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Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo è un affresco (257x345 cm) di Piero della Francesca, datato 1451 e conservato nel Tempio Malatestiano di Rimini.
Storia
La chiesa di San Francesco di Rimini era il tradizionale luogo di sepoltura del Malatesta e tra il 1447 e il 1450 Sigismondo Pandolfo Malatesta lo fece trasformare in un mausoleo classicheggiante, un vero e proprio tempio dinastico, su progetto di Leon Battista Alberti. Il progetto, sebbene incompiuto, ridefinì completamente l'edificio, che da allora venne chiamato Tempio Malatestiano.
Piero della Francesca si trovava a Rimini alla corte di Pandolfo e lavorò al cantiere del Tempio lasciando il monumentale affresco votivo di Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo nella cappella di San Sigismondo. Allo stesso periodo appartiene il Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, tecnica mista su tavola, oggi al Louvre. Il ritratto del sovrano nelle due opere è molto simile e fu probabilmente ispirato dall'effige su una medaglia di Matteo de' Pasti.
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Piero della Francesca, Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo (dettaglio), 1451, Tempio Malatestiano, Rimini
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Descrizione e stile
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L'affresco è di forma rettangolare, incorniciato da finti rilievi marmorei di cornucopie e girali, con agli angoli gli stemmi di Pandolfo e in basso un'iscrizione lacunosa.
Al centro esatto dell'affresco sta inginocchiato Sigismondo Pandolfo Malatesta, ritratto di profilo e con le mani giunte, mentre prega san Sigismondo, re dei Burgundi e suo protettore, ritratto seduto in trono al di sopra di un gradino nella parte sinistra dell'affresco e reggente in mano i segni della sua dignità regale: lo scettro e il globo, oltre alla berretta sopra la quale si trova un'aureola scorciata in prospettiva. Le fettezze del santo e la particolare berretta (sopra la quale si trova l'aureaola scorciata in prospettiva), ricordano quelle di Sigismondo di Lussemburgo, l'imperatore che nel 1433 investì il Malatesta come cavaliere e ne legittimò la successione dinastica, ratificandone la presa di potere su Rimini [1]. L'affresco aveva quindi una valenza tanto religiosa quanto politica.
Dietro Sigismondo Pandolfo si trovano, nell'estremità destra inferiori, due cani levrieri accucciati, uno bianco ed uno nero, di estrema eleganza formale, ritratti dal vero con una cura degna delle migliori opere naturalistiche di Pisanello. Essi simboleggiano la fedeltà (quello bianco) e la vigilanza (quello nero). [4]
Lo sfondo scuro, molto lacunoso, fa risaltare le figure, in particolare il profilo del sovrano, ed evidenzia una linea ascendente che va dal profilo del cane bianco, all'orlo del mantello del Malatesta, fino alla figura troneggiante di san Sigismondo, secondo uno schema asimmetrico, che è però regolarizzato dall'impianto geometrico delle paraste sullo sfondo, tra le quali sono appese ghirlande di fiori e, al centro, uno stemma Malatesta. Volutamente conflittuosa, da un punto di vista ottico, è l'intelaiatura architettonica della scena: le paraste sembrano reggere l'architrave della cornice ma, a uno sguardo più attento, esse fanno parte dello sfondo, come si vede dalle basi che partono dal pavimento scorciato. Questo effetto inscena una "drammaturgia spaziale", cioè crea una raffinata tensione che fa indurre lo spettatore a soffermarsi con attenzione sulla scena. Un'altra singolarità compositiva è data dall'"illusione di simmetria" [2], data dalla collocazione centrale di Sigismondo Pandolfo malatesta tra i due pilastri e il sottile bilanciamento delle due estremità, nonostante l'evidente asimmetria. Ciò amplifica anche il senso ascensionale dato dalla linea obliqua già citata. Una costruzione analoga si trova nella Madonna del cancelliere Rolin di Jan van Eyck.
All'estrema destra si trova un tondo, in posizione ribassata per bilanciare la composizione lungo la linea mediana orizzontale e mostrare l'orizzonte, attraverso il quale si vede la fortezza malatestiana di Castel Sismondo immersa in un terso cielo cristallino.
La monumentalità, il "quieto carattere statuario" [3] dei protagonisti, la luce chiara e cristallina preludono gli affreschi della Leggenda della Vera Croce di Arezzo, che Piero iniziò l'anno dopo, nel 1452.
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San Sigismondo
Sigismondo Pandolfo Malatesta
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Ritratto di Sigismondo Malatesta
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Prodotto probabilmente nello stesso periodo è il Ritratto di Sigismondo Malatesta, attualmente ospitato dal Museo del Louvre a Parigi (dal 1978).
Esso raffigura il Signore di Rimini in primo piano di profilo: esistono ipotesi secondo cui esso sia stato ispirato da una medaglia di Pisanello risalente al 1445, altri sostengono che essa riprenda un quadro celebrativo dedicato al Malatesta riprodotto su una medaglia del 1450 di Matteo de' Pasti.
Gli elementi che fanno pensare ad una sorta di legame con l'iconografia delle medaglie sono il ritratto di profilo e l'espressione di profonda astrazione.
Altri elementi lasciano trasparire la grande conoscenza di Piero della Francesca dell'arte fiamminga: la meticolosa attenzione per l'aspetto naturalistico della rappresentazione è evidenziata dalla particolareggiata rappresentazione della veste e del suo tessuto, della carnagione e dei capelli.
Il dipinto, grazie all'attenzione dedicata ad ogni minimo dettaglio, lascia intendere la sua produzione per esposizione privata, differente da quello contenuto nel Tempio riminese.
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Piero della Francesca | Opere
Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico.
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* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
Morte di Adamo, 390x747 cm
Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
Annunciazione, 329x193 cm
Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
Profeta Geremia, 245x165 cm
Angelo, frammento, base 70 cm
Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)
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[1] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 95.
[2] entrambe le espressioni virgolettate sono di Laskowki, cit., pag. 70.
[3] ibidem.
[4] La contrapposizione di bianco e nero è frequente nella cultura umanistica: cfr. Garin, Storia della filosofia italiana, I, cit., p. 226. Aronberg Lavin, «L’affresco di Piero…», cit., pp. 57-58, interpreta il cane bianco come simbolo per la Fides Catholica, quello scuro per la Fides Publica. |
Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Piero della Francesca
Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Piero della Francesca
Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007. ISBN 978-3-8331-3757-0
Attilio Brilli, Borgo San Sepolcro. Viaggio nella città di Piero, Città di Castello, Tibergraph Editrice, 1988.
Luca Madrignani (21-10-2007). Insurrezione e lotta armata a Sansepolcro. Patria Indipendente: pp. 25-27
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Santa Trinita a Firenze |
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Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze |
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The façade and the bell tower of
San Marco a Firenze |
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Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze |
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Tempio Malatestiano, Rimini |
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Il Rinascimento riminese
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Il Rinascimento a Rimini ebbe una stagione breve ma intensa che coincise con la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, dal 1432 al 1468 [1].
Contesto storico e culturale |
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Piero della Francesca, Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, , Louvre, Parigi |
Sigismondo Pandolfo Malatesta fu un famoso capitano di ventura del XV secolo. Militò al comando delle truppe pontificie, fiorentine e al servizio della Serenissima. Venne fatto cavaliere e legittimato nel suo potere dall'imperatore Sigismondo del Lussemburgo nel 1433. Uomo di spiccata cultura e conoscitore dell'arte militare, si distinse tra i condottieri del periodo, riuscendo anche ad allargare i suoi possedimenti fra le attuali Romagna e Marche. La fragilità del suo stato era però manifesta in quanto diviso in due dalla Signoria di Pesaro, vera "chimera" per Sigismondo. Tale consapevolezza lo rese sempre molto incline al sotterfugio col nemico per evitare di rimanere lontano per troppo tempo dalle sue terre e non di rado, portò alla rottura o sospensione del trattato di condotta stipulato.
Le ingenti spese richieste per ammodernare le fortezze poste a difesa del territorio e soprattutto per aumentare il prestigio personale attraverso la creazione di opere pubbliche e di una corte che ne magnificasse le gesta, lo portarono ad essere sempre molto incline a ricevere piuttosto che a dare. Questo portò però alla sua marginalizzazione da parte delle altre potenze italiane che lo vedevano come un personaggio ambiguo e poco affidabile. Con la Pace di Lodi la sua signoria entrò in un periodo di crisi, a causa soprattutto della mancanza di introiti dovuti alla cessazione dei contratti di condotta e alla povertà dell'economia rurale e cittadina. L'agricoltura era infatti piuttosto arretrata, mentre il commercio cittadino era in mano a mercanti stranieri, per lo più fiorentini, veneziani ed ebrei.
Con l'elezione di Papa Pio II dovette subire la confisca di alcuni territori a beneficio del suo eterno rivale, Federico da Montefeltro. Con l'inizio della guerra tra Angioini e Aragonesi per il trono del Regno di Napoli, conflitto che interesserà la maggior parte degli stati italiani, Sigismondo decise di scontrarsi col papato per riprendere i propri territori. In seguito alla brillante Battaglia di Nidastore in cui sconfisse un esercito papale tre volte più grande del suo, subì il rovescio delle sorti angioine. Prima dell'ultima battaglia nel mezzogiorno, Sigismondo si trovò contro un esercito papale condotto da Federico da Montefeltro che lo sconfisse vicino a Senigallia durante un tentativo di ritirata notturna scoperta dal rivale. La sconfitta del suo esercito portò alla dissoluzione dei suoi territori, che vennero successivamente assorbiti dagli stati confinanti legati al Papa e dal Papato stesso.
La stagione rinascimentale di Rimini fu per molti versi simile a quella di Urbino di Federico da Montefeltro, dipendendo esclusivamente dalle iniziative del signore, che per i suoi progetti ambiziosi e importantini chiamò artisti da altre regioni di grande importanza, alcuni dei quali (Leon Battista Alberti, Piero della Francesca), furono attivi anche a Urbino. I caratteri autocelebrativi del Malatesta furono però più accentuati e, sia per la brevità che per la diversa statura intellettuale del suo protagonista, il Rinascimento a Rimini non riuscì a originare una cultura dotata di una propria, precisa, fisionomia, tanto è vero che alla morte di Sigismondo le fabbriche restarono interrotte e non si ebbero ulteriori sviluppi artistici [1].
Architettura, urbanistica, scultura |
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Gli interventi di Sigismondo Pandolfo Malatesta su Rimini non si inquadravano in un progetto urbanistico unitario, ma si limitavano a dominare l'abitato, segnalando inequivocabilmente la presenza del potere [1]. A comprovare tale suggestione si può menzionare il castello di Rimini, opera difensiva costruita a ridosso dell'antica porta del Gattolo e stranamente rivolta verso la città. Le cannoniere delle torri erano infatti per la maggior parte rivolte verso il nucleo cittadino. Questo assetto fu probabilmente frutto delle esperienze giovanili di Sigismondo che dovette fare i conti con due sommosse popolari quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Di Castel Sismondo resta oggi solo parte del nucleo centrale, con le torri mozze a parte dei locali interni, che riescono comunque a suggerire l'originaria imponenza del maniero a sei torri sul borgo. Alcune disposizioni comunali hanno portato a valutare la possibilità di scavare parte del fossato originario.
Il Tempio Malatestiano
L'impresa più significativa fu la sistemazione dell'antica chiesa di San Francesco, antico luogo di sepoltura dei Malatesta, che dal 1447 fu affidata ai progetti di Matteo de' Pasti. Sigismondo curò inizialmente la costruzione di una cappella funeraria all'interno e fu solo negli anni immediatamente successivi, forse su suggerimento dell'Alberti e in seguito a vittorie e riconoscimenti prestigiosi, che si decise di trasformare l'intero edificio sacro in un monumento funebre che celebrasse Sigismondo e la sua famiglia. All'interno venne lasciata intatta la grande navata unica, aggiungendo cappelle laterali e decorazioni classiche che però erano svincolate da calcoli di proporzione. Protagonista era la ricca decorazione plastica, che arriva a mettere in secondo piano la struttura architettonica, come i pilastri all'ingresso di ciascuna cappella, divisi in settori con rilievi allegorici o narrativi. Diresse questa decorazione Agostino di Duccio, che aveva sviluppato un proprio stile fluido a partire dallo stiacciato donatelliano, di una grazia un po' fredda, "neoattica". I temi sono soprattutto profani e intrecciano complesse allegorie decise probabilmente dallo stesso Sigismondo. Ricorre spesso in tutto l'edificio il suo monogramma entro ghirlande [1].
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Castello Sismondo, Rimini |
La glorificazione del committente ha il culmine nell'affresco di Piero della Francesca Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo (datato 1451), dove il telaio religioso si intreccia con aspetti politici e dinastici, come nelle fattezze di san Sigismondo che celano quelle dell'imperatore Sigismondo del Lussemburgo, che nel 1433 investì il Malatesta come cavaliere e ne legittimò la successione dinastica, ratificandone la presa di potere [2].
L'esterno dell'edificio venne progettato da Leon Battista Alberti, che pensò un involucro marmoreo che lasciasse intatto l'edificio preesistente. L'opera, incompiuta, prevedeva in facciata una tripartizione con archi scanditi da semicolonne corinzie formanti nicchie atte ad accogliere le spoglie mortali di Sigismondo e dei suoi avi. Dovevano infatti essere qui collocate le arche tombali. La possibilità di un cedimento della struttura però, spinse il De Pasti a cambiare parte del progetto originario, murando le nicchie in due archi ciechi. Nella parte superiore era previsto un abbozzo di frontone con arco al centro affiancato da paraste. I fianchi del tempio sono scanditi una sequenza di archi su pilastri, destinati ad accogliere i sarcofagi dei più alti dignitari di corte e non solo. Fra questi troviamo infatti anche la tomba di Giorgio Gemisto Pletone, le cui spoglie vennero prese da Sigismondo durante la sua crociata in Morea. Fianchi e facciata sono unificati da un alto zoccolo che isola la costruzione dallo spazio circostante. Interessante è notare come Alberti traesse spunto dall'architettura classica, ma affidandosi a spunti locali, come l'arco di Augusto, il cui modulo è triplicato in facciata [2].
Una medaglia di Matteo de' Pasti del 1450 mostra l'aspetto originario che il tempio avrebbe dovuto avere, con una grande rotonda coperta da cupola emisferica simile a quella del Pantheon. Se completato, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al maestoso edificio circolare, e sarebbe stato molto più evidente la funzione celbrativa dell'edificio, anche in rapporto al panorama cittadino [2].
Note
[1] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 94.
[2] De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 95.
Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.
Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004.
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