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Siena Duomo, mosaic floor
N L       E N G

Siena Duomo, il pavimento

 

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Siena Duomo | Il Pavimento e la Porta del Cielo

   
   

Il magnifico complesso del Duomo di Siena comprende una serie di monumenti tra i più significativi nel panorama artistico europeo. Quest'anno, dal 18 agosto al 27 ottobre, la Cattedrale di Siena, il Duomo, svela tutti i suoi segreti dallo straordinario pavimento alla Porta del Cielo.

Porta del Cielo


Il Duomo ti sorprende con la sommità della sua fabbrica: una serie di locali mai aperti al pubblico, in cui per secoli nessuno è potuto accedere. Una volta giunti sopra le volte stellate sarà possibile camminare 'sopra' il sacro tempio e ammirare suggestive viste panoramiche 'dentro' e 'fuori' della cattedrale.
Un’occasione unica per ammirare il prezioso tappeto di marmo – che il Vasari definì il “più bello e magnifico” mai esistito – che di solito viene coperto per proteggerlo dal calpestio dei visitatori e dei fedeli.

La cattedrale di Siena conserva numerosi capolavori di ogni epoca, ma l’opera per più versi eccezionale, è il pavimento. Si tratta del “più bello…, grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto”, secondo la definizione di Giorgio Vasari, frutto di un programma che si è realizzato attraverso i secoli, a partire dal Trecento fino all’Ottocento. Sul pavimento del Duomo hanno lavorato dal Trecento all’Ottocento grandi artisti senesi come il Sassetta e Domenico di Bartolo, ma anche Pinturicchio, autore, nel 1505, del celebre riquadro con il Monte della Sapienza
.[1]

 

Il Pavimento dal Porta del Cielo

Orari:
Cattedrale, Libreria Piccolomini, Museo dell’Opera, Panorama dal Facciatone, Cripta, Battistero 
1 marzo – 2 novembre 10:30 – 19:00 / Cattedrale Festivi 13:30 – 18:00
3 novembre – 28 febbraio 10:30 – 17:30 / Cattedrale Festivi 13:30 – 17:30
26 dicembre – 6 gennaio 10:30 – 18:00 / Cattedrale Festivi 13:30 – 17:30
Periodo Scopertura Pavimento Cattedrale Festivi 9:30 – 18.00
Apertura Domenicale Cattedrale solo per il mese di Marzo 13:30 - 17:30.

Tickets
: www.operaduomo.siena.it
Biglietti (solo su prenotazione)
Intero €25.00
Informazioni e Prenotazioni
T. +39 0577 286300 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17) 
Email: opasiena@operalaboratori.com 

 


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Storia

   
La tradizione vuole che l'invenzione della decorazione marmorea spetti al caposcuola della pittura senese Duccio di Buoninsegna, anche se non esiste alcuna prova documentaria di ciò. Le più antiche testimonianze legano l'inizio dei lavori al pavimento a un periodo successivo, verso il 1369, quando sono ricordati dei pagamenti ad artefici pressoché sconosciuti (Antonio di Brunaccio, Sano di Marco, Francesco di ser Antonio) per la realizzazione dei primi episodi figurati nel pavimento. In via ipotetica si crede che le prime rappresentazioni possano essere legate a riquadri della navata centrale come la Ruota della Fortuna e la Lupa senese circondata dai simboli delle città alleate (del 1373), poi completamente rifatti nei secoli successivi[2].

Per trovare una notizia certa su un pannello ancora oggi identificabile si deve attendere il 13 marzo 1406, quando vennero pagati un certo Marchese di Adamo da Como e i suoi aiuti per l'esecuzione di una "ruota" davanti alla porta della sagrestia, ovvero del tondo raffigurante la Fortezza (che pure venne completamente rifatto nel 1839). Già da quel periodo si ha testimonianza del fatto che artisti di fama fornissero cartoni ai maestri specialisti che realizzavano poi la tarsia; tra questi: Domenico dei cori, intagliatore e capomastro del Duomo, il Sassetta e Domenico di Bartolo. Seguirono poi, nel corso del Quattrocento, Pietro del Minella, pure capomastro della cattedrale, Antonio Federighi, Urbano da Cortona, Francesco di Giorgio Martini, Neroccio, Matteo di Giovanni, Giovanni di Stefano (figlio del Sassetta), Benvenuto di Giovanni e, segnatamente, Luca Signorelli. Nel Cinquecento si registrano ancora i contributi di Guidoccio Cozzarelli, Bernardino Pinturicchio e, soprattutto, Domenico Beccafumi[2].

Quest'ultimo lavorò alacremente ai cartoni per le tarsie del presbiterio tra il settembre 1521 e il febbraio 1547, introducendo tecniche espressive di grande innovazione, con un risultato del tutto paragonabile ai grandi cicli pittorici dell'epoca[2].

A metà del Cinquecento il cantiere del pavimento raggiunse così un quasi completo assetto, esaurendo la fase definibile come "classica", a cui seguirono un continuo lavoro di restauro con aggiunte minori e, soprattutto, la sostituzione dei pannelli ormai consunti dall'uso con copie. Nel 1780 la zona davanti alla Cappella del Voto, opera berniniana, venne decorata dalle figure della Religione e delle Virtù teologali disegnate da Carlo Amidei e messe in opera da Matteo Pini. Tali opere non raggiunsero però un apprezzamento sufficiente e vennero rifatte, circa novant'anni dopo, da Alessandro Franchi[2].

Il XIX secolo si produsse con vasti restauri e integrazioni. Nel 1859 Leopoldo Maccari rifece in parte la Storia della Fortuna di Pinturicchio e il riquadro del Federighi con le Sette età dell'uomo, sotto la direzione di Luigi Mussini, massimo esponente in Italia della corrente purista. Nel 1878 il Franchi, coadiuvato ancora dal Mussini, disegnò i cartoni per alcuni episodi integrativi, sotto l'esagono della cupola, sostituendo Tre parabole e le Storie di Elia ormai pressoché cancellate. Si tratta di aggiunte che generalmente godono del favore della critica, per la loro "puristica lindura", come le definì Enzo Carli, efficaci nel disegno e nella misurata forza drammatica[2].

Tema generale

Il tedesco Friedrich Ohly (1977, tradotto nel 1979) fu il primo ad occuparsi del pavimento nel suo insieme, ricercando una tematica comune che legasse i vari episodi, ipotizzando la presenza di un programma figurativo portato avanti nei secoli dai diversi artisti succedutisi alla decorazione. Arrivò alla conclusione che ogni scena fa parte di una rappresentazione della Salvezza nei vari aspetti. Il tutto ha inizio dalle figure sul sagrato esterno (simbolo di ebrei e pagani), che sono escluse dalla salvezza e quindi restano fuori dall'edificio sacro, e dai tre ordini dei presbiteri che introducono il fedele mediando la sua partecipazione alla rivelazione divina[3].

All'interno, davanti al portale centrale, Ermete Trismegisto simboleggia l'inizio della conoscenza terrena, quella del mondo antico, con un libro che simboleggia Oriente e Occidente, nonché riporta parole legate alla creazione del mondo. Segue un richiamo alla storia e al luogo, con le storie che simboleggiano Siena e le sue imprese, oltre che i suoi alleati, e una rappresentazione della Fortuna che regge le sorti umane (Allegoria del colle della Sapienza e Ruota della Fortuna). Nelle navate laterali le Sibille prefigurano la veduta di Cristo, e ricordano le varie zone del mondo conosciuto[3].

Una nuova fase del mondo è rappresentata nel transetto, con le storie bibliche che sono già ambientate nell'epoca della rivelazione. L'esagono centrale mostra scene di sacrificio, in stretta connessione con la rievocazione eucaristica che viene celebrata sull'altare. Ai lati invece le imprese militari del popolo ebraico, con l'inclusione della Strage degli Innocenti per il contenuto cruento assimilabile[3].

Varie partizioni numerologiche vennero segnalate dall'Ohry (sette, cinque), che alluderebbero a vari significati teologici. Seguono poi le storie di Elia, il profeta, e di Mosé, il legislatore, con il popolo ebraico in cammino che simboleggia il pellegrinaggio del visitatore della cattedrale. Le Storie di Davide concludono le serie bibliche, e prefigurano simbolicamente Gesù, il pacificatore[3].

Non rientrano nel disegno generale le Virtù nel transetto destro, opere tardo-settecentesche, nate quando ormai l'intero significato dello svolgimento delle storie si era evidentemente perso[3].


Navata centrale

 

Giovanni Paciarelli, schema del pavimento del Duomo di Siena, 1884
Giovanni Paciarelli, schema del pavimento del Duomo di Siena, 1884

 

 

 

 

La zona sotto le arcate della navata centrale fu probabilmente la prima ad essere decorata, forse dapprima a mosaico e poi col sistema del commesso in marmo (opus sectile) che si affermò per tutto il pavimento della cattedrale[6].

Oltre agli intarsi in marmi di diverso colore, le figure venivano poi solcate a graffito lungo i contorni poi riempiti di pece, per far risaltare piccoli segni scuri[6].

La consunzione lungo il passaggio centrale ha fatto sì che nessuna delle figure sia oggi originale, ma i rifacimenti nei secoli dovettero essere piuttosto fedeli, se venne mantenuta anche la tecnica originaria del mosaico in quella che è forse la scena più antica, la Lupa senese attorno ai simboli delle città alleate[6].

Questa zona, a parte la figura dell'Ermete Trismegisto, stilisticamente affine alle sibille, è caratterizzata da rappresentazioni allegoriche, piuttosto che figure o scene narrative, a sottolineare l'ampio respiro del messaggio di questa importante parte dell'edificio[6].

 

 
La Lupa senese

 

Giovanni di Stefano, Hermes Trismegistus, founder of human wisdom 

La prima scena davanti al portale centrale, dove si trova anche l'iscrizione castissimum virginis templus caste memento ingredi, raffigura Ermete Mercurio Trismegisto, sapiente egizio che è ricordato come depositario dell'intera sapienza antica, quindi simbolo dell'inizio della conoscenza terrena. Il copricapo del sapiente è una rivisitazione dell'elmetto alato di Mercurio.[7] Come spiega il cartiglio ai suoi piedi era considerato contemporaneo di Mosè: hermis mercurius trismegistus contemporaneus moysi. È rappresentato come un saggio orientale raffigurato nell'atto di offrire ad altri due uomini con la mano destra un libro, mentre con la sinistra si appoggia ad una citazione scritta su una lapide sostenuta da due sfingi alate. I due uomini, che compiono un atto di deferenza, potrebbero essere forse le tipizzazioni dei saggi d'Oriente e d'Occidente. Nella tabella si legge deus amnium creator secum deum fecit visibilem et hunc fuit primum et solum quo oblectatus est et valde amavit proprium filium qui appellatur sanctum verbum. È un'allusione alla creazione, avvenuta tramite il "sanctum Verbum" e questa profezia è un brano del Pimander, uno dei testi del Corpus Hermeticum.[8] Sulle pagine del libro è invece riportato: suscipite o licteras et legis egiptii, un riferimento all'Egitto come sede dell'antica sapienza, a cui alludono probabilmente anche le due sfingi. Nel volume sono descritte le funzioni principali di Ermete: legislatore, inventore della scrittura, filosofo e sacerdote.[9] L'opera è datata al 1488 ed è attribuita a Giovanni di Stefano, in base alle analogie con la Sibilla Cumana.
 

 

Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl, mosaic floor (detail) 148, Siena, Cathedral of Santa Maria Assunta, left nave

Giovanni di Stefano, Hermes Trismegistus, founder of human wisdom

 

Il secondo riquadro è organizzato attorno a un grande cerchio che contiene una rappresentazione della Lupa senese che allatta i gemelli Seno e Aschio, circondata dagli animali totemici di una serie di città alleate: il cavallo di Arezzo, il leone marzocco di Firenze, la pantera di Lucca, la lepre di Pisa, l'unicorno di Viterbo, la cicogna di Perugia, l'elefante di Roma e l'oca di Orvieto. Si tratta di simboli molto antichi, spesso desueti, e scelti probabilmente per rappresentare un insieme vario: di Roma ad esempio non si sceglie la Lupa capitolina, troppo simile all'emblema senese, che ne è "figlio". Ai quattro angoli si trovano altri tondi con il leone gigliato di Massa Marittima, l'aquila di Volterra, il drago di Pistoia e il grifone di Grosseto. A parte Roma, le città scelte fanno parte idealmente del territorio della Tuscia, comprese le città oggi umbre o dell'Alto Lazio. Questo riquadro è l'unico a mosaico rimasto, ne restano brani originali assai consunti nel Museo dell'Opera del Duomo. Si fa risalire addirittura al 1373, compatibilmente con le scritte gotiche della rappresentazione. Di autore ignoto, venne rifatto nel 1864-1865 da Leopoldo Maccari.

 

La Lupa senese tra i simboli delle città alleate

 

The next panel dates from 1473: Stories from the Life of Judith and the Liberation of Bethulia (Liberazione di Betulia) (probably) by Urbano da Cortona.

In 1480 Alberto Aringhieri was appointed superintendent of the works. From then on, the mosaic floor scheme began to make serious progress. Between 1481 and 1483 the ten panels of the Sibyls were worked out. A few are ascribed to eminent artists, such as Matteo di Giovanni (The Samian Sibyl), Neroccio di Bartolomeo de' Landi (Hellespontine Sibyl) and Benvenuto di Giovanni (Albunenan Sibyl). The Cumaean, Delphic, Persian and Phrygian Sibyls are from the hand of the obscure German artist Vito di Marco. The Erythraean Sibyl was originally by Antonio Federighi, the Libyan Sibyl by the painter Guidoccio Cozzarelli, but both have been extensively renovated. The large panel in the transept The Slaughter of the Innocents (Strage degli Innocenti) is probably the work of Matteo di Giovanni in 1481.

 


Slaughter of the Innocents
Matteo di Giovanni (disegno), Francesco di Niccolaio e Nanni di Piero di Nanni (realizzazione), Strage degli innocenti, 1481-1482

 

 

   

Pinturicchio, Allegoria del colle della Sapienza (Pavimento Duomo di Siena, Siena)


Il rettore Alberto Aringhieri commissionò questa scena ricca di personaggi al Pinturicchio nel 1505, con l'esecuzione materiale di Paolo Mannucci. Pinturicchio, che venne pagato il 13 o il 15 marzo di quell'anno, stava lavorando contemporaneamente alla Libreria Piccolomini, coadiuvato pare dal giovane Raffaello.

 

Pinturicchio (disegno), Paolo Mannucci (realizzazione), Allegoria del colle della Sapienza, 1505

 

Il riquadro mostra una complessa allegoria della Fortuna e della Sapienza. La prima è rappresentata come una donna ignuda che tiene un piede su una sfera (simbolo di incostanza) e regge la cornucopia e la vela gonfia dal vento, simbolo di buona riuscita; poggia il piede sinistro su una barca dall'albero spezzato, con la quale un gruppo di saggi sono arrivati al colle della Sapienza, che domina la scena. Essi, attraverso un percorso ripido e costellato da pietre, pianticelle e animali, simboli dei vizi, cercano di arrivare alla sommità del colle, dove siede la Sapienza (o la Quiete), recante in mano un libro e la palma della vittoria. Ai suoi lati Socrate, a cui è destinata la palma (il cui suicidio è visto come un martirio) e Cratete, il quale sta svuotando in mare un canestro pieno di gioielli e monete, simbolo della rinuncia alla felicità illusoria della ricchezza materiale. Tutt'attorno il mare si presenta tempestoso. Il messaggio dell'allegoria, di per sé già chiaro (la virtù si può raggiungere ma con fatica) è chiarito anche dal cartiglio sopra la Sapienza: huc properate viri: salebrosum scandite montem pulchra laboris erunt premia palma quies.

 

 

  Socrates
Allegoria del colle della Sapienza, particolare, Socrarzs


 

Le Sibille

   

Nell'antichità classica, la Sibilla era una vergine dotata di virtù profetiche in quanto ispirata da un dio, di solito Apollo. Le loro rappresentazioni si trovano lungo le navate laterali, come simboli della rivelazione di Cristo attraverso loro per l'umanità antica. Esse sono originarie dei vari paesi del mondo conosciuto (sono divise in tre gruppi, ioniche, italiche e orientali), e indicano l'universalità del messaggio cristiano[5].

La commissione delle loro figure risale al biennio 1482-1483 da parte del rettore Alberto Alberighi, e vi attesero vari artisti, rispettando uno stile comune, con le figure lavorate generalmente in marmo bianco su sfondo scuro e incorniciate da un motivo a scacchiera. Poggiano su un piano color mattone e sono accompagnate ciascuna da iscrizioni che ne facilitano l'identificazione e da simboli che chiariscono le loro rivelazioni su Cristo e sulla sua vita. Le profezie sono spesso tratte dall'opera apologetica dei primi secoli cristiani, il Divinae istitutiones di Lattanzio[5].

Stilisticamente le sibille rappresentano un insieme omogeneo e ricordano statue classicheggianti, che contornano elegantemente le allegorie più complesse della navata centrale. Solo alcune hanno subito rifacimenti nel corso dei secoli[5].

Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl

 

Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl, mosaic floor (detail) 148, Siena, Cathedral of Santa Maria Assunta, left nave

Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl, mosaic floor (detail) 148, Siena, Cathedral of Santa Maria Assunta, left nave


Si trova davanti al portale della navata sinistra, ed essendo di origine africana è rappresentata con la pelle scura: il volto, il collo, le mani e i piedi di marmo nero producono un effetto notevole. Il capo è velato e coronato da una ghirlanda di fiori. Ha nella mano sinistra un cartiglio srotolato, e tiene in mostra con la destra un libro aperto. Vi si legge: colaphos accipens tacebit dabit in verbera innocens dorsum («Prendendo schiaffi tacerà. Offrirà ai colpi la schiena innocente»). Alla sua sinistra c'è una targa sostenuta da serpenti attorcigliati, dove è impressa la seguente iscrizione: in manus iniquas veniet. dabunt deo alapas manibus in cestis. miserabilis et ignominiosus. miserabilibus spem praebebit («Verrà tra mani ingiuste. Con mani impure daranno frustate a Dio. Miserabile e ignominioso infonderà speranza al miserabile»). Le due iscrizioni alludono alla flagellazione di Gesù. Il disegno è attribuito a Guidoccio Cozzarelli sulla base di una menzione nella Cronaca del senese Tizio, con datazione al 1483.

 

 

Transetto destro

  Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl, mosaic floor, 148, Siena, Cathedral of Santa Maria Assunta, left nave
Guidoccio Cozzarelli, Libica
Nel transetto destro la decorazione pavimentale non è legata prevalentemente alle storie dell'Antico Testamento e presenta una certa varietà di stili e di tecniche usate. A parte le Storie di Assalonne e di Iefte, si incontra infatti la singolare rappresentazione dell'Imperatore Sigismondo, inoltre la zona davanti alla berniniana cappella del Voto (o Cappella Chigi) presenta figure allegoriche risalenti al 1780 (rifatte novant'anni dopo con soggetto identico). L'intera zona, come nel braccio sinistro della crociera, è divisa in tre fasce: quella superiore, divisa a sua volte in due parti, mostra la scena dell'imperatore e la Morte di Assalonne; quella centrale le complesse storie del Sacrificio di Iefte, ricchissime di figure, e quella inferiore è occupata dalle piccole allegorie antistanti la Cappella del Voto, importantissimo santuario cittadino, che per questo sono rivolte verso di esso, non verso la navata come il resto delle storie. All'altezza di quest'ultima fascia, in corrispondenza dell'esagono centrale, si trova un triangolo con decorazioni geometriche[11].

Nel 1431 l'imperatore Sigismondo visitò Siena e i cittadini speravano ardentemente che egli prendesse la loro parte nella guerra contro Firenze: per questo la sua figura si trova tra le scene di guerra, come nume tutelare di un conflitto giudicato imminente. L'imperatore è rappresentato seduto su un trono sotto un'edicola rinascimentale, con una nicchia, un fregio con oculi, colonnine e festoni retti da due putti con scudi araldici dell'aquila imperiale. Sui gradini davanti al trono si trovano sei figure sedute o in piedi, il cui abbigliamento permette di identificarli in dignitari di corte, civili e militari. La scena venne pagata nel 1434 a Domenico di Bartolo ed è un'importante testimonianza dell'aggiornamento alle tematiche rinascimentali in terra senese: l'uso della perfetta prospettiva centrica negli anni '30 è una conquista che in quegli stessi anni nella stessa Firenze era sporadicamente applicato. Il riquadro venne restaurato già nel 1485 e di nuovo nella seconda metà dell'Ottocento.

 

Guidoccio Cozzarelli, Libyan Sibyl, mosaic floor (detail) 148, Siena, Cathedral of Santa Maria Assunta, left nave

Domenico di Bartolo, (Imperatore Sigismundo in trono, o Imperatore Sigismondo coi suoi ministri)


Esagono centrale

 
Il grande esagono centrale, sotto la cupola, è diviso in altri sei esagoni più un settimo centrale, tutti di dimensioni uguali; inoltre per riempire gli angoli dell'esagono maggiore sono necessari sei riquadri a forma di losanga, variamente orientati. Ogni riquadrò è circondato da un'elegante fregio a spirale, con motivi vegetali, e un'ulteriore fascia a intreccio, dovuta al disegno beccafumiano. La lettura delle scene non segue un rigoroso schema logico, ma va da un riquadro all'altro con interruzioni e cambi di senso. Vi si narra il trionfo del profeta sui sacerdoti del dio Baal protetti da re Acab (I Re, 18, 1-40). In base al testo biblico si inizia nella losanga più a destra (Elia nutrito da un corvo nel deserto), per proseguire in senso antiorario nelle losanghe inferiori (Incontro con la vedova eResurrezione di suo figlio), per poi riprendere nelle losanghe superiori, sempre da destra a sinistra (Elia manda Abdia a chiamare re Acab e Arrivo del messaggero da Acab) e continuare nell'esagono centrale col Patto tra Elia e e Acab. Le storie entrano dunque nel vivo con la sfida tra i sacerdoti di Baal e Elia (esagoni a sinistra superiore e centrale in alto), seguendo l'ultima losanga, quella a sinistra, in cui Elia unge Iehu re d'Israele su indicazione divina. Si riprende quindi con l'esagono destro inferiore (Elia predice la morte di Acab) e quello sinistro inferiore (Acab ferito a morte in battaglia), per terminare in quello centrale inferiore, con Elia rapito dal carro di fuoco[12].

La storia della decorazione di questa zona è abbastanza complessa: qui anticamente si trovava l'altare principale della cattedrale che già nel XIV secolo venne arretrato e in seguito rifatto da Baldassarre Peruzzi (1532). Al 15 marzo 1375 doveva già essere presente in questa zona del pavimento la Parabola della trave entro una nicchia di forma ogivale a sua volta dentro una cornice esagonale, affiancata dai triangoli della Parabola dei due ciechi di Antonio Federighi (1459) e dell'Obolo della vedova di Domenico di Niccolò (1433). Le precarie condizioni di queste scene richiesero la loro sostituzione nel 1878, quando si prese la decisione di completare piuttosto le Storie di Elia del Beccafumi presenti nelle altre parti dell'esagono. L'incarico venne affidato ad Alessandro Franchi, che rifece anche le altre storie del profeta, opera dell'allievo di Beccafumi Giovan Battista Sozzi (1562)[12].

La presenza di Beccafumi nel cantiere del pavimento inizia dal 1519 proprio con le storie di Elia. Stilisticamente queste scene mostrano influenze di Raffaello (composizioni che ricordano gli arazzi per Leone X) e di Michelangelo (movimenti vigorosi delle figure che appaiono ispirati dalla volta della Cappella Sistina), per cui sono messe in relazione al ritorno dal secondo viaggio a Roma dell'artista[12].

Se quasi incondizionata è l'ammirazione per le scene di Beccafumi, anche l'opera di Alessandro Franchi ha iniziato a ricevere la dovuta attenzione negli ultimi anni, per l'indubbia qualità compositiva e disegnativa, nonché per la dote di inserirsi senza fratture eccessive nel complesso rinascimentale delle decorazione[12].

Il sacrificio di Elia

 

 

Il sacrificio di Elia invece ha ben altro risultato, con le fiamme divine che accendono la pira piovendo dal cielo, nonostante questa fosse bagnata e di legna verde. L'evento miracoloso stupisce tutti gli astanti (I Re, 18, 30-39). Elia è rappresentato inginocchiato a sinistra, mentre dall'altro lato i sacerdoti di Baal assistono sgomenti, come suggerisce anche la figura inclinata sullo scalino in primo piano, che fa rovesciare l'anfora con cui era stata bagnata la legna. Il riquadro è su disegno del Beccafumi e spicca per la ricchezza di personaggi, variati nelle pose e negli atteggiamenti, ma tutti ricondotti a uno schema di armoniosa simmetria, di stampo raffaellesco.

 

Domenico Beccafumi (disegno), Sacrificio di Elia, 1519-1524

 

Storie di Mosé

Il grande riquadro sopra l'esagono centrale, posto tra la Cacciata di Erode a sinistra e la scena dell'Imperatore Sisismondo a destra, è decorato dalle Storie di Mosé, superba opera disegnata da Beccafumi, che vi lavorò dal 1525 al 1547[13].

Sotto il riquadro maggiore, nel quale sono composte più scene senza soluzione di continuità, si trova poi una fascia, lunga e stretta, dove è rappresentato Mosé che fa scaturire l'acqua dalla rupe di Horeb. L'opera di Beccafumi, nata nel periodo della sua piena maturità, era solo uno dei prestigiosi lavori che l'artista teneva in città in quel periodo come, tanto per restare nella cattedrale, gli affreschi dell'abside, purtroppo danneggiati dal terremoto del 1798 e oggi per lo più ridipinti o sostituiti[13].

L'opera di Beccafumi in questo riquadro e nella zona attorno all'altare maggiore si distingue molto da tutte le altre scene, comprese quelle realizzate in precedenza nell'esagono, per l'espediente tecnico di non eseguire più le ombre tramite il tratteggio, ma piuttosto con l'inserimento di marmi di diverse tonalità, ottenendo un effetto di grande plasticismo ed espressività, grazie alle migliori possibilità di creare effetti di luce e d'ombra e, quindi, di volume[13].

Queste scene destarono la più esorbitante ammirazione e l'onore degli scrittori dei secoli XVII, XVIII e inizi del XIX secolo. Anche il fregio che le circonda fu disegnato da Beccafumi[13].

La storia è narrata in sei parti, integrate in un'unica grande scena. I cartoni originali si sono conservati e oggi sono esposti nella Pinacoteca Nazionale di Siena, in seguito alla donazione Spannocchi. Per questo lavoro Beccafumi fu pagato 120 scudi il 30 agosto 1531, dopo una perizia di Baldassarre Peruzzi. In alto al centro, su una roccia che rappresenta il Monte Sinai, Mosé inginocchiato riceve le Tavole della Legge da un varco circolare che si apre in cielo. In basso al centro, alza le Tavole sopra la sua testa per mandarle in frantumi sul terreno. Nel frattempo infatti il popolo d'Israele gli ha disubbidito: in alto a sinistra gli Anziani d'Israele cercano di convincere Aronne, che addita la cima del monte, a dotare Israele di una nuova divinità. Ciò avviene nel registro inferiore, dove a sinistra gli israeliti rovesciano oro e gioielli sul fuoco forgiando il vitello d'oro che si vede a destra; qui il popolo lo adora, facendo infuriare Mosè che, al centro appunto, è appena sceso dal monte dove ha avuto la rivelazione divina. In alto i peccatori sono punti con la peste e muoiono tra gli spasimi (Esodo, 32, 27-28). Stilisticamente la critica ha apprezzato la particolare ampiezza di respiro della scena, riuscendo ad utilizzare anche effetti atmosferici nella difficile tecnica del commesso marmoreo, come nella parte superiori dove le nubi ruotano attorno all'apertura circolare. Il paesaggio è spoglio ed essenziale, intonato a un intenso lirismo. Le figure dimostrano un'ispirazione classicista, derivata dall'esempio di Raffaello, come nella più antica scena della Sorgente di Horeb (vedi sotto), qui però appare più forte la tensione drammatica, come nel corpo nel mezzo di un movimento di Mosè al centro dell'intera scena: il suo gesto esemplare acquista così un senso di tensione e di energia bloccata, che ricorda le creazioni michelangiolesche.  

Domenico Beccafumi, Storie di Mosè sul Sinai (particolare), 1531
Domenico Beccafumi, Storie di Mosè sul Sinai (particolare), 1531

 

Domenico Beccafumi, Storie di Mosè sul Sinai, 1531
Domenico Beccafumi, Storie di Mosè sul Sinai, 1531

 


[0] Fonte: www.operaduomo.siena.it
[1] Duomo di Siena

[2] Santi, cit., pp. 5-7.
[3] Santi, cit., pp. 7-8.
[4] Touring, cit., p. 516.
[5] Santi, cit., pp. 9-12.
[6] Santi, cit., pp. 13-15.
[7] Astrologia, magia, alchimia, Dizionari dell'arte, ed. Electa, 2004, pag. 140.
[8] Astrologia, magia, alchimia, Dizionari dell'arte, ed. Electa, 2004, pag. 140.
[9] Astrologia, magia, alchimia, Dizionari dell'arte, ed. Electa, 2004, pag. 140.
[10] Santi, cit., pp. 33-35.
[11] Santi, cit., pp. 38-40.
[12] Santi, cit., pp. 58-60.
[13] Santi, cit., pp. 61-63.
[14] Santi, cit., pp. 36-37.

Bibliografia

Bruno Santi, Il pavimento del Duomo di Siena, Scala, Firenze 192, ristampa 2001. ISBN 978-888117083-8
Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003, p. 536.

   
 
   

Holiday accommodation Tuscany


Per un soggiorno indisturbato nel cuore verde della Maremma in una casa spaziosa, con una vista mozzafiato sulla valle dell'Ombrone, si trova Podere Santa Pia, una casa vacanze di circa 350 mq. Santa Pia si trova in posizione tranquilla, a pochissima distanza dal centro di Montalcino, bellissima cittadina di origine medievale in provincia di Siena, e a solo un ora dal mare e dal Parco Regionale della Maremma.
Altre località turistiche nelle vicinanze sono l'Abbadia Sant'Antimo, Pienza, San Quirica d'Orcia, Villa la Foce, Abbaddia San Salvatore, Terme di Saturnia, Sovana, Pitigliano (nel regno del tufo e delle tombe etrusche), Massa Marittima (antica città d'arte), Roselle e gli scavi etruschi.

Passare le vacanze a Casa Santa Pia sarà un'esperienza unica!



Case Vacanza in Toscana | Podere Santa Pia
         
         
         

Podere Santa Pia si trova fuori il paese di Cinigiano, in posizione panoramica,
con vista sulle colline che conducono al mare e l'isola Montecristo

 

La porta del cielo su Vimeo

 

La Porta del Cielo from Il Tesoro di Siena on Vimeo.

Il terzo video di CIVITA sul nostro Duomo, mostra un entusiasmante percorso, aperto solo pochi anni fa: giunti sopra le volte stellate della Cattedrale, è possibile camminare 'sopra' il sacro tempio e ammirare suggestive viste panoramiche. Il filmato è stato scaricato dal canale CIVITA di You Tube (goo.gl/QpcXY9) e successivamente riversato sul canale Vimeo del Tesoro di Siena.

 

Questo articolo è basato sull'articolo Pavimento del Duomo di Siena dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
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