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Il Sodoma, Ciclo di affreschi nel Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore | La Storie di san Benedetto di Monte Oliveto Maggiore

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Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi)

Le storie di San Benedetto | Chiostro grande del monastero di Monte Oliveto Maggiore



   
   
La Storie di san Benedetto di Monte Oliveto Maggiore sono un ciclo di affreschi nel Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (comune di Asciano, SI), realizzati da Luca Signorelli (otto lunette), che vi lavorò dal 1497 al 1498, e dal Sodoma [1], che completò il ciclo dopo il 1505 con le ventisei lunette mancanti. Una (Benedetto manda Mauro in Francia e Placido in Sicilia) venne ridipinta dal Riccio (Bartolomeo Neroni, conosciuto anche con il soprannome de il Riccio (Siena, ca. 1505 – Siena, 1571)).

Si tratta di una delle più complete descrizioni della vita di san Benedetto, ben trentacinque scene, che si basano sul racconto di san Gregorio Magno nel Libro II dei Dialoghi. [2] San Gregorio Magno ci dà tutte le informazioni che riguardano San Benedetto. Lo scopo di San Gregorio era quello di infondere la speranza nel suo gregge demoralizzato dimostrando che i santi esistevano ancora nel mezzo della drammatica spaccatura nella società di quel tempo.
L'influenza del Pinturicchio è certamente molto presente nelle «Storie di S. Benedetto» del Sodoma; la maggioranza di esse, peraltro, è dipinta con grande spontaneità e ricchezza di inventiva, e presenta una ricca galleria di ritratti precisamente caratterizzati, ad alcuni dei quali il pittore sembra addirittura trasmettere la sua garbata ironia.



Storia


   
Il ciclo venne commisisonato dall'abate e generale degli Olivetani fra Domenico Airoldi al Signorelli, che vi lavorò con la bottega dal 1497 al 1498; chiamato alla più prestigiosa commissione della Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, abbandonò l'opera incompleta, che venne poi completata dal Sodoma dal 1505, chiamato ancora dall'Airoldi che nel frattempo era stato rieletto superiore del monastero.

Un recente restauro dell'Opificio delle Pietre Dure ha ripristinato la biacca ossidata, dimostrando come la tonalità scura degli affreschi fosse dovuta allo stato conservativo e non alla volontà degli artisti coinvolti. Si sono così riscoperte scene più serene e meno drammatiche rispetto a quello che si fosse abituati a vedere.

E’ una delle più importanti testimonianze della pittura italiana dell'epoca rinascimentale. La disposizione delle scene segue il racconto di San Gregorio, gli affreschi del Signorelli sono quelli numerati dal 20 al 28 e vennero realizzati nel 1497-98. I restanti sono del Sodoma e vennero realizzati dal 1505 in poi.


Schema degli affreschi

Le scene vanno lette dalla porta d'ingresso orientale della chiesa, andando verso destra.

 

 

 

 
Il Sodoma, autoritrattoAutoritratto del Sodoma nella scena di "Come San Benedetto risalda lo capistero che era rotto", affresco, Abbazia di Monte Oliveto Maggiore.

Il Sodoma, Come Benedetto risalda lo capistero che s’era rotto, Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore



Lato est (affreschi del Sodoma)



   
· Come Benedetto lascia la casa paterna e recasi a studio in Roma (1).

Sulla sfondo una rappresentazione di Norcia nella cui piazza si scorge un impiccato.
Sulla parte destra dell'affresco sono presenti due asini, uno dei quali ha solo le zampe posteriori.

 
     
· Come Benedetto abbandona la scuola di Roma (2).
La scuola è inserita in un portico; sulla sinistra veduta di Castel Sant'Angelo e il Tevere

 
     
· Come Benedetto risalda lo capistero che s’era rotto (3).
San Benedetto ottiene che il capisterio (un vaso in legno) caduto alla nutrice si ripari: sulla destra un gruppo di persone ammira l'oggetto rinsaldato e appeso ad una colonna. Nel gruppo di persone il pittore ha ripreso i propri familiari e dipinto se stesso di fronte a loro in abito da cavaliere

 
     
Come Romano Monaco dà lo abito eremitico a Benedetto (4).
Sullo sfondo la città di Subiaco; nelle lesene ricche di grottesche e figure strane.

All'attività giovanile di Giovanni Antonio Bazzi, vengono assegnati gli affreschi con le Storie della Vergine e la Crocifissione della Chiesa di San Francesco a Subiaco, vicino a Roma.

 
     
· Come lo dimonio rompe la campanella (5).
San Benedetto è in preghiera di fronte ad una grotta mentre in alto un monaco cala un vaso con del cibo; la fune ha attaccata una campanella che durante la discesa suona ma il demonio con un sasso la rompe. Molto bello il paesaggio.

 
     
· Come un Prete ispirato da Dio porta da mangiare a Benedetto nel giorno di Pasqua (6).
Cristo appare ad un prete e gli ordina di portare a san Benedetto una parte del cibo. Sulla sinistra l'epilogo della storia con il santo seduto alla mensa con volto aperto al ringraziamento

 
     
· Come Benedetto ammaestra nella Santa Dottrina li contadini che lo visitavano (7).

 
     

· Come Benedetto tentato d’impurità supera la tentazione (8).
In alto la lotta tra l'angelo buono e lo spirito del male; il santo sfugge alle tentazioni gettandosi nudo nel roveto. Notevole il paesaggio circostante

 
     
· Come Benedetto ai prieghi di alcuni eremiti consente a essere loro Abate (9).

 

 
     
· Come Benedetto spezza col segno della croce uno bicchiere di vino avvelenato (10).
Sullo sfondo e dietro le spalle di san Benedetto si vedono i monaci durante la preparazione della bevanda
 
     
· Come Benedetto compie la edificazione di dodici monasteri (11).  
     

Lato sud (affreschi del Sodoma)

 

   

Il Sodoma, Come Benedetto libera uno monaco indemoniato percuotendolo, Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore

 



Il Sodoma, Come Benedetto libera uno monaco indemoniato percuotendolo (dettaglio), Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore



· Come Benedetto riceve li due giovanetti romani Mauro e Placido (12).
Notevole la monumentalità del gruppo principale di Benedetto e quello dei cavalieri e degli armati tra i quali spicca un magnifico cavallo; Nello sfondo monumenti di Roma e il ritratto del Signorelli e di altri pittori suoi contemporanei.
 
     
· Come Benedetto libera uno monaco indemoniato percuotendolo (13).  
     
· Come Benedetto pregato dai monaci produca l'acqua dalla cima del monte (14).  
     
· Come Benedetto fa tornare nel manico uno roncone che era caduto nel fondo di un lago (15).
San Benedetto seduto ordina a Mauro di soccorrere Placido caduto nel fiume; sulla destra la scena miracolosa e sullo sfondo un bel paesaggio.
 
     
· Come Mauro mandato a salvare Placido cammina sopra l'acqua (16).
San Benedetto seduto ordina a Mauro di soccorrere Placido caduto nel fiume; sulla destra la scena miracolosa e sullo sfondo un bel paesaggio
 
     
· Come Benedetto converte in serpe un fiasco di vino sottrattogli da un garzone (17).
I due tempi della vicenda sono riprodotti in due parti ai lati della porta.
 
     
· Come Florenzo tenta di avvelenare Benedetto (18).  
     
· Come Florenzo manda male femmine al monastero [forse il miglior affresco del gruppo, con notevoli influssi leonardeschi] (19).
Lo sfondo presenta un magnifico scenario architettonico e la scena presenta le persone divise in due gruppi: a destra le giovani donne, alcune danzanti e sulla sinistra i monaci con san Benedetto. Forse il miglior affresco del gruppo, con notevoli influssi leonardeschi.
 
     

Lato ovest (affreschi del Signorelli)


   
Gli affreschi del lato ovest sono del Signorelli, tranne il primo (Benedetto manda Mauro in Francia e Placido in Sicilia), ridipinto dal Riccio, e l'ultimo (Come Benedetto predice la distruzione di Montecassino), del Sodoma. Delle otto scene solo due paiono interamente autografe: San Benedetto rimprovera due monaci che avevano violato la Regola mangiando in una locanda e San Benedetto incontra re Totila e gli dà il benvenuto [3].


     

Luca Signorelli, Come Benedetto dice alli monaci dove e quando avevano mangiato fuori dal monastero (dettaglio), Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore

     
· Come Benedetto invia Mauro in Francia e Placido in Sicilia (20). Forse l'affresco più modesto tra tutti quelli del chiostro. L'affresco è opera del Riccio e rappresenta sulla destra san Benedetto e, accanto, la figura del Re di Francia il cui volto è un autoritratto dello stesso Riccio. Sulla destra un'iscrizione che ricorda la vista qui fatta dal Carlo V nel 1536.

Nel 1510 il Sodoma sposò in Siena Beatrice Galli, da cui ebbe la figlia Faustina, che in seguito si unì in matrimonio col Riccio.
 
     
· Come Dio punisce Florenzo (21).
Un monaco narra a san Benedetto che Fiorenzo (sulla sinistra) è morto sotto le macerie della sua casa abbattuta dal demonio
 
     
· Come Benedetto evangelizza gli abitanti di Montecassino (22).
Sulla destra i monaci abbattono una statua di Apollo sotto una loggia, la cui nitida architettura ricorda le prospettive di Piero della Francesca.
 
     
· Come Benedetto caccia lo nimico di sopra alla pietra (23).
Al centro si vedono tre monaci che dopo aver inutilmente provato a smuovere una grossa pietra ci riescono con l'aiuto del santo. Sulla sinistra altri monaci trovano un idolo mentre a destra quattro monaci stanno spegnendo un incendio fatuo
 
     
· Come Benedetto risuscita lo monacello cui era caduto lo muro addosso (24).  
     
· Come Benedetto dice alli monaci dove e quando avevano mangiato fuori dal monastero (25). Nella scena si vedono due monaci intenti a un pranzo in una locanda e, sullo sfondo, Bendetto che li sgrida per aver violato la Regola. Si tratta forse della scena meglio riuscita del ciclo [4]. Nell'interno, descritto con attenzione al dato quotidiano, sono indaffarate due avvenenti domestiche, che servono ai due monaci, visibilemnte soddisfatti, il loro illecito desinare. Un fanciullo avanza concentrato a non rovesciare il contenuto un recipiente colmo. Altre due donne, sullo sfondo, sono occupate nelle loro faccende domestiche, come in una vera cucina italiana dell'epoca. Contro la porta socchiusa si intravede un giovane di spalle (motivo tipicamente signorelliano) ritratto in controluce.  
     
· Come Benedetto rimprovera di violato digiuno lo fratello di Valeriano monaco (26).
Sulla destra si vede il giovane che ogni anno si recava digiuno a Montecassino con accanto un ignoto amico raffigurato con le corna, sciancato e sbracato a voler indicare il demonio; sulla sinistra si vedono i due intenti a mangiare; davanti san Benedetto concede loro il perdono
 
     
· Come Benedetto discopre la finzione di Totila (27).
Nella scena si vede Riggo, camuffato da Totila per ingannare Benedetto, arrivato di fronte alla figura del santo che lo invita a spogliarsi delle vesti non sue; la folla intorno composta di monaci e guerrieri esprime il suo stupore; sullo sfondo Riggo racconta la vicenda a Totila. Si tratta di una scena affollata e impostata a un gusto teatrale [5].
 
     
· Come Benedetto riconosce e accoglie Totila (28).  
     
· Come Benedetto resuscita un fanciullo (29).
Scena quasi del tutto perduta per l'ampliamento della porta di ingresso.
   
     
Segue un affresco del Sodoma · Come Benedetto predice la distruzione di Montecassino (30).
Il santo sulla destra è insieme a Teoprobo e qui si allude alla distruzione del 581. Si tratta di una sinopia del Sodoma
 
     
Luca Signorelli, Come Benedetto discopre la finzione di Totila (dettaglio), Abbazia di Monte Oliveto
     
Lato nord (affreschi del Sodoma)    
     
Il Sodoma, Come Benedetto fa portare il corpo di Cristo sopra al capo del monaco che la terra non voleva ricevere, Chiostro Grande dell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore
     
· Come Benedetto ottiene farina in abbondanza e ne ristora i monaci (31).  
     
· Benedetto appare a due monaci lontani e loro disegna la costruzione di uno monastero (32). In questa scena, Sodoma dipinse anche fra Giovanni da Verona (il monaco con il filo a piombo).  
     
· Come Benedetto scomunica due religiose e le assolve poi che furono morte (33).  
     
· Come Benedetto fa portare il corpo di Cristo sopra al capo del monaco che la terra non voleva ricevere (34).  
     
· Come Benedetto perdona al monaco che volendo fuggire dal monastero trova uno serpente nella via (35).  
     
· Come Benedetto scioglie un contadino che era legato, solo a guardarlo (36).  
     
     
 


   
   

Bartolomeo Neroni, conosciuto anche con il soprannome de il Riccio, Come Benedetto invia Mauro in Francia e Placido in Sicilia, Abbazia di Monte Oliveto Maggiore). Nel 1510 il Sodoma sposò in Siena Beatrice Galli, da cui ebbe la figlia Faustina, che in seguito si unì in matrimonio col Riccio.

 

 
   
Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, passaggio tra chiostro e chiesa, Il Sodoma, Cristo porta croce   Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, passaggio tra chiostro e chiesa. Il Sodoma, Benedetto che dà la regola ai fondatori di Monte Oliveto   Storie di s. benedetto, 00 sodoma - gesù alla colonna 01

Passaggio tra chiostro e chiesa, Il Sodoma, Cristo porta croce

 

 

Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, passaggio tra chiostro e chiesa. Il Sodoma, Benedetto che dà la regola ai fondatori di Monte Oliveto

 

 

Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, Il Sodoma, Storie di s. benedetto, Gesù alla colonna

 



Arte in Toscana | Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi)

Dizionario Biografico degli Italiani | BAZZI, Giovanni Antonio, detto il Sodoma di E. Carli



[1] Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi) | Nato a Vercelli nel 1477 dal calzolaio Giacomo Bazzi e Angela da Bergamo, a soli tredici anni iniziò il suo praticantato, nella sua città, presso la bottega del pittore Giovanni Martino Spanzotti. Successivamente, nel 1498, si trasferì dapprima a Milano e quindi a Siena, nel 1501. Siena divenne la sua residenza più o meno stabile, ma fu operativo anche a Roma.

La sua presenza nella città capitolina è documentata nel 1508, quando Papa Giulio II gli commissionò le decorazioni del soffitto della Stanza della Segnatura in Vaticano. Nell'affresco La scuola di Atene, (1509-1511), il Sodoma stesso è forse raffigurato vicino a Raffaello.

A Villa Farnesina, a Roma, è conservato il suo capolavoro: un affresco con le Nozze di Alessandro e Rossane, dipinto per il banchiere senese Agostino Chigi. L'affresco è ispirato a un'opera greca perduta, un quadro del pittore Aezione (IV secolo a.C.), descritto nel II secolo dallo scrittore greco Luciano di Samosata.

La figura artistica del Sodoma costituisce una sorta di ponte tra tardo rinascimento e manierismo; a Siena in particolare la sua importanza fu notevole nell'imprimere le linee generali al successivo manierismo senese.

Il Sodoma in vita fu un personaggio assai noto alla società, per via del suo stile di vita molto appariscente e singolare, oltre che per la sua omosessualità più o meno apertamente dichiarata, e che gli valse il soprannome. Nonostante all'epoca non fosse affatto facile gestire in modo aperto la propria omosessualità nella società europea, dal quadro generale delle fonti emerge la figura di un uomo sostanzialmente sereno e anche autoironico.

Nelle epoche successive, più di un ambiente ha tentato di negare questo stato di cose, formulando per l'origine del soprannome varie teorie, spesso fantasiose.

Ma sono le stesse fonti contemporanee, tra cui spicca Giorgio Vasari, a lasciar intendere la cosa palesemente. Oltre all'orientamento sessuale, si soffermano sul fatto che amasse vestirsi in modo elegante e piuttosto appariscente e frequentare svariate situazioni mondane, nelle quali appunto spesso era accompagnato da uomini.

Qui di seguito, citiamo a tal proposito un passo dello stesso Vasari, che peraltro non apprezzava affatto l'autore dal punto di vista artistico, tratto dalla prima edizione delle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del 1550: « Era oltre ciò uomo allegro, licenzioso, e teneva altrui in piacere e spasso, con vivere poco onestamente; nel che fare, però che aveva sempre attorno fanciulli e giovani sbarbati, i quali amava fuor di modo, si acquistò il soprannome di Soddoma, del quale, non che si prendesse noia o sdegno, se ne gloriava, facendo sopra esso stanze e capitoli e cantandogli in sul liuto assai commodamente. »

L'orientamento sessuale del Sodoma emerge abbastanza chiaramente anche dalle sue opere, nelle quali in particolare le figure maschili appaiono dipinte riservando una grande attenzione, quasi compiaciuta, all'anatomia e alla pura estetica; inoltre le opere raffiguranti le situazioni più patetiche o drammatiche, come il San Sebastiano di Firenze o il Cristo alla Colonna di Siena appaiono permeate da un diffuso senso di languore sentimentale.

Queste caratteristiche sono state spesso criticate negativamente, anche per pregiudizio moralistico, penalizzando una valutazione più equilibrata dell'artista. Tra i rari studiosi che si sono dedicati a questo pittore è opportuno citare Giovanni Morelli, Gustavo Frizzoni, Dionisotti, Enzo Carli, Bartalini, Patrizia Zambrano, Sergio Rossi ed il Conte Daniele Radini Tedeschi, autore della monografia con catalogo ragionato di tutte le opere del Sodoma.

Il Sodoma durante la sua vita, è considerato l'artista più importante a Siena, anche grazie alla capacità di rappresentare la bellezza sensuale della forma umana e una esagerata, quasi mistica, emotività che anticipa il Barocco.
Anche se ha continuato a dipingere fino alla sua morte, le opere dell'ultimo periodo sono considerate insignificanti. La sua arte avrà un certo peso sulla formazione del più originale pittore senese del sec. XVI, cioè Domenico Beccafumi.

Giovanni Antonio Bazzi, Il Sodoma, muore a Siena il 15 Febbraio 1549.

Bartolomeo Neroni, conosciuto anche con il soprannome de il Riccio (Siena, ca. 1505 – Siena, 1571), è stato un pittore e scultore italiano.
Fu un artista poliedrico che realizzò nel corso della sua vita numerose opere in vari campi, pittura, scultura, miniatura. Godette di grande fama da vivo anche come ingegnere militare, scenografo, architetto. Gran parte della sua produzinone è andata perduta.

Entrò nella bottega del Sodoma e lì apprese i primi rudimenti di pittura. Grazie al suo talento divenne l'allievo prediletto del maestro di cui divenne anche genero ed erede avendone sposato la figlia Faustina nel 1543; in seguito la sua pittura subì l'influenza di Domenico Beccafumi e dello stile manierista come risulta dalla pala d'altare conservata nella chiesa di Fontegiusta che raffigura la Madonna della Misericordia.

Le sue opere pittoriche sono collocate per la maggior parte nella città di Siena. Le sue opere si trovano nelle Chiese dell'Osservanza e in quella di San Pietro alla Magione e in vari palazzi privati quali palazzo Pollini e palazzo Sergardi. Le sue opere su tela sono esposte alla Pinacoteca Nazionale e nella collezione Chigi Saracini.

Come architetto si ispirò principalmente a Baldassarre Peruzzi lavorò soprattutto a Siena dove realizzò Palazzo Francesconi e nel 1541 progettò il Monastero delle Derelitte in piazza del Carmine. Nella chiesa del Carmine è conservata una sua tela raffigurante la Natività. Sua opera è anche la trasformazione, nel Palazzo pubblico, della Sala del Consiglio della Repubblica in teatro (Teatro dei Rinnovati), opera realizzata nel 1560.
Bartolomeo Neroni lavorò moltissimo anche nella provincia di Siena. Suoi lavori si trovano ad Ancaiano, Asciano, Chiusure, Sovicille, Monterotondo Marittimo e Sinalunga ma anche a Lucca e a Genova, dove nella Biblioteca comunale sono conservati quattro corali miniati realizzati nel 1532.
Nel 1540 eseguì un affresco nell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore raffigurante la vita di San Benedetto.
La sua opera maggiore è considerata L'incoronazione della Vergine custodita nella Pinacoteca nazionale di Siena.

[2] Le uniche informazioni biografiche su Benedetto derivano dal secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno,[5] scritto tra il 593 e il 594, cioè circa trent'anni dopo la morte del fondatore del monachesimo occidentale: malgrado si tratti di un testo agiografico, vi si possono rintracciare alcune informazioni storiche certe (Gregorio aveva potuto attingere informazioni dagli abati Costantino e Simplicio di Montecassino, Onorato di Subiaco e Valentiniano, che avevano conosciuto personalmente Benedetto).

Benedetto nacque a Norcia, tra il 480 e il 490, da una nobile famiglia patrizia; dopo una breve esperienza di studi a Roma, disgustato dal clima di decadenza morale, si ritirò sui monti della Sabina e poi in una grotta nella valle dell'Aniene, presso Subiaco, per condurre vita eremitica. Ricevette l'abito monastico da Romano.

La fama di Benedetto si diffuse e venne chiamato a guidare la comunità di monaci di San Cosimato a Vicovaro, ma l'esperienza non fu proficua e il patriarca si ritirò nuovamente a Subiaco. Attorno alla sua figura si riunirono numerosi discepoli, che vennero raccolti in dodici monasteri tutti formati da dodici monaci: la comunità guidata da Benedetto eresse e si stabilì nel monastero di San Clemente a Subiaco.

A causa di un prete invidioso, Fiorenzo, il fondatore e la sua comunità lasciarono Subiaco e si rifugiarono a Montecassino, dove era ancora vivo il culto pagano del dio Apollo: Benedetto e i suoi monaci si impegnarono nella conversione degli abitanti del luogo al cristianesimo ed eressero un oratorio dedicato a san Martino e poi un altro intitolato a san Giovanni Battista, posto sulla cima del monte.

Benedetto rimase a Montecassino come capo della sua comunità di monaci fino alla morte: intrattenne rapporti con personalità di rilevo (Gregorio Magno parla di una visita di Totila al monastero) e venne consultato da vescovi come Costanzo d'Aquino, Germano di Capua e Sabino di Canosa (anche se Benedetto, probabilmente, non era neanche sacerdote).

Benedetto morì a Montecassino un 21 marzo tra il 555 e il 560 e venne sepolto, secondo le sue volontà, nell'oratorio di San Giovanni Battista.

[Gregorio Penco, Storia del monachesimo in Italia. Dalle origini alla fine del Medioevo, pp. 51-53, Jaca Book, Milano 1988
Georg Schwaiger, La vita religiosa dalle origini ai nostri giorni, p. 72, San Paolo, Milano 1997]

Leggi l’intera storia di San Benedetto da San Gregorio Magno qui | www.ora-et-labora.net

[3] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, pag. 278, Scala, Firenze 2004
[4] Antonio Paolucci, cit., pag. 280.
[5] Antonio Paolucci, cit., pag. 280.


Bibliografia

(a cura di Enzo Carli), Mostra delle opere di Giovanni Antonio Bazzi detto "Il Sodoma"', catalogo / Comitato Vercelli-Siena per la Celebrazione di Gio. Ant. Bazzi detto "Il Sodoma" nel IV Centenario della Morte.– 2. ed.Vercelli, SAVIT, 1950.

(a cura di Fiorella Sricchia Santoro. Testi di Alessandro Angelini...), Da Sodoma a Marco Pino: pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento, Firenze, S.P.E.S., 1988.

Roberto Bartalini, Giovanni Antonio Bazzi detto il "Sodoma": (Vercelli,1477-Siena,1549), in Domenico Beccafumi e il suo tempo, (catalogo mostra Domenico Beccafumi e il suo Tempo, Siena. Milano, Electa, 1990. p. 228-252 ISBN 88-435-3173-5

Roberto Bartalini, Le occasioni del Sodoma: dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma, Donzelli, 1996.

Roberto Bartalini, Sodoma a Palazzo Chigi, in Scritti per l'Istituto Germanico di Storia dell'Arte di Firenze: settanta studiosi italiani / a cura di Cristina Acidini Luchinat, Luciano Bellosi, Miklós Boskovits, Pier Paolo Donati, Bruno Santi. – Firenze, Casa Editrice Le Lettere, 1997. p. 233-238 ISBN 88-7166-361-6

Roberto Bartalini, Sodoma, the Chigi and the Vatican Stanze, in The Burlington magazine, 143.2001, p. 544-553.

Daniele Radini Tedeschi, Giovan Antonio Bazzi detto il Sodoma: (Vercelli 1477-Siena 1549), dissertazione sulla teoria delle influenze e sul metodo fisiognomico attraverso le botteghe di Padova, Ferrara e Vercelli, Roma, 2008.

Daniele Radini Tedeschi, Sodoma - La vita, le opere e gli allievi di uno dei massimi artisti del Rinascimento, Subiaco, 2010.

Nuovi spunti per l'attività giovanile del Sodoma | www.francomoro.it





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Veduta generale sull'abbazia di Monte Oliveto Maggiore, campanile e chiesa

 

         

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Abbazia di Monte Oliveta Maggiore


Abbazia di Monte Oliveta MaggioreAbbazia di Monte Oliveta Maggiore


L'abbazia di Monte Oliveto Maggiore è situata nel comune di Asciano (SI), su un'altura coperta di cipressi, in una posizione suggestiva nel mezzo del deserto di Accona, circondata dallo scabro paesaggio delle Crete tormantate da ripidi calanchi. il grandioso complesso monastico si trova nell'area meridionale del comune di Asciano ed è tutt'oggi attivo; racchiude numerosi capolavori d'arte, una biblioteca con numerosi volumi antichi, pergamene e incunaboli.
L'abbazia venne fondata nel 1313 da Giovanni Tolomei, professore di diritto appartenente a una importante famiglia senese che, fattosi monaco, assunse il nome di Bernardo dopo essere entrato a far parte dell'ordine dei Benedettini. A 40 anni il Tolomei, insieme a Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini, si ritirò in questo luogo inospitale di proprietà della famiglia. La fondazione fu approvata nel 1319 dal Vescovo Guido Tarlati. Nel 1320 iniziò la costruzione del monastero e nel 1344 la Congregazione Olivetana ricevette la conferma da Clemente VI.
Il monastero assunse il nome di Monte Oliveto Maggiore per distinguersi dagli omonimi monasteri di Firenze, San Gimignano e Napoli. I suoi possedimenti si estendevano fino a Chiusure e alla val d'Asso. la sua influenza ebbe un ruolo importante nell'organizzazione agricola delle Crete, basata su aggregazioni fondiarie autonome coltivate a cereali in campi chiusi da filari di vire, detti comunemente anguillacci. Ma i monaci olivetani caratterizzarono la loro opera, oltre che naturalmente con la pratica religiosa, con una intensa attenzione alla cultura e all'arte dando un forte impulso, tra il XV e il XVI secolo alla tecnica artistica della tarsia in legno effettuata con il legno massello.
La via di accesso principale al monastero passa per un palazzotto medioevale con una massiccia torre merlata rettangolare e ponte levatoio, costruito nel 1393 a difesa del monastero, completato nel 1526 e ancora restaurato nell'800. Dal ponte si accede un viale in discesa in mezzo a alti cipressi, si sorpassa un peschiera costuita nel 1533 costurita per fornire il pesce ai frati nei periodi di astinenza dalla carne. Alla fine del viale appare l'imponente complesso dell'abbazia sulla quale svetta il campanile romanico-gotico alto 47 metri.
Architettonicamente il monastero è un complesso insieme di edifici costruiti tra il XIV e il XVIII secolo, articolati intorno a tre chiostri di differente dimensione: il Chiostro Grande, il Chiostro di Mezzo e il Chiostro Piccolo. La chiesa (1400-1417) è sul lato settentrionale e ha una facciata cotica con un elegante portale ed un articolato complesso absidale. Racchiude vari capolavori di Giovanni Antonio bazzi detto il Sodoma e un coro ligneo, opera d'intaglio e intarsio di fra' Giovanni da Verona, prova dell'ecclesa abilità tecnica e artistica raggiunta dagli intarsiatori olivetani.
Il chiostro grande ospita, nel porticato, oggi protetto da vetrate, una serie di affreschi sulle storie di San Benedetto eseguiti da Luca signorelli nel 1497 e dal Sodoma tal il 1505 e il 1507. Le opere sono considerate una della maggiori testimonianze della pittura italiana del rinascimento. Gli affreschi narrano la vita e le gesta di San benedetto, come le ha narrate San Gregorio. La serie di affreschi mostra un contrasto di stile netto tra la sobrietà del Signorelli e la vitalità del Sodoma dalla personalità eccentrica. Sulla realizzazione delgi affreschi si narra di numerosi contrasti tra il Sodoma e i Frati che avevano indubbiamente personalità oposte. Pare, ad esempio, che non accordandosi con un aumento del compenso con l'abate, il Sodoma decise di risparmiare a suo modo, nascondendo negli affreschi quasi tutte le mani dei frati nei sai. Le mani infatti sono uno dei particolari piu laboriosi in uon affresco, e l'artista cosi risparmiava tempo, adeguandosi, a suo modo al risparmio.
La parte più interna del Cenobio, distribuita intorno al Chiostro di Mezzo e al Chiostro Piccolo (anch'essi quattrocenteschi) è riservata alla clausura e non è visitabile dai turisti, ma conserva alcune opere di grande pregio tra cui il refettorio, un grande ambiente a volte decorato da affreschi di fra' Paolo Novelli (1670).
La sala della biblioteca fu progettata invece da fra' Giovanni da Verona, così come la solenne basilica a tre navate su capitelli corinzi. Nell'attigua biblioteca monastica sono ospitati circa 40.000 volumi e opuscoli, codici pergamenacei e incunaboli, parte dei quali nel celebre laboratorio di restauro del libro antico dove lavorano i religiosi stessi e grazie al quale l'abbazia gode fama internazionale di centro di cultura artigianale e artistica. La farmacia infine raccoglie una importante collezione di vasi seicenteschi per medicamenti.
Di recente è stato creato un un Istituto di Patologia del Libro che ha raggiunto una grande notorietà, rinvigorendo così un'antica vocazione; adesso monaci altamente qualificati si occupano del restauro e della rilegatura di pergamene e libri antichi.

 

 

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