Piero della Francesca

Giorgio Vasari | Le vite | Piero della Francesca


Opere in ordine cronologico


Polittico della Misericordia

Battesimo di Cristo

San Girolamo penitente


San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi,


Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo

Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta,

Storie della Vera Croce
       Morte di Adamo
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con        la Regina di Saba
       Sollevamento del legno della Croce
       Annunciazione
       Vittoria di Costantino su Massenzio
       Tortura dell'ebreo
       Ritrovamento e verifica della vera Croce
       Battaglia di Eraclio e Cosroè
       Profeta Geremia
       Angelo

Maria Maddalena

Polittico di Sant'Agostino


San Giuliano

Madonna del parto

Resurrezione

San Ludovico di Tolosa

Polittico di Sant'Antonio

Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza

Pala di Brera

Flagellazione di Cristo

Ercole

Madonna di Senigallia

Natività

Madonna col Bambino e quattro angeli






 





 
Arte in Toscana
             
 
La Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo
 
       
   

Piero della Francesca | Storie della Vera Croce (1452 - 1466)


   
   
Le Storie della Vera Croce è un ciclo di affreschi conservato nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo. Iniziato da Bicci di Lorenzo, venne dipinto soprattutto da Piero della Francesca, tra il 1452 e il 1466, che ne fece uno dei capolavori di tutta la pittura rinascimentale.


Storia


Nel 1417 era morto Baccio di Maso Bacci, un ricco mercante appartenente a un'importante famiglia aretina, nelle cui disposizioni testamentarie aveva previsto un generoso lascito per la decorazione del coro della basilica francescana, patronato dalla famiglia stessa. Iniziative del genere non erano infrequenti nei testamenti tra Medioevo e Rinascimento, ed erano una sorta di riconciliazione religiosa di individui di successo che si erano arricchiti in maniera non del tutto tollerata dalla Chiesa, come il prestito e il "cambio", che all'epoca erano considerati peccato di usura[1].
Le disposizioni testamentarie vennero messe in pratica dagli eredi solo trent'anni dopo, quando nel 1447 Francesco Bacci vendette una vigna per pagare i lavori che vennero affidati all'attempato artista fiorentino Bicci di Lorenzo, maestro di una delle più attive botteghe della città toscana, ma dallo stile piuttosto ancorato al passato, che non abbracciò mai, se non in questioni superficiali, le novità dell'arte rinascimentale. Bicci di Lorenzo iniziò a dipingere i pennacchi della volta (quattro Evangelisti), la parte superiore del sottarco della cappella (due Dottori della Chiesa: Gregorio e Girolamo) e il prospetto esterno dell'arco trionfale (Giudizio Universale), ma nel 1452 si ammalò gravemente morendo di lì a poco.

Presumibilmente Giovanni Bacci, figlio di Francesco che aveva intensi rapporti con i circoli umanistici aretini, chiamò allora un artista della nuova corrente artistica, scegliendo Piero della Francesca, che era ormai ben noto oltre i confini della sua patria (Sansepolcro) ed aveva già lavorato per corti importanti quali Ferrara, Rimini e Urbino.

Come risulta da un documento notarile, i lavori, interrotti negli anni 1458-1459, quando Piero fu a Roma, alla corte papale di Niccolò V, dove eseguì nel Palazzo Apostolico affreschi ben documentati ma oggi perduti. Qui entrò in contatto con artisti di altre scuole, in particolare fiamminghi, che influenzarono il suo stile, come si legge nelle caratteristiche diverse degli affreschi aretini della seconda fase, dipinti dopo il soggiorno romano.

Gli affreschi della Vera Croce risultavano terminati entro il 1466, quando la confraternita aretina della Nunziata commissionò a Piero uno stendardo con l'Annunciazione, nel cui contratto si faceva riferimento al ciclo ben riuscito, che aveva orientato la scelta sul pittore biturgense. Quello stesso anno Piero dipinse l'affresco di una Maddalena nel Duomo di Arezzo.



 
Piero della Francesca, Adorazione della Croce (dettaglio), affresco, 336 cm x 747, Basilica di San Francesco, Arezzo


Gli affreschi vennero "riscoperti" a metà del XIX secolo, quando si risvegliò l'interesse verso Piero della Francesca a partire dai viaggiatori e gli studiosi inglesi. Il primo articolo in cui si acclamava Piero come artista di prim'ordine fu scritto nel 1858 da Austin Henry Layard nel Quarterly Review. Con la costruzione della prima linea ferroviaria per Arezzo a metà degli anni sessanta dell'Ottocento, gli artisti inglesi, che già avevano ammirato il Battesimo di Cristo della National Gallery, si riversarono a vedere gli affreschi di Arezzo e di Sansepolcro, dove apprezzavano la "laicità" della sua nuova scienza prospettica e l'ispirazione che, secondo loro, derivava dall'arte greca, baluardo dei neoclassici. Lo stesso Edgar Degas visitò Arezzo, traendo ispirazione per opere come Semiramide alla costruzione di Babilonia, oggi al Museo d'Orsay, o i Giovani spartane alla National Gallery di Londra[2].
Il primo critico moderno occuparsi di Piero della Francesca fu Adolfo Venturi nel 1911, seguito a breve da Roberto Longhi nel 1913 (Piero dei Franceschi e le origini della pittura veneziana), che ne diede un'originale rilettura attraverso Cézanne, nel quale riscontrava lo stesso "intervallarsi regolare di volumi regolari", in scene come la Verifica della Croce. Nel 1914 riprese l'accostamento nella Breve ma veridica storia della pittura italiana, parlando di straordinaria "sintesi tra la forma e il colore per vioa prospettica", ripresa anche da Seurat.

Gli affreschi sono stati oggetto di accurato lavoro di restauro terminato nel 1992.

Gli affreschi sono posti su tre livelli sulle pareti laterali e sul fondo, senza alcuna intelaiatura architettonica. Le storie della Vera Croce sono narrate dagli avvenimenti della Genesi fino all'anno 628, quando il santo Crocifisso, dopo essere stato rubato, venne riportato a Gerusalemme. Le fonti delle Storie sono la Bibbia e la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, raccolta di agiografie estremamente popolare nel Medioevo e nel Rinascimento, scritta dal vescovo ligure tra il 1224 e il 1250. Da un punto di vista iconografico Piero aveva a disposizione come modelli gli affreschi di Agnolo Gaddi nel coro di Santa Croce a Firenze e quelli di Cenni di Francesco nella cappella della Croce di Giorno della chiesa di San Francesco a Volterra: la scelta del soggetto è legata alla lunga tradizione di adorazione della Croce negli ordini francescani; la visione del Cristo sulla Croce da parte di Francesco d'Assisi era stata infatti il culmine della sua vita religiosa, premiandolo con il contrassegno delle celebri stimmate, per la prima volta nella storia cristiana.

Piero si discostò comunque dai modelli precedenti, a livello di scelta delle storie (alcune sono trattate individualmente, come quella del Sollevamento della Croce), sia a livello iconografico (Adorazione della Croce e incontro di Salomone e la Regina di Saba, Sogno di Costantino, Battaglia di Costantino e Massenzio). Egli inoltre non si curò dell'andamento cronologico, privilegiando un criterio meramente estetico-formale, che creasse effetti di simmetria, senza per questo impedire rispondenze filosofico-teologiche tra scene che si fronteggiano. In alto ad esempio, sia nella parete sinistra che in quella di destra è rappresentata una scena all'aperto, mentre nel registro mediano si trovano due scene di corte su sfondo architettonico, e, in basso, due battaglie. A determinate scene dell'Antico Testamento inoltre si contrappongono altre del Nuovo.


Elenco delle scene

 


Lo schema iconografico, il riferimento tematico degli affreschi nella Cappella Maggiore di San Francesco

Le scene possono esser quindi lette in un ordine cronologico o nell'ordine di lettura naturale, che va dal registro superiore a sinistra (lunette), alle due scene sulla parete centrale ai lati della finestra, fino alla parete destra, riniziando poi nel registro mediano e in quello inferiore con lo stesso ordine. L'ordine di lettura cronologico invece inizia nella lunetta destra e termina, ciclicamente, nella lunetta sinistra.

 

 

1 Morte di Adamo

2 Adorazione della Croce e incontro tra Salomone e la Regina di Saba

3 Sollevamento della Croce

4 Annunciazione

5 Sogno di Costantino

6 Vittoria di Costantino su Massenzio

7 Tortura dell'ebreo

8 Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce

9 Battaglia di Eraclio e Cosroè

10 Esaltazione della Croce

11 Profeta Ezechiele

12 Profeta Geremia

13 Un' angelo


 


Schema della narrazione degli affreschi nella cappella

A questi dipinti vanno poi aggiunti altri affreschi di corredo (molto frammentari) dipinti da Piero e la sua bottega lungo lo spessore dell'arcone: Sant'Agostino (sull'arco in basso a sinistra), Sant'Ambrogio (sull'arco in basso a destra), Cupido (piedritto sinistro in alto), San Ludovico (piedritto sinistro al centro), San Pietro Martire (piedritto sinistro in basso), Angelo (piedritto destro in basso, la rimanente superficie del piedritto destro è completamente perduta). Il registro più basso, ad altezza d'uomo, è occupato da finte specchiature marmoree e una cornice con dentelli dipinta.

Manca un affresco della Crocifissione, ma ciò era giustificato dalla presenza, tutt'ora in loco, di un grande crocifisso ligneo dipinto attribuito al Maestro del San Francesco Bardi (XIII secolo), appeso sopra l'altare maggiore al centro della cappella.


Stile


   
Spesso Piero della Francesca unificò affreschi contigui, con il paesaggio che continua (Sollevamento e Adorazione della Croce) o con altri stratagemmi, come le due case scorciate tra il Ritrovamento e Verifica della Croce e la Tortura dell'ebreo, che insieme sembrano comporre un unico edificio irregolare. In generale le regole compositive degli affreschi sono le medesime, con figure in primo piano di dimensioni analoghe e con una visione leggermente adattata per uno punto di vista dal basso. Un altro elemento unificatore è la luce, modulata su quella naturale della finestra centrale della cappella. Per questo i due profeti, sulla parete centrale, sembrano illuminati da dietro, come se fossero proiettati verso lo spettatore. Di straordinario valore è la scena notturna del Sogno di Costantino, la prima veduta notturna pienamente convincente dell'arte europea prima di Caravaggio.

1 Morte di Adamo

Piero della Francesca, Morte di Adamo, 1452-1458, affresco, 390 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo

Adamo morente e Seth incontra l’arcangelo Michele

Intorno ad Adamo morente, la moglie Eva, oramai vecchissima, il figlio Seth anch’esso incanutito e giovani nipoti stanno ad ascoltare le ultime volontà del patriarca.

" … un giorno che Adamo era ammalato, il figlio Seth si recò alla porta del Paradiso a chiedere olio del legno della misericordia con cui ungere il corpo del Padre e restituirgli la salute …" (Jacopo da Varagine)

Adamo sta per morire, ed è infatti accasciato sulla destra , con l'anziana Eva alle sue spalle. Suo figlio Seth riceve dall'arcangelo Michele (sullo sfondo) il germoglio dell'Albero della Conoscenza, che poi mette (scena centrale) in bocca al padre morto. Dall'Albero, che visse fino ai tempi di Salomone, nascerà il legno per la Croce di Cristo.

Nel gruppo sulla destra, Adamo, arrivato a novecentotrent'anni di età sta per morire ed ha ancora tre giorni di tempo per evitare la sua fine. Privo di forze, trovandosi seduto a terra sofferente con il capo sorretto da Eva, si raccomanda al figlio Seth (I'uomo con i capelli bianchi fra la donna di fronte vestita in nero e il giovane che si tiene appoggiato al bastone) che corra dall'angelo "a le porte del Paradiso terrestre", per chiedergli "l'olio de la misericordia".

A sinistra del gruppo, sullo sfondo (ben visibile nel particolare), si vede l'arcangelo Michele che nega l'olio a Seth e che, in alternativa, gli consegna qualche seme colto dall'albero del Peccato, da portare alla bocca del vecchio patriarca. Questi, con l'assunzione dei "granelli" avrebbe avuto la garanzia che quando il seme avesse fatto "frutto", sarebbe completamente "guarito" e "sano". Sulla sinistra, il seppellimento del patriarca nella cui bocca, sotto la lingua, Seth mise i semi ("granelli'), o meglio, come fu scritto, "piantò quel ramoscello ....... piantato che fue, crebbe uno grande albore" (quello che domina al centro della composizione). Ancora più a sinistra compaiono figure cariche di drammatica espressività – quali non appariranno più in tutti gli altri episodi – soprattutto in quella femminile a braccia levate (ben visibile nel particolare).

Piero della Francesca, Morte di Adamo (dettaglio), 1452-1458, affresco, 390 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Adamo morto e albero della vita

Adamo morto è circondato dal figlio Seth ricurvo sulla salma del padre, da una giovane donna a braccia aperte che urla il suo dolore, da gruppo di figure nude con, al centro, un giovane paludato in vesti di colore azzurro e rosso. Sullo sfondo due giovani adamiti assistono alla scena guardandosi negli occhi.

"…quando Seth tornò a casa trovò il padre morto e piantò il ramoscello sulla sua tomba…"

La pianta rappresentata da Piero è la nuova sorgente di vita che darà i frutti promessi nel segno della profezia richiamata dai colori rosso (regalità) e azzurro (divinità).

Piero della Francesca | Morte di Adamo (1452 - 1466), Storie della Vera Croce, Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo

   
   

2 Adorazione della Croce e incontro tra Salomone e la Regina di Saba


Piero della Francesca, Adorazione della Croce e incontro tra Salomone e la Regina di Saba, affresco, 336 cm x 747, Basilica di San Francesco, Arezzo


"… quando la Regina di Saba si recò ad ascoltare le sapienti parole di Salomone ebbe ad attraversare il detto lago: ed ecco che vide in spirito come su quel legno dovesse essere sospeso il Salvatore del mondo onde non volle passarvi sopra, ma devotamente si prostrò ad adorarlo…" (Jacopo da Varagine)

La Regina di Saba, attraversando un ponte, riconosce in una trave il legno dell'albero della Conoscenza e si inginocchia ad adorarlo. Nella parte destra, in un interno, la Regina si incontra con re Salomone, davanti al quale si inchina in segno di sottomissione.

L'albero spuntato posto sopra la tomba di Adamo si conservò fino all'epoca di Salomone (970 -930 a.C. circa), quando questi lo fece abbattere. La tavola che ne ricavarono non poteva essere impiegata in nessuna maniera perché talvolta risultava troppo grande, talvolta troppo piccola, facendo infuriare coloro i quali avevano il compito di modificarla ed assemblarla, tanto che "gli artefici, adirati, si riprovarono e gittaronla in un luogo perché fosse ponticello a' viandanti" (sul Siloe, un piccolo lago che si trovava nelle vicinanze).

Adorazione del Legno

La regina di Saba, che arrivò all''incontro per ascoltare "la sapienza di Salomone e volendo passare il detto laghetto, dove il legno era posto, vidde per ispirito che il Salvatore del mondo dovea essere appiccato (riferito al crocifisso da appendere) in quello legno; e però non volse valicare sopra quello legno", si genuflesse per meglio venerarlo (vedi parte sinistra della composizione), circondata dalle proprie dame. Sulla sinistra, in secondo piano, gli staffieri stanno dialogando tra loro in attesa che si compia il rito. Sullo sfondo, una meravigliosa paesaggistica collinosa nella quale dominano due grandi alberi.

Nella raffigurazione di destra, dove l' "ordine di colonne corinzie divinamente misurate" (Le Vite del Vasari) si oppone alla naturale paesaggistica coronante la scena dell'Adorazione, viene raffigurato l'incontro di Salomone con la regina di Saba, rispettivamente attorniati da dignitari e dame. È bene osservare che in tutto l'ambito della "Legenda aurea", tale incontro non riveste nessun interesse; allora perché tanto rilievo da parte dell'artista? Tale scena potrebbe mettere in evidenza l'interessamento di Piero per il mondo aulico, non certamente per sfarzosità ma per la controllata intonazione del cerimoniale.

La regina di Saba con cinque ancelle, palafrenieri e cavalli al seguito, giunta in prossimità di quel Legno, usato come ponte sul lago, s’inginocchia assorta in preghiera in un paesaggio etereo di colline e magnifici alberi come quello della Valtiberina.

In Piero la premonizione della regina di Saba diviene atto sommesso di preghiera e di riflessione che si coglie nell’attesa serena dei paggi intorno ai cavalli e nella pacata compostezza delle ancelle.


Incontro tra la regina di Saba e re Salomone

Il ricevimento nella reggia contrappone ed unisce allo stesso tempo la regina di Saba al re Salomone. La regina, inchinatasi per ossequiare il re di Gerusalemme, occupa con le cinque ancelle del suo seguito la parte destra della scena, mentre il re, posto al centro della scena, è accompagnato alla sinistra da quattro chierici ed alti dignitari di corte.

Salomone è coperto da un mantello tessuto a fiori di melograno: segno di abbondanza e ricchezza. Abiti regali e sacerdotali insieme, con il cappello in uso ai cardinali residenti a Roma intorno alla metà del XV sec., potendo raffigurarsi in esso il cardinale Bessarione, protettore dell’Ordine dei Frati Minori e artefice della riconciliazione tra le chiese d’oriente e d’occidente (come avvenne nel Concilio di Firenze intorno al 1439/ 1440). Tra chierici orientali e nobili dignitari possono essere individuati i committenti di Piero della famiglia Bacci e, forse, l’artista autoritratto sullo sfondo.
Saba, di fronte al re, lascia anch’essa intravedere, oltre il trasparente velo bianco che la adorna, il motivo a fiori di melograno della bianca veste.

Piero della Francesca | Adorazione della Croce e incontro tra Salomone e la Regina di Saba | Album

 

 

Incontro tra Salomone e la Regina di Saba


3 Sollevamento della Croce


Piero della Francesca, Sollevamento della Croce, c. 1466, fresco 390 x 747 cm, (dettaglio), Basilica di San Francesco, Arezzo


"… ben presto il ramo divenne un albero, che viveva ancora ai tempi di Salomone. Salomone comandò di abbatterlo e di trovargli un posto adatto, ed ora era troppo lungo ed ora era troppo corto; alla fine gli operai persero la pazienza e lo gettarono su di un lago perché servisse da ponte…" (Jacopo da Varagine)

La trave riconosciuta dalla Regina di Saba viene sollevata, per essere sepolta su ordine di Salomone.

Tre uomini sono al lavoro per sistemare a terra il pesante e grosso trave, ma prima occorre alzarlo sottoponendosi ad uno sforzo notevole, forse superiore alle loro forze, con l’ausilio delle sole braccia e di un modesto puntello di legno.


Piero della Francesca | Storie della Vera Croce, Sollevamento della Croce (1452-1458), Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo


4 Annunciazione


Piero della Francesca, Annunciazione (dettaglio), c. 1455, fresco, 329 x 193 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Dio, dall'alto dei cieli, invia l'Angelo e lo Spirito Santo per annunciare a Maria l'incarnazione di Cristo nel suo grembo, che ella accetta con un gesto, facendo avverare le Sacre Scritture.

Diverse ed abbastanza divergenti sono state le ipotesi avanzate dagli studiosi riguardo l'interpretazione della tematica.

La scena dell'opera in esame, se presa fuori dal contesto dell'intera narrazione, porterebbe certamente alla tipica "Annunciazione" a Maria. In questo contesto, invece, tale interpretazione potrebbe risultare fuorviante: per lo Springer (1880) l'affresco poteva rappresentare l'annuncio dell'angelo all'imperatrice Elena del rinvenimento della vera Croce, mentre per il Longhi si poteva trattare di una sintesi velata della Passione di Cristo, la quale venne però prontamente bocciata dal Clark perché non pertinente a questa "epopea cavalieresca", come del resto si rileva nella "Legenda aurea", che passa direttamente dagli episodi di Salomone a quelli di Costantino.

I raggi emanati dal Padreterno illuminano la scena dell’angelo annunziante che si rivela alla Vergine.

Piero della Francesca, divenuto maestro teologo per l’Ordine dei Frati Minori, arricchisce la Leggenda della Vera Croce di Jacopo da Varagine con l'episodio dell'Annunciazione.

Per quanto riguarda l'autografia, tranne Adolfo Venturi (1911) che ipotizzava aiuti, gli studiosi sono concordi all'unanimità ad assegnarla completamente al maestro.


Piero della Francesca | L'Annunciazione (1452-1458), Storie della Vera Croce, Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo
 

5 Sogno di Costantino


Piero della Francesca, Sogno di Costantino, c. 1455, fresco, 329 x 190 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Un angelo porta in sogno a Costantino, addormentato nella sua tenda di notte, la rivelazione della Croce e della vittoria su Massenzio a patto della sua conversione. L'Angelo gli porta una minuscola croce, simbolo dell'In hoc signo vinces.

L’imperatore Costantino, difeso dai suoi soldati, riposa nella sua tenda alla vigilia della battaglia finale con Massenzio quando in sogno appare l’angelo.

"… ed ecco nella parte orientale del cielo gli apparve una croce di fuoco, circondata da angeli che gli dissero: Costantino, in questo segno vincerai…" (Jacopo da Varagine)

Piero della Francesca | Sogno di Costantino, c. 1455, Storie della Vera Croce, Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo




6 Vittoria di Costantino su Massenzio


Piero della Francesca, Vittoria di Costantino su Massenzio, c. 1458, fresco, 322 x 764 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Battaglia di Ponte Milvio (312): Costantino mostra la Croce agli avversari, che si ritirano sconfitti.

Costantino insegue Massenzio in prossimità del Tevere mostrando in alto la croce. Da una parte del fiume l’esercito vittorioso compatto dietro l’imperatore, dall’altra l’immagine di soldatesche fugaci e sconfitte.

"… allora Costantino, baldanzoso e sicuro della vittoria, si fece sulla fronte il segno della Croce, e prese in mano una croce d’oro, dopodiché pregò il Signore che la sua destra non si macchiasse di sangue romano…" (Jacopo da Varagine)

Dalla visione notturna l'Imperatore Costantino si era ormai "fatto lieto e già sicuro de la vittoria" ......... "si disegnoe ne la fronte il segno de la croce ch'egli avea veduto in cielo, e trasforma il gonfalone da combattere (il riferimento è alle bandiere da combattimento) in segnali de la croce, e porta in mano diritta una croce d'oro" (a cui, a meno d'un cedimento della doratura – poco probabile – l'artista stese il colore bianco).

Dopodiché si raccomandò all'Eterno di far in modo che la propria mano, così "armata col segno di salute", non dovesse macchiarsi del sangue dei romani presenti nelle schiere di Massenzio. Questi, infatti, venne sconfitto a ponte Milvio, e "affondoe nel fiume profondo: "quella pausa indicibile di campagna solatia, speculata con l'occhio trepido e amante del contadino che, appiattato nel solco, vegga la sua pace messa in forse il giorno della battaglia d'Anghiari: riconosce l'albero e la casetta al ponte del Tevere, l'ombra sotto il gelso, il cespuglio specchiato nell'acqua" [Longhi, 1927].

Piero della Francesca | Vittoria di Costantino su Massenzio, Storie della Vera Croce, Cappella Maggiore di San Francesco, Arezzo

 


7 Tortura dell'ebreo


Piero della Francesca, Tortura dell'ebreo (dettaglio), c. 1455, fresco, 356 x 193 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo

La Croce, dopo la morte di Cristo, è stata sepolta e solo un ebreo di nome Giuda è a conoscenza di dove si trovi. Per obbligarlo a parlare Elena lo fa calare in un pozzo, lasciandolo lì dentro fino a quando sarà disposto a parlare. La scena mostra i funzionari che lo tirano fuori in malo modo.

Entro le mura fortificate della città il giudice afferra i capelli dell’ebreo calato nel pozzo da due guardie allo scopo di farsi rivelare il luogo dove sono state interrate le croci del Golgota.

"… dopodiché (Costantino) mandò a Gerusalemme la madre sua, Elena, a ricercare la croce di Cristo". Ed i sapienti dissero: "Signora, costui (Giuda) è un profeta e conosce bene la legge: meglio di noi saprà informarti…. (Elena) fece poi calare Giuda in un pozzo asciutto e proibì che gli fosse dato alcun genere di cibo. Dopo sei giorni di completo digiuno, Giuda chiese di uscire dal pozzo promettendo che avrebbe rivelato il luogo…" (Jacopo da Varagine)

Dalla narrazione sappiamo che Elena, madre dell'Imperatore Costantino, chiamò gli ebrei e li riunì per farsi indicare il luogo in cui avvenne la Crocifissione di Cristo. Le spiegarono che soltanto un certo Giuda poteva conoscere l'esatta zona. Costui però si rifiutò di rivelarlo ad Elena, e questa "comandò che fosse gittato in un pozzo secco e ivi fosse tormentato di fame".

Dopo sei giorni di tale supplizio, "il settimo li domandò grazia d'essere tratto fuori, e mostrerebbe la Croce". Secondo gli studiosi la scena descrive il momento in cui Giuda viene estratto dal pozzo. Longhi evidenzia che "ancora una volta" l'artista "togliesse a rappresentare del grande ciclo leggendario un frammento visivo e, se si vuole, che di drammatico lo trasformasse in visivo".

Per quanto riguarda l'autografia, gli studiosi sono concordi all'unanimità nell'ammettere interventi collaborativi di altri artisti, che Clark ipotizza numerosi, mentre il Longhi riconosce come unico coautore Giovanni da Piamonte. Per entrambi i critici le zone interessante sono abbastanza "importanti", e riconoscibili soprattutto per la meccanicità con la quale vengono rese le varie forme, in particolare quelle delle capigliature.

I Capolavori dell'Arte in Toscana | Piero della Francesca | Storie della Vera Croce, Tortura dell'ebreo, c. 1455

 

 


8 Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce


Piero della Francesca, Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce, c. 1460, affresco, (356 x 747 cm), Basilica di San Francesco, Arezzo


Elena ha ritrovato la croce di Gesù e quelle dei due ladroni. Non riuscendo a capire quale possa essere quella su cui fu inchiodato Cristo, Elena le fa esporre tutte e tre sopra il cadavere di un giovane appena defunto, che risorge miracolosamente allorché viene a contatto con la sacra reliquia. A quel punto Elena e il suo seguito si inginocchiano in adorazione.

Disseppellimento delle croci

Elena seguita dalle dame di corte e da un nano, riccamente vestito, assiste su indicazione di Giuda al disseppellimento delle croci scavate e sorrette da cinque incaricati. La scena si svolge in prossimità della città di Gerusalemme distesa sulle pendici collinari.

"… dopodiché Giuda cominciò a scavare la terra e scoprì a venti passi di profondità tre croci, che subito fece portare alla regina …" (Jacopo da Varagine)

La premessa alle storie raffigurate da Piero della Francesca viene così presentata nella "Legenda aurea": Giunti nella zona indicata da Giuda si sentono fortissimi odori di spezie, talmente intensi da far convertire l'ebreo che inizia all'istante a collaborare "francamente" al ritrovamento delle croci. Si scava nel terreno e, al raggiungimento dei "venti passi", le croci vengono riportate alla luce e quindi al cospetto di Sant'Elena che ne aveva fatta rischiesta. La scena del ritrovamento delle tre croci si svolge nella parte sinistra del dipinto, a cui viene integrata allo stesso tempo, anche la presentazione alla regina di Saba. L'Imperatrice attorniata dal suo seguito, tra cui anche un nano, segue attimo per attimo gli scavatori, dei quali su "Le Vite" del Vasari viene evidenziato quello alla destra del gruppo: "un villano che, appoggiato con le mani in su la vanga, sta con prontezza a udire parlare sant'Elena mentre le tre croci si dissotterrano, che non è possibile migliorarlo". Sullo sfondo collinare, come un improvvisa apparizione, spicca la città di Gerusalemme con caratteristiche aretine, nella quale domina in alto la facciata rossa della chiesa di San Francesco.


Prova miracolosa della Vera Croce


 


Piero della Francesca, Ritrovamento
delle tre croci


Elena inginocchiata con le sue dame è partecipe assieme a Giuda ed altri testimoni del miracolo della Croce che resuscita Lazzaro. Un contesto urbano ricco nei decori del tempio e classico nelle articolate forme architettoniche degli edifici fornisce lo sfondo all’episodio.

"… ed ecco che Giuda fece fermare il corteo funebre e fece stendere il cadavere sulla prima e sulla seconda croce: il cadavere rimase immobile. Ma quando fu disteso sulla terza dette segno di vita . Infine Elena portò al figlio una parte della croce e parte ne lasciò nel luogo dove l’aveva trovata, racchiusa in una custodia d’argento. Elena stabilì che il ritrovamento della croce fosse solennemente celebrato …"

L'episodio della verifica della vera Croce viene raffigurato nella parte destra del dipinto: "E, non sappiendo discernere la croce di Cristo da quelle due de' ladroni, si (in riferimento all'Imperatrice Elena) le puose nel mezzo de la cittade aspettando ivi la gloria del Signore. Et eccoti ne l'ora de la terza, portandosi uno morto giovane a sotterrare. Giuda tenne mano al cataletto e puose la prima e la seconda croce sopra il capo del morto, ma neente risuscitoe; puosevi la terza croce: incontanente tornò a vita il morto".

Nella scena, in una luce mattutina, la regina e le proprie dame sono inginocchiate per venerare il sacro legno (alla stessa maniera in cui viene raffigurata la scena dell'affresco de '"L'adorazione del legno", ubicato frontalmente, dove invece le dame rimangono in piedi), osservate da tre personaggi con grandi e strani copricapi probabilmente di tipo orientale. Anche in questa composizione, come in quella de "L'incontro di Salomone con la regina di Saba" (stesso comparto de "L'adorazione del legno"), l'architettura con tutti i suoi elementi riveste un rilievo risolutivo nella semplicità costruttiva della composizione, qui ancora più libera e variata: un'architettura "di gusto albertiano che, da Rimini, trapasserà poco dopo a Venezia, quasi insieme con la pittura di Piero" (Longhi in "P" 1950).

La scena è priva di ogni enfatizzazione di drammaticità e tutto viene svolto come in una rievocazione di episodi da sempre narrati, ma che si trasformano da spettacolo a vera e propria celebrazione di riti, ancor più suasivi per via della semplicità in cui appaiono le azioni dei personaggi. Riguardo all'autografia, l'ammissione di una estesa esecuzione di Piero della Francesca è universale, salvo sicuri interventi di collaboratori, da identificarsi probabilmente nel solo gruppo delle veneranti, compresa naturalmente Sant'Elena (fonte: Toesca).

Piero della Francesca | Storie della Vera Croce, 1452-1466, Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce

 


Piero della Francesca, Verifica della Croce

Piero della Francesca, autoritratto in Ritrovamento delle tre croci


9 Battaglia di Eraclio e Cosroè


Piero della Francesca, Battaglia di Eraclio e Cosro, c. 1466, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo


Cosroè II, re persiano della dinastia sasanide, conquista Gerusalemme e ruba la Vera Croce. A fianco della sacra reliquia e del gallo si fa adorare come una divinità (edicola nella parte destra), ma i cristiani, comandati dal re bizantino Eraclio, lo fanno prigioniero dopo averne sconfitto l'esercito nella Battaglia di Ninive (dicembre 627) - nella quale muore uno dei suoi figli - e lo fanno decapitare (gennaio 628).

"… nell’anno 615 il Signore permise che il suo popolo molto fosse provato dalla crudeltà dei pagani: infatti in questo tempo Cosroe, re dei persiani, sottomise tutte le terre al suo potere e giunse fino a Gerusalemme, ma dinanzi al sepolcro di Cristo fu preso da terrore e subito se ne andò dalla città santa portando con sé quella parte della croce che Elena vi aveva lasciato. Cosroe … si sedette sul trono collocò vicino a sé la croce di Cristo, poi comandò che i sudditi lo chiamassero Dio Padre: si era posto, infatti, il legno della croce a destra del trono in luogo del Figlio e un gallo a sinistra in luogo dello Spirito Santo… Allora Eraclio, acceso di sacro zelo, mosse il proprio esercito contro Cosroe, lo sconfisse e lo inseguì fino a Ctesifonte …" (Jacopo da Varagine)

La "Legenda aurea" racconta che nel 615 il Cosroe, re di Persia aveva trafugato la "Vera Croce" ed immessa nel proprio trono, per far sì che "sedendo elli ne la sedia, sì come Padre (riferito all'Eterno), puosesi al lato diritto il legno de la Croce, in luogo del Figliuolo, e 'I gallo dal lato manco, in luogo de lo Spirito santo": così come si intravede, sull'estrema destra (particolare di destra), al lato sinistro del faldistorio (sotto il baldacchino che sembra esternamente foderato, o stranamente, in parte con aperture ed in parte no).

La scena della battaglia è così descritta da Roberto Longhi: " In quella pressura dei gesti si veggon le teste stridere, more, contro le groppe dei cavalli bianchi; prospetti, profili perduti, di vincitori, di vinti guardarsi da vicino nelle sclerotiche lucenti; le armature attraversarsi di passerelle d’armi or ora vibrate; i gesti brevi, angolati o in dirittura, incastrarsi insieme, e così fermi, coi finimenti e con le livree, come simili quote cromatiche, e discenderne frammenti di ritaglio quasi a logogrifo: là, per esempio, dove tra un braccio che vibra il colpo e l’uomo che ricade sgozzato, appare, impassibilmente emblematica, la curva lunata del cavallo bianco e, di sopra, l’impresa delle bandiere". A fianco, intanto, si consuma il destino del sacrilego Cosroe, rivestito dei panni del Padreterno, che sta in attesa dell’esecuzione alla quale assistono imperturbabili i magistrati che Piero raffigura nei volti dei committenti della famiglia Bacci.

 

Le truppe del re persiano vennero sconfitte dall'Imperatore Eraclio "a lato il fiume di Danubio" (presentate per gran parte l'affresco, partendo da sinistra) e, in seguito alla vittoria, questi invitò Cosroe a diventare cristiano ma, "non volendo quelli acconsentire, trasse fuori il coltello e tagliogli incontanente la testa", come si vede nella scena che si svolge sulla destra della composizione. Fra i personaggi riuniti intorno al re Cosroe, che umilmente attende immobile il suo triste destino, ne "Le Vite" del Vasari sono identificati i ritratti dei committenti nelle persone di "Luigi Bacci ... insieme con Carlo e altri suoi fratelli" (meglio sarebbe un identificazione in Francesco di Baccio con i nipoti Agnolo ed Andrea) e di "molti aretini che fiorivano allora nelle lettere". Ipotesi, queste, tutte da discutere, mentre altre dello stesso Vasari sono nettamente da escludere come quando nel bel mezzo della battaglia indica "la paura, l'animosità, la destrezza, la forza e tutti gli altri effetti che in coloro si possono considerare che combattono; e gli accidenti parimente, con una strage quasi incredibile di feriti, di cascati e di morti", contrastata dal Focillon che in questo combattendo vede sole persone che "si muovono senza fretta, come bravi operai coscienziosamente intenti al loro mestiere di uccidere". Come detto sopra, nella presentazione dell'opera, la critica ufficiale considera - nella stesura - una vasta collaborazione con altri pittori, che il Longhi attribuisce al solo Lorentino d'Arezzo.

 


10 Esaltazione della Croce


Piero della Francesca, Esaltazione della Croce, c. 1466, affresco, (390 x 747 cm), Basilica di San Francesco, Arezzo

Il ritorno della Croce a Gerusalemme.
Eraclio, dopo la riconquista della Croce, la riporta a Gerusalemme in un pellegrinaggio che fa scalzo come Cristo sulla strada del Golgota. Fedeli accorrono dalla città e si inginocchiano davanti alla sacra reliquia.

Eraclio scalzo e senza cappello sorregge e porge la Croce alle porte di Gerusalemme: cinque alti dignitari compongono il corteo imperiale mentre rappresentanti del popolo di Gerusalemme attendono inginocchiati il ritorno della Croce.

"… Eraclio riportò a Gerusalemme la sacra reliquia della croce… quando arrivò alla porta… le pietre si unirono a formare un muro. Allora l’Imperatore, piangendo si tolse i calzari e il manto regale, prese la croce di Cristo e a piedi si diresse verso la porta: ed ecco che il muro si aprì e il re poté entrare in città con tutto il suo seguito …" (Jacopo da Varagine)


11 Profeta Geremia


Piero della Francesca, Profeta Geremia (dettagllo), c. 1466, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo

Piero della Francesca, Profeta Geremia (dettaglio), c. 1466, affresco, 329 x 747 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo



In base alla somiglianza con il giovane scalzo che figura nella Flagellazione di Piero, la Ronchey riconosce in questo personaggio le fattezze di Tommaso Paleologo, fratello minore di Giovanni VIII ed ultimo despota di Morea.  

 

 

12 Profeta Ezechiele



 

 

 

 

13 Un' angelo | Figure isolate all'interno della decorazione




La posa della figura, come è stato più volte osservato, è speculare a quella del San Ludovico dipinto da Piero nel ciclo di Arezzo in quello stesso torno di tempo: è possibile che il maestro abbia adattato lo stesso cartone, com’è testimoniato che egli fece in altri casi, e forse una parola definitiva a questo riguardo potrà dircela l’attuale restauro.[1] [1]

 


Giovanni di Piamonte (allievo e collaboratore di Piero della Francesca

 
   

 
   

Piero della Francesca | Opere


Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico
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* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
       Morte di Adamo, 390x747 cm
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
       Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
       Annunciazione, 329x193 cm
       Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
       Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
       Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
       Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
       Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
       Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
       Profeta Geremia, 245x165 cm
       Angelo, frammento, base 70 cm
       Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
       Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
       San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
       San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
       San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
       Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
       Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)


[1] L'esempio più celebre è quello di Reginaldo degli Scrovegni, citato come dannato nell'Inferno da Dante, il cui figlio Enrico fece affrescare, in riparazione dei "peccati" del padre, la famosa cappella degli Scrovegni a Giotto.
[2] Silvia Ronchey, L'enigma di Piero, BUR, Milano 2006, pag. 40-41.

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Piero della Francesca
Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Piero della Francesca

Il Museo di Piero della Francesca sorge nell’antico Palazzo della Residenza di Sansepolcro, uno dei più rappresentativi di tutta la Toscana. All’interno, su una parete della Sala dei Conservatori, fu affrescata intorno al 1460, più o meno in contemporanea con l’altrettanto famosa Madonna del parto di Monterchi, la celebre Resurrezione, opera, a ragione, definita dallo scrittore inglese Aldous Huxley “la più bella pittura del mondo”. Proprio da questa illustre presenza scaturì, già nel Cinquecento, l’idea di riunire in questa stanza un gruppo di opere d’arte realizzando così la prima collezione artistica cittadina. Questo stesso ambiente oggi, accanto al celebre affresco, conserva le altre opere che Piero eseguì per la sua città natale alla quale rimase sempre legato.
Museo Civico, Via Niccolò Aggiunti, 65, 52037 Sansepolcro Arezzo | www.museocivicosansepolcro.it

Leggenda della Vera Croce | Piero della Francesca - Un progetto per Piero della Francesca
Sequenza delle scene | Descrizione degli Episodi


The interactive website, Piero della Francesca: The Legend of the True Cross was created by the department of Art History at Princeton and allows the viewer to move through the chapel’s space and experience Piero Della Francesca’s fresco cycle of medieval legends from many different vantage points. The user can follow the narrative chronologically, view the frescoes in detail, and notice thematic connections teased out by the images’ relationship in space.

Navigate the Model


The Piero Project Story
Kirk Alexander, University of California, Davis, USA
Marilyn Aronberg Lavin, Princeton University, USA
Marcello Carrozzino, IMT Institute for Advanced Studies, Italy
Franco Tecchia, PERCRO - Scuola Superiore S.Annna, Italy


Art in Tuscany | The Golden Legend (Legenda aurea or Legenda sanctorum)

Bibliografia

Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007

Jan Willem Drijvers, Helena Augusta: The Mother of Constantine the Great and the Legend of Her Finding of the True Cross, Brill Academic Publishers, 1997

Lavin, M.A. , Piero della Francesca. London, Phaidon Press, 2002

Carlo Bertelli, Piero della Francesca: The Frescoes of San Francesco in Arrezzo, Skira, 2002

Carlo Bertelli, Piero della Francesca, New Haven & London, Yale University Press, 1992

Carlo Bertelli, Antonio Paolucci, Piero della Francesca e le corti italiane (Catalogo della mostra (Arezzo, 31 marzo - 22 luglio 2007), Milano, Skira Editore, 2007

J.V. Field, Piero della Francesca: A Mathematician's Art, New Haven & London, Yale University Press, 2005

John Pope-Hennessy, The Piero Della Francesca Trail, Little Bookroom, 2002

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Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia

 

     
   
Podere Santa Pia
 
Podere Santa Pia, giardino
 

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Abbadia Sant' Antimo
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Sansepolcro
         
The façade and the bell tower of
San Marco a Firenze
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Firenze, Duomo
         

Leggenda della Vera Croce

 

   
La Leggenda della Vera Croce è la leggenda che racconta la storia del legno sul quale venne crocifisso Cristo, spesso tramandata in letteratura e rappresentata in opere d'arte.
La versione più nota è quella che fa parte della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, opera composta nel XIII secolo.

La leggenda ha inizio con Adamo che, prossimo a morire, mandò il figlio Set in Paradiso per ottenere l'olio della misericordia come viatico di morte serena. L'Arcangelo Michele, invece, gli diede un ramoscello dell'albero della vita per collocarlo nella bocca di Adamo al momento della sua sepoltura (o tre semi secondo un'altra versione). Il ramo crebbe e l'albero venne ritrovato da re Salomone che, durante la costruzione del Tempio di Gerusalemme, ordinò cha l'albero venisse abbattuto ed utilizzato. Gli operai non riuscirono però a trovare una collocazione, perché era sempre o troppo lungo o troppo corto, e quando lo si tagliava a misura giusta in realtà diveniva troppo corto, tanto da non poter essere utilizzato. Gli operai decisero così di gettarlo su un fiume, perché servisse da passerella. La regina di Saba, trovandosi a passare per il ponte, riconobbe il legno e profetizzò il futuro utilizzo della tavola. Salomone, messo al corrente della profezia, decise di farlo sotterrare. Quando Cristo fu condannato, la vecchia trave venne ritrovata dagli israeliti ed utilizzata per la costruzione della Croce. A questo punto la leggenda inizia a confondersi con la storia. Nel 312, la notte prima della battaglia contro Massenzio, l'imperatore Costantino I ha la mitica visione che porrà fine, anche, alle persecuzioni dei cristiani: una croce luminosa con la scritta "In hoc signo vinces". [1] L'imperatore decide allora di utilizzare la croce come insegna e il suo esercito vinse la battaglia di Ponte Milvio.

Costantino decise così di inviare la madre Elena a Gerusalemme per cercare la Croce della Crocefissione. Elena trovò una persona che conosceva il punto di sepoltura della Vera Croce. Per costringerlo a parlare, lo fece calare in un pozzo, senza pane ed acqua, per sette giorni. Convinse così il reticente a rivelare il luogo della sepoltura. Elena poté, in questo modo, rinvenire le tre diverse croci utilizzate il giorno della morte di Cristo. Per identificare quella sulla quale era morto Gesù, Sant'Elena sfiorò con il legno un defunto e questi resuscitò. Sant'Elena separò la croce in diverse parti di cui la principale venne lasciata a Gerusalemme.

All'inizio del VII secolo l'Impero bizantino visse una profonda crisi e subì attacchi da diversi fronti, in particolare dall'Impero persiano per opera del re Cosroe II. Nel 614 il re Cosroe II, dopo tre settimane di lungo assedio, riuscì ad espugnare Gerusalemme e a trafugare tutti i tesori e le reliquie a Ctesifonte. L'imperatore bizantino Eraclio raccolte tutte le forze decise di partire personalmente alla guida del suo esercito per sconfiggere i persiani e recuperare la Vera Croce. La guerra con i persiani durò diversi anni e solo nel 628 Eraclio sconfisse, decapitò Cosroe II ed ottenne la restituzione della Croce che venne riportata dallo stesso Eraclio (scalzo e vestito da pellegrino) a Gerusalemme il 21 marzo 630 tra l'esultanza del popolo.

Questo fu un tema estremamente caro ai frati francescani che spesso nel basso medioevo fecero affrescare le chiese con episodi della leggenda. Fu un tema molto rappresentato anche fuori dalla penisola italiana. In Italia particolarmente importanti sono il ciclo di affreschi di Arezzo dipinti da Piero della Francesca ed i cicli nella chiesa di Santa Croce a Firenze dipinti da Agnolo Gaddi.

Questo articolo è basato sull'articolo Leggenda della Vera Croce (Piero della Francesca) e Leggenda della Vera Croce dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License, e su Piero della Francesca - Un progetto per Piero della Francesca [Nicola Bonechi]
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