Piero della Francesca

Giorgio Vasari | Le vite | Piero della Francesca


Opere in ordine cronologico


Polittico della Misericordia

Battesimo di Cristo

San Girolamo penitente


San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi,


Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo

Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta,

Storie della Vera Croce
       Morte di Adamo
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con        la Regina di Saba
       Sollevamento del legno della Croce
       Annunciazione
       Vittoria di Costantino su Massenzio
       Tortura dell'ebreo
       Ritrovamento e verifica della vera Croce
       Battaglia di Eraclio e Cosroè
       Profeta Geremia
       Angelo

Maria Maddalena

Polittico di Sant'Agostino


San Giuliano

Madonna del parto

Resurrezione

San Ludovico di Tolosa

Polittico di Sant'Antonio

Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza

Pala di Brera

Flagellazione di Cristo

Ercole

Madonna di Senigallia

Natività

Madonna col Bambino e quattro angeli






 





 
Arte in Toscana
             
 
Piero della Francesca, Madonna and Child with Saints (1472-1474)
Piero della Francesca, La Pala di Brera (Pala Montefeltro), 1472-1474, tempera e olio su tavola, 248 x 170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano


 
       
   

Piero della Francesca | La Pala di Brera, o Pala Montefeltro (1472-1474)

   
   

La Pala di Brera, o Pala Montefeltro (Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro), è un'opera di Piero della Francesca, tempera e olio su tavola (248 x 170 cm), databile al 1472 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano, che le dà il nome. Alcune parti della pala (in particolare le mani del duca) sono da attribuire ad un intervento di completamento o modifica da parte di Pedro Berruguete, pittore di corte, databile a dopo il 1474 circa.[1]


Storia

La tavola fa parte delle opere commissionate ad Urbino da Federico da Montefeltro a Piero, assieme al Doppio ritratto, alla Madonna di Senigallia e, forse, la Flagellazione.

Non si conosce l'originaria destinazione ufficiale dell'opera né la data di realizzazione, ma un indizio è fornito dal ritratto di Federico inginocchiato sulla destra: egli non porta ancora l'onorificenza dell'Ordine della Giarrettiera (che si vede ad esempio nel Ritratto col figlio Guidobaldo di Pedro Berruguete), ricevuta nel 1474, quindi il dipinto dev'essere anteriore a quella data.

La commissione viene quindi in genere collocata al 1472 circa, quando il duca, persa improvvisamente e prematuramente la moglie, iniziò a preoccuparsi della sua sepoltura ed aveva potuto richiedere l'immagine votiva a Piero, nell'ambito di un progetto di un mausoleo mai realizzato. Alcuni legano l'occasione della commissione alla conquista di alcuni castelli in Maremma, oppure alla nascita dell'erede del duca Federico, Guidobaldo da Montefeltro e la conseguente commemorazione della morte successiva della moglie Battista Sforza.

 

 

 

L'ipotesi è suffragata anche da una nota settecentesca nei registri del Convento di San Bernardino a Urbino, dove la pala si trovava, in cui si legge che l'opera fu eseguita nel 1472, anche se come autore viene fatto il nome di Fra Carnevale. A proposito di tale evento si legge ancora nella nota che il Bambino presenterebbe le sembianze del piccolo Guidobaldo, mentre la Vergine quelle della duchessa Battista Sforza, sepolta proprio in San Bernardino. Inoltre dal 1474 si iniziano a registrare opere desunte dall'innovativa composizione pierfrancescana.

In ogni caso la pala non poteva essere stata dipinta per San Bernardino, perché la chiesa venne cominciata solo nel 1482. Probabilmente il dipinto si trovava anticamente nella "cappella delli Conti" o dell'Assunta, nella Chiesa di San Francesco, luogo di sepoltura storico dei Montefeltro o in quella di San Donato, dove il Duca venne poi sepolto provvisoriamente. Forse la destinazione pianificata per l'opera era da sempre il mausoleo ducale, mai realizzato, che doveva essere costruito in forma di tempietto rotondo nel terzo cortile, detto "del Pasquino", di Palazzo Ducale.

Quando nel 1482, subito dopo la morte del Duca, Francesco di Giorgio Martini iniziò a costruire il Mausoleo Ducale di san Bernardino, lui e, forse, Donato Bramante - che conoscevano esattamente le volontà di Federico - presero subito in considerazione di collocare la pala sull'altar maggiore del nuovo tempio; così in effetti fu e, sebbene l'opera sia più antica della chiesa di circa dieci anni, creava un rilevante dialogo tra architettura reale ed architettura dipinta. La pala rimase in San Bernardino per ben 329 anni.

 

Nel 1810, a causa delle soppressioni napoleoniche, il dipinto venne trasferito, nel 1811, a Milano nella nuova istituzione di Brera, dove rimase fin da allora.

Per quanto riguarda la paternità dell'opera, è ormai scartata da tutti gli studiosi l'attribuzione a Fra Carnevale ed è riconosciuta unanimemente come opera autografa di Piero della Francesca. Tuttavia, già nel 1891 il critico Cavalcaselle, che per primo pose in discussione l'attribuzione a Fra Carnevale, notava un divario rispetto al resto dell'opera nelle mani del Duca Federico: Longhi avanzò il nome di Pedro Berruguete raccogliendo un pressoché totale consenso tra gli studiosi.


 

Descrizione e stile

La pala di Brera è esemplare delle ricerche prospettiche compiute dagli artisti del centro Italia nel secondo Quattrocento. Si tratta di un'opera estremamente monumentale, con un trattamento magnifico della luce, astratta e immobile, e un repertorio iconografico di straordinaria ricchezza. Innanzitutto sono inconsuete sia le dimensioni sia l'assenza di scomparti laterali, come nei tradizionali polittici, risultando la prima Sacra Conversazione sviluppata prevalentemente in verticale: numerose tavole da altare, in tutta l'Italia centrosettentrionale, vi si ispirano.

L'opera presenta al centro la Madonna in trono in posizione di adorazione, con le mani giunte verso Gesù Bambino addormentato sul suo grembo. La particolare disposizione del gruppo sacro centrale è rara ma documentata già nella bottega muranese dei Vivarini o in un polittico di Antonio da Ferrara presente nella chiesa urbinate di San Donato dal 1439. Probabilmente la posizione venne scelta dal committente per il collegamento con un sentimento a lui caro, la pietà filiale.

Attorno vi è una schiera di angeli e santi. In basso a destra si trova, appunto, inginocchiato e in armi, il duca Federico. Fa da sfondo alla composizione l'abside di una chiesa dalla struttura architettonica classicheggiante.

La Madonna è la figura che domina la rappresentazione e il suo volto è il punto di fuga dell'intera composizione. Il trono si trova poggiato su un prezioso tappeto anatolico, un oggetto raro e prezioso ispirato a dipinti analoghi dell'arte fiamminga.

Il Bambino ha appeso al collo un ciondolo di corallo che cela rimandi al rosso del sangue, simbolo di vita e di morte, ma anche della funzione salvifica legata alla resurrezione di Cristo. La stessa posizione addormentata era una prefigurazione della futura morte sulla croce.

Federico è esposto più all'esterno, fuori dall'insieme degli angeli e dei santi, come prescriveva il canone gerarchico dell'iconografia cristiana rinascimentale.

I santi ai lati sono (da sinistra):

* San Giovanni Battista, barbuto, con la pelle e il bastone, la cui presenza è giustificata dal fatto che egli era patrono di Gubbio, di Urbino e della moglie del Duca
* San Bernardino da Siena, in secondo piano, la cui presenza è giustificata dal fatto che Bernardino conobbe Federico, ne divenne amico e forse confessore; inoltre spiega la collocazione nel convento che porta il suo nome;
* San Girolamo, a sinistra della Madonna, con la veste lacera dell'eremita e il sasso per percuotersi il petto; egli, in quanto studioso e traduttore della Bibbia, era considerato il protettore degli umanisti;
* San Francesco d'Assisi, che mostra le stimmate la cui presenza viene messa in relazione con una possibile destinazione originaria per la chiesa francescana di San Donato degli Osservanti, che peraltro ospitò per un periodo la stessa tomba del Duca Federico;
* San Pietro martire, con il taglio sulla testa;
* San Giovanni Evangelista, con il libro e il mantello tipicamente rosato.

Gli abiti, molto ricercati, le pietre degli angeli e l'armatura sono dipinti con minuziosi particolari, secondo un gusto tipicamente fiammingo.

Federico da Montefeltro è vestito dell'armatura, con la spada e un ricco mantello a pieghe, mentre in terra si trovano l'elmo, descritto fin nei più ricercati riflessi metallici della luce e dell'elsa della spada, il bastone del comando e le parti dell'armatura che coprono mani e polsi, per permettergli di giungere le mani in preghiera. Le sue mani hanno trattamento minuzioso e tondeggiante che è estraneo alla pittura "di luce" di Piero: vengono attribuite allo spagnolo di formazione fiamminga Pedro Berruguete, artista di corte di Federico dal 1474 al 1482. Il profilo mostrato è, come di consueto quello sinistro, poiché quello destro era mutilato dalla perdita di un occhio durante un torneo.

La sua figura inoltre non solo è di proporzioni uguali alle divinità, come aveva già rivoluzionato Masaccio, ma è anche coinvolta inequivocabilmente nello spazio della sacra conversazione, suscitando anche nell'osservatore, per emulazione, la sensazione di trovarsi nello spazio della chiesa. Molti dei santi mostrano le ferite del loro martirio, e anche il duca, nell'elmo ammaccato, ricorda la sofferenza terrena.

Nei gioielli indossati dagli angeli o nella croce tenuta da san Francesco nella mano destra il pittore poté dare un saggio di virtuosismo nel rendere i riflessi luminosi sulle diverse superfici, anche quelle più preziose e ricercate, come facevano i fiamminghi.


Lo sfondo

La scena è ambientata davanti a un'abside monumentale che, contrariamente alla prima impressione, si trova molto indietro rispetto alle figure, come dimostrano lo studio delle proporzioni architettoniche. Secondo il critico Clark le strutture dipinte sarebbero ispirate dalla chiesa di Sant'Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti. L'opera venne iniziata nel 1471, ma è probabile che tra i due artisti ci sia stato uno scambio di pareri e magari di disegni progettuali durante un loro probabile incontro a Rimini e forse nella stessa Urbino. La struttura riecheggia anche lo schema dell'architettura reale della chiesa di San Bernardino, di Francesco di Giorgio Martini, anche se la chiesa è un'opera ritenuta successiva, edificata dal 1482.

Entro un monumentale arco di trionfo, retto da paraste al di sopra di un'elaborata trabeazione con una fascia continua di marmo rosso, si sviluppa una volta a botte con cassettoni scolpiti con rosette. Il numero dei cassettoni su ciascuna fila è dispari, come nell'architettura classica, ma diversamente dalle opere dell'Alberto o dalla stessa Trinità di Masaccio, di brunelleschiana ispirazione. Archi analoghi sono impostati sui, come in un ipotetico transetto. Nella parte inferiore si trovano specchiature marmoree policrome, accordate su toni delicati che fanno risaltare le figure, amplificando la sacralità e la monumentalità. L'impianto prospettico è esaltato dai contrasti fra luce e ombra che si creano nei cassettoni della volta a botte.


La conchiglia e l'uovo


In fondo alla nicchia si trova un'esedra semicircolare dove colpisce la geometrica purezza della calotta della semicupola dove è scolpita una conchiglia (esempi simili si trovano nell'arte fiorentina dell'epoca, a partire dalla donatelliana nicchia della Mercanzia in Orsanmichele, del 1425 circa), magnificamente evidenziata dalla luce, al culmine della quale è appeso un uovo di struzzo, che sembra fluttuare sulla testa di Maria. L'uovo è messo in risalto dalla luce su uno sfondo in ombra, proiettandosi otticamente in primo piano.

La conchiglia è simbolo della nuova Venere, Maria e della bellezza eterna. L'uovo è un complesso richiamo al dogma della verginità di Maria, che doveva essere noto agli umanisti del XV secolo. Si rifà alla storia di Leda, sposa del re di Sparta, dove si trovava appeso in un tempio un analogo uovo, che venne fecondata da Zeus sotto forma di cigno, precorrendo la fecondazione di Maria tramite i raggi divini emanati dalla colomba dello Spirito Santo.

L'uovo era anche inteso comunemente come simbolo di vita, della Creazione (vedi Uovo cosmico). In numerose chiese dell'Abissinia e dell'Oriente cristiano-ortodosso viene spesso appeso nel catino absidale un uovo proprio con quest'ultimo valore, come segno di vita, di nascita e rinascita. Proprio questa valenza rimanderebbe alla nascita del figlio del duca, tanto più che lo struzzo era uno dei simboli della casata del committente. Inoltre l'uovo, illuminato da una luce uniforme, esprime l'idea di uno spazio centralizzato, armonico e geometricamente equilibrato: "centro e fulcro dell'Universo".

Secondo altri la figura ovoidale sarebbe invece una perla, generata dalla conchiglia senza alcun intervento maschile.

 


La conchiglia e l'uovo

 

   
   
La questione dell'integrità dell'opera

   
Secondo il critico Ragghianti l'opera sarebbe mutilata su tutti i lati. Nella sua ricostruzione l'intera opera sarebbe apparsa “incorniciata in primo piano da pilastri laterali (di cui si scorgono ancora i cornicioni terminali) e da un arcone in controluce”. La sua ricostruzione è apparsa plausibile anche a molti altri studiosi e critici.

Ragghianti, che aveva già notato e provato una simile mutilazione anche in un'altra opera di Piero della Francesca, l'Annunciazione di Perugia, cercò di individuare l'estensione originale della tavole basandosi sulla concordanza armonica della composizione: egli vi ravvisava uno “stacco” fra la massa complessiva dei personaggi e il vuoto soprastante. L'equilibrio armonico tra le due parti sarebbe stato garantito dalla sezione aurea impostata sulla linea – parallela alla base – tangente l'apice della testa di Maria. Inoltre secondo questa estensione l'uovo verrebbe a trovarsi sul centro geometrico di tutta la composizione ribadendo l'equilibrio e la simmetria ricercata dai pittori umanisti.

Successivi studi compiuti sull'opera hanno dimostrato che effettivamente l'opera potrebbe aver subito una riduzione: difatti mancano lungo i bordi le consuete sbavature, solitamente presenti in un'opera pittorica indipendentemente dalla perizia dell'esecutore. L'opera potrebbe dunque essere stata ridotta sui quattro lati e poi accuratamente piallata ai bordi. Gli esami effettuati hanno infatti mostrato evidenti tracce di questa piallatura. Risulta difficile datare l'evento.

Tecnica

 

Gli angeli con i gioielli
La tavola è composta da ben nove assi lignee affiancate in orizzontale e tenute insieme da bacchette saldate negli scassi rinforzate da anelli metallici, secondo uno schema di carpenteria che era in uso a Urbino, utilizzato ad esempio anche nella Pala del Corpus Domini di Giusto di Gand o nel ciclo degli Uomini Illustri per lo Studiolo.

L'imprimitura chiara, stesa prima della disegno e del colore, appare, secondo una tecnica appresa dai fiamminghi, in sottili porzioni lungo i perimetri delle forme, lasciati liberi dalle velature pittoriche, con l'effetto di creare una luminosità vibrante che accentua la tridimensionalità.

Il colori usati non sono moltissimi, ma gli effetti cromatici sono moltiplicati dall'uso di diversi leganti, a seconda delle superfici. Se nello sfondo architettonica viene usata la tempera all'uovo, gli incarnati sono resi con un'emulsione di uovo e olio, mentre alcuni dettagli, come gli abiti, presentano una serie di velature a olio stese sopra una base a tempera, o viceversa. Il variare delle superfici e i diversi tipi di brillantezza vengono così resi in maniera eccellente.

Non è chiaro perché le mani del duca vennero ridipinte: forse il committente ne era insoddisfatto, desiderando un effetto più veristico, oppure si era reso necessario di aggiungere l'anello vedovile al dito, necessitando una nuova predisposizione dell'intero dettaglio. Durante tali interventi venne anche probabilmente soppresso il gioiello profano sul capo della Vergine, come hanno rivelato le radiografie, poiché giudicato sconveniente.


Retaggio

   
L'opera ebbe un ruolo nodale nello sviluppo della cultura figurativa italiana, a partire dall'influenza su artisti come Giovanni Bellini e Antonello da Messina. Il ricordo dello spazio profondo e definito prospetticamente, su cui indugia una luce immobile, fu senz'altro importante per un artista urbinate quale Bramante.

   
 
   

Piero della Francesca | Opere


Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico
.


* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
       Morte di Adamo, 390x747 cm
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
       Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
       Annunciazione, 329x193 cm
       Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
       Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
       Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
       Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
       Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
       Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
       Profeta Geremia, 245x165 cm
       Angelo, frammento, base 70 cm
       Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
       Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
       San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
       San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
       San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
       Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
       Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)

[1] L’iconografia della Sacra Conversazione è la rappresentazione della Madonna in trono circondata da santi. Talvolta può essere un colloquio su temi dottrinari e teologici in presenza della Vergine Maria con il Bambino Gesù.
L'opera che rappresenta probabilmente il primo esempio di questo tema è la Pala di Annalena del Beato Angelico (1430-1440 circa), secondo altri la Madonna del canonico van der Paele di Jan van Eyck (1436).

[2] Luca Bartolomeo de Pacioli o anche Paciolo (Borgo Sansepolcro, 1445 circa – Roma, 19 giugno 1517) è stato un religioso, presbitero e matematico italiano, autore della Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni e Proportionalità e della Divina Proportione.
Luca Pacioli, frate francescano, fu un insegnante itinerante di matematica. Quando lavorò alla corte di Urbino, scrisse un testo nel quale spiegava contabilità e partita doppia. Grazie a questo testo Pacioli si guadagnò una posizione preminente nella storia del commercio e raccolse il titolo di "padre della contabilità".
Fra’ Pacioli venne chiamato alla corte di Ludovico Sforza a Milano, dove incontrò Leonardo da Vinci, a cui insegnò la complessità della geometria. In seguito Leonardo erudirà Pacioli in merito all'applicazione della geometria all'arte e all'architettura. Il testo del De Divina Proportione rappresenta l’eccezionale prodotto della stretta collaborazione di questi due studiosi del Rinascimento.
Nel suo studio Divina Proportione, Pacioli si occupò per primo di teologia, filosofia e musica in relazione al rapporto aureo (o sezione aurea).
Il resto del manoscritto comprende un trattato di architettura, basata sulla teoria di Vitruvio, e una traduzione in italiano del breve libro di Piero della Francesca sui cinque solidi regolari (Libellus de quinque corporibus regularibus). Questa traduzione consentì una vasta diffusione delle teorie di prospettiva e di proporzione di Piero della Francesca, conterraneo di Pacioli e, probabilmente, suo emerito insegnante.
L'importanza di questo manoscritto di Pacioli è evidente nei tre ritratti esistenti di questo celebre umanista, spesso sottovalutato. Il suo più illustre ritratto proviene proprio dall’amico Piero della Francesca, che ha raffigurato Pacioli come San Pietro Martire nella famosissima Pala di Brera.

 


Piero della Francesca ha raffigurato Pacioli come San Pietro Martire nella famosissima Pala di Brera

Bibliografia

Piero e Urbino, Piero e le corti rinascimentali, catalogo della mostra (Urbino Palazzo Ducale), a cura di P. Dal Poggetto, Venezia 1992, pp. 174-176.

From Filippo Lippi to Piero della Francesca, ed. by K. Christiansen, (Milano, Pinacoteca di Brera; New York, Metropolitan Museum), Milano-New York 2004.

E. Daffra, Urbino e Piero della Francesca, in Piero della Francesca e le corti italiane, catalogo della mostra a cura di C. Bertelli e A. Paolucci (Arezzo, Museo Statale d'Arte Medievale e Moderna), Milano 2007.

AA.VV., Brera, guida alla pinacoteca, Electa, Milano 2004 ISBN 978-88-370-2835-0


Piero della Francesca | Opere


Lista di opere (dipinti su tavola e affreschi) in ordine cronologico
.


* Madonna col Bambino, 1440 circa, tempera su tavola, 53x41 cm, collezione privata, Italia
* Polittico della Misericordia, 1444-1465, tecnica mista su tavola, 273x330 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Battesimo di Cristo, 1440-1460 (datazione incerta), tempera su tavola, 167x116 cm, National Gallery, Londra
* San Girolamo penitente, 1450, tempera su tavola, 51x38 cm, Gemäldegalerie, Berlino
* San Girolamo e il donatore Girolamo Amadi, 1450 circa, tempera su tavola, 49x42 cm, Gallerie dell'Accademia, Venezia
* Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, 1451, affresco, 257x345 cm, Tempio Malatestiano, Rimini
* Ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1451-1460, tecnica mista su tavola, 44,5x34,5 cm, Louvre, Parigi
* Storie della Vera Croce, 1452-1466, affreschi, Basilica di San Francesco, Arezzo
       Morte di Adamo, 390x747 cm
       Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la Regina di Saba, 336x747 cm
       Sollevamento del legno della Croce (esecuzione di Giovanni da Piamonte), 356x190 cm
       Annunciazione, 329x193 cm
       Vittoria di Costantino su Massenzio, 322x764 cm
       Tortura dell'ebreo (con Giovanni da Piamonte), 356x193 cm
       Ritrovamento e verifica della vera Croce, 356x747 cm
       Battaglia di Eraclio e Cosroè, 329x747 cm
       Eraclio riporta la Vera Croce a Gerusalemme, 390x747 cm
       Profeta Ezechiele (esecuzione di Giovanni da Piamonte), base 193 cm
       Profeta Geremia, 245x165 cm
       Angelo, frammento, base 70 cm
       Cupido, base 70 cm
* Polittico di Sant'Agostino, 1454-1469, tecnica mista su tavola, smembrato e parzialmente disperso
       Sant'Agostino, 133x60 cm, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona
       San Michele Arcangelo, 133x59,5 cm, National Gallery, Londra
       San Giovanni Evangelista, 131,5x57,8 cm, Frick Collection, New York
       San Nicola da Tolentino, 136x59 cm, Museo Poldi Pezzoli, Milano
       Santa Monica, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Santo agostiniano, 39x28 cm, Frick Collection, New York
       Sant'Apollonia, 39x28 cm, National Gallery of Art, Washington
       Crocifissione, 37,50x41 cm, Frick Collection, New York
* San Giuliano, 1454-1458, affresco frammentario staccato, 130x80 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Maria Maddalena, 1460-1466, affresco, 190x105 cm, Duomo, Arezzo
* Madonna del parto, 1455-1465, affresco staccato, 260x203 cm, Museo della Madonna del Parto, Monterchi
* Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225x200 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* San Ludovico di Tolosa, 1460, affresco frammentario staccato, 123x90 cm, Museo Civico, Sansepolcro
* Polittico di Sant'Antonio, 1460-1470, tecnica mista su tavola, 338x230 cm, Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia
* Doppio ritratto dei Duchi di Urbino, sul verso Trionfo di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza, 1465-1472 circa, olio su tavola, 47x33 cm ciascun pannello, Uffizi, Firenze
* Pala di Brera, 1469-1474, tecnica mista su tavola, 248x170 cm, Pinacoteca di Brera, Milano
* Flagellazione di Cristo, 1470 circa, tecnica mista su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
* Ercole, 1470 circa, affresco staccato, 151x126 cm, Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston
* Madonna di Senigallia, 1470-1485, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm, Galleria nazionale delle Marche, Urbino
* Natività, 1470-1485, olio su tavola, 124x123 cm, National Gallery, Londra
* Madonna col Bambino e quattro angeli, 1475-1482, tecnica mista su tavola, 107,8x78,4 cm, Clark Art Institute, Williamstown (Massachusetts)


Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Piero della Francesca

Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Piero della Francesca

Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007. ISBN 978-3-8331-3757-0

Attilio Brilli, Borgo San Sepolcro. Viaggio nella città di Piero, Città di Castello, Tibergraph Editrice, 1988.

Luca Madrignani (21-10-2007). Insurrezione e lotta armata a Sansepolcro. Patria Indipendente: pp. 25-27

Dizionario Biografico degli Italiani | Piero della Francesca di R. Lightbown

.



Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia

 

     
Podere Santa Pia
 
Podere Santa Pia, giardino
 

Follow us on Instagram  Follow us on Instagram

 

         


 

 

Montecalvello
Orvieto, Duomo
Arezzo
         
Siena Palio
San Miniato al Monte, Florence
Firenze, Duomo
         

Pinacoteca di Brera, Milano

 

   
Il Palazzo di Brera

Il palazzo, sorto su di un antico convento trecentesco dell'ordine degli Umiliati e successivamente passato ai Gesuiti che vi stabilirono una scuola, conobbe l'assetto attuale, solido e austero, a partire dall'inizio del Seicento ad opera di Francesco Maria Ricchini.
Nel 1773, a seguito dello scioglimento dei Gesuiti, il Collegio di Brera divenne proprietà dello Stato e l'Imperatrice Maria Teresa d'Austria volle farne sede di alcuni dei più avanzati istituti culturali della città: oltre all'Accademia di Belle Arti e all'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, la Biblioteca Nazionale Braidense, l'Osservatorio Astronomico e l'Orto Botanico.
Incaricato della progettazione e prosecuzione dei lavori fu Giuseppe Piermarini, uno dei protagonisti del Neoclassicismo in Italia.
A lui si devono la sistemazione della biblioteca (un salone è visibile dalla sala I della Pinacoteca), il solenne portale di ingresso su via Brera, ed il completamento del cortile, al cui centro fu posta nel 1859 la statua bronzea che raffigura Napoleone in veste di Marte pacificatore, fusa a Roma su modello di Antonio Canova.

Nel corso di tutto il XIX secolo logge, cortili, atri e corridoi furono destinati ad ospitare monumenti che celebrassero pubblicamente artisti, benefattori, uomini di cultura e di scienza legati all'istituzione braidense. Tra gli esempi migliori di questo ricchissimo e poco conosciuto arredo sono i monumenti a Cesare Beccaria di Pompeo Marchesi ed a Giuseppe Parini di Gaetano Monti, visibili sullo scalone di accesso alla Pinacoteca.

La Pinacoteca

Museo di statura internazionale, la Pinacoteca di Brera nacque a fianco dell'Accademia di Belle Arti, voluta da Maria Teresa d’Austria nel 1776, con finalità didattiche. Doveva infatti costituire una collezione di opere esemplari, destinate alla formazione degli studenti.

Quando Milano divenne capitale del Regno Italico la raccolta, per volontà di Napoleone, si trasformò in un museo che intendeva esporre i dipinti più significativi provenienti da tutti i territori conquistati dalle armate francesi. Brera quindi, a differenza di altri grandi musei italiani, come gli Uffizi ad esempio, non nasce dal collezionismo privato dei principi e dell'aristocrazia ma da quello politico e di stato.
Infatti a partire dai primi anni dell'Ottocento, anche in seguito alla soppressione di molti ordini religiosi, vi confluirono i dipinti requisiti da chiese e conventi lombardi, cui si aggiunsero le opere di identica provenienza sottratte ai vari dipartimenti del Regno Italico. Questa nascita spiega la prevalenza, nelle raccolte, dei dipinti sacri, spesso di grande formato e conferisce al museo una fisionomia particolare, solo in parte attenuata dalle successive acquisizioni.

Collezioni

Le collezioni della Pinacoteca di Brera nascono dalla concentrazione dei dipinti requisiti a seguito delle soppressioni di chiese e conventi attuate in età teresiana prima e napoleonica poi. Come le Gallerie di Venezia e Bologna, anche la Pinacoteca di Brera aveva precise finalità didattiche e si affiancò all'Accademia di Belle Arti, istituita da Maria Teresa d'Austria nel 1776.
Soprattutto grazie all'iniziativa di Giuseppe Bossi, segretario dell'Accademia dal 1801, le collezioni della Pinacoteca si arricchirono tanto da permettere l'esposizione di una serie di ritratti ed autoritratti di pittori e di opere come lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, la Madonna col Bambino di Giovanni Bellini, la Crocifissione di Bramantino.
Quando Milano divenne capitale del Regno d'Italia (1805), confluirono nella Pinacoteca i più importanti dipinti requisiti dalla chiese delle regioni conquistate dagli eserciti napoleonici:giunsero così a Brera opere dal Veneto, dall'Emilia Romagna, dalle Marche.
Per rimediare alla vistosa assenza di opere leonardesche e raffaellesche, furono prelevati con uno scambio forzato ventitré dipinti e disegni dalla quadreria arcivescovile di Milano e, grazie ad un accordo con il museo del Louvre, arrivarono a Brera cinque dipinti di Rubens, Joardens, Van Dyck e Rembrandt a rappresentare la scuola fiamminga del XVII secolo. Negli stessi anni giunsero da chiese milanesi e lombarde affreschi staccati di autori quali Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, Vincenzo Foppa, Bergognone e Bramantino, dando così origine ad una delle maggiori raccolte di tale genere.

Dopo la Restaurazione (1815), la crescita delle collezioni della Pinacoteca continuò a ritmo ridotto ma costante grazie soprattutto a lasciti, doni, cambi e acquisti (fra questi spiccano il Cristo morto di Mantegna, acquistato presso gli eredi di Giuseppe Bossi nel 1824 e la Madonna del Roseto di Luini, giunto a Brera nel 1826). Nel 1882 la Pinacoteca, come le Gallerie di Venezia e Bologna, fu resa autonoma e separata dall'Accademia di Belle Arti, cui furono affidati gran parte dei dipinti ottocenteschi.
Lasciti ed acquisti proseguirono fino alla seconda guerra mondiale, portando in Pinacoteca importanti opere di Correggio, Pietro Longhi, Piazzetta, Tiepolo, Canaletto e Fattori, nonché la Cena in Emmaus di Caravaggio e il Pergolato di Silvestro Lega, acquistati grazie all'Associazione Amici di Brera e dei Musei milanesi. A causa dei pesanti bombardamenti che colpirono Milano nel 1943 il palazzo di Brera fu molto danneggiato -i saloni Napoleonici furono completamente distrutti- ma fu rapidamente ricostruito e la Pinacoteca, con un nuovo allestimento di Pietro Portaluppi riaprì nel 1950.
Negli anni Settanta arricchì le collezioni la straordinaria donazione di Emilio e Maria Jesi, che comprende opere dei maggiori artisti del primo Novecento, fra cui Boccioni, Braque, Carrà, De Pisis, Marino Marini, Modigliani e Morandi mentre una parte della collezione di Lamberto ed America Vitali fu affidata al museo nel 2001. Esse costituiscono gli episodi più significativi del lento ma costante incremento di opere nel museo.

Pinacoteca di Brera , Via Brera, 28 , 20121 Milano
www.brera.beniculturali.it

Orario di apertura:
h 8.30-19.15 dal martedì alla domenica (la biglietteria chiude 45 minuti prima)
Giorni di chiusura: tutti i lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre

Questo articolo è basato sull'articolo Pala di Brera dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Pala di Brera.