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Spinello di Luca Spinelli, soprannominato Spinello Aretino (Arezzo, ca. 1350 – 14 marzo 1410), è stato un pittore italiano, tra i più attivi in Toscana nella seconda metà del Trecento.
La sua famiglia era originaria di Capolona. Fu Luca suo padre, orefice raffinato, che si trasferì in Arezzo dove Spinello crebbe "tanto inclinato da natura all'essere pittore, che quasi senza maestro, essendo ancor fanciullo, seppe quello che molti esercitati, sotto la disciplina d'ottimi maestri, non sanno". (Vasari). La sua formazione proviene comunque, oltre che dal fare nella bottega paterna, tramite Jacopo del Casentino (di cui fu discepolo) , da Taddeo Gaddi, uno dei principali seguaci di Giotto.
Senza alcun dubbio fu un sentimento di amor patrio, un desiderio campanilistico di esaltare la città natia, che spinse il Vasari a dedicare una lunga biografia all’aretino Spinello, il quale avrebbe, a suo dire, “paragonato Giotto nel disegno ed avanzatolo di gran lunga nel colorito”; strano che proprio con questa premessa, una volta davanti al più alto raggiungimento del prediletto pittore, gli affreschi nella chiesa del Carmine, il Vasari non sapesse far di meglio che assegnarli a Giotto stesso.
A Firenze lavorò accanto al suo maestro nella chiesa del Carmine e in quella di Santa Maria Novella, mentre tra il 1360 ed il 1384 fu attivo soprattutto ad Arezzo, dove istoriò molti cicli pittorici ad affresco, purtroppo quasi tutti perduti. Resta la Crocifissione nel Duomo di Arezzo, vicina allo stile dell'Orcagna.
Nel 1384 dopo il sacco della città tornò a Firenze, dove ebbe l'importante commissione delle Storie di San Benedetto nella sagrestia di San Miniato al Monte a Firenze (dipinte verso il 1387-1388), dove la composizione è giottesca, mentre la brillantezza dei colori riflette più l'arte contemporanea senese. Al 1390 circa risale il frammentario Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria tra santi nella basilica di Santa Trinita a Firenze. Nel 1391-1392 dipinse sei affreschi, ancora esistenti, sul muro sud del Camposanto di Pisa con i Miracoli dei Santi Potito ed Efeso, per i quali ricevette un compenso di 270 monete d'oro. A quegli anni risale anche il Trittico della Madonna in trono e santi della Galleria dell'Accademia, mentre del decennio successivo è il Santo Stefano nello stesso museo.
“Nei suoi ultimi anni lo Spinello addolcì alquanto il colorito ed il rilievo, risentendo di altre tendenze che gli premevano intorno.” (Toesca) Nella Storia di Alessandro, nel Palazzo Pubblico di Siena (1407-1408) dimostrò una vivace qualità narrativa nelle parti autografe, testimoniando la notevole maturità artistica nell'ultimo periodo della sua carriera o forse anche per l’influenza dello spiritato ed estroso figlio Parri che vi collaborò. Le storie sono una rappresentazione della guerra di Federico Barbarossa contro la Repubblica di Venezia.
Ma la cronologia spinelliana, ad onta delle numerose opere datate, è oltremodo incerta, e ciò non deve sorprendere in un pittore in cui le oscillazioni qualitative sono soprattutto in relazione all’importanza della commissione e che rimane, per tutto l’arco della sua attività, sempre fedele al medesimo ideale di aristocratica contenutezza, ad un mondo che già prelude a quello gelido ed astratto di Lorenzo Monaco, in cui si muovono paggi di un’eleganza composta, damigelle dolcemente raccolte, e dove anche i cavalieri nella mischia impugnano mollemente gli spadoni e gli assistenti ai miracoli stupiscono con moderazione e con gesti falcati.
"In Santo Agostino d’Arezzo gli fu dato sepoltura, dove ancora oggi si vede una lapida con un’arme fatta a suo capriccio, dentrovi uno spinoso" (Vasari). Epitaffio:
"SPINELLO ARRETINO PATRI OPT<IMO> PICTORIQVE SVAE AETATIS NOBILISS<IMO> CVIVS OPERA ET IPSI ET PATRIAE MAXIMO ORNAMENTO FVERVNT PII FILII NON SINE LACRIMIS POSS<VERVNT>."
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Opere
* Annunciazione all'esterno della Chiesa della Santissima Annunziata, Arezzo
* Polittico con la Madonna col Bambino e santi, Museo Diocesano di Arezzo
* Storie di san Benedetto, 1387-1388, sagrestia di San Miniato al Monte, Firenze
* Storie di Alessandro III, Palazzo comunale, Siena
* Matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria tra santi, basilica di Santa Trinita, Firenze
* Santo Stefano, Galleria dell'Accademia, Firenze
* Trittico della Madonna in trono e santi, Galleria dell'Accademia, Firenze
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Storie di san Benedetto, 1387-1388, sagrestia di San Miniato al Monte, Firenze
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Spinello Aretino, Storie di san Benedetto, 1387-1388, sagrestia di San Miniato al Monte, Firenze
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La Sagrestia di San Miniato al Monte contiene un ciclo di affreschi con Storie di san Benedetto di Spinello Aretino, databili a dopo il 1387.
Storia
Nel testamento del 1387 di Benedetto degli Alberti, ricco fiorentino in esilio, venne lasciata una cospicua somma per la decorazione della sagrestia della basilica sul colle fiorentino. Si trattava di una struttura a base quadrata con volta a crociera, completata architettonicamente quello stesso anno. L'incarico venne affidato a uno dei più quotati artisti sulla piazza fiorentina, Spinello Aretino, che si fece coadiuvare dal figlio, Parri Spinelli. Si tratta della più antica raffigurazione completa delle Storie di san Benedetto in Toscana, presa a modello da raffigurazioni successive come il ciclo del Chiostro degli Aranci e innumerevoli rappresentazioni su tavola.
Gli affreschi, un tempo più lacunosi, vennero molto restaurati nel primo Ottocento.
Prima dell'attuale finestra a vetri colorati, costruita da Raffaello Payer tra il 1860 e 1961, vale la pena di ricordare la finestra gotica distrutta nel 1630. La piccola stanza con il lavabo, aggiunta in un secondo tempo, risale al 1470-1472. Gli armadi di legno del 1470 circa, sono opera di Moniciatto e vennero reaturati con aggiunte neogotiche nel 1860 circa. Sul bancone si trovano quattro statue di terracotta con i santi Benedetto e Miniato, attribuiti a Benedetto Buglioni, un busto-reliquiario di san Miniato di scuola sense del 1450 circa, e una Madonna attribuita a fra' Mattia della Robbia.
Descrizione e stile
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Si accede alla sagrestia dalla navata sinistra del presbiterio rialzato. Dai quattro pilastri situati agli angoli partono costoloni che concorrono alla copertura a crociera. Gli affreschi occupano i registri mediano e superiore delle quattro pareti, oltre alle vele della volta.
Stilisticamente le Storie mostrano l'interesse ancora vivo nella Firenze del secondo Trecento per Giotto, con una chiarezza narrativa ordinata, una decorazione essenziale, figure plastiche, colori accesi e vibranti.
Le storie si leggono da sinistra verso destra, dall'alto al basso, a partire dalla parete di fornte all'ingresso.
1. Commiato di san Benedetto dai genitori
2. Restituzione alla nutrice di un vassoio spezzato
3. San Benedetto riceve l'abito monacale a Subiaco e un diavolo che rompe la campanella con cui Benedetto chiedeva cibo dal suo romitorio
4. Cena pasquale con un monaco mandato da Dio ad alimentare Benedetto nel romitorio
5. San Benedetto vince la tentazione carnale buttandosi tra i rovi
6. Elezione di san Benedetto come abate a Vicovaro e distruzione del vaso con cui i frati tentavano di avvelenarlo
7. Partenza da Vicovaro
8. Incontro con Mauro e Placido
9. Fondazione di Montecassino e miracolo del frate risorto
10. Libreazione di un novizio dal demonio
11. San Benedetto fa sgorgare l'acqua e tornare a galla un ferro
12. Mauro salva Palcido dall'annegamento
13. Esorcismo di una pietra da costruzione resa insollevabile dal diavolo
14. San Benedetto riconosce uno scudiero che, inviato da Totila, si fingeva impostore del re
15. San Benedetto rimprovera Totila
16. Morte del santo
Nella volta sono affrescati i quattro Evangelisti. L'affresco sul portale, con il Cristo in pietà, risale alla seconda meta del Quattrocento ed è attribuito a Giovanni da Piamonte.
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Totila e San Benedetto
San Benedetto riconosce l'impostore di Totila
Fondazione di Montecassino e miracolo del frate risorto
Escorcismo di una pietra resa insollevabile dal demonio |
Quattro Evangelisti. Sacrestia della Basilica di San Miniato al Monte, Firenze
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La volta con le figure dei quattro Evangelisti. Sacrestia della Basilica di San Miniato al Monte, Firenze
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Storie di Alessandro III, Palazzo Pubblico, Siena
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Spinello Aretino, Storie di Alessandro III, Incoronazione di papa Alessandro III, Palazzo comunale, Siena
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Ad Alessandro III è dedicato il ciclo di affreschi della Storia di Alessandro III realizzato da Spinello Aretino nel Palazzo Pubblico di Siena nel biennio 1407-1408. Il Palazzo Comunale di Siena (detto anche Palazzo Pubblico) è il palazzo fatto costruire approssimativamente tra il 1297 e il 1310 dal Governo dei Nove della Repubblica di Siena, come propria sede. Sorge sulla piazza del Campo ed è affiancato dalla snella Torre del Mangia. Il Museo Civico, allestito negli anni '30 del XX secolo, è collocato al primo piano del palazzo e conserva numerosi capolavori dell'arte senese, affreschi, pitture e sculture.
Le prime 4 sale (dette della Quadreria) espongono opere dei secoli XVI-XVIII. Attraverso la Sala del Risorgimento che espone affreschi e sculture del XIX secolo, si accede alla porzione più antica e prestigiosa del palazzo. La prima di queste sale, detta Sala dei Priori o Sala della Balìa, contiene affreschi di Spinello Aretino e del figlio Parri Spinelli, raffiguranti scene della vita di Alessandro III (1407), e di Martino di Bartolomeo, raffiguranti sedici virtù (1408). [1]
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Spinello Aretino, Storie di Alessandro III, Palazzo comunale, Siena
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La Sala di Balia
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Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria tra santi
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Spinello Aretino, Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria tra santi, 1390, fresco, Santa Trinita, Firenze
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Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria tra santi è un affresco staccato di Spinello Aretino, databile al 1390 circa e conservato nella Cappella Cialli-Seringi della basilica di Santa Trinita a Firenze. Proviene dall'attigua Cappella Bartolini Salimbeni, dove venne ritrovato, con la sinopia, sotto gli affreschi di Lorenzo Monaco nel 1961.
La quarta cappella della navata sinistra di Santa Trinita apparteneva ai ricchi mercanti Bartolini Salimbeni almeno dal 1363. L'affresco di Spinello Aretino venne messo in relazione da Cristina di Benedictis con una certa Lisa, moglie di Bartolmeo Bartolini Salimbeni, morta entro il 1390: in questo senso si spiegherebbe la presenza dei santi Elisabetta e Bartolomeo. La donna, rappresentata piccola in basso in abito di terziaria francescana, sarebbe stata omaggiata dal marito con l'affresco, che ne esaltasse la memoria e le vistù cristiane, come se fosse stata una religiosa.
Al momento della nuova decorazione ad affresco (1420 circa) Lorenzo Monaco, il cui stile è debitore dell'esempio di Spinello, dovette cercare di salvare alcuni dettagli asportando pezzi interi di intonaco e forse di muratura, non essendo conosciuta la tecnica dello strappo: ciò venne ipotizzato da Ugo Procacci nel riscontrare la mancanza di elementi basilari quali il volto di santa Caterina, della Vergine, o il cerchio attorno alla testa di san Bartolomeo che denota un tentativo di asportazione. Infine si rinunciò, procedendo a operare le scalfiture e martello per far aderire il nuovo intonaco. Forse alcuni frammenti riuscirono a venire conservati, probabilmente in un luogo per la devozione privata delle case dei Bartolini.
Descrizione e stile
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L'opera ha come tema centrale il matrimonio mistico di santa Caterina d'Alessandria, che viene rappresentata in ginocchio al cospettod el trono della Vergine, mentre Gesù Bambino la sposa simbolicamente infilandole un anello nuziale al dito. Assistono alla scena quattro santi sotto lo stesso arco e due ai lati sotto nicchie dipinte separate. Essi sono, da sinistra: sant'Elisabetta, sant'Andrea, san Bartolomeo (protettore del committente ma anche dei "Bartolini" in generale per l'assonanza del nome), sant'Antonio Abate, san Giovanni Battista e un santo vescovo.
In basso, piccolissima, si affaccia la committente che guarda la scena levando la testa.
Lo stile è tipico delle opere di Spinello, con colori accesi e cangianti, figure allungate, profili taglienti, che vennero riprese e sviluppate dagli artisti del gotico internazionale, tra cui proprio Lorenzo Monaco.
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Oratorio di S. Caterina degli Alberti
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Intorno alla metà del XIV secolo i potenti Alberti fecero costruire una piccola cappella di famiglia nel piviere dell’Antella. Decisero di dedicarla a Santa Caterina d’Alessandria, una martire simbolo di coraggio e fede incrollabile. Tra gli affreschi dedicati alla vita della santa, nell’abside è rappresentato il Martirio di Caterina, per opera del Maestro di Barberino.
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Oratorio di S. Caterina degli Alberti - Bagno a Ripoli (Fi) XIV sec.
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Costruito tra il 1348 e il 1387 dalla famiglia Alberti, ha ben conservato la struttura gotica. La potente famiglia fiorentina aveva nelle vicinanze una villa chiamata il Paradiso degli Alberti.
Nel XIX secolo si ebbe un primo restauro degli affreschi, rifacendo ad esempio il cielo stellato nelle volte.
Nel 1921 venne trafugato dall'oratorio l'originario trittico di Agnolo Gaddi, che venne poi rinvenuto ma privo di predella e dei pilastrini. L'opera è da allora nei depositi degli Uffizi.
Dal 1992 al 2009 l'oratorio ha subito un restauro da parte del Comune di Bagno a Ripoli, proprietario attuale della struttura[1] dal 1988. Al termine dei lavori l'oratorio è stato aperto al pubblico, con un'esposizione di opere dei maestri che già lavorarono ai suoi affreschi e con il polittico di Agnolo Gaddi.
Descrizione
Esterno
La struttura è molto semplice, con pianta rettangolare e abside quadrata (scarsella), con un paramento esterno costituito da bozze di pietra alberese[1] e macigno, dove si aprono finestre monofore con arco acuto.
Il portale è sormontato da una tettoia sporgente, con una lunetta che era decorata da una Madonna col Bambino e angeli di Spinello Aretino, oggi staccata con la sinopia e conservata nei depositi della Soprintendenza. Un tempo la decorazione ad affresco riguardava tutta la facciata.
Interno
Internamente l'unica navata, separata in due campate da un arcone trasversale, termina con una scarsella quadrilatera, incorniciata da un arco a sesto acuto e con copertura a crociera. Anche nel vano principale la copertura è affidata a volte a crociera con costoloni, che si dipartono dai pilastri laterali.
Affreschi
Il ciclo di affreschi della cappella illustra le storie di santa Caterina d'Alessandria, detta delle Ruote in ricordo del martirio subito nel IV secolo.
La decorazione prese avvio, come di consueto, dall'abside, dove si trovano quattro scene nelle pareti laterali (due lunette e due riquadri) e, sulla parete centrale, un'Annunciazione e i due santi Benedetto e Stefano ai lati della finestra. L'abside venne affrescata entro il 1360 e via lavorano il cosiddetto Maestro di Barberino e Pietro Nelli. Al primo competerono la parete centrale, le vele della volta, il sottarco con busti di Apostoli e Profeti e tutte le scene laterali (Caterina rifiuta l'abiura al cospetto dell'Imperatore, Flagellazione e Martirio della santa), tranne la Disputa di santa Caterina con i filosofi pagani (registro inferiore della parete sinistra) di Pietro Nelli, autore anche dei due santi (Caterina e Antonio abate) sulle pareti esterne ai lati dell'arco della scarsella.
La decorazione venne ripresa circa trent'anni dopo, alla fine degli anni ottanta del XIV secolo, da Spinello Aretino, che affrescò tutta la prima campata dell'oratorio. La ripresa dei lavori fu legata al testamento di Benedetto di Nerozzo Alberti, uomo ricchissimo e influente in Firenze, che dopo essere stato esiliato per le lotte politiche, dispose il completamento della decorazione.
Spinello avviò probabilmente dalla parete dell'arcone, dove gli affreschi erano stati interrotti, per poi proseguire sulle volte (Evangelisti), sulle pareti e altre superfici di corredo come il sottarco centrale.
Le Storie iniziano dalla parete destra, dove, in alto, si vede la Conversione e il Battesimo di santa Caterina da parte di un monaco eremita. Nel registro mediano si trova Santa Caterina orante e Matrimonio mistico (dove la santa viene maritata misticamente a Gesù Bambino nelle braccia della Madonna) e la Cattura di Caterina, dove si vede la santa esortata, senza successo, ad adorare un idolo pagano in un tempio.
Nella parete opposta si vedono, in alto, la Disputa con i filosofi pagani e il Rogo dei sapienti convertiti, cioè il martirio di quei filosofi che Caterina era riuscita a convertire al Cristianesimo. Nel registro sottostante sono presenti le due scene di Caterina in prigione converte le dame di corte e il capitano dei soldati e riceve la visita di Cristo con gli angeli e Decapitazione del capo delle guardie. Le storie terminano nella parete centrale, dove sono le scene in sequenza continua di Caterina esce di prigione per venire condotta la martirio ed il Boia che rinfodera la spada dopo aver decapitato Caterina, mentre in alto campeggia un sarcofago dove il corpo martirizzato della santa è adorato dagli angeli.
Nel sottarco tra le campate si trovano medaglioni dei Dodici Apostoli ed Agnello Mistico, mentre sui pilastri laterali si trovano un san Ludovico di Tolosa (destra) e un San Francesco (sinistra). Queste figure intere sotto nicchie dipinte sono riecheggiate dal Sant'Antonio abate e la Santa Caterina d'Alessandria sotto l'arcone, ai lati dell'altare. Frequenti sono poi gli stemmi Alberti con quattro bracci di catena su sfondo azzurro, legati al centro da un anello.
L'oratorio di Santa Caterina delle Ruote si trova in via del Carota in località Rimezzano, nella frazione dell'Antella di Bagno a Ripoli.
Indirrizo: Via del Carota, 50012 Loc. Ponte a Ema, Bagno a Ripoli.
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Il Santo Stefano è un dipinto a tempera e oro su tavola (93x33 cm) di Spinello Aretino, databile al 1400-1405 circa, e conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze.
Il piccolo tabernacolo mostra santo Stefano a piena figura, con la pietra che ricorda il suo martirio e con in mano un vessillo dell'Agnus Dei, che compare anche negli stemmi sulla base: si tratta dell'emblema dell'Arte della Lana, una delle più potenti corporazioni di Firenze, che aveva in Stefano proprio il suo protettore.
Nella cuspide si vede una Crocifissione tra i dolenti, Maria e Giovanni accucciati: l'opera è mal proporzionata, infatti Cristo è molto più piccolo delle due figure ai lati. Quest'ultime possono vantare però un'elegante forma del panneggio, che si ripiega sinuosamente.
L'opera è significativa dello stile tardo di Spinello, improntato a un decorativismo sempre più accentuato.
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Il Trittico della Madonna in trono e santi è un dipinto a tempera e oro su tavola (170x209 cm) di Spinello Aretino, firmato e datato 1391, e conservato nella Galleria dell'Accademia a Firenze.
L'opera proviene dalla chiesa di Sant'Andrea a Lucca. Venne dipinta con ampi interventi di bottega, tanto che Crowe e Cavalcaselle ne avevano rilevato la scarsa qualità e dubitato della firma, che effettivamente appare ripassata e reintegrata in maniera arbitraria. Fa fede la testimonianza di Gaetano Milanesi, che vide l'opera presso un privato lucchese, e riportò l'iscrizione allora visibile, verso il 1846: "...S. PINXIT. SPINELLUS. LUCE DE ARITIO. IN. A. 1391"
Berenson e altri ipotizzarono che vi fosse intervenuto Lorenzo di Niccolò, ipotesi recentemente scartata da Boskovits e Tartuferi.
Il trittico, che probabilmente ha perduto le cuspidi originarie, mostra al centro la Madonna in trono col Bambino fra quattro angeli in volo; nello scomparto sinistro si riconoscono i santi Paolino e Giovanni Battista, con un tondo di Profeta; in quello di destra Andrea e Matteo evangelista e un altro profeta.
Lo stile del dipinto mostra, ancora negli ultimi decenni del secolo, un'adesione ai modi giotteschi, ravvivati appena dal senso decorativo, con una certa conoscenza dei modi senesi, e da una buona plasticità, soprattutto nei santi |
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[1] La Sala di Balia fu realizzata nell'ambito della stessa ristrutturazione degli spazi del piano nobile del Palazzo Pubblico che permise la costruzione della Cappella dei Signori, per ospitare la magistratura di Balia, un organo chiamato ad eseguire le decisioni assunte dal governo con una certa libertà di azione.
Sulle volte di essa il senese Martino Bartolomeo raffigurò tra il 1407 e l' anno successivo, gli Evangelisti ed altri personaggi, mentre Spinello Aretino, aiutato dal figlio Parri, negli stessi anni, compì la notevole impresa di dipingere, nelle pareti restanti, le "Storie di Alessandro III".
La decorazione della sala rappresenta una duplice anomalia rispetto al programma concettuale ed iconografico finora esaminato, perchè, prima e dopo Spinello, solo pittori senesi hanno lavorato nel Palazzo. E poi perchè questo è l'unico spazio ostentatamente dedicato ad un illustre personaggio del passato, come Rolando Bandinelli Paparoni che, nel corso del suo papato, ebbe modo di combattere a lungo e con alterne fortune contro l' Imperatore Federico Barbarossa. Le scene contrassegnate da un vivido colorismo di impronta tardo-giottesca, sviluppano le imprese del Papa senese, della sua incoronazione fino alla sua cacciata da Roma ad opera delle truppe imperiali, dalla sua alleanza con i veneziani fino alla fondazione della città piemontese di Alessandria, che proprio proprio a lui deve il suo nome.
I due episodi più noti e concepiti con maggiore spettacolarità, sono i due situati sopra i portali della sala. Il primo raffigura la concitata "Battaglia di Punta San Salvatore", tra le flotte dei veneziani e dei tedeschi, risoltasi a favore degli alleati del Papa. Curiosamente sembrerebbe che questo fatto d' armi celebrato da un analogo dipinto collocato nel Palazzo Ducale di Venezia, non abbia mai avuto luogo e che le questioni tra le due fazioni si siano risolte per transazione diplomatica.
L' altro descrive invece ""Il ritorno a Roma di Alessandro III". Qusto affresco fu realizzato su una controparete, per preservarlo dai guasti che avevano afflitto, un secolo prima, la "Maestà" di Simone Martini, posta sullo stesso muro. Questa soluzione ha comunque procurato altri tipi di nocumento all'affresco, che si trova finalmente in procinto di essere pienamente recuperato.
Oltre a due belle residenze in legno intarsiato, già usate dai Magistrati di Balia, la sala ospita numerose iscrizioni graffite sulle pareti, alcune riferentisi anche ad episodi storici di grande importanza.
Mauro Civai
Bibliografia
A. Tartuferi (a cura di), L'Oratorio di Santa Caterina all'Antella e i suoi pittori, Mandragora, Firenze 2009. ISBN 8874611412
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www.polomuseale.firenze.it | Santo Stefano sorregge lo stendardo con lo stemma dell'Arte della lana, Crocifissione di Cristo con la Madonna e San Giovanni Evangelista nella cuspide, Galleria dell'Accademia, Firenze
www.polomuseale.firenze.it | Madonna con Bambino e Santi, Galleria dell'Accademia, Firenze
L’oratorio di Santa Caterina all’Antella e i suoi pittori, Firenze, Mandragora 2009 [Catalogo della mostra (Firenze, 19 settembre-31 dicembre)].
Aperto dai saggi di Paolo Pirillo, Daniela Lamberini e Angelo Tartuferi, il catalogo offre una ricostruzione critica aggiornata a proposito della storia, l'architettura e la decorazione dell'oratorio, tracciando inoltre il profilo degli artisti che vi lavorarono.
Bibliografia
Stefan Weppelman, Spinello Aretino e la pittura del Trecento in Toscana, Firenze, 2011. ISBN 9788859608776
Giovanni Matteo Guidetti, La Cappella del Cardinale del Portogallo a San Miniato al Monte, in AA.VV., Cappelle del Rinascimento a Firenze, Editrice Giusti, Firenze 1998.
Jane Turner (a cura di), The Dictionary of Art. 29, pp. 403-407. New York, Grove, 1996. ISBN 1884446000
Art in Tuscany | Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects
Lives of the Most Eminent Painters Sculptors and Architects, Giorgio Vasari | download pdf
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Oratorio di S. Caterina degli Alberti - Bagno a Ripoli (Fi) XIV sec.
Particolare del ciclo di affreschi su S. Caterina d'Alessandria, attribuiti al Maestro di Barberino, Pietro Nelli e Spinello Aretino, ad intervento ultimato.
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Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia
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Podere Santa Pia |
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Podere Santa Pia, giardino |
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Rocca d'Orcia |
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Sovicille |
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Certaldo |
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Sant'Antimo |
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San Miniato al Monte, Firenze |
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Villa La Foce |
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Massa Marittima |
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Chiesa di San Miniato al Monte
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Secondo la leggenda, è in questo luogo isolato e estremamente panoramico, in cui sorse nel XI sec. l’attuale Basilica, che venne a spirare San Miniato, martirizzato nel III sec. sotto l’imperatore romano Decio. Si tratta di uno dei più straordinari esempi di architettura romanica di tutta la Toscana. La facciata duecentesca è decorata con marmi bianchi e verdi. L’interno, di una solenne sobrietà, è caratterizzato da una serie di elementi di epoche diverse, armonizzati in un affascinante unicum: la suggestiva cripta risale in parte all’ XI sec., gli intarsi marmorei pavimentali al 1200, così come l’imponente mosaico absidale raffigurante Cristo in trono, e il bellissimo pulpito. Nella sagrestia Spinello Aretino affrescò nel XIV sec. la vita di San Benedetto. Lungo la navata centrale si erge il quattrocentesco tempietto michelozziano, un tempo destinato a conservare un celebre crocifisso; sulla navata sinistra, infine, si apre la Cappella del Cardinale del Portogallo, interamente realizzato intorno alla metà del 1400: dall’architettura di ispirazione brunelleschiana al monumento funebre, capolavoro scultoreo di A. Rossellino; dalla pala d’altare (copia dai Pollaiolo) alla sublime volta in terracotta invetriata, di Luca della Robbia. Chiesa di San Miniato al Monte | Via del Monte alle Croci, 50125 Firenze, Italia
La Piazzale Michelangelo a Firenze rappresenta il più famoso punto di osservazione del panorama cittadino, riprodotto in innumerevoli cartoline e meta obbligata dei turisti in visita alla città.
Fu realizzato dal 1865 su disegno dell'architetto Giuseppe Poggi su una collina appena a sud del centro storico, a completamento dei lavori di riqualificazione della riva sinistra dell'Arno. Da quell'anno infatti Firenze era capitale d'Italia e tutta la città era impegnata in un rinnovamento urbanistico, il cosiddetto Risanamento, ovvero la rinascita borghese della città: furono creati i lungarni; sulla riva destra, al posto delle mura trecentesche, furono aperti i viali di circonvallazione alla maniera dei boulevard; sulla riva sinistra fu tracciato, snodandosi sulla collina di San Miniato, il Viale dei Colli, una via panoramica alberata lunga 8 chilometri, al cui culmine fu realizzato il piazzale, quale terrazza panoramica privilegiata sulla città. La cronaca della rapida costruzione di quest'ultima impresa ci è stata particolareggiatamente descritta dal giornalista italiano Pietro Ferrigni (noto con lo pseudonimo di Yorick) che non manca di riferire come una parte dei fiorentini si dispiacesse "per l'eccessiva spesa" della costruzione.
La piazza, dedicata al grande artista rinascimentale Michelangelo, presenta le copie di alcune sue famose opere conservate a Firenze: il David e le quattro allegorie delle Cappelle Medicee di San Lorenzo. Queste copie sono realizzate in bronzo, mentre gli originali sono tutti in marmo bianco. Il monumento fu portato su da nove paia di buoi il 25 giugno 1873.
Il Poggi disegnò anche la loggia in stile neoclassico che domina l'intera terrazza e che oggi ospita un ristorante panoramico. In origine avrebbe dovuto ospitare un museo di opere di Michelangelo, mai realizzato. Nel muro della balconata, posta sotto la loggia, vi è un'epigrafe a caratteri cubitali che ricorda la sua opera: Giuseppe Poggi architetto fiorentino volgetevi attorno ecco il suo monumento MCMXI.
Il panorama abbraccia il cuore di Firenze, dal Forte Belvedere a Santa Croce passando per i lungarni e i ponti di Firenze in sequenza, soprattutto il Ponte Vecchio; spiccano il Duomo, il Palazzo Vecchio, il Bargello e il campanile ottagonale della Badia Fiorentina, senza dimenticare le colline opposte a nord della città con al centro Fiesole e Settignano
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Chiesa di San Miniato al Monte |
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