assassinio del giovane Buondelmonte de' Buondelmonti ad opera di un Amidei, fatto di sangue che avvenne tradizionalmente proprio ai piedi di questa torre.
La torre risale all'alto medioevo e si trovava un tempo vicina alla porta cittadina di santa Maria dell'antica cerchia delle mura di Firenze, meglio conosciuta come Por Santa Maria, che da anche il nome alla via.
La torre venne scapitozzata con molte altre nel Duecento, cioè venne abbassata di alcuni piani per un Regolamento Edilizio entrato in vigore in quell'epoca.
In parte ricostruita dopo che le mine tedesche fecero saltare gli accessi al Ponte Vecchio nel 1944, danneggiandola a metà senza però farla crollare completamente, è situata oggi in mezzo a edifici costruiti negli anni '50. Presenta il classico rivestimento in filaretto di pietra, con due alte porte al pian terreno a doppia ghiera, cioè coronate da due archi, uno molto ribassato e uno più alto, in questo caso a sesto acuto. La disposizione delle aperture e degli elementi decorativi è piuttosto inconsueta per l'epoca e in parte dovuta ai radicali restauri ottocenteschi.
Sopra le porte sporgono due teste leonine in marmo bianco, delle quali solo una è originale e viene fatta risalire addirittura all'epoca etrusca (ma l'attribuzione di autenticità è discorde). Fu ripescata dalle macerie della torre e quivi ricollocata su incarico della Soprintendenza dopo la seconda guerra mondiale. Per queste figure la torre è talvolta indicata anche come torre dei Leoni'.
La lapide dantesca ricorda la menzione degli Amidei nel canto del Paradiso dove il poeta incontra il suo avo Cacciaguida, che gli cita numerose famiglie fiorentine. Sopra l'iscrizione è stato inserito lo stemma della famiglia a bande orizzontal [8]


Indirrizzo: Torre degli Amidei (Via Por Santa Maria/Borgo SS. Apostoli nr. 9/r)

 

 

Torre degli amidei 06 targa dantesca con stemma amidei.JPGTorre degli aAmidei, targa dantesca con stemma amideii[7]

The Buondelmonte murder, from an illustrated manuscript of Giovanni Villani's Nuova Cronica
in the Vatican Library (ms. Chigiano L VIII 296 - Biblioteca Vaticana)


Il monumento a Benvenuto Cellini

 

   
Al centro del ponte le botteghe si interrompono con due terrazze panoramiche: quella ad est è sormontata dal corridoio vasariano, mentre l'altra ospita il monumento con busto di Benvenuto Cellini, famoso scultore (ed orafo) fiorentino, realizzato da Raffaello Romanelli ed inaugurato il 26 maggio del 1901.
L'opera, è anche dotata di fontanella, che venne collocata in occasione delle celebrazioni del quarto centenario della nascita del Cellini.
L'acqua zampilla da quattro mascheroni posti sugli spigoli del piedistallo e convogliano in altrettante vasche a valva di conchiglia eseguite da Egisto Orlandini. Sempre nel basamento ricorrono alcune decorazioni tipiche dell'epoca del Cellini, come i festoni, i mascheroni, le zampe leonine, le teste di caprone (emblemi di Cosimo I) e gli anelli con diamante, presenti nell'impresa di numerosi componenti della famiglia Medici.
La cancellata del monumento del Cellini è stata usata dagli innamorati per appendervi dei lucchetti con scritte in pennarello, simbolo di un legame amoroso che si vuole indissolubile; le chiavi del lucchetto vengono poi gettate nell'Arno affinché simbolicamente nessuno possa più toglierlo. Questa usanza, iniziata forse dai militari dell'Accademia di San Giorgio alla Costa, risale a non più di venti anni fa ed è la prima del genere, prima ancora del più conosciuto Ponte Milvio a Roma.
L'amministrazione comunale, per porre freno all'enorme mole di lucchetti che deturpavano ormai le decorazioni del ponte, ha stabilito nel 2006 una multa di 50 euro per chi venga sorpreso ad attaccare un lucchetto alla cancellata del Cellini: l'attacco dei lucchetti si è allora spostato nelle inferriate del vicino lungarno degli Archibusieri.
 

CelliniBust.jpg
Monumento a Benvenuto Cellini, di Raffaello Romanelli (1901), al centro di Ponte Vecchio, a Firenze.[6]

     
 
 
   

L‘alluvione 1966

   
 

Ponte Vecchio danneggiato (fotografo Bazzechi)[7]

 


Florence | The Ponte Vecchio and the Buondelmonte murder


[1] Guerrieri, p. 10
[2] Paolini, p.23
[3] Guerrieri, p. 40
[4] Paolini, p. 35
[5] Guerrieri, p. 50
[6] Paolini, p.48

[7] L‘alluvione 1966. Nella sua storia movimentata il ponte più celebre di Firenze è sempre stato vittima di una piena dell’Arno. Costruito nuovamente nel 1345 da Neri di Fioravante dopo un’alluvione altrettanto disastrosa, il Ponte Vecchio è fino ad oggi il simbolo del centro storico della città di Firenze. In seguito a un decreto del granduca Ferdinando I gioiellieri e orafi si stabilirono nelle botteghe sul ponte tuttora esistenti, che durante le gravi inondazioni del 1966 furono quasi completamente distrutte.

Mostre Online L‘alluvione 1966, Ponte Vecchio’| Kunsthistorisches Institut in Florenz | www.photothek.khi.fi.it

Hilde Lotz-Bauer’s photographs are significant because the bridge was completely destroyed during the Second World War and reconstructed after the war. The photographer Hilde Lotz-Bauermet art historian Wolfgang Lotz (1912-1981) at the Kunsthistorisches Institut in Florence in 1939, and married him in 1941 in what would be her second marriage. The then director of the Institute, Friedrich Kriegbaum, commissioned Lotz-Bauer to complete a range of photographic projects, which were, however, abandoned after his death during an air raid on Florence in 1943.     
The online exhibition focuses on photographs by Hilde Lotz-Bauer which were commissioned by Friedrich Kriegbaum, the then director of the Kunsthistorisches Institut in Florenz. Her close-ups of works by Michelangelo, Benvenuto Cellini and Giambologna trace the development and history of   scientific photography and remain a significant legacy. Her penchant for unusual perspectives is illustrated by her panoramic and close-up views, taken with her plate camera directly on the rooftops, of the ancient part of Florence before it was destroyed during the air raids. A selection of these   photographs was displayed in the Palazzo Strozzi in Florence in 1977 on the occasion of Lotz-Bauer's   seventieth birthday, in an exhibition entitled "Chiese, palazzi e ponti fotografati con bravura". Lotz-Bauer's photographs of Roman squares and fountains were taken between 1935 and 1938 and   have been kindly placed at the Institute's disposal by Franz Schlechter, who owns the majority of Hilde Lotz-Bauer's photographic inheritance.
Kunsthistorisches Institut in Florenz | Bridges

Address: Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, Via Giuseppe Giusti 44, 50121 Firenze.



 

[8] Grimaldi, Fortunato (2005). Le "case-torri" di Firenze. Florence: Edizioni Tassinari
[4] Enrico Faini, Il convito del 1216. La vendetta all’origine del fazionalismo fiorentino in Annali di Storia di Firenze, Università degli studi di Firenze, Firenze 2006, pp. 7-36. (PDF)
[5] Foto da Björn S..., publicato sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.0 Generico
[6] CelliniBust" di Thermos - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 2.5 tramite Wikimedia Commons.
[7] "Torre degli amidei 06 targa dantesca con stemma amidei" di I, Sailko. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons.

Bibliografia

  • Francesco Guerrieri, Lucia Bracci, Giancarlo Pedreschi. I ponti sull'Arno dal Falterona al mare. Firenze, Edizioni Polistampa, 1998.
  • Claudio Paolini. Ponte Vecchio di pietra e di calcina. Firenze, Edizioni Polistampa per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2012
  • Lara Mercanti, Giovanni Straffi, Le torri di Firenze e del suo territorio, Alinea, Firenze 2003
  • Fortunato Grimaldi, Le "case-torri" di Firenze, Edizioni Tassinari, Firenze 2005.



 

   

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