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Domenico di Bartolo, Cura degli ammalati, Pellegrinaio di Santa Maria della Scala, Ospedale Santa Maria della Scala, Siena


 

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Domenico di Bartolo


   
   
Domenico di Bartolo (c. 1400/1404 – 1445/1447) nacque ad Asciano, vicino a Siena, dove si trasferì precocemente e svolse la sua attività di pittore tra il terzo e il quinto decennio del Quattrocento. Nella quasi totalità dei documenti e nei profili storici, a partire da quello vasariano, è menzionato come Domenico di Bartolo, benché il cognome G. sia trascritto nel contratto del giugno 1437 pubblicato da Milanesi (1854, pp. 171 s.).[1] Secondo il Vasari, era un nipote di Taddeo di Bartolo.
Fu assunto dal Vecchietta per assisterlo nella lavorazione del suo capolavoro, l'affresco La Cura del Malato nel Pellegrinaio dell'Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena[1]. Esso raffigura ricchi donatori in visita all'ospedale, un frate che ascolta una confessione. Nel 1434, egli dipinse anche un affresco del pannello dell'imperatore Sigismondo sul trono, per il Duomo di Siena.

Fu il più aggiornato anticipatore delle conquiste formali del Rinascimento in terra senese, ricettore delle novità prima ancora di molti fiorentini, applicando ad esempio la prospettiva lineare centrica già dagli anni trenta del Quattrocento. La sua ultima fase invece segnò un indulgere su motivi arcaizzanti.

Lavori principali


   
* Madonna col Bambino in trono tra i santi Pietro e Paolo, 1430 circa, tempera su tavola, 53x31 cm, Washington, National Gallery of Art[2]
* Madonna dell'Umiltà, 1433, tempera su tavola, 93x59,5 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale[3]
* Imperatore Sigismondo coi suoi ministri, 1434, cartone per tarsia marmora, pavimento del Duomo di Siena
* Polittico di Santa Giuliana, 1438, tempera su tavola, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria
* Madonna col Bambino, 1437, tempera su tavola, 61.9 x 43.8 cm, Philadelphia Museum of Art
* Affreschi del Pellegrinaio di Santa Maria della Scala, 1440 circa, Siena

L’Ospedale di Santa Maria della Scala, a Siena, come primo nucleo ove venivano accolti poveri e pellegrini, è fra le più antiche istituzioni benefiche, se non addirittura la più antica, di tutta Italia.
Alcuni più importanti avvenimenti dell’Ospedale di Santa Maria della Scala (reali o leggendari) furono ricordati in un grandioso ciclo di affreschi, da quattro noti pittori senesi del secolo XV: Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Priamo della Quercia (fratello del grande Jacopo), Domenico di Bartolo e Pietro di Giovanni d’Ambrosio.
 

Santa Maria della Scala served as a hospital
from the 10th Century until 1996.

Madonna dell'Umiltà


   
Domenico di Bartolo, Madonna dell’umiltà, Siena, Pinacoteca Nazionale


Domenico di Bartolo dovette fare una decisiva esperienza a Firenze nel corso degli anni venti: la sua Madonna dell’umiltà del 1433 (Siena, Pinacoteca Nazionale) mostra infatti nessi stringenti con l’arte di Donatello, Luca della Robbia e Filippo Lippi.
Considerata il capolavoro dell'artista, l'opera si pone fra i testi più aggiornati dell'arte toscana del quarto decennio; spetta a Longhi e a Brandi (1949) l'ormai classico confronto - in termini dialogici e addirittura competitivi - tra il dipinto e la Madonna Trivulzio di Filippo Lippi, la cantoria di Luca Della Robbia, le sperimentazioni cromatico-luministiche di Domenico Veneziano.

La complessità dei riferimenti culturali, la raffinata resa tecnica, l'abilità combinatoria di più registri comunicativi (sono tre le iscrizioni all'interno dell'immagine) testimoniano la piena maturità del pittore.

La Madonna dell’umiltà possiede una tale trasparenza di tinte, in particolare nel blu del manto della Vergine, che potrebbe lasciar sospettare la presenza a Firenze, fin dagli inizi degli anni trenta, del maestro di Piero della Francesca, il campione della “pittura di luce”, Domenico Veneziano. La Madonna dell’umiltà di Domenico di Bartolo dimostra per parte sua che i Senesi sono in questo momento ben lungi dall’essere rinchiusi nel loro preteso isolamento gotico.
Contemporaneo o appena successivo alla Madonna dell'Umiltà è il lacerto con l'Assunta della chiesa del Refugio (S. Raimondo, Siena), la cui perfetta volumetria è debitrice della plastica di Domenico di Niccolò dei Cori e di Francesco di Valdambrino.
 
   
   

Affreschi del Pellegrinaio di Santa Maria della Scala

Le storie affrescate nel Pellegrinaio si svolgono su quattro delle sei doppie campate delle pareti laterali, per un totale di otto grandi scene. La prima campata, infatti, non contiene più affreschi, salvo una debolissima traccia di una pittura ancor trecentesca. L'ultima campata, verso il finestrone di fondo che dà luce alla sala, fu aggiunta verso il 1575/'77 e subito decorata con due scene dai fiorentini Pietro d'Achille Crogi e Giovanni Pavesi. Tale aggiunta causò purtroppo la distruzione dei due affreschi di Pietro Giovanni Ambrosi posti appunto sul fondo. La parete di sinistra reca alcune scene relative alla storia dell'Ospedale: Il sogno della madre del Beato Sorore mitico fondatore dell'Istituto (Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta), Il Vescovo fa accrescere l'ospedale (Domenico di Bartolo); Il senese Beato Agostino Novello dà l'abito al Rettore dell'Ospedale (Priamo della Quercia); Papa Celestino III concede privilegi all'ospedale (Domenico di Bartolo). La parete opposta illustra l'attività dell'istituto, o meglio le opere caritatevoli verso pellegrini, ed infermi e trovatelli: Cura e governo degli infermi (Domenico di Bartolo), Distribuzione delle elemosine (Domenico di Bartolo), Accoglimento e nozze dei trovatelli (Domenico di Bartolo), Il banchetto dei poveri (Domenico di Bartolo). Come accennato, le ultime due opposte campate (quelle aggiunte nel 1577) recano due scene sempre relative all'attività dell'ospedale: Pagamento del «baliatico» in contanti e in natura (Pietro d'Achille Crogi e Giovanni di Raffaele Navesi). Le quattro scene della parete di sinistra si contrappongono a quelle della parete di destra. Le prime, infatti, esaltano i più memorabili avvenimenti poco meno che leggendari e che quindi hanno bisogno di un ambiente puramente fantastico come si conviene al racconto mitico. Le seconde scene invece, con l'attività svolgentesi quotidianamente nell'ospedale, hanno uno stretto addentellato con la realtà, ed ecco che Domenico di Bartolo (unico artista di tutte e quattro le scene) riproduce i personaggi e gli stessi ambienti riprendendoli sul posto, come vedremo, quasi fotografandoli dal vero, rarissimo ed eccezionale documento di vita laica intensamente vissuta. L'intero ciclo di affreschi del Pellegrinaio riveste dunque un grandissimo interesse storico ed artistico.

 


Cura degli ammalati

Domenico di Bartolo, Cura degli ammalati, Pellegrinaio di Santa Maria della Scala, Ospedale Santa Maria della Scala, Siena


Tra tutti gli affreschi del Pellegrinaio, La Cura degli ammalati è senz’altro il più conosciuto e quello che forse meglio illustra l’attività svolta all’interno dell’ospedale. La critica ha identificato nei due ambienti che si incrociano al centro della scena le attuali sale del Passeggio e di San Pio. Attraverso una attenta lettura di questo dipinto gli studiosi hanno potuto fornire una puntuale ricostruzione di alcuni ambienti dell’ospedale, documentandone minuziosamente la vita quotidiana, scandita fin dall’inizio del Trecento dalle rigorose disposizioni statutarie.
Al centro sono posti il rettore, i frati dell’ospedale e, al loro fianco, il chirurgo. Sulla sinistra è invece rappresentata la medicina fisica con un assistente che sta adagiando un malato sulla barella e due medici che si stanno consultando sulle urine contenute nel recipiente di vetro. Al centro, più in basso, un giovane ferito a una coscia viene lavato da un inserviente prima dell’intervento. Sulla destra un monaco sta confessando un paziente, mentre due inservienti stanno trasportando una barella.
 
     
Pellegrinaio di santa maria della scala 04, domenico di bartolo celestino III concede privilegi di autonomia all'ospedale

Domenico di Bartolo, Papa Celestino III concede privilegi di autonomia all’Ospedale di S. Maria della Scala (1192), Siena, Sala del Pellegrinaio dell'Ospitale di Santa Maria della Scala


La lotta fra i canonici della cattedrale ed i frati laici dell'ospedale, fu composta da una bolla di Celestino III. I laici ebbero la meglio ricevendo la direzione e l'amministrazione dell'istituto e la facoltà di eleggere il rettore. Il nuovo stato dette grande impulso all'organizzazione ospedaliera, forse la più perfetta, con disposizioni quasi moderne tanto da destare non poca sorpresa la lettore dei relativi statuti ancora conservati nell'Archivio di Stato di Siena. Anche in questa scena Domenico si è particolarmente interessato allo studio del personaggio, umile o potente che sia , indagandone la fisionomia e quasi certamente legando a personaggi di due secoli e mezzo prima, ritratti di persone a lui contemporanee. Le figure, infatti, sono troppo caratterizzate per non essere vere. Elementi realistici, pur nel fantasioso ambiente ove va svolgendosi la scena, sono presenti ad ogni piè sospinto: dal bellissimo pavimento marmoreo (un ricordo di quello del Duomo?) al tromped'oeil del cane-cerbiatto in primo piano, dal profilo del personaggio orientale con gran turbante (molto probabilmente l'Imperatore Giovanni Paleologo giunto a Firenze nel 1439 per quel Concilio) visto di profilo entro l'arcata di sinistra, e fina dagli elementi architettonici più veri, come gli «sporti», cioè i balconi lignei chiusi, comuni in tutta Siena e di cui ne diede magnifici esempi Ambrogio Lorenzetti nel suo «buongoverno» in palazzo pubblico. L'incredibilmente elegante giovinetto al centro, visto di spalle, fu certamente visto dal vero, forse ripreso da Domenico per il suo taccuino di viaggio. Basterebbero le scene che l'artista dipinse nel Pellegrinaio senese per ricostruire tutto un campionario della moda del XV secolo.

 
     

Distribuzione delle elemosine

Domenico di Bartolo, Distribuzione delle elemosine, Siena, Sala del Pellegrinaio dell'Ospitale di Santa Maria della Scala


Elemosina indica l'atto gratuito di una donazione principalmente in denaro verso una persona bisognosa. La raccolta di elemosine in ambito cristiano prende il nome di questua. Aspettare esplicitamente offerte in denaro si dice chiedere l'elemosina.

'
Una scena tutta profana ove incombe una serie di architetture centrate dall'edificio gotico,poligonale, al centro su di un cavallo bianco che per un nulla non calpesta un maestro, di personaggicuriosi che si affacciano dai balconi delle case fino ai più umili operai e muratori che lavoranoall'ampliamento della «casa » dell'ospedale. Qui sono i più freschi e genuini particolari di tutta lacomposizione con la bella, squadrata figura del manovale visto di schiena sulla scala, che ci fatornare alla memoria i tanto più tardi eroi di Luca Signorelli nel Duomo di Orvieto.Difficile poter stabilire le fonti alle quali si ispirò l'artista. La scena rappresenta certamente uno diquegli incontri casuali per l'arrivo di qualche famoso personaggio. Né si dimentichi, a proposito chefu proprio Domenico di Bartolo a fornire il cartone per il pavimento del Duomo a commessimarmorei, raffigurante l'Imperatore Sigismondo, giunto a Siena nel 1432 con la sua sfarzosissimacorte. L'imperatore fu accolto in città con grande giubilo e solennità, trattenedovisi molti mesi aspese dello stesso Comune.Le architetture sono un misto di elementi gotici e rinascimentali: più vicina a qualche esempio realeè la elegante loggia, sulla sinistra; più fantasioso, invece, quella specie di tempio gotico sul fondo,dai ricamati rosoni, dalle logge polifore, dai fragilissimi balconcini ove con non curanza si attardanofigurette in posa, riccamente vestite. Impressioni di fantasia, ma ricevute anche nei risonanti cantieridi qualche città del Nord con a capo quello per il Duomo di Milano. C'è persino il Rettoredell'Ospedale con la sua tipica veste, che si cava il cappello in atto di saluto per l'arrivo del granpersonaggio sul cavallone bianco che ricorda bene quelli delle battaglie celebri di Paolo Uccello.Pur nella confusione creata dall'inatteso arrivo, pur nella carica delle ristrette architetture c'è pureun senso di squadrata saldezza compositiva offerta particolarmente dalle tante linee verticali (dellecolonnine, delle lesene, dei pilastri ecc.) e dalla ricerca prospettica conducente all'edificio centrale.Ed una impressione, quasi metafisica, è poi quella specie di Città Ideale immaginaria che si scorgesul fondo oltre il loggiato di sinistra.' [3]


Accoglimento, educazione e matrimonio di una figlia dello spedale

La scena testimonia ulteriormente delle attività svolte dall’ospedale e regolate dallo statuto trecentesco: l’accoglienza, la cura, l’istruzione e il matrimonio dei bambini abbandonati. L’ospedale infatti non si limitava ad accogliere i “gettatelli” ma intendeva seguirli per tutta la vita, offrendo loro la possibilità di scegliere se dedicarsi al prossimo o di formarsi una famiglia fuori e inserirsi quindi a pieno titolo nella società.
La scena illustra i vari momenti della vita dei fanciulli, da quando vengono accolti dalle forti braccia delle balie, allo svezzamento, all’istruzione - si noti sulla sinistra il severo atteggiamento del maestro - al gioco (in primo piano sempre sulla sinistra), fino al momento del matrimonio (in questo caso celebrato con abbigliamenti raffinati e degni di una scena di corte).
Domenico di Bartolo qui non si limita alla consueta analisi dei particolari, ma sembra voler ribadire la lezione fiorentina di primo Rinascimento e le sue eleganti suggestioni cromatiche per la pittura “settentrionale”.
 

 

Domenico di Bartolo, Pranzo dei poveri, Siena, Sala del Pellegrinaio dell'Ospitale di Santa Maria della Scala


L’apertura di una finestra (ora tamponata) proprio al centro della lunetta ha purtroppo deturpato quest’ultimo affresco del ciclo.
Come le altre scene della stessa parete, il dipinto illustra un’ ulteriore disposizione statutaria del Santa Maria, e cioè l'ospitalità agli uomini anziani della città e del contado.
Anche in questa occasione Domenico di Bartolo si sofferma sul raffinato abbigliamento di alcuni personaggi, sui vari particolari della mensa e sulla impostazione prospettica fortemente centralizzata, sottolineata da eleganti colonne, capitelli, arconi e cornici.
 
Madonna and Child Enthroned with Saint Peter and Saint Paul, c. 1430. Samuel H. Kress Collection

This small panel is one of the first in Siena to reflect the innovations of the Florentine painter Masaccio. Masaccio used light and perspective to give his figures weight and three-dimensionality, a sense of being in a space rather than simply on a painted surface. Domenico lit his scene from a source that comes strongly and consistently from the upper left, giving his Virgin and child a tactile reality. Their halos, tilted in perspective, help define the space. So does the niche behind them, which is inspired by ancient architecture.Domenico's use of light, perspective, and classical motifs suggest that he painted this after seeing the work of Masaccio and others in Florence. He is unlikely to have studied there, however; other elements of his work are typically Sienese, for example, the bright pastel pinks for the niche. Domenico's experiments were not taken up by his contemporaries, but they did influence artists in the next generation.'[1]


Pavimento del Duomo di Siena


   
Il pavimento del Duomo di Siena è uno dei più vasti e pregiati esempi di un complesso di tarsie marmoree, un progetto decorativo che è durato sei secoli, dal Trecento all'Ottocento. Come per la fabbrica della cattedrale, anche il pavimento si intreccia indissolubilmente con la storia stessa della città e della sua arte: per questo nei secoli i senesi non hanno lesinato risorse per la sua creazione prima e per la sua conservazione poi. Composto da più di sessanta scene, è generalmente coperto nelle zone di maggior frequentazione da fogli di masonite, tranne una volta all'anno, per circa un mese, tra settembre e ottobre. [2]

Nel 1431 l'imperatore Sigismondo visitò Siena e i cittadini speravano ardentemente che egli prendesse la loro parte nella guerra contro Firenze: per questo la sua figura si trova tra le scene di guerra, come nume tutelare di un conflitto giudicato imminente. L'imperatore è rappresentato seduto su un trono sotto un'edicola rinascimentale, con una nicchia, un fregio con oculi, colonnine e festoni retti da due putti con scudi araldici dell'aquila imperiale. Sui gradini davanti al trono si trovano sei figure sedute o in piedi, il cui abbigliamento permette di identificarli in dignitari di corte, civili e militari. La scena venne pagata nel 1434 a Domenico di Bartolo ed è un'importante testimonianza dell'aggiornamento alle tematiche rinascimentali in terra senese: l'uso della perfetta prospettiva centrica negli anni '30 è una conquista che in quegli stessi anni nella stessa Firenze era sporadicamente applicato. Il riquadro venne restaurato già nel 1485 e di nuovo nella seconda metà dell'Ottocento.

Nel transetto destro la decorazione pavimentale non è legata prevalentemente alle storie dell'Antico Testamento e presenta una certa varietà di stili e di tecniche usate. A parte le Storie di Assalonne e di Iefte, si incontra infatti la singolare rappresentazione dell'Imperatore Sigismondo, inoltre la zona davanti alla berniniana cappella del Voto (o Cappella Chigi) presenta figure allegoriche risalenti al 1780 (rifatte novant'anni dopo con soggetto identico). L'intera zona, come nel braccio sinistro della crociera, è divisa in tre fasce: quella superiore, divisa a sua volte in due parti, mostra la scena dell'imperatore e la Morte di Assalonne; quella centrale le complesse storie del Sacrificio di Iefte, ricchissime di figure, e quella inferiore è occupata dalle piccole allegorie antistanti la Cappella del Voto, importantissimo santuario cittadino, che per questo sono rivolte verso di esso, non verso la navata come il resto delle storie. All'altezza di quest'ultima fascia, in corrispondenza dell'esagono centrale, si trova un triangolo con decorazioni geometriche[8].
 

Imperatore Sigismondo coi suoi ministri, pavimento del Duomo di Siena
 
   
   
[1] G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 40 s
[2] Il pavimento del Duomo di Siena è un capolavoro visibile solo 2 mesi all'anno, in genere in corrispondenza del Palio dell'Assunta. Presenta 56 tarsie di pregevole fattura realizzate nel corso di 4 secoli da artisti tutti di scuola senese (tranne uno, umbro, detto il Pinturicchio...) a partire dal IV secolo. Questo tesoro è nascosto 10 mesi l'anno, per essere preservato intatto.
La tradizione vuole che l'invenzione della decorazione marmorea spetti al caposcuola della pittura senese Duccio di Buoninsegna, anche se non esiste alcuna prova documentaria di ciò. Le più antiche testimonianze legano l'inizio dei lavori al pavimento a un periodo successivo, verso il 1369, quando sono ricordati dei pagamenti ad artefici pressoché sconosciuti (Antonio di Brunaccio, Sano di Marco, Francesco di ser Antonio) per la realizzazione dei primi episodi figurati nel pavimento. In via ipotetica si crede che le prime rappresentazioni possano essere legate a riquadri della navata centrale come la Ruota della Fortuna e la Lupa senese circondata dai simboli delle città alleate (del 1373), poi completamente rifatti nei secoli successivi[2].

Per trovare una notizia certa su un pannello ancora oggi identificabile si deve attendere il 13 marzo 1406, quando vennero pagati un certo Marchese di Adamo da Como e i suoi aiuti per l'esecuzione di una "ruota" davanti alla porta della sagrestia, ovvero del tondo raffigurante la Fortezza (che pure venne completamente rifatto nel 1839). Già da quel periodo si ha testimonianza del fatto che artisti di fama fornissero cartoni ai maestri specialisti che realizzavano poi la tarsia; tra questi: Domenico dei cori, intagliatore e capomastro del Duomo, il Sassetta e Domenico di Bartolo. Seguirono poi, nel corso del Quattrocento, Pietro del Minella, pure capomastro della cattedrale, Antonio Federighi, Urbano da Cortona, Francesco di Giorgio Martini, Neroccio, Matteo di Giovanni, Giovanni di Stefano (figlio del Sassetta), Benvenuto di Giovanni e, segnatamente, Luca Signorelli. Nel Cinquecento si registrano ancora i contributi di Guidoccio Cozzarelli, Bernardino Pinturicchio e, soprattutto, Domenico Beccafumi[2].

Quest'ultimo lavorò alacremente ai cartoni per le tarsie del presbiterio tra il settembre 1521 e il febbraio 1547, introducendo tecniche espressive di grande innovazione, con un risultato del tutto paragonabile ai grandi cicli pittorici dell'epoca[2].

A metà del Cinquecento il cantiere del pavimento raggiunse così un quasi completo assetto, esaurendo la fase definibile come "classica", a cui seguirono un continuo lavoro di restauro con aggiunte minori e, soprattutto, la sostituzione dei pannelli ormai consunti dall'uso con copie. Nel 1780 la zona davanti alla Cappella del Voto, opera berniniana, venne decorata dalle figure della Religione e delle Virtù teologali disegnate da Carlo Amidei e messe in opera da Matteo Pini. Tali opere non raggiunsero però un apprezzamento sufficiente e vennero rifatte, circa novant'anni dopo, da Alessandro Franchi[2].
  Pavimento del Duomo di Siena
Pavimento del Duomo di Siena, 1300 metri quadrati di intarsi marmorei, a sgraffio e a colori, realizzati da maestri dell'arte senese dal '300 all'800. Tra questi, Matteo di Giovanni, il Sassetta, il Pinturicchio, Domenico Beccafumi.


SMS santa maria della scala - I percorsi museali | Pellegrinaio, Affreschi | www.santamariadellascala.com

Alessandro Orlandi, Gettatelli e pellegrini: Gli affreschi nella sala del Pellegrinaio dell'Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, Nuova immagine (1997)

GHEZZI, Domenico (Domenico di Bartolo) | Dizionario Biografico degli Italiani | www.treccani.it

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri |

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Siena, duomo

Siena, Piazza del Campo
e il Palazzo Publicco

 

Siena, Piazza del Campo
         
SMS Santa Maria della Scala

   
Sorto sulla via Francigena, proprio di fronte alla cattedrale, il Santa Maria della Scala costituì uno dei primi esempi europei di ricovero e ospedale, con una propria organizzazione autonoma e articolata per accogliere i pellegrini e sostenere i poveri e i fanciulli abbandonati. La sua istituzione si deve ai canonici del Duomo, anche se una leggenda medievale senese parla di un mitico fondatore, tale Sorore, calzolaio, morto nell’898. La gestione dell’importante complesso, prima dovuta ai canonici del Duomo, poi ai frati dell’ospedale, passò, nel Quattrocento, dopo lunghe controversie, sotto il controllo diretto del Comune. Sin dagli inizi del Trecento uno statuto ne regolava la vita e l’autonomia, dimostrandosi talmente efficace da essere preso a modello da Gian Galeazzo Visconti e dal duca di Milano, Francesco Sforza i quali inviarono a Siena i propri emissari per studiarne la gestione e l’organizzazione. A seguito di lasciti e donazioni, tra la fine del Duecento e i primi del Trecento, l’ospedale iniziò a suddividere ed organizzare il proprio patrimonio terriero in vaste aziende agrarie denominate grance. La loro presenza interessava un patrimonio enorme, che copriva vaste aree della Val d’Orcia, della Val d’Arbia, delle Masse, delle Crete e della Maremma, e che nel suo insieme costituiva la più grande concentrazione fondiaria dello Stato senese. Per quasi cinque secoli essi costituirono i cardini della struttura economica del Santa Maria, fino a quando, nelle seconda metà del Settecento, ne fu ordinata l’alienazione. Il Santa Maria della Scala ebbe un ruolo molto importante anche in ambito culturale, tanto da poterlo giustamente considerare il “terzo polo artistico” della città, insieme al Palazzo Pubblico e alla cattedrale. L’impegno della committenza di questa istituzione prestigiosa anche in campo artistico si è dimostrata fin dall’inizio costante, quasi sempre di altissimo livello e indirizzata verso tutti i molteplici aspetti della millenaria attività svolta dall’ospedale: dal grande ciclo a fresco con le Storie della Vergine realizzato sulla facciata esterna (purtroppo perduto) da Simone Martini, Ambrogio e Pietro Lorenzetti (1335), alla serie di affreschi della grande sala del Pellegrinaio, fino alla decorazione della vasta zona absidale della chiesa dipinta nel Settecento da Sebastiano Conca. Oggi il Santa Maria della Scala ha esaurito le proprie funzioni sanitarie e ormai da anni l’Amministrazione Comunale sta procedendo al recupero dell’antico complesso che si presenta come uno dei progetti culturali polivalenti più significativi a livello europeo, in grado di rispondere efficacemente alle necessità delle grandi collezioni senesi e alle crescenti esigenze di studio, di ricerca e turistiche. Dal 1995 è stato aperto un primo percorso museale delle parti più significative come il Pellegrinaio, la Sagrestia Vecchia con i dipinti di Lorenzo Vecchietta, la Cappella del Manto con la lunetta di Domenico Beccafumi, la Cappella della Madonna e la chiesa della Santissima Annunziata. Progressivamente sono stati inoltre restaurati e aperti nuovi ambienti del complesso come quelli del fienile medievale che ospita il cantiere di restauro della Fonte Gaia di Jacopo della Quercia, i suggestivi locali della Compagnia di Santa Caterina della Notte, il museo archeologico, nonché i nuovi spazi espositivi di palazzo Squarcialupi. I tre piani di questo grande edificio posto sul lato sinistro della facciata principale sono stati destinati rispettivamente a bar e bookshop al piano terra, spazi per convegnistica e biblioteche al piano superiore, mentre l’ultimo piano è riservato ai grandi eventi espositivi. L’avventura culturale al Santa Maria della Scala si sta infatti continuamente arricchendo di contenuti e di significati attraverso iniziative, realizzazioni e progetti che porteranno sempre più a caratterizzare l’antico "Spedale Grande" come un riferimento privilegiato per la cultura europea in cui arte, tecnologia, ricerca e servizi vengono indirizzati verso i beni culturali e le numerose applicazioni ad essi collegati.

Art in Tuscany | Santa Maria della Scala

sms santa maria della scala P.zza Duomo, 1 - 53100 Siena | www.santamariadellascala.com


 

 


The Ospedale di Santa Maria della Scala faces the cathedral on the Piazza del Duomo.

 

Pinacoteca Nazionale di Siena

   
La Pinacoteca Nazionale di Siena è la più importante pinacoteca della città e una delle più grandi collezioni di dipinti a fondo oro del Trecento e Quattrocento senese al mondo.

La visita inizia dal secondo piano, dove si trovano le prime sale che conservano le prime opere senesi databili intorno al XII-XIII secolo.

La pinacoteca è ubicata nei palazzi Brigidi e Buonsignori presso via San Pietro.

Il Palazzo Buonsignori, nonostante la sua edificazione risalga al XV secolo, presenta una facciata direttamente ispirata al medievale palazzo pubblico della città, anche grazie ai restauri puristi della seconda metà del XIX secolo.

Il Palazzo Brigidi è invece di più antica costruzione (XIV secolo) ed è solitamente identificato come l'antica residenza della famiglia Pannocchieschi e quindi anche di Nello, sposo della celebre Pia dantesca.

La collezione [modifica]

Nutritissima di dipinti di raffinata qualità, la pinacoteca documenta essenzialmente l'evoluzione della pittura senese dal XIII al XVIII secolo.

Al secondo piano nelle prime due sale ammiriamo le opere più antiche, fra le quali alcune di Guido da Siena: da segnalare nella seconda sala il San Pietro in trono e sei storie della sua vita.

Nelle sale 3-4-5-6 vi è raggruppato un corpus di opere di mano di Duccio di Buoninsegna e dei suoi seguaci, a testimonianza della definitiva affermazione di una scuola pittorica senese di altissimo livello. Da non perdere: la Madonna dei Francescani e il polittico n. 28 di Duccio, la Madonna col Bambino del Maestro di Badia a Isola, e la Crocifissione con san Francesco di Ugolino di Nerio.
Pietro Lorenzetti, Pala del Carmine (1328-1329)

Le sale 7-8 sono invece dedicate a Simone Martini e ai suoi seguaci: si segnala lo splendido ciclo del Beato Agostino Novello e i suoi miracoli (1330 ca.). Nella settima sala vi è invece la Pala del Carmine (1328 - 29) di Pietro Lorenzetti, uno dei capolavori assoluti del trecento senese, e anche la dotta e profonda Annunciazione di Ambrogio Lorenzetti.

Nella sala 8 vi sono i pittori senesi attivi dopo la peste del 1348: si veda la pala con Adorazione dei Magi capolavoro di Bartolo di Fredi.

Le sale 9-10-11 sono dedicate al momento di passaggio tra il trecento senese e il primo rinascimento: spiccano le opere di Taddeo di Bartolo.

Le sale 12-13 sono appunto occupate da artisti quali Giovanni di Paolo (Madonna dell'Umiltà) e il Sassetta, testimoni di un periodo, il Rinascimento senese, oggetto di una riscoperta relativamente recente.

Il Rinascimento maturo si trova nelle sale 14-15 con opere di Francesco di Giorgio Martini, Matteo di Giovanni e Neroccio di Bartolomeo. A Sano di Pietro sono quasi interamente dedicate le sale 16-17. Nella loggia attigua (sala 18) fa bella mostra di sè la Madonna dell'Umiltà di Domenico di Bartolo (1433). Nella sala 19 vi è una ricca galleria di opere raffiguranti santi senesi.

Al piano inferiore si ammirano opere del Cinquecento senese di mano di artisti quali Antonio Bazzi detto Il Sodoma (Cristo alla colonna e Deposizione) e di Domenico Beccafumi (Nascita della Madonna e San Michele che scaccia gli angeli ribelli.

Pinacoteca Nazionale di Siena
Via di San Pietro, 29, 53100 Siena, Italy
0577 281161

Sito ufficiale: www.pinacotecanazionale.siena.it
Orari di apertura al pubblico:
Lunedì: 09.00 - 13.00
Da Martedì a Sabato: 08.15 - 19.15
Domenica e festivi: 09.00 - 13.00
Santo Patrono (S. Ansano 1 dicembre): 09.00 - 13.00
Chiusura: 1° maggio – Natale - Capodanno

Pinacoteca Nazionale di Siena su Wikimedia

 

 

Il Palazzo BuonsignoriIl Palazzo Buonsignori

 

Duccio, Madonna col bambino e tre francescani in adorazione, 1285 circa, tempera e oro su tavola di piccole dimensioni, Siena, Pinacoteca Nazionale

Nella suggestiva cornice del valle d'Ombrone, nei pressi di Montalcino, questa magnifica podere è situata in ottima posizione e gode dello splendido panorama sulla Maremma, fino al mare e l'isola Monte Christo.

 

 

 

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