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Il Sodoma, selfportrait in one of the seventeen frescoes in the Benedictine monastery of Monte Oliveto Maggiore

 

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Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi)


   
   
Il pittore italiano Sodoma, vero nome Giovanni Antonio Bazzi, soprannominato anche il Mattaccio, nasce a Vercelli il 1477.
Le sue opere riflettono il passaggio dal Rinascimento allo stile manierista.
 Il soprannome, che si trova spesso trascritto in varie lezioni (Soddoma, Sodona, Soddona, Sodone, Sogdona, Sobdoma), era probabilmente lo pseudonimo scherzoso che l'artista aveva adottato, o che gli era stato únposto, secondo l'uso del tempo, in qualche congrega o accademia, e, secondo una congettura abbastanza plausibile, sembra che derivasse da un faceto fraintendimento toscano di un suo intercalare in dialetto piemontese ("su'nduma!" = orsù, andiamo!).[0]


La carriera artistica


   

Nato a Vercelli nel 1477 dal calzolaio Giacomo Bazzi e Angela da Bergamo, a soli tredici anni iniziò il suo praticantato, nella sua città, presso la bottega del pittore Giovanni Martino Spanzotti. Successivamente, nel 1498, si trasferì dapprima a Milano e quindi a Siena, nel 1501. Siena divenne la sua residenza più o meno stabile, ma fu operativo anche a Roma.

La sua presenza nella città capitolina è documentata nel 1508, quando Papa Giulio II gli commissionò le decorazioni del soffitto della Stanza della Segnatura in Vaticano. Nell'affresco La scuola di Atene, (1509-1511), il Sodoma stesso è forse raffigurato vicino a Raffaello.

A Villa Farnesina, a Roma, è conservato il suo capolavoro: un affresco con le Nozze di Alessandro e Rossane, dipinto per il banchiere senese Agostino Chigi. L'affresco è ispirato a un'opera greca perduta, un quadro del pittore Aezione (IV secolo a.C.), descritto nel II secolo dallo scrittore greco Luciano di Samosata.

La figura artistica del Sodoma costituisce una sorta di ponte tra tardo rinascimento e manierismo; a Siena in particolare la sua importanza fu notevole nell'imprimere le linee generali al successivo manierismo senese.


La particolarità del "personaggio" Sodoma

Il Sodoma in vita fu un personaggio assai noto alla società, per via del suo stile di vita molto appariscente e singolare, oltre che per la sua omosessualità più o meno apertamente dichiarata, e che gli valse il soprannome. Nonostante all'epoca non fosse affatto facile gestire in modo aperto la propria omosessualità nella società europea, dal quadro generale delle fonti emerge la figura di un uomo sostanzialmente sereno e anche autoironico.

Nelle epoche successive, più di un ambiente ha tentato di negare questo stato di cose, formulando per l'origine del soprannome varie teorie, spesso fantasiose.

Ma sono le stesse fonti contemporanee, tra cui spicca Giorgio Vasari, a lasciar intendere la cosa palesemente. Oltre all'orientamento sessuale, si soffermano sul fatto che amasse vestirsi in modo elegante e piuttosto appariscente e frequentare svariate situazioni mondane, nelle quali appunto spesso era accompagnato da uomini.

Qui di seguito, citiamo a tal proposito un passo dello stesso Vasari, che peraltro non apprezzava affatto l'autore dal punto di vista artistico, tratto dalla prima edizione delle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del 1550: « Era oltre ciò uomo allegro, licenzioso, e teneva altrui in piacere e spasso, con vivere poco onestamente; nel che fare, però che aveva sempre attorno fanciulli e giovani sbarbati, i quali amava fuor di modo, si acquistò il soprannome di Soddoma, del quale, non che si prendesse noia o sdegno, se ne gloriava, facendo sopra esso stanze e capitoli e cantandogli in sul liuto assai commodamente. »

L'orientamento sessuale del Sodoma emerge abbastanza chiaramente anche dalle sue opere, nelle quali in particolare le figure maschili appaiono dipinte riservando una grande attenzione, quasi compiaciuta, all'anatomia e alla pura estetica; inoltre le opere raffiguranti le situazioni più patetiche o drammatiche, come il San Sebastiano di Firenze o il Cristo alla Colonna di Siena appaiono permeate da un diffuso senso di languore sentimentale.

Queste caratteristiche sono state spesso criticate negativamente, anche per pregiudizio moralistico, penalizzando una valutazione più equilibrata dell'artista. Tra i rari studiosi che si sono dedicati a questo pittore è opportuno citare Giovanni Morelli, Gustavo Frizzoni, Dionisotti, Enzo Carli, Bartalini, Patrizia Zambrano, Sergio Rossi ed il Conte Daniele Radini Tedeschi, autore della monografia con catalogo ragionato di tutte le opere del Sodoma.

Il Sodoma durante la sua vita, è considerato l'artista più importante a Siena, anche grazie alla capacità di rappresentare la bellezza sensuale della forma umana e una esagerata, quasi mistica, emotività che anticipa il Barocco.
Anche se ha continuato a dipingere fino alla sua morte, le opere dell'ultimo periodo sono considerate insignificanti. La sua arte avrà un certo peso sulla formazione del più originale pittore senese del sec. XVI, cioè Domenico Beccafumi.

Giovanni Antonio Bazzi, Il Sodoma, muore a Siena il 15 Febbraio 1549.


Opere

 

Il Sodoma, autoritratto
Autoritratto del Sodoma nella scena di "Come San Benedetto risalda lo capistero che era rotto", affresco, Abbazia di Monte Oliveto Maggiore.



* Ratto delle Sabine, 1506-1507, olio su tavola, 76x170 cm, Roma, Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d'Arte Antica
* Veneri terrestre e Venere celeste tra amorini, 1508 circa, olio su tavola, tondo, diam. 61 cm, Parigi, Musée du Louvre
* Cupido in un paesaggio, 1510 circa, olio su tela, 68x129 cm, San Pietroburgo, Ermitage
* Flagellazione, 1510 circa, olio su tavola, 36,5x70,3 cm, Budapest, Museum of Fine Arts
* Via del Calvario, 1510 circa, olio su tavola, 36,5x62 cm, Budapest, Museum of Fine Arts
* Deposizione dalla croce, 1510-1513, olio su tavola, 426x263 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale
* Morte di Lucrezia, 1513, olio su tavola, 71x61 cm, Budapest, Museum of Fine Arts
* Nozze di Alessandro e Rossane 1516-17, affresco, 370x660 cm, Roma, Villa Farnesina
* Presentazione della Vergine al Tempio, 1518, affresco, 295x305 cm, Siena, oratorio di San Bernardino
* San Giorgio e il drago, 1518 circa, olio su tavola, 137,8x97,6 cm, Washington, National Gallery of Art
* Sacra Famiglia con san Giovanni Battista, 1520-1530, olio su tela, 83,5x58 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
* San Sebastiano, 1525, olio su tela, 206x154 cm, Firenze, Galleria Palatina
* Andata al Calvario, 1525, olio su tavola, Greenville (Carolina del Sud), Bob Jones University
* Cristo flagellato presentato alla folla, 1525-1530 circa, olio su tela, 60x59 cm, New York, Metropolitan Museum
* Cristo tra gli sgherri, 1525-1549 circa, olio su tavola, Firenze, Uffizi
* Sacra Famiglia con san Giovannino, 1530 circa, olio su tavola, 70x47 cm, Montepulciano, Museo civico
* Compianto sul Cristo morto, 1533, olio su tavola trasferito su tela, 111x86 cm, Collezione privata
* San Girolamo penitente, 1535-1545 circa, olio su tavola, 141x111,8 cm, Londra, National Gallery
* Sposalizio mistico di santa Caterina, 1539-1540, olio su tavola, 95x76 cm, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica
* Pietà, 1540 circa, olio su tavola, 69x58 cm, Roma, Galleria Borghese
* Madonna col Bambino, santi e un donatore, 1540-1549 circa, olio su tavola, 48,9x37,8 cm, Londra, National Gallery
* Sacrificio di Isacco, 1541, olio su tavola, Pisa, Cattedrale di Santa Maria Assunta
* Cristo alla colonna, Siena, Pinacoteca Nazionale
* Scene dalla vita di santa Caterina, Siena, basilica di San Domenico
* Scene dalla vita di san Benedetto, Asciano (SI), Abbazia di Monte Oliveto Maggiore,
* Sacra Famiglia, Roma, Galleria Borghese



Monastero di sant'Anna in Camprena. Veduta dell'interno del refettorio, verso la parete di fondo con gli affreschi di Sodoma

Abbadia Sant'Anna in Camprena


 

La prima opera nota del Sodoma è del 1503 ed è costituita dagli affreschi, di soggetto sacro, nel refettorio del Monastero Benedettino di S. Anna in Camprena, nei pressi di Pienza, nei quali si nota un certo influsso del Perugino.

'Gli affreschi del Monastero di Sant'Anna in Camprena (Pienza) furono realizzati tra il luglio del 1503 e metà del 1504.
Quando ha affrontato questo lavoro, ritenuto uno dei primi incarichi importanti del giovane artista, egli dimostra di essere già aggiornato sulla situazione pittorica centro-italiana.
Nelle decorazioni che inquadrano le scene compaiono i motivi a grottesca derivanti dalle volte della Domus Aurea di Nerone, riscoperta a Roma proprio in quegli anni. Anche i monocromi con fondi di colori diversi, bianchi, neri, verdi e ocra, derivano da quelli delle volte della Domus Aurea.
Si nota anche una struttura compositiva molto simile a quella realizzata da Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto. Le strane e fantasiose figure si distribuiscono in una trama ordinata e leggera intorno alle scene figurate, disponendosi sui pilastri e sui fregi.

Nell'apparato decorativo degli affreschi Sodoma ha inserito alcuni oculi con figure di santi, sviluppati con efficaci effetti prospettici. Tra le parti rimaste e meglio conservate si può ancora osservare la santa Caterina da Siena. La figura femminile sembra asffacciarsi a una finestra rotonda, intenta alla lettura, con alle spalle un ampio paesaggio in cui lo sguardo si perde fino all'orizzonte.

Per quanto riguarda il complesso delle rappresentazioni figurate, le composizioni molto regolari e bilanciate, gli atteggiamenti delle figure e i paesaggi in lontananza, risentono dell'influenza del Perugino. Lo stesso vale per le citazioni di monumenti famosi, come ad esempio il Colosseo e L'arco di Costantino, sullo sfondo della Moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Nelle parti in monocromo che intervallano le scene, in cui sono imitati antichi rilievi, Sodoma sembra fondere i ricordi delle decorazioni a grisaglia dipinte da Bramantino nel Castello Sforzesco di Milano con quelle realizzate dal Pinturicchio a Roma in Santa Maria in Aracoeli e nel Palazzo della Rovere in Borgo Vecchio.
Ma il lavoro realizzato dall'artista vercellese offre anche molti apetti estranei alla cultura artistica che caratterizzava la pittura Toscana in quesl momento e che rivelano invece la sua formazione lombarda.' [Antonio Cocchi]

 

 

Giovanni Antonio Bazzi detto Sodoma. Santa Caterina da Siena. Dett. della decorazione. 1503-04. Affresco. Monastero di sant'Anna in Camprena.

Photo gallery Monastero di Sant'Anna in Camprena

 

       
Sodoma - The Confirmation of the Olivetan Order by the Bishop of Arezzo - WGA21555   Monastero di Sant'Anna in Camprena, refettorio, Il Sodoma, Sant'Anna e la Madonna col Bambino in trono tra due monaci olivetani  

Il Sodoma, San Benedetto in trono in abiti pontificali tra monaci olivetani

 

  Il Sodoma, Sant'Anna e la Madonna col Bambino in trono tra due monaci olivetani   Il Sodoma, Santa Caterina da Siena
         


Affreschi nell'Oratorio di S. Bernardino

Tornato a Siena, il Sodoma, nel 1518, dipinse i begli affreschi nell'Oratorio di S. Bernardino. Nel 1526 realizzò poi una serie di bellissimi affreschi nella Cappella di Santa Caterina nella Basilica di S. Domenico a Siena, di grande importanza per tutto lo svolgimento della pittura cinquecentesca senese. Tra di essi, l'affresco più celebre è certamente quello con l'«Estasi di Santa Caterina da Siena», assai notevole per armonia compositiva.




Svenimento di Santa Caterina, Siena, Basilica di San Domenico, Cappella di Santa Caterina


Tornato a Siena, il Sodoma, nel 1518, dipinse i begli affreschi nell'Oratorio di S. Bernardino. Nel 1526 realizzò poi una serie di bellissimi affreschi nella Cappella di Santa Caterina nella Basilica di S. Domenico a Siena, di grande importanza per tutto lo svolgimento della pittura cinquecentesca senese. Tra di essi, l'affresco più celebre è certamente quello con l'«Estasi di Santa Caterina da Siena», assai notevole per armonia compositiva

La Cappella di Santa Caterina, ricavata nella parte anteriore dell’antica sacrestia, fu fatta costruire da Niccolò Bensi nel 1466 per custodire la sacra testa di Caterina, la più insigne delle reliquie della Santa, portata a Siena da Roma dopo la sua morte.

Caterina, infatti, si spense a Roma il 29 aprile 1380 e fu sepolta nel cimitero di Santa Maria sopra Minerva, ma di lì a poco, a causa della forte umidità del luogo, fu riesumata e tumulata all’interno della stessa Basilica. Fu in quell’occasione che il beato Raimondo da Capua, all’epoca Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, chiese ed ottenne da Papa Urbano VI l’autorizzazione a staccare la testa dal corpo. La sacra reliquia fu portata in segreto a Siena, all’interno di una borsa in seta tuttora conservata presso la Casa Santuario.

Nel 1385 lo stesso Raimondo riferì al Concistoro della Repubblica che la testa di Caterina si trovava a Siena. Fu così organizzata una solenne processione che partì dalla chiesa di San Lazzaro, fuori porta Romana, e proseguì fino alla Basilica di San Domenico, dove la reliquia trovò collocazione, racchiusa nel busto di rame attualmente esposto nella teca situata a destra dell’ingresso alla cappella.

Dopo la canonizzazione di Caterina, avvenuta il 29 giugno 1461 sotto il Pontefice Pio II, Niccolò Bensi, esponente di una famiglia senese, decise di far costruire questa cappella per dare una degna cornice alla preziosa reliquia. Il mirabile altare marmoreo collocato al centro .

www.basilicacateriniana.com

 

Svenimento di Santa Caterina
, Siena, Basilica di San Domenico, Cappella di Santa Caterina
     
Deposizione di Cristo dalla Croce


 
La Deposizione è un'opera di grandi dimensioni eseguita da Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma per la Cappella Cinuzzi nella chiesa di San Francesco a Siena, oggi visibile presso il Museo Civico di Siena. La datazione, anche se molto controversa, in base agli studi più recenti sembra assestarsi intorno al 1510.

L'opera risente di influssi diversi. Il primo è il riferimento alla Deposizione ora alla Galleria dell'Accademia di Firenze, realizzata in origine per la chiesa dell'Annunziata. Si tratta di un dipinto iniziato da Filippino Lippi e terminato dal Perugino entro gli anni 1503-05.
Altri riferimenti sono ancora più riconoscibili. Al ricordo della Sant'Anna di Leonardo nelle tre donne sulla sinistra del quadro di Sodoma si aggiunge quello del Trasporto di Cristo, ora alla galleria Borghese, dipinto da Raffaello nel 1507 per Atalanta Baglioni.

In questo dipinto il Bazzi mostra di voler sviluppare ad altissimo livello la dimensione delle emozioni e dei sentimenti, attraverso un raffinato studio delle espressioni, degli atteggiamenti e degli sguardi che tradiscono la dinamica dei "moti dell'animo". Questa particolare attenzione alle dinamiche emozionali si manifesta anche nella gestualità dei personaggi, fortemente espressiva ma anche equilibrata nell'insieme. Ciò lascia supporre che Giovanni Antonio prima di lasciare Roma doveva aver visto Raffaello intento a lavorare alla Disputa del Sacramento, ammirando la naturalezza e spontaneità di quelle figure colte nelle loro animate discussioni.
Nello sfondo Sodoma pone un paesaggio dilatato in ampiezza e profondità che sembra aprirsi all'infinito, mentre davanti si adoperano parecchi personaggi indaffarati e vivaci, disposti nella composizione con grande equilibrio, come un'architettura vivente.

Differiscono invece sia da Raffaello che da Leonardo, i colori, sviluppati su una gamma cromatica fredda, con la prevalenza degli azzurri e la lucentezza delle superfici con riflessi metallici. Anche le figure non possiedono calore e morbidezza, ma le forme nitide e la luminosità del colore conferiscono loro un aspetto solido e compatto.

Questa Deposizione è un'opera cruciale con cui il Sodoma apre la fase del Manierismo e sarà seguito da artisti come Girolamo Genga, e Girolamo del Pacchia. [A. Cocchi]

 

 

Deposizione di Cristo dalla Croce, 1510-13, Pinacoteca Nazionale, Siena
     
Affreschi alla Farnesina | Le Nozze di Alessandro e Rossane


   

Il Sodoma, Le Nozze di Alessandro e Rossane, 1519, Villa Farnesina, Roma


Le Nozze di Alessandro e Rossane sono un affresco (370x660 cm) di Giovanni Antonio Bazzi detto Il Sodoma, databile al 1519 e situato sul lato nord della camera da letto Chigi, al primo piano di Villa Farnesina a Roma.
Fa parte di un ciclo di affreschi avente come oggetto scene della vita di Alessandro Magno; soggetto destinato a glorificare il ricco committente, il banchiere senese Agostino Chigi, identificato con il personaggio della classicità.

L'affresco fu commissionato da Agostino Chigi che aveva conosciuto a Siena il pittore che vi lavorava da diversi anni. La scena dell'affresco è costruita seguendo fonti letterarie classiche, nello straordinario tentativo archeologizzante di ricostruire, attraverso la descrizione fatta da Luciano di Samosata[1], un dipinto del pittore greco Aezione.[2] Nell'impresa, per la preparazione del cartone fu forse coinvolto Raffaello che lavorava agli affreschi delle altre sale della villa di Agostino Chigi. Nell'affresco sono presenti numerosi aspetti simbolici, non sempre decifrabili, relativi al matrimonio di Alessandro e Rossane e per riflesso al legame tra Agostino e la sua amante e futura moglie Francesca Ordeaschi: dai puttini alati alla fiaccola accesa sostenuta dal dio Imeneo, emblema delle nozze, ritratto alle spalle del seminudo Efestione, compagno del condottiero.

Esiste anche una lettura ermetica di questi affreschi del Sodoma, con analogie tra un significato manifesto della narrazione ed uno latente, di ermeneutica alchemica.[3][4] Tuttavia altri rifiutano l'artificiosità di tali letture.[5]

Art in Tuscany |Il Sodoma, Le Nozze di Alessandro e Rossane


Allegoria dell'Amore celeste, Siena, collezione Chigi Saracini


 
Palazzo Chigi Saracini, today the home of the prestigious Chigi Academy of Music, is a veritable treasure chest thanks to the more than 12,000 pieces assembled by Count Galgano Saracini and kept in his patrician family residence ever since.
In 1806 the nobleman Galgano Saracini opened to the public of art lovers and students at the Istituto di Belle Arti the “beautiful and superb museum” he had set up in his home in Siena, just a short distance from Piazza del Campo.
The collection is particularly rich in Italian masters, particularly of the Senese School, such as Sassetta, Sodoma, Beccafumi and Botticelli.
 

Allegoria dell'amore celestiale, La collezione Chigi Saracini di Siena




Il Sodoma, l'Esecuzione di Niccolò di Tuldo, Capella di St. Catherine Chapel, San Domenico, Siena


Ciclo di affreschi nel Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore


 

La Storie di san Benedetto di Monte Oliveto Maggiore sono un ciclo di affreschi nel Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (comune di Asciano, SI), realizzati da Luca Signorelli (otto lunette), che vi lavorò dal 1497 al 1498, e dal Sodoma, che completò il ciclo dopo il 1505 con le ventisei lunette mancanti. Una (Benedetto manda Mauro in Francia e Placido in Sicilia) venne ridipinta dal Riccio.

Si tratta di una delle più complete descrizioni della vita di san Benedetto, ben trentacinque scene, che si basano sul racconto di san Gregorio Magno.

Il ciclo venne commisisonato dall'abate e generale degli Olivetani fra Domenico Airoldi al Signorelli, che vi lavorò con la bottega dal 1497 al 1498; chiamato alla più prestigiosa commissione della Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, abbandonò l'opera incompleta, che venne poi completata dal Sodoma dal 1505, chiamato ancora dall'Airoldi che nel frattempo era stato rieletto superiore del monastero.
Un recente restauro dell'Opificio delle Pietre Dure ha ripristinato la biacca ossidata, dimostrando come la tonalità scura degli affreschi fosse dovuta allo stato conservativo e non alla volontà degli artisti coinvolti. Si sono così riscoperte scene più serene e meno drammatiche rispetto a quello che si fosse abituati a vedere.




Abbazia di Monte Oliveto Maggiore


 
All'interno dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nel Chiostro Grande, troviamo una grande serie di affreschi voluti dall'Abate Domenico Airoldi di Lecco.

In due distinti periodi furono chiamati ad esprimere la loro arte prima Luca Signorelli (nel 1495) e poi Antonio Bazzi detto il Sodoma (nel 1505).

Il tema su cui i due artisti si dovettero cimentare fu analogo: la storia della vita di San Benedetto.

Nell'agosto del 1505 Il Sodoma inizia il ciclo di affreschi di Monteoliveto Maggiore con le Storie di San Benedetto. L'incarico, lasciato incompiuto da Luca Signorelli, verrà portato a termine dal Sodoma nel 1508.
Si tratta di un lavoro importante non solo per la qualità degli affreschi, ma anche per la straordinaria ricchezza culturale che essi manifestano. Sodoma era molto attento alla situazione artistica a lui contemporanea e molto sensibile agli stimoli esterni. Nelle scene, ma soprattutto nella decorazione a grottesche e a monocromo, Sodoma sviluppa un repertorio ricchissimo di mostri, capricci e fantasie in cui sembra attingere e interpretarte con grande libertà le fonti antiche e moderne, sia visive, sia letterarie che vanno dalle grottesche della Domus Aurea, alle decorazioni in monocromo di antichi oggetti rituali, alle descrizioni degli esseri favolosi di Plinio, alle incisioni del Liber Cronicarum del medico umanista Hartman Schedel, stampato a Norimberga nel 1493, mentre il fregio dipinto con il Trionfo di Nettuno (vicino al "De profundis") è ripreso dalla Zuffa degli dei marini in un'incisione di Andrea Mantegna.

Negli affreschi di Monteoliveto prosegue il cambiamento di stile che la pittura del Bazzi aveva già iniziato a manifestare nei precedenti Affreschi di Sant'Annna in Camprena. In quel caso le componenti giovanili del suo stile "lombardo" già si erano stemperate nelle assimilazioni di influssi umbri e toscani conseguenti al suo trasferimento dal nord.
A Monteoliveto Sodoma trae insegnamento dalle scene lasciate dal Signorelli, ma la gamma delle espressioni e fisionomie dei suoi personaggi spazia da quelle più caricaturali a quelle più soavi e delicate, rivelando la diretta discendenza dagli studi sui tipi umani e sulle emozioni di Leonardo. Ma l'avvicinamento all'opera di Leonardo non è solo dovuto ai ricordi della sua formazione guovanile, poichè negli affreschi diversi elementi rinviano alla più vicina e recente Battaglia di Anghiari, risalente al soggiorno fiorentino del grande maestro del 1503.
Alla cultura antiquaria, vivacissima soprattutto nell'ambiente romano, si riferiscono le continue citazioni a monumenti, scorci e architetture della Roma antica.
nelle rappresentazioni degli ambienti interni le soluzioni prospettiche sono quelle del Bramante, e i sapienti giochi di luce e di ombra risalgono alle sue giovanili esperienze formative in Lombardia.
Durante l'esecuzione di questi dipinti, Sodoma interrompe il lavoro nel 1507 per dipingere un affresco nel Palazzo Pubblico di San Gimignano, con Sant'Ivo che amministra la giustizia.
Appena terminate le Storie di San Benedetto, Giovanni Antonio parte per Roma, chiamato a dipingere le Stanze Vaticane per papa Giulio II.[1]



Arte in Toscana | La Storie di san Benedetto di Monte Oliveto Maggiore



 


Sodoma. San Benedetto libera un monaco indemoniato. Affresco. 1503-04 Monastero di Monte Oliveto Maggiore

 

   

Album Il Sodoma





 
L'influenza del Pinturicchio è certamente molto presente nelle «Storie di S. Benedetto» del Sodoma; la maggioranza di esse, peraltro, è dipinta con grande spontaneità e ricchezza di inventiva, e presenta una ricca galleria di ritratti precisamente caratterizzati, ad alcuni dei quali il pittore sembra addirittura trasmettere la sua garbata ironia.

Nel 1510 il Sodoma sposò in Siena Beatrice Galli, da cui ebbe la figlia Faustina, che in seguito si unì in matrimonio col Riccio. Al periodo giovanile del Sodoma sono da ascrivere numerosissimi lavori, tra i quali citiamo: il «Cristo alla Colonna», la raffinatissima «Giuditta», la «Deposizione dalla Croce» e un altro folto gruppo di dipinti, tutti conservati nella Pinacoteca Nazionale di Siena; la «Carità» al Kaiser Friedrich Museum di Berlino; un tondo rappresentante «Amore e Castità» al Louvre; la «Lucrezia» nel Museo Kestner di Hannover; la pala d'Altare con «Madonna e Santi» nella Pinacoteca di Torino, in cui sono evidenziate varie derivazioni leonardesche. Nel 1508 e nel 1513 il Sodoma si recò a Roma, dove subì diverse influenze, fra cui dominante quella di Raffaello, e dove eseguì opere che gli procurarono vasti consensi in tutta Italia.

L'artista lavorò agli affreschi della «Stanza della Segnatura» in Vaticano, e soprattutto a quelli della famosa villa del banchiere senese Agostino Chigi, detta la «Farnesina». Come collaboratore nella esecuzione di questi affreschi, eseguiti durante il suo secondo viaggio a Roma, egli ebbe un altro grande senese, Baldassarre Peruzzi, con cui intrecciò un positivo dialogo artistico.

Il Sodoma era ormai in buona parte svincolato dall'influenza di Leonardo e, presentatosi a Roma nella completa maturità artistica, appariva ora come uno dei pittori che meglio sapevano trarre nuovi spunti dal pensiero antico, ravvivandolo continuamente con la forza di una fluida fantasia. Fra gli affreschi della Farnesina, citiamo quelli con «Storie di Alessandro Magno», e soprattutto quelli delle «Nozze di Alessandro e Rossana», da considerare forse il suo capolavoro, in quanto il pittore vi raggiunse la massima potenza di rappresentazione, animando la scena con gusto fastosamente decorativo.
       
Trequanda

   
Il centro storico sorge attorno ad una ariosa e solare piazza dove si affaccia la splendida chiesa romanica dedicata ai santi Pietro e Andrea; l'edifici di fondazione duecentesca, presenta una facciata a conci di pietra bianchi e scuri, raggiungendo un effetto cromatico abbastanza raro in questa zona. All'interno è conservata una Ascensione in affresco del Sodoma e un trittico di Giovanni di Paolo.
 
 Sodoma, Transfiguration
Sodoma, Transfiguration
   
   
 
 
   

[0] Fonre: www.treccani.it (Dizionario biografico)
[1] Fonte : A. Cocchi | www.geometriefluide.com
Bibliografia

R. Bartalini. Le occasioni del Sodoma. dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello. Donzelli Editore, Roma, 1996

S. J. Freedberg. La pittura in Italia dal 1500 al 1600. Nuova Alfa Editoriale. Bologna, 198R e M. Wittkower. Nati sotto Saturno. La figura dell'artista dall'antichità alla Rivoluzione francese. Giulio Einaudi Editore, Torino 1996

M. Sennato (a cura di) Dizionario Larousse della pittura italiana. Gremese editore, Roma 1993
La Nuova Enciclopedia dell'Arte Garzanti.


Art in Tuscany | Italian Renaissance painting
Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Il Sodoma
Il Vasari, che lo amava, offre la sua versione circa l'origine del suo soprannome, dicendo: "Il suo stile di vita era licenzioso e disonorevole e ha sempre avuto attorno giovani imberbi per questo si è guadagnato il soprannome del Sodoma, ma invece di vergognarsi, si vantava di questo, tramite strofe e versi che venivano cantate con l'accompagnamento del liuto".
Vasari ci dice anche che Sodoma aveva molti animali strani "tanto che la sua casa sembrava una vera e propria Arca di Noè".

Art in Tuscany | Il Sodoma

Dizionario Biografico degli Italiani | BAZZI, Giovanni Antonio, detto il Sodoma di E. Carli



Bibliografia

(a cura di Enzo Carli), Mostra delle opere di Giovanni Antonio Bazzi detto "Il Sodoma"', catalogo / Comitato Vercelli-Siena per la Celebrazione di Gio. Ant. Bazzi detto "Il Sodoma" nel IV Centenario della Morte.– 2. ed.Vercelli, SAVIT, 1950.

(a cura di Fiorella Sricchia Santoro. Testi di Alessandro Angelini...), Da Sodoma a Marco Pino: pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento, Firenze, S.P.E.S., 1988.

Roberto Bartalini, Giovanni Antonio Bazzi detto il "Sodoma": (Vercelli,1477-Siena,1549), in Domenico Beccafumi e il suo tempo, (catalogo mostra Domenico Beccafumi e il suo Tempo, Siena. Milano, Electa, 1990. p. 228-252 ISBN 88-435-3173-5

Roberto Bartalini, Le occasioni del Sodoma: dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma, Donzelli, 1996.

Roberto Bartalini, Sodoma a Palazzo Chigi, in Scritti per l'Istituto Germanico di Storia dell'Arte di Firenze: settanta studiosi italiani / a cura di Cristina Acidini Luchinat, Luciano Bellosi, Miklós Boskovits, Pier Paolo Donati, Bruno Santi. – Firenze, Casa Editrice Le Lettere, 1997. p. 233-238 ISBN 88-7166-361-6

Roberto Bartalini, Sodoma, the Chigi and the Vatican Stanze, in The Burlington magazine, 143.2001, p. 544-553.

Daniele Radini Tedeschi, Giovan Antonio Bazzi detto il Sodoma: (Vercelli 1477-Siena 1549), dissertazione sulla teoria delle influenze e sul metodo fisiognomico attraverso le botteghe di Padova, Ferrara e Vercelli, Roma, 2008.

Daniele Radini Tedeschi, Sodoma - La vita, le opere e gli allievi di uno dei massimi artisti del Rinascimento, Subiaco, 2010.

Nuovi spunti per l'attività giovanile del Sodoma | www.francomoro.it




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Abbazia di Monte Oliveta Maggiore


Abbazia di Monte Oliveta MaggioreAbbazia di Monte Oliveta Maggiore


La costruzione dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, che secondo la leggenda venne edificata dai monaci stessi, risale al 1319 come eremitaggio mistico voluto dai nobili Bernardo (Giovanni) Tolomei, Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini che avevano adottato la regola benedettina.
La nuova Congregazione Olivetana crebbe in fretta e la nuova regola che favoriva oltre al lavoro nei campi il lavoro artistico e librario venne approvata da papa Clemente VI nel 1344.
L'Abbazia rispecchia l'impostazione classica dei complessi benedettini costituiti da una chiesa, un chiostro grande ed uno o più chiostri piccoli, un'aula capitolare, un refettorio ed una grande biblioteca.
Tutti gli ambienti sono affrescati con opere di grande interesse artistico ed i monaci realizzano ancor oggi con tecniche antiche, pozioni d'erbe medicinali, liquori e ceramiche.

Dedicata alla Madonna, la Chiesa dell'Abbazia di Monte Oliveto, venne eretta agli inizi del XV secolo con una facciata gotica ed impianto croce latina che in seguito venne rimaneggiata, verso fine Settecento, con elementi barocchi e rococò.
La Chiesa conserva al suo interno fra ornati, colonne e capitelli, un coro ligneo intarsiato da fra Giovanni da Verona con 125 stalli, variamente decorati con vedute paesaggistiche, strumenti geometrici, animali ed altro ancora, disposti intorno ad un leggio intarsiato da fra Raffaele da Brescia.

A fianco della Chiesa il Portico a logge affrescato con le “Storie di San Benedetto” dipinte da Luca Signorelli e il Sodoma.
Dopo il Chiostro di Mezzo si arriva al Refettorio con affreschi di Fra Paolo Novelli .
Al piano superiore c'è la Biblioteca con pianta a basilica a tre navate (opera di Fra Giovanni da Verona) dove sono conservati 45.000 volumi, con rari incunaboli, codici miniati, pergamene, manoscritti ed una versione della Divina Commedia tradotta in versi latini da Padre Matteo Ronto.
Nei sec. XV e XVI questa Biblioteca era diventato centro d’arte e di cultura per studiosi provenienti da tutta Europa.


La Pinacoteca Nazionale di Siena, inaugurata nel 1932 nell'attuale sede dei Palazzi Brigici e Buonsignori, è una delle più importanti raccolte italiane di dipinti su tavola a fondo oro del Trecento e Quattrocento senese. Nella ricchissima raccolta e' documentata la pittura senese dal XII al XVIII sec.
La Pinacoteca Nazionale di Siena è la più importante pinacoteca della città e una delle più grandi collezioni di dipinti a fondo oro del Trecento e Quattrocento senese al mondo. Il Palazzo Buonsignori, nonostante la sua edificazione risalga al XV secolo, presenta una facciata direttamente ispirata al medievale palazzo pubblico della città, anche grazie ai restauri puristi della seconda metà del XIX secolo. Il Palazzo Brigidi è invece di più antica costruzione,XIV secolo, ed è solitamente identificato come l'antica residenza della famiglia Pannocchieschi. Al secondo piano nelle prime due sale ammiriamo le opere più antiche, fra le quali alcune di Guido da Siena. Su quattro sale vi è raggruppato un corpus di opere di mano di Duccio e dei suoi seguaci, a testimonianza della definitiva affermazione di una scuola pittorica senese di altissimo livello. Due sale sono invece dedicate a Simone Martini e ai suoi seguaci. Altre sale sono dedicate al momento di passaggio tra il trecento senese e il primo rinascimento tra cui spiccano le opere di Taddeo di Bartolo. Ci sono poi sale occupate da artisti quali Giovanni di Paolo, Stefano di Giovanni detto il Sassetta, testimoni di un periodo, il Rinascimento senese, poco considerato. Il Rinascimento maturo e invece raccolto in altre due sale con opere di Francesco di Giorgio Martini, Matteo di Giovanni e Neroccio di Bartolomeo. Nella loggia attigua fa bella mostra di sè la Madonna dell'Umiltà di Domenico di Bartolo (1433). Nell'ultima sala vi è una ricca galleria di opere raffiguranti santi senesi. Al piano inferiore si ammirano opere del Cinquecento senese di mano di artisti quali Antonio Bazzi detto Il Sodoma (Cristo alla colonna e Deposizione) e di Domenico Beccafumi (Nascita della Madonna e San Michele che scaccia gli angeli ribelli). La collezione fu iniziata dall’abate Giuseppe Ciaccheri alla fine del Settecento e successivamente ampliata attraverso lasciti e donazioni, dal 1930 divenne proprietà dello Stato. Dal 1977 all’interno del palazzo è stata inaugurata la Sala delle Sculture, con opere di maestri senesi del XIV – XV secolo.

Sito ufficiale: www.pinacotecanazionale.siena.it
Orari di apertura al pubblico:
Lunedì: 09.00 - 13.00
Da Martedì a Sabato: 08.15 - 19.15
Domenica e festivi: 09.00 - 13.00
Santo Patrono (S. Ansano 1 dicembre): 09.00 - 13.00
Chiusura: 1° maggio – Natale - Capodanno

 

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