Piero della Francesca

Giorgio Vasari | Le vite | Piero della Francesca


Opere in ordine cronologico


Polittico della Misericordia

Battesimo di Cristo

San Girolamo penitente


San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi,


Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo

Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta,

Storie della Vera Croce
       Morte di Adamo
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con        la Regina di Saba
       Sollevamento del legno della Croce
       Annunciazione
       Vittoria di Costantino su Massenzio
       Tortura dell'ebreo
       Ritrovamento e verifica della vera Croce
       Battaglia di Eraclio e Cosroè
       Profeta Geremia
       Angelo

Maria Maddalena

Polittico di Sant'Agostino


San Giuliano

Madonna del parto

Resurrezione

San Ludovico di Tolosa

Polittico di Sant'Antonio

Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza

Pala di Brera

Flagellazione di Cristo

Ercole

Madonna di Senigallia

Natività

Madonna col Bambino e quattro angeli






 





 
Arte in Toscana
             
 
Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè, c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo
L'ultima battaglia tra Romani e sasanidi e la vittoria finale bizantina, con la morte del re persiano
 
       
   

Piero della Francesca | Storie della Vera Croce, La Battaglia di Eraclio e Cosroè (1458-1466)


   
   
La Battaglia di Eraclio e Cosroè è un affresco (329x747 cm) di Piero della Francesca e aiuti, facente parte delle Storie della Vera Croce nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo, databile al 1458-1466. L'affresco fu probabilmente dipinto nella seconda parte dei lavori, dopo il soggiorno del pittore a Roma (1458-1459), dove probabilmente vide la Colonna Traiana e gli antichi sarcofagi, da cui trasse ispirazione per le due scene di battaglia del ciclo affrescato. Un'altra fonte di ispirazione potrebbero esser gli arazzi fiamminghi, caratterizzati da una densità compositiva simile a quella dei fregi romani, che Piero aveva probabilmente avuto modo di vedere a Rimini. Forse Piero aveva in mente anche la vera battaglia di Anghiari che si era svolta nei pressi della sua città Sansepolcro nel 1440.


Descrizione e stile


La Battaglia


   
Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè, c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


La scena di battaglia fa da pendant con quella sulla parete opposta della Vittoria di Costantino su Massenzio. L'affresco cronologicamente precedente è quello del Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce, ambientato ai tempi di sant'Elena imperatrice (IV secolo), mentre in questa scena si compie un salto di circa due secoli. Nel 615 l'Imperatore persiano sasanide Cosroe II conquista Gerusalemme, impossessandosi anche della reliquia della Vera Croce. Con questa egli si fa adorare in maniera blasfema come dio vivente. L'imperatore bizantino Eraclio lo sfida quindi in battaglia (628), vincendolo e, in seguito, giustiziandolo mediante decapitazione.[1]

Le due battaglie sono composte in maniera assolutamente antitetica: la Battaglia di Costantino e Massenzio è un quieto, orizzontale cambio di ritmo, mentre la Battaglia di Eraclio e Cosroè è un fitto groviglio di uomini, armi e cavalli, che occupa i tre quarti della scena. Lo stesso imperatore Eraclio, al centro, a cavallo con l'uniforme dorata, brandisce l'arma per colpire un fanciullo appiedato che tenta di difendersi con lo scudo. Pienamente godibile è la concertazione dei dettagli, che sono di per sé dei capolavori fruibili anche indipendentemente. Celebri sono quelli del trombettiere col copricapo alla bizantina (che spicca chiaro per contrasto sulle figure scure attorno), le armature rinascimentali perfettamente ritratte nei lustri metallici, la cura meticolosa nella rappresentazioni delle più disparate armi. Numerosi i particolari macabri, con la morte che sembra ghermire soprattutto combattenti nel fiore degli anni: nell'angolo inferiore sinistro, sul terreno cosparso di sangue, la testa recisa di un giovane soldato dalla folta chioma; al centro, un valletto in ginocchio prossimo a essere giustiziato dal nemico che lo afferra per i capelli; accanto a lui, un cavallo bianco che calpesta un giovane guerriero accasciato al suolo per la ferita mortale che gli è stata inferta alla nuca, e, più a destra, l'uccisione di un cavaliere sasanide giovinetto, ovvero uno dei figli del re persiano, con una pugnalata alla gola che fa sgorgare un fiotto di sangue, da parte di un guerriero identificato da alcuni con il figlio di Eraclio.

In alto si dispiega una selva di lance e spade intrecciate, con bandiere simboliche sventolanti. L'aquila simboleggia il potere imperiale ed è aggressivamente rivolta verso i nemici, col becco aperto. Vi è poi la bandiera dell'oca, simbolo di vigilanza, e il leone, emblema della forza e del coraggio; tra le bandiere dei nemici, ormai lacerate, si riconoscono lo scorpione, simbolo del giudaismo, la testa di moro e la luna calante. Al centro della composizione campeggia intatto lo scudo crociato: esso simboleggia l'annuncio della vittoria, non ancora conseguita ma ormai inevitabile.

Nonostante la mischia concitata l'effetto di insieme è un'azione piuttosto congelata, con figure nella maggior parte dei casi dall'espressione serena e composta, che prendono parte alla battaglia come attori, non come diretti interessati. Un effetto di impalpabile sospensione del genere si riscontra d'altronde anche nei pannelli della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello (1438 circa), dalla quale Piero riprese la postura del cavallo bianco, spronato sulle gambe anteriori. Anche nel momento della morte i volti conservano una peculiare assenza di emozione (unica eccezione, la faccia terrorizzata del fante adolescente preso di mira da Eraclio). In questo effetto si può anche leggere l'ineluttabilità del destino della battaglia e del recupero della Croce, come se quello che viene sofferto dal singolo sia un prezzo necessario da pagare imperturbabilmente, nella generale storia della Salvezza.

Risulta difficile coordinare con precisione l'insieme, per la mancanza di riferimenti spaziali precisi. Tutto appare infatti condensato e tutti gli spazi intermedi sono occupati da altre figure o parti di figure: proprio questo effetto di saturazione trasmette il senso di violenza della battaglia, assieme alle interruzioni del ritmo compositivo ed alla calca di immagini frammentarie (un volto insanguinato, un occhio sbarrato, un profilo con elmo, la testa del giovane decapitato con le palpebre rimaste semiaperte), nonostante, come si è detto, i singoli elementi non siano caricati drammaticamente. Numerosi sono gli scambi di colori "a scacchiera" tra figure vicine, che rendono quasi impossibile la distinzione tra bizantini e persiani.

 

Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè, dettaglio, c. 1455, Basilica di San Francesco, Arezzo


Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè, dettaglio, c. 1455, Basilica di San Francesco, Arezzo

Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè, c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo
Lo sgozzamento del figlio giovinetto di Cosroe


Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè (dettaglio), c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo





Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè (dettaglio, Esecuzione di Cosroè), c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Un quarto circa della scena è occupato nell'estremità destra dal baldacchino sotto il quale si sta svolgendo l'esecuzione dello sconfitto Cosroe. L'ambiente, nonostante mostri un episodio successivo alla battaglia, è rappresentato in maniera continua, con le zampe di un cavallo al galoppo che invadono la parte inferiore.

Il baldacchino è quello che il re persiano usava per farsi adorare su di un trono, a fianco della Croce (issata a destra) e di un gallo sulla colonna. In basso egli è raffigurato in ginocchio, circondato da un semicerchio di funzionari, mentre due guardie si avvicinano minacciose: quella di sinistra ha già la spada alzata nel braccio destro, che sfora di una porzione oltre il confine della scena. Gli uomini abbigliati alla moderna sono rappresentanti della famiglia Bacci, i committenti dell'opera, la cui presenza li pone simbolicamente tra i difensori del cristianesimo.

Il volto di Cosroe è quello di un modello anziano, con barba e capelli lunghi e col naso schiacciato, che ricompare spesso nella produzione pierfrancescana. Egli è il San Giovanni Evangelista nel polittico di Sant'Agostino oppure, per rimanere nell'ambito degli affreschi aretini, il Dio Padre dell'Annunciazione o un personaggio nella Morte di Adamo. Questo si spiega solo come una scelta programmatica di Piero di non attribuire particolari significati alle fattezze dei personaggi: in questa stessa scena infatti si fatica a distinguere i personaggi principali da quelli secondari, per la medesima cura dispiegata nei ritratti. In un certo senso è un'ulteriore prova dell'accentuazione degli eventi narrati rispetto ai caratteri.


 
 
   
   

L'Esecuzione
di Cosroè

Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosroè (dettaglio, Esecuzione di Cosroè), c. 1455, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo

 

 
   

Piero della Francesca

Piero della Francesca, il cui vero nome è Piero di Benedetto de' Franceschi, è nato tra il 1412 ed il 1420 a Borgo San Sepolcro (oggi Sansepolcro), nell’alta Valle Tiberina, ai confini tra Toscana e Umbria, in una famiglia di commercianti e tintori.
Non ci sono notizie sulla sua vita e quindi non si sa a che tipo di studi abbia seguito, mai dato il periodo storico si suppone che Piero della Francesca, conoscesse bene le tecniche pittoriche usate dai pittori del suo tempo e dei Maestri del Trecento (Pittura Gotica).
La prima notizia ufficiale ci dice che, nel 1439, esegue gli affreschi (perduti) delle Storie della Vergine per il Coro di Sant'Egidio, insieme al maestro Domenico Veneziano dal quale impara la realizzazione di una pittura chiara e luminosa oltre che nozioni di prospettica.

Toscano di nascita e di carattere, Piero della Francesca, pur abitando ad Arezzo, viaggiò molto in tutta l’Italia centrale, lavorò a Ferrara alla Corte degli Estensi, a Rimini dai Malatesta, a Urbino alla corte dei Montefeltro ed a Roma, per i Pontefici Niccolò V e di Pio II, ma
nel 1442, si trova certamente al suo paese natale, dato che risulta da documenti storici che concorre per la carica di Consigliere Popolare.

Nel 1445 il pittore Piero della Francesca firma un contratto con la Confraternita della Misericordia che gli commissiona il grande Polittico della Misericordia da realizzare in tre anni; in realtà il pittore, conteso dalle corti più ricche, colte e raffinate d'Italia, ne impiega quindici.
Il Polittico della Misericordia è composto da ventitre scomparti alcuni dei quali, come la predella, sono dipinti da aiutanti del pittore.
Contemporaneamente ai primi pannelli del polittico, Piero eseguì il Battesimo di Cristo, che oggi si trova a Londra alla National Gallery; in questo dipinto la trasparenza dell'atmosfera, la chiara luminosità del paesaggio rievocano le opere di Domenico Veneziano e del Beato Angelico, la prospettiva rigorosa il cui perno centrale è costituito dalla figura del Cristo conferisce all'opera quel certo equilibrio e quell'armonia tipica delle opere del pittore
Il senso del volume, la plasticità dei corpi ci mostrano l'influenza di Donatello, mentre la pala posta a coronamento del polittico è chiaramente ispirata alle opere del Masaccio.
Già le prime opere, quelle prima del 1450, rivelano il carattere dell'artista e delle sue opere: struttura prospettica rigorosissima, perfezione dei volumi geometrici, rappresentazione di figure grandiose immerse in un'atmosfera dalla luminosità diffusa, sottile quasi astratta che mantiene i personaggi come sospesi nel tempo.
Nel 1451 Piero della Francesca è alla corte di Rimini, dove, nel già famoso Tempio Malatestiano, realizza all'affresco votivo col ritratto di Sigismondo Malatesta.
Nel girovagare del pittore attraverso le corti e le chiese d'Italia, alla morte di Bicci di Lorenzo, Piero fu chiamato ad Arezzo per completare gli affreschi del coro di San Francesco, rappresentanti la Leggenda della vera Croce le cui scene sono caratterizzate dalle monumentali figure che appaiono come statue costituite da forme geometriche pure sulle quali i panneggi formano giochi raffinati, mentre i volti non tradiscono emozioni particolari.

Tra le opere più importanti del pittore c'è la tavoletta rappresentante la Flagellazione eseguita negli anni tra il 1455 e il 1460 a Urbino.
La composizione è divisa in due scene mediante una colonna, sulla destra, al centro del gruppo è raffigurato Oddantonio da Montefeltro, fratellastro di Federico, che fu assassinato durante una congiura, mentre la scena sulla sinistra, rappresentante la Flagellazione che potrebbe essere un'allusione al martirio subito dal giovane principe.

A Perugia, nello stesso periodo, Piero della Francesca affresca una tavola del polittico di Sant'Antonio delle Monache, rappresentante l'Annunciazione; nella Residenza (il Palazzo Comunale) di Sansepolcro (oggi sede del Museo Civico) dipinge la straordinaria "Resurrezione" nella Sala dei Conservatori e nella Cappella del Cimitero di Monterchi affresca commovente "La Madonna del Parto".
Piero della Francesca realizza quest'ultima opera, di più di due metri di lato, in sole sette giornate di lavoro, usando colori naturali fra i quali lo splendido e costoso blu oltremare (lapislazzulo) e nella quale si nota, come in tutte le sue opere, l'estrema attenzione all'organizzazione prospettica, la semplificazione geometrica dei volumi e l'uso razionale dei toni per evitare forti contrasti.
Fra i suoi viaggi di lavoro c'è anche Roma, dove esegue affreschi in Vaticano per papa Nicolò V e poi per il successore Pio II; purtroppo, di questi lavori non resta traccia, demoliti per far posto a quelli eseguiti in seguito da Raffaello, mentre rimane la volta della cappella di San Michele.

Nel corso degli anni sessanta e settanta Piero della Francesca lavora spesso alla corte di Urbino per il duca Federigo di Montefeltro, per il quale lavorano altri pittori come Francesco Laurana, Donato Bramante, Luca Pacioli, Paolo Uccello, Melozzo da Forlì e dai fiamminghi Pedro Berruguete e Giusto di Gand.
In questa particolare atmosfera realizza alcune delle sue opere più celebri: il dittico con i ritratti dei duchi, Federigo e la moglie Battista Sforza (Firenze, Galleria degli Uffizi), la celebre Flagellazione (Urbino, Galleria Nazionale dell'Umbria), una vera e propria summa delle sue indagini sulla prospettiva, nonché la Sacra Conversazione per la chiesa di San Bernardino (Milano, Pinacoteca di Brera), con il celebre ritratto in armatura del duca Federigo (1472-74): un dipinto rivoluzionario che rompe con la tradizione medievale del polittico a scomparti per proporre il concentrato dialogo tra la Vergine e i Santi in uno spazio prospetticamente unitario in diretto rapporto con lo spettatore.
In questi dipinti dell'estrema maturità del pittore, cui si devono aggiungere anche l'intima Madonna di Senigallia (Urbino, Galleria Nazionale dell'Umbria) e la poetica Natività di Londra (National Gallery), dove Piero della Francesca rivela un interesse sempre più profondo per la Pittura Fiamminga che si manifesta nella più complessa tessitura cromatica e nell'osservazione minuziosa della realtà oltre che nella luce che non arriva dall'esterno, ma si irradia dal viso e dal corpo dei soggetti raffigurati.

Dal 1475 in poi la attività di Piero della Francesca sembra arrestarsi.

Secondo Vasari la causa è una malattia agli occhi, ma è probabile che il pittore si sia dedicato alla scrittura, lasciando ai posteri tre libri scientifici iniziati a Roma vent'anni prima, quando aveva copiato ed illustrato il trattato di Archimede sulla spirale : il "Trattato dell'Abaco", una sorta di manuale di matematica elementare come quelli in uso nelle scuole d'abaco, il "Libellus de quinque corporibus regularibus", dedicato a Guidobaldo duca di Urbino e pubblicato da Luca Pacioli, dopo la morte dell'artista, come opera propria, infine la fatica maggiore, il "De prospectiva pingendi", trattato ricco di disegni per insegnare ai pittori i segreti della prospettiva, per ridurre alla essenziale e misurabile regolarità delle forme geometriche, l'infinità varietà degli oggetti.

Piero della Francesca muore il 12 ottobre del 1492, nel suo paese natale.

Poco dopo la morte, la sua opera venne dimenticata, se si eccettuano il profilo che gli dedicò Giorgio Vasari nelle due edizioni delle sue Vite (1550, 1568) e i ricordi per la sua attività di teorico della prospettiva, contenuti in alcuni trattati cinquecenteschi di architettura.
La nuova stagione della «maniera moderna» con i suoi protagonisti, Leonardo, Raffaello e Michelangelo, fece apparire Art gallery dei grandi maestri del Quattrocento vecchi e superati.
Solo verso la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento con la nuova correnti dei pittori "Pre-Raffaeliti" storici ed estimatore dell'arte riscoprirono Piero della Francesca.


Piero della Francesca | Opere


Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico
.


* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
       Morte di Adamo, 390x747 cm
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
       Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
       Annunciazione, 329x193 cm
       Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
       Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
       Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
       Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
       Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
       Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
       Profeta Geremia, 245x165 cm
       Angelo, frammento, base 70 cm
       Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
       Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
       San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
       San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
       San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
       Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
       Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)

[1] Battaglia di Ninive (627) | La Battaglia di Ninive fu la battaglia decisiva dell'ultima delle Guerre romano-persiane tra l'Impero bizantino e i Sasanidi e venne combattuta nel 627 nei pressi di Ninive.
In una campagna militare durata ben sei anni, l'Imperatore bizantino Eraclio I (610-641) aveva cacciato i Persiani dall'Asia Minore, ma l'Imperatore Persiano Cosroe II rifiutava ancora la pace. Nel 627 i Göktürk durante la Terza guerra persiano-turca invasero la Transcaucasia ed Eraclio pensò di allearsi con loro. Nonostante l'alleanza i Bizantini e i Göktürk non erano riusciti a espugnare la città di Tbilisi. Dopo che i Göktürk e i Cazari si ritirarono nelle steppe, Eraclio decise di attraversare il fiume Aras e di dirigersi nella Persia meridionale.

Il 12 dicembre 627, gli eserciti di Eraclio e quello di Cosroe, comandato dal generale Rhahzadh, si scontrarono a Ninive. Non si sa quanti soldati si scontrarono in battaglia ma si pensa che i due eserciti fossero pari in quanto a numero di soldati. La battaglia fu molto combattuta e durò dall'alba al tramonto, ma alla fine stravinse l'esercito di Eraclio, e il comandante dell'esercito sasanide Rhahzadh venne ucciso da Eraclio durante la battaglia. Vennero massacrati 50.000 persiani, che, sconfitti, si ritirarono.

La battaglia fu decisiva per la vittoria finale bizantina in questa guerra. La maggior parte dell'esercito sasanide venne massacrato in questa battaglia e i Persiani, ormai scoraggiati, destituirono e uccisero il loro imperatore Cosroe II. Il suo successore, Kavadh II, accettò nel 628 la pace proposta da Eraclio e si ritirò dai territori occupati dai Sasanidi nel corso della guerra.

Grazie a questa battaglia, i bizantini avevano riottenuto il controllo su Egitto, Siria, Armenia e Mesopotamia (occupate dai Sasanidi nel corso della Guerra). Inoltre non si sarebbero più dovuti preoccupare dei persiani Sasanidi, che dopo la guerra attraversarono un periodo di crisi e decadenza. Tuttavia, una decina di anni dopo, una nuova minaccia sarebbe apparsa all'orizzonte per i due imperi, gli Arabi. I due imperi, ormai indeboliti dalle lunghe guerre tra di loro, non riuscirono ad opporsi agli Arabi musulmani, che in poco tempo causarono la caduta dell'Impero Sasanide e strapparono ai Bizantini l'Egitto, la Siria, l'Armenia e la Mesopotamia.

 

Coats of arms of the House of Pucci


Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Piero della Francesca
Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Piero della Francesca

Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007. ISBN 978-3-8331-3757-0

Attilio Brilli, Borgo San Sepolcro. Viaggio nella città di Piero, Città di Castello, Tibergraph Editrice, 1988.

Luca Madrignani (21-10-2007). Insurrezione e lotta armata a Sansepolcro. Patria Indipendente: pp. 25-27

Il Museo di Piero della Francesca sorge nell’antico Palazzo della Residenza di Sansepolcro, uno dei più rappresentativi di tutta la Toscana. All’interno, su una parete della Sala dei Conservatori, fu affrescata intorno al 1460, più o meno in contemporanea con l’altrettanto famosa Madonna del parto di Monterchi, la celebre Resurrezione, opera, a ragione, definita dallo scrittore inglese Aldous Huxley “la più bella pittura del mondo”. Proprio da questa illustre presenza scaturì, già nel Cinquecento, l’idea di riunire in questa stanza un gruppo di opere d’arte realizzando così la prima collezione artistica cittadina. Questo stesso ambiente oggi, accanto al celebre affresco, conserva le altre opere che Piero eseguì per la sua città natale alla quale rimase sempre legato.
Museo Civico, Via Niccolò Aggiunti, 65, 52037 Sansepolcro Arezzo | www.museocivicosansepolcro.it

Eraclio in Persia | Impero Romano d'Oriente

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