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Agnolo Gaddi, La leggenda della Vera Croce, (dettaglio, la regina Elena), Firenze, Basilica di Santa Croce

Trecento anni dopo la morte in croce e la Resurrezione di Gesù, la leggenda continuacon la regina cristiana Elena, madre dell'imperatore Costantino, che ritrova la Croce del Signore in Terra Santa e la riporta a Gerusalemme.
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Agnolo Gaddi (1350 – 15 ottobre 1396)

   
   
Agnolo Gaddi era figlio di Taddeo Gaddi. Agnolo Gaddi visse in un periodo di transizione per l'arte in generale ed in particolare per l'arte fiorentina. Profondamente influenzato (come peraltro il padre) da Giotto non riuscì ad apportare alcun rinnovamento e rappresentò uno degli ultimi seguaci del grande maestro.

L'arte di Agnolo Gaddi manca quasi completamente di originalità e non riuscì superare gli stilemi giotteschi. Rispetto allo stesso Giotto risulta essere meno efficace nella resa di particolari quali i volti, dove non riesce mai ad andare oltre un'espressione vacua e laconica.

Critici del XX secolo quali Giulio Carlo Argan ed il Toesca (che lo definisce "monotono e senza vita, prolisso narratore, reso popolare dalla stessa mancanza di profondità psicologica, dalla inanità di espressione plastica, dalla superficiale vaghezza del colore") lo citano con estrema polemica. Nonostante questo, come gli viene riconosciuto dallo stesso Toesca, ebbe un grande successo in vita.

Solo negli ultimi anni, anche in virtù di una maggiore conoscenza della sua opera completa, e di restauri compiuti su di essi, alcuni critici lo hanno parzialmente rivalutato.

Uno dei cantieri più significativi nel quale lavorò assieme alla sua bottega è la francescana chiesa di Santa Croce a Firenze, il più importante cantiere di decorazione pittorica del Trecento in città.

   
   
Qui nel 1380 affrescò la Cappella Maggiore con la Leggenda della Vera Croce, seguendo la duecentesca Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine (molto cara ai francescani), su commissione di Jacopo degli Alberti. Sulle due pareti laterali della Cappella maggiore, Agnolo Gaddi espone in otto grandi affreschi la storia del ritrovamento della Vera Croce tratta dalla duecentesca Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, che narra le vicende del legno con il quale fu costruita la croce di Gesù.

L'importanza di Agnolo nella storia dell'arte è confermata dal fatto che la sua tecnica di lavorare "a fresco" era talmente rinomata da essere codificata in uno dei più noti manuali antichi di tecniche artistiche: il Libro dell'Arte di Cennino Cennini, vera "bibbia" per tutti i freschisti del Rinascimento fino al Vasari.
 
 

Tra gli astanti della decapitazione di Cosroe, invece, sono due membri degli Alberti, la
famiglia che aveva il patronato della cappella e aveva finanziato la realizzazione dell’intero ciclo dipinto. [3]

 

Decapitazione di Cosroe e il Trionfo di Eraclio


La Leggenda della Vera Croce fa parte della Leggenda Aurea scritta dal domenicano Jacopo da Varagine ed era molto amata dai francescani. La narrazione inizia con Seth che riceve da San Michele un ramo dell'albero della conoscenza del Bene e del Male. Seth pianta il ramo sul sepolcro di Adamo. Successivamente il ciclo narrativo prosegue con la Crescita dell'albero e con la costruzione di un ponte con il suo legno. Dinnanzi al ponte la Regina di Saba si inginocchia profetizzando la futura morte del Salvatore. Salomone, messo a conoscenza del fatto, fa seppellire la trave che viene poi ritrovata degli Israeliti i quali ne fanno la Croce della Crocefissione di Cristo. Attorno al 300 Sant'Elena (la madre dell'imperatore Costantino) ritrova la croce e, per verificarne l'origine, prova con essa a sfiorare un morto facendolo resuscitare.

Sulla parete sinistra, Sant'Elena riporta la Croce a Gerusalemme e Cosroe, re dei Persiani, trafuga la reliquia. Gli ultimi tre episodi rappresentano Cosroe adorato dai propri cortigiani, il Sogno di Eraclio (l'Imperatore bizantino che si vede vittorioso) ed infine la decapitazione di Cosroe e l'entrata a piedi nudi e vestito da pellegrino in Gerusalemme.

Anche se poco innovative, sono estremamente interessanti sia il naturalismo che le citazioni di vicende di vita quotidiana che il Gaddi distribuisce con disinvoltura in tutto l'affresco. È questa probabilmente l'opera più significativa di Agnolo (da cui, ad esempio, il Vasari copia una figura che inserisce nelle sue Le vite).

Nel 1385, sempre nel cantiere di Santa Croce, affrescò la Cappella Castellani (detta anche del Santissimo). Il ciclo narrativo comprende storie di Sant'Antonio (forse opera di Gherardo Starnina), di San Giovanni Battista, di San Giovanni Evangelista e di San Nicola.

Nel 1392 Agnolo Gaddi si spostò a Prato, dove affrescò il Palazzo Datini e la Cappella della Sacra Cintola nel Duomo di Prato. Nel ciclo di affreschi il Gaddi narra la storia della Sacra Cintola. La leggenda dice che Maria avesse donato la Cintola (simbolo della castità e prova non discutibile) all'apostolo Tommaso. La reliquia venne ritrovata e donata nel XII secolo ad un mercante di nome Michele Dagomari che la riportò a Prato. La cappella venne infatti costruita e fatta affrescare per conservare la reliquia. Questa, è una delle poche opere che lasciano intravedere alcune piccole novità pittoriche, specialmente nella resa notturna della Natività e nel Viaggio sulla nave della Cintola.

Interessante, anche se attualmente poco noto, è l'immenso tabernacolo (circa 18 m²) di Sant'Anna a Figline di Prato (prospiciente alle cave di serpentino, il "marmo verde"), che anticipa la composizione dell'omonima opera (Sant'Anna metterza) di Masaccio e Masolino. Verso il 1390-1396 dipinse una Crocifissione oggi agli Uffizi.

Da citare, inoltre, che Lorenzo Monaco e Cennino Cennini compirono le prime esperienze nella bottega del Gaddi.

Troviamo anche un suo maestoso Crocifisso nella Pieve di San Martino (Sesto Fiorentino).

Come riportato dal Registro dei Morti di Firenze, tenuto dagli Ufficiali della Grascia, nel "1396, die XV mensis ottobr. Angelus Taddey taddi - anziché Gaddi - pictor de populo Sancti Petri magioris Quartierio Santi Johannis, seppultus in ecclesia Sante Crucis. Retulit Dopninus Fortiori becchamortus: banditus fuit" (Milanesi).

 

 

 

Tra il corteo che accompagna il rientro della Croce, Agnolo Gaddi effigia se stesso (l’ultimo personaggio dell’intero ciclo, vestito di rosso, col cappuccio, come tipicamente i pittori dell’epoca) e suo padre Taddeo.

 

 
 

15.10.1396 muore Agnolo Gaddi.


Nel registro dei Morti di Firenze, tenuto dagli Ufficiali della Grascia sio legge: "1396, die XV mensis ottobr. Angelus Taddey taddi (non Gaddi) pictor de populo Sancti Petri magioris Quarterio Santi Johannis, seppultus in ecclesia Sante Crucis. Retulit Dopninus Fortiori becchamortus: banditus fuit".

 
 
 

[3] C. Frosinini, Agnolo Gaddi, in La Sacra Cintola nel Duomo di Prato, Prato 1995, pp. 225-233)

 
   



Santa Pia, tippica podere in pietra in posizione collinare, con varie terrazze e grande terreno naturale.
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Podere Santa Pia

 

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Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia


         
San Gimignano

The towers of San Gimignano

 

Corridoio Vasariano, Firenze

 

Florence, Duomo

 

         
         
Podere Santa Pia, con una vista indimenticabile sulla Maremma Toscana.
La terrazza è esposta a Sud per cui dalla mattina al pomeriggio è sempre colpita dal sole, tuttavia ci sono zone ombreggiate grazie agli alberi circostanti.


Basilica di Santa Croce


   
La chiesa di Santa Croce a Firenze è stata costruita a partire dal 1294 secondo il progetto di Arnolfo di Cambio ma in realtà è stata consacrata nel 1443 alla presenza di Eugenio IV. la chiesa di Santa Croce si è via via arricchita con le donazioni delle richhe famiglie fiorentine alle quali poi veniva concessa la sepoltura all'interno delle cappelle.

All'interno della chiesa troviamo sepolture di artisti di altissimo livello e di ogni ramo del sapere. Solo per citare qualche nome possiamo ricordare Machiavelli, Alfieri (tomba di Canova, 1810), Michelangelo (tomba del Vasari, 1570), il sepolcro di Galileo Galilei (tomba di Vincenzo Viviani, 1737).
La facciata è di marmo colorato di carrara ed è stata disegnata da Cronaca (1857-63), mentre il campanile della chiesa è di Baccani (1965).

L'interno è formato da 3 navate, le pareti e le vetrate sono ornate con affreschi raffiguranti le "Storie di San Francesco" opera di Giotto e dei suoi allievi. Anche Donatello volle lasciare all'interno della chiesa una testimonianza del suo passaggio scolpendo il bellissimo Crocifisso (1425) e l'Annunciazione (1430-1435). Accanto alla sacrestia si trova la cappella del noviziato costruita da Michelozzo (1434-1445) e decorata da Andrea della Robbia; nel chiostro dei morti si trova la cappella dei pazzi progettata dal Brunelleschi. Al Brunelleschi è da attribuirsi anche il progetto del Chiostro Grande poi costruito da Bernardo Rossellino. Sono inoltre presenti i monumenti funebri di Bernardo Rossellino (dedicato a Leonardo Bruni, cancelliere della Repubblica) e di Desiderio da Settignano.
La chiesa e le sue tombe furono cantate da Ugo Foscolo nell'opera "I Sepolcri".

Importanti sono gli affreschi nelle due successive cappelle a destra, la Cappella Peruzzi e la Cappella Bardi, entrambe decorate da Giotto tra il 1320 e il 1325. Nella prima sono raffigurate le Storie di San Giovanni Battista e quelle di San Giovanni Evangelista, mentre in quella Bardi le Storie di san Francesco.

Sempre a destra, alla testata del transetto, si trova la cappella Baroncelli, composta da due campate (una ampia la metà dell'altra) e affrescata da Taddeo Gaddi con Storie della Vergine (1332-1338), dove il grande discepolo di Giotto condusse i suoi studi sulla luce (con la prima raffigurazione pervenutaci di una scena notturna nell'arte occidentale) e autore anche dei disegni per la vetrata, delle quattro profeti all'esterno e forse anche della pala d'altare, da alcuni attribuita a Giotto. Sulla parete destra si trova una Madonna della cintola, affrescata da Sebastiano Mainardi.

 


Cappella Baroncelli

Santacroceopera.it - Museo dell'Opera | www.santacroceopera.it  
     

 

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