Arte in Toscana | Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi)
Dizionario Biografico degli Italiani | BAZZI, Giovanni Antonio, detto il Sodoma di E. Carli
[1] Il Sodoma (Giovanni Antonio Bazzi) | Nato a Vercelli nel 1477 dal calzolaio Giacomo Bazzi e Angela da Bergamo, a soli tredici anni iniziò il suo praticantato, nella sua città, presso la bottega del pittore Giovanni Martino Spanzotti. Successivamente, nel 1498, si trasferì dapprima a Milano e quindi a Siena, nel 1501. Siena divenne la sua residenza più o meno stabile, ma fu operativo anche a Roma.
La sua presenza nella città capitolina è documentata nel 1508, quando Papa Giulio II gli commissionò le decorazioni del soffitto della Stanza della Segnatura in Vaticano. Nell'affresco La scuola di Atene, (1509-1511), il Sodoma stesso è forse raffigurato vicino a Raffaello.
A Villa Farnesina, a Roma, è conservato il suo capolavoro: un affresco con le Nozze di Alessandro e Rossane, dipinto per il banchiere senese Agostino Chigi. L'affresco è ispirato a un'opera greca perduta, un quadro del pittore Aezione (IV secolo a.C.), descritto nel II secolo dallo scrittore greco Luciano di Samosata.
La figura artistica del Sodoma costituisce una sorta di ponte tra tardo rinascimento e manierismo; a Siena in particolare la sua importanza fu notevole nell'imprimere le linee generali al successivo manierismo senese.
Il Sodoma in vita fu un personaggio assai noto alla società, per via del suo stile di vita molto appariscente e singolare, oltre che per la sua omosessualità più o meno apertamente dichiarata, e che gli valse il soprannome. Nonostante all'epoca non fosse affatto facile gestire in modo aperto la propria omosessualità nella società europea, dal quadro generale delle fonti emerge la figura di un uomo sostanzialmente sereno e anche autoironico.
Nelle epoche successive, più di un ambiente ha tentato di negare questo stato di cose, formulando per l'origine del soprannome varie teorie, spesso fantasiose.
Ma sono le stesse fonti contemporanee, tra cui spicca Giorgio Vasari, a lasciar intendere la cosa palesemente. Oltre all'orientamento sessuale, si soffermano sul fatto che amasse vestirsi in modo elegante e piuttosto appariscente e frequentare svariate situazioni mondane, nelle quali appunto spesso era accompagnato da uomini.
Qui di seguito, citiamo a tal proposito un passo dello stesso Vasari, che peraltro non apprezzava affatto l'autore dal punto di vista artistico, tratto dalla prima edizione delle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del 1550: « Era oltre ciò uomo allegro, licenzioso, e teneva altrui in piacere e spasso, con vivere poco onestamente; nel che fare, però che aveva sempre attorno fanciulli e giovani sbarbati, i quali amava fuor di modo, si acquistò il soprannome di Soddoma, del quale, non che si prendesse noia o sdegno, se ne gloriava, facendo sopra esso stanze e capitoli e cantandogli in sul liuto assai commodamente. »
L'orientamento sessuale del Sodoma emerge abbastanza chiaramente anche dalle sue opere, nelle quali in particolare le figure maschili appaiono dipinte riservando una grande attenzione, quasi compiaciuta, all'anatomia e alla pura estetica; inoltre le opere raffiguranti le situazioni più patetiche o drammatiche, come il San Sebastiano di Firenze o il Cristo alla Colonna di Siena appaiono permeate da un diffuso senso di languore sentimentale.
Queste caratteristiche sono state spesso criticate negativamente, anche per pregiudizio moralistico, penalizzando una valutazione più equilibrata dell'artista. Tra i rari studiosi che si sono dedicati a questo pittore è opportuno citare Giovanni Morelli, Gustavo Frizzoni, Dionisotti, Enzo Carli, Bartalini, Patrizia Zambrano, Sergio Rossi ed il Conte Daniele Radini Tedeschi, autore della monografia con catalogo ragionato di tutte le opere del Sodoma.
Il Sodoma durante la sua vita, è considerato l'artista più importante a Siena, anche grazie alla capacità di rappresentare la bellezza sensuale della forma umana e una esagerata, quasi mistica, emotività che anticipa il Barocco.
Anche se ha continuato a dipingere fino alla sua morte, le opere dell'ultimo periodo sono considerate insignificanti. La sua arte avrà un certo peso sulla formazione del più originale pittore senese del sec. XVI, cioè Domenico Beccafumi.
Giovanni Antonio Bazzi, Il Sodoma, muore a Siena il 15 Febbraio 1549.
Bartolomeo Neroni, conosciuto anche con il soprannome de il Riccio (Siena, ca. 1505 – Siena, 1571), è stato un pittore e scultore italiano.
Fu un artista poliedrico che realizzò nel corso della sua vita numerose opere in vari campi, pittura, scultura, miniatura. Godette di grande fama da vivo anche come ingegnere militare, scenografo, architetto. Gran parte della sua produzinone è andata perduta.
Entrò nella bottega del Sodoma e lì apprese i primi rudimenti di pittura. Grazie al suo talento divenne l'allievo prediletto del maestro di cui divenne anche genero ed erede avendone sposato la figlia Faustina nel 1543; in seguito la sua pittura subì l'influenza di Domenico Beccafumi e dello stile manierista come risulta dalla pala d'altare conservata nella chiesa di Fontegiusta che raffigura la Madonna della Misericordia.
Le sue opere pittoriche sono collocate per la maggior parte nella città di Siena. Le sue opere si trovano nelle Chiese dell'Osservanza e in quella di San Pietro alla Magione e in vari palazzi privati quali palazzo Pollini e palazzo Sergardi. Le sue opere su tela sono esposte alla Pinacoteca Nazionale e nella collezione Chigi Saracini.
Come architetto si ispirò principalmente a Baldassarre Peruzzi lavorò soprattutto a Siena dove realizzò Palazzo Francesconi e nel 1541 progettò il Monastero delle Derelitte in piazza del Carmine. Nella chiesa del Carmine è conservata una sua tela raffigurante la Natività. Sua opera è anche la trasformazione, nel Palazzo pubblico, della Sala del Consiglio della Repubblica in teatro (Teatro dei Rinnovati), opera realizzata nel 1560.
Bartolomeo Neroni lavorò moltissimo anche nella provincia di Siena. Suoi lavori si trovano ad Ancaiano, Asciano, Chiusure, Sovicille, Monterotondo Marittimo e Sinalunga ma anche a Lucca e a Genova, dove nella Biblioteca comunale sono conservati quattro corali miniati realizzati nel 1532.
Nel 1540 eseguì un affresco nell'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore raffigurante la vita di San Benedetto.
La sua opera maggiore è considerata L'incoronazione della Vergine custodita nella Pinacoteca nazionale di Siena.
[2] Le uniche informazioni biografiche su Benedetto derivano dal secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno,[5] scritto tra il 593 e il 594, cioè circa trent'anni dopo la morte del fondatore del monachesimo occidentale: malgrado si tratti di un testo agiografico, vi si possono rintracciare alcune informazioni storiche certe (Gregorio aveva potuto attingere informazioni dagli abati Costantino e Simplicio di Montecassino, Onorato di Subiaco e Valentiniano, che avevano conosciuto personalmente Benedetto).
Benedetto nacque a Norcia, tra il 480 e il 490, da una nobile famiglia patrizia; dopo una breve esperienza di studi a Roma, disgustato dal clima di decadenza morale, si ritirò sui monti della Sabina e poi in una grotta nella valle dell'Aniene, presso Subiaco, per condurre vita eremitica. Ricevette l'abito monastico da Romano.
La fama di Benedetto si diffuse e venne chiamato a guidare la comunità di monaci di San Cosimato a Vicovaro, ma l'esperienza non fu proficua e il patriarca si ritirò nuovamente a Subiaco. Attorno alla sua figura si riunirono numerosi discepoli, che vennero raccolti in dodici monasteri tutti formati da dodici monaci: la comunità guidata da Benedetto eresse e si stabilì nel monastero di San Clemente a Subiaco.
A causa di un prete invidioso, Fiorenzo, il fondatore e la sua comunità lasciarono Subiaco e si rifugiarono a Montecassino, dove era ancora vivo il culto pagano del dio Apollo: Benedetto e i suoi monaci si impegnarono nella conversione degli abitanti del luogo al cristianesimo ed eressero un oratorio dedicato a san Martino e poi un altro intitolato a san Giovanni Battista, posto sulla cima del monte.
Benedetto rimase a Montecassino come capo della sua comunità di monaci fino alla morte: intrattenne rapporti con personalità di rilevo (Gregorio Magno parla di una visita di Totila al monastero) e venne consultato da vescovi come Costanzo d'Aquino, Germano di Capua e Sabino di Canosa (anche se Benedetto, probabilmente, non era neanche sacerdote).
Benedetto morì a Montecassino un 21 marzo tra il 555 e il 560 e venne sepolto, secondo le sue volontà, nell'oratorio di San Giovanni Battista.
[Gregorio Penco, Storia del monachesimo in Italia. Dalle origini alla fine del Medioevo, pp. 51-53, Jaca Book, Milano 1988
Georg Schwaiger, La vita religiosa dalle origini ai nostri giorni, p. 72, San Paolo, Milano 1997]
Leggi l’intera storia di San Benedetto da San Gregorio Magno qui | www.ora-et-labora.net
[3] Antonio Paolucci, Luca Signorelli, in Pittori del Rinascimento, pag. 278, Scala, Firenze 2004
[4] Antonio Paolucci, cit., pag. 280.
[5] Antonio Paolucci, cit., pag. 280.
Bibliografia
(a cura di Enzo Carli), Mostra delle opere di Giovanni Antonio Bazzi detto "Il Sodoma"', catalogo / Comitato Vercelli-Siena per la Celebrazione di Gio. Ant. Bazzi detto "Il Sodoma" nel IV Centenario della Morte.– 2. ed.Vercelli, SAVIT, 1950.
(a cura di Fiorella Sricchia Santoro. Testi di Alessandro Angelini...), Da Sodoma a Marco Pino: pittori a Siena nella prima metà del Cinquecento, Firenze, S.P.E.S., 1988.
Roberto Bartalini, Giovanni Antonio Bazzi detto il "Sodoma": (Vercelli,1477-Siena,1549), in Domenico Beccafumi e il suo tempo, (catalogo mostra Domenico Beccafumi e il suo Tempo, Siena. Milano, Electa, 1990. p. 228-252 ISBN 88-435-3173-5
Roberto Bartalini, Le occasioni del Sodoma: dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello, Roma, Donzelli, 1996.
Roberto Bartalini, Sodoma a Palazzo Chigi, in Scritti per l'Istituto Germanico di Storia dell'Arte di Firenze: settanta studiosi italiani / a cura di Cristina Acidini Luchinat, Luciano Bellosi, Miklós Boskovits, Pier Paolo Donati, Bruno Santi. – Firenze, Casa Editrice Le Lettere, 1997. p. 233-238 ISBN 88-7166-361-6
Roberto Bartalini, Sodoma, the Chigi and the Vatican Stanze, in The Burlington magazine, 143.2001, p. 544-553.
Daniele Radini Tedeschi, Giovan Antonio Bazzi detto il Sodoma: (Vercelli 1477-Siena 1549), dissertazione sulla teoria delle influenze e sul metodo fisiognomico attraverso le botteghe di Padova, Ferrara e Vercelli, Roma, 2008.
Daniele Radini Tedeschi, Sodoma - La vita, le opere e gli allievi di uno dei massimi artisti del Rinascimento, Subiaco, 2010.
Nuovi spunti per l'attività giovanile del Sodoma | www.francomoro.it
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L'abbazia di Monte Oliveto Maggiore è situata nel comune di Asciano (SI), su un'altura coperta di cipressi, in una posizione suggestiva nel mezzo del deserto di Accona, circondata dallo scabro paesaggio delle Crete tormantate da ripidi calanchi. il grandioso complesso monastico si trova nell'area meridionale del comune di Asciano ed è tutt'oggi attivo; racchiude numerosi capolavori d'arte, una biblioteca con numerosi volumi antichi, pergamene e incunaboli.
L'abbazia venne fondata nel 1313 da Giovanni Tolomei, professore di diritto appartenente a una importante famiglia senese che, fattosi monaco, assunse il nome di Bernardo dopo essere entrato a far parte dell'ordine dei Benedettini. A 40 anni il Tolomei, insieme a Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini, si ritirò in questo luogo inospitale di proprietà della famiglia. La fondazione fu approvata nel 1319 dal Vescovo Guido Tarlati. Nel 1320 iniziò la costruzione del monastero e nel 1344 la Congregazione Olivetana ricevette la conferma da Clemente VI.
Il monastero assunse il nome di Monte Oliveto Maggiore per distinguersi dagli omonimi monasteri di Firenze, San Gimignano e Napoli. I suoi possedimenti si estendevano fino a Chiusure e alla val d'Asso. la sua influenza ebbe un ruolo importante nell'organizzazione agricola delle Crete, basata su aggregazioni fondiarie autonome coltivate a cereali in campi chiusi da filari di vire, detti comunemente anguillacci. Ma i monaci olivetani caratterizzarono la loro opera, oltre che naturalmente con la pratica religiosa, con una intensa attenzione alla cultura e all'arte dando un forte impulso, tra il XV e il XVI secolo alla tecnica artistica della tarsia in legno effettuata con il legno massello.
La via di accesso principale al monastero passa per un palazzotto medioevale con una massiccia torre merlata rettangolare e ponte levatoio, costruito nel 1393 a difesa del monastero, completato nel 1526 e ancora restaurato nell'800. Dal ponte si accede un viale in discesa in mezzo a alti cipressi, si sorpassa un peschiera costuita nel 1533 costurita per fornire il pesce ai frati nei periodi di astinenza dalla carne. Alla fine del viale appare l'imponente complesso dell'abbazia sulla quale svetta il campanile romanico-gotico alto 47 metri.
Architettonicamente il monastero è un complesso insieme di edifici costruiti tra il XIV e il XVIII secolo, articolati intorno a tre chiostri di differente dimensione: il Chiostro Grande, il Chiostro di Mezzo e il Chiostro Piccolo. La chiesa (1400-1417) è sul lato settentrionale e ha una facciata cotica con un elegante portale ed un articolato complesso absidale. Racchiude vari capolavori di Giovanni Antonio bazzi detto il Sodoma e un coro ligneo, opera d'intaglio e intarsio di fra' Giovanni da Verona, prova dell'ecclesa abilità tecnica e artistica raggiunta dagli intarsiatori olivetani.
Il chiostro grande ospita, nel porticato, oggi protetto da vetrate, una serie di affreschi sulle storie di San Benedetto eseguiti da Luca signorelli nel 1497 e dal Sodoma tal il 1505 e il 1507. Le opere sono considerate una della maggiori testimonianze della pittura italiana del rinascimento. Gli affreschi narrano la vita e le gesta di San benedetto, come le ha narrate San Gregorio. La serie di affreschi mostra un contrasto di stile netto tra la sobrietà del Signorelli e la vitalità del Sodoma dalla personalità eccentrica. Sulla realizzazione delgi affreschi si narra di numerosi contrasti tra il Sodoma e i Frati che avevano indubbiamente personalità oposte. Pare, ad esempio, che non accordandosi con un aumento del compenso con l'abate, il Sodoma decise di risparmiare a suo modo, nascondendo negli affreschi quasi tutte le mani dei frati nei sai. Le mani infatti sono uno dei particolari piu laboriosi in uon affresco, e l'artista cosi risparmiava tempo, adeguandosi, a suo modo al risparmio.
La parte più interna del Cenobio, distribuita intorno al Chiostro di Mezzo e al Chiostro Piccolo (anch'essi quattrocenteschi) è riservata alla clausura e non è visitabile dai turisti, ma conserva alcune opere di grande pregio tra cui il refettorio, un grande ambiente a volte decorato da affreschi di fra' Paolo Novelli (1670).
La sala della biblioteca fu progettata invece da fra' Giovanni da Verona, così come la solenne basilica a tre navate su capitelli corinzi. Nell'attigua biblioteca monastica sono ospitati circa 40.000 volumi e opuscoli, codici pergamenacei e incunaboli, parte dei quali nel celebre laboratorio di restauro del libro antico dove lavorano i religiosi stessi e grazie al quale l'abbazia gode fama internazionale di centro di cultura artigianale e artistica. La farmacia infine raccoglie una importante collezione di vasi seicenteschi per medicamenti.
Di recente è stato creato un un Istituto di Patologia del Libro che ha raggiunto una grande notorietà, rinvigorendo così un'antica vocazione; adesso monaci altamente qualificati si occupano del restauro e della rilegatura di pergamene e libri antichi. |