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Simboli
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La cantina di Renzo Piano ospita i reperti della necropoli etrusca di San Germano (databile tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI secolo a.C).
Tumulo di Poggio Pelliccia, situato nella campagna nei pressi di Castellaccia, si tratta di una tomba monumentale etrusca, probabilmente di una famiglia aristocratica della vicina Vetulonia, databile intorno alla metà del VII secolo a.C.[56] I corredi qui rinvenuti, con bronzi, oreficerie, uova di struzzo istoriate, ceramiche corinzie, greco-orientali ed attiche, sono custoditi presso il Museo civico archeologico Isidoro Falchi.
Main sights
Pieve di San Giuliano, main church of Gavorrano.
Oratorio del Santissimo Sacramento.
Palazzo Comunale, town hall of Gavorrano.
Teatro delle Rocce ("Mine Theatre").
Old walls of Gavorrano.
Palazzo Bonaiuti, along the Via Aurelia.
Church of San Giuseppe, in Bagno di Gavorrano.
Church of San Biagio, in Caldana.
Oratorio di Sant'Antonio da Padova, in Caldana.
Palazzo Tosi, in Caldana.
Old walls of Caldana.
Church of Sant'Egidio, in Giuncarico.
Oratorio del Santissimo Crocifisso, in Giuncarico.
Government Palace, in Giuncarico.
Palazzo Tedeschini Camaiori, in Giuncarico.
Old walls of Giuncarico.
Church of Santa Rita da Cascia, in Grilli.
Lupo Farm, near Grilli.
Church of San Leonardo, in Ravi.
Old walls of Ravi.
Remains of Castel di Pietra ("Stone Castle"), built by the Aldobrandeschi.
Rocca di Frassinello, wine cellar designed by Renzo Piano.
Tecnological and Archaeological Park of Colline Metallifere Grossetane.
Storia
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Castel di Pietro in Gavorrano, where Pia de Tolomei was pushed to her death
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Il territorio di Gavorrano risulta essere frequentato già nel periodo etrusco, come testimoniano i resti di varie necropoli rinvenuti in aree pianeggianti ai piedi di Monte Calvo e risalenti al VII secolo a.C. (Poggio Pelliccia, San Germano, Santa Teresa), probabilmente aree sepolcrali di insediamenti oggi scomparsi e dipendenti dalla città-stato di Vetulonia.
Gavorrano è citato per la prima volta in un documento del 1164, quando Federico I concesse al conte Alberto degli Alberti di Mangona di impossessarsi nuovamente del feudo. Il figlio di Alberto IV, Rainaldo Alberti di Mangona, governò Gavorrano fino alla morte, quando poi subentrarono i conti Pannocchieschi d'Elci, a metà del XIII secolo, che sottomisero il borgo prima al Comune di Volterra, e successivamente a quello di Massa Marittima (1320). Durante le lotte tra Massa e Siena, il borgo di Gavorrano finì per essere conquistato dalla città del Palio, anche se per un certo periodo, a partire dal 1379, rimase sotto il controllo della famiglia dei Malavolti. Nel 1465 Gavorrano fu ceduto definitivamente alla Repubblica di Siena e seguì inesorabilmente le sorti dello stato senese, prima di essere annesso al Granducato di Toscana alla metà del XVI secolo.
Dopo secoli di spopolamento e anonimato, Gavorrano impose la sua storia a livelli nazionali dopo l'Unità d'Italia, quando nel 1898 fu scoperto da Francesco Alberti un importante giacimento di pirite nei pressi del paese. Gavorrano divenne centro minerario di assoluta importanza, possedendo una delle miniere di pirite più importanti d'Europa, e conobbe un forte incremento demografico negli anni dell'attività estrattiva, oltre che uno sviluppo urbano non indifferente con la nascita di nuovi moderni paesi (Bagno, Filare, Grilli, Potassa). Nel 1960 il territorio di Scarlino e della costa (Puntone, Portiglioni) si staccò da Gavorrano per formare un comune autonomo. Con la chiusura delle miniere nel 1981, fu registrato un significativo calo della popolazione; tuttavia, grazie alla valorizzazione dei vecchi luoghi d'estrazione e la presenza nel territorio comunale di borghi storici di interesse artistico (Caldana, Giuncarico, Ravi), Gavorrano si è riscoperto in tempi recenti importante località turistica della Maremma grossetana.
Simboli
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Lo stemma di Gavorrano è costituito da uno scudo sannitico di color azzurro su cui è presente una fortezza con due torri, sovrastata da un leone rampante, situata su quattro colline. Lo stemma ha la seguente blasonatura ufficiale: «d'azzurro, alla rocca fiancheggiata da due torri d'argento murate di nero, accompagnate da un leone d'oro nel capo, sulla compagna di quattro monti di verde».[5] |
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Pia de' Tolomei
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« "Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via",
seguitò 'l terzo spirito al secondo, "Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che 'nnanellata pria
disposando m'avea con la sua gemma". »
(Purgatorio V, 130-136)
Pia de' Tolomei (Siena, ... – Castel di Pietra, XIII secolo) fu una gentildonna senese identificata, secondo una tradizione legata agli antichi commentatori della Divina Commedia, con la Pia citata da Dante nel V canto del Purgatorio.
Stemma dei Tolomei
La sua biografia è stata ricostruita a tavolino a partire dal passo dantesco, tramite l'integrazione delle varie informazioni d'archivio. Essa culminò col presumibile omicidio della nobildonna per permettere al marito di passare a nuove nozze.
Biografia
Nel canto V del Purgatorio, tra i morti che hanno subito violenza e si sono pentiti solo in fin di vita, appare una donna molto dolce, che scambia alcune parole con Dante assieme ad altre anime. Svela di chiamarsi Pia e vuole essere ricordata in Terra per accelerare il suo purgarsi.
Ella enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu uccisa, la Maremma. Allude amaramente al suo assassino, il marito, come a colui che, dandole la morte, non rispettò la promessa di indissolubile fedeltà dell'anello nuziale. Pia racconta la sua storia a Dante con una concisione quasi cronachistica, a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal mondo terreno: tutta l'enfasi di Pia è nel suo «Ricorditi». È l'unica anima nel canto dalla quale traspare un velo di cortesia, chiedendo al poeta di ricordarla tra i vivi, solo quando si sarà riposato dal lungo viaggio. Dopo il tumultuoso crescendo del racconto dell'anima precedente, Bonconte da Montefeltro, il canto si chiude con il tono elegiaco e malinconico dell'appello di Pia.
Quel « Ricorditi di me... » così struggente è diventato uno dei versi più famosi del poema (anche se non è l'unica anima a formulare tale richiesta) ed è permeato di femminile levità, sottolineata dall'uso dell'articolo determinativo davanti al nome («la Pia»), tipico del linguaggio familiare. Pia ha bisogno che Dante preghi per lei, perché sa che nessuno della sua famiglia lo farebbe: lo chiede per accelerare la sua salita verso il paradiso.
La celebrità di questo passo è però dovuta soprattutto all'alone di mistero che circonda la figura di Pia. L'identificazione con Pia de' Tolomei è ormai quasi universalmente accettata, anche se non è mai stata documentata in modo decisivo: i commentatori antichi del poema la indicarono subito come una donna della famiglia dei Tolomei di Siena, sposa di Baldo d'Aldobrandino de' Tolomei.
Pia sarebbe stata sposata a Nello dei Pannocchieschi, signore del Castel di Pietra in Maremma, podestà di Volterra e Lucca, capitano della Taglia guelfa nel 1284 e vissuto almeno fino al 1322, anno in cui fece testamento. È documentato il suo secondo matrimonio, da vedovo, con Margherita Aldobrandeschi, contessa di Sovana e Pitigliano: in questo vuoto (gli archivi tacciono su chi fosse stata la prima moglie di Nello) fu inserita la figura di Pia de' Tolomei.
Nello infatti possedeva il Castel di Pietra in Maremma, dove nel 1297 egli avrebbe fatto assassinare la donna, facendola gettare da una finestra, dopo averla rinchiusa per un po' nel suo castello, forse per la scoperta della sua mai provata infedeltà, forse per liberarsi di lei, desiderando il nuovo matrimonio.
Secondo altri commentatori antichi potrebbe essere stata uccisa per aver commesso qualche fallo (tesi di Jacopo della Lana, l'Ottimo e Francesco da Buti); secondo altri ancora, quali Benvenuto e l'anonimo fiorentino del XIV secolo, per uno scatto di gelosia del marito.
Nello di Inghiramo dei Pannocchieschi della Pietra sposò sicuramente Margherita Aldobrandeschi dalla quale ebbe anche un figlio, Binduccio o Bindoccio, che morì a tredici anni perché buttato in un pozzo a Massa Marittima per mano di sicari della famiglia Orsini. Non si sa chi fosse la prima moglie del conte Pannocchieschi. Inoltre, al tempo di Nello, in casa Tolomei non esisteva nessuna figlia o nipote che si chiamasse Pia. Un Tolomei, comunque, sposò una Pia Malavolti. Il matrimonio di interesse non durò molto. Sembra che la Pia avesse molti amanti. Di fatto il Tolomei decise velocemente di farla sparire affidando l'incarico a Nello. Pia fu così portata in Maremma dove morì miseramente, forse addirittura uccisa.
Pia de' Tolomei nella cultura
Parco Minerario Naturalistico Gavorrano
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Ponte della Pia
L'eremo di Santa Lucia, Rosia (Sovicille)
Dante Gabriel Rossetti, Pia de' Tolomei (1868–1880) (model: Jane Morris), Spencer Museum of Art, University of Kansas, Lawrence, KS, USA
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Gavoranno was an important mining center and the stone quarries and infrastructure for its excavation are still visible in the area. Today a part of the abandoned mining structures has been converted into a large museum complex: the Parco Minerario and Naturalistico di Gavorrano (Mining and Naturalistic Park of Gavorrano).
Walking in Tuscany | Itineraries (it)
Rocca di Frassinello
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“I immediately knew that the right place to build the structure was the top of the hill. Take the hill, excavate the cellars, make a platform to cover it like a high plain from which to survey the extraordinary countryside. You just couldn’t imagine a simpler building.”
Renzo Piano
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La Rocca di Frassinello winery, in the heart of the Maremma area of Tuscany, where a joint venture between Italian and
French wine producers hired world-famous superstar architect Renzo Piano to design their new winemaking facility and cellars.
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Contemporaneamente alla Rocca di Frassinello, gli spazi della cantina disegnata da Renzo Piano ospiteranno una mostra esperienzale sui reperti archeologici della necropoli di San Germano. La mostra è aperta ai visitatori e consente l’esperienza di degustazione del vino esattamente come lo bevevano i nostri antenati: gli etruschi.
L'area archeologica di Rocca di Frassinello
Nell'area archeologica di Rocca di Frassinello si concentrano i tumuli meglio conosciuti della necropoli, costruiti tra la seconda metà del VII secolo a.C. e la prima metà del VI secolo a.C.: 3 tombe monumentali sono state recuperate e restaurate creando un percorso di visita per il pubblico.
La collaborazione fra Rocca di Frassinello, la Soprintendenza archeologica della Toscana e l?università di Firenze ha consentito di rendere visibile una fetta importante della storia degli etruschi e del loro rapporto con il vino[6].
Rocca di Frassinello
Loc. Giuncarico
Comune di Gavorrano
Guide to Tuscany
| Wines in Tuscany
La necropoli etrusca di San Germano (databile tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI secolo a.C), si trova a pochi chilometri dalla cittadina di Gavorrano e si costituisce di circa venti tombe risalenti al VI secolo a.C.
Gli spazi della cantina disegnata da Renzo Piano, ospitano una mostra esperienziale permanente sui reperti archeologici provenienti dalla necropoli.
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Underneath is the cellar with more than 2,500 oak barrels, illuminated by a ray of sunshine reflected by a series of mirrors down a tower.
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Caldana e Ravi, insieme con i resti della Rocca di Castel di Pietra, sono importanti testimonianze del passato medievale di Gavorrano[7]
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La chiesa di San Biagio in Caldana
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Caldana |
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Campiglia Marittima, Pieve di San Giovanni |
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Siti archeologici
La necropoli di San Germano
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Lungo il torrente Sovata in entrambi i versanti della valle si trovano più di venti tombe a tumulo dalle caratteristiche architettoniche simili. All'esterno i tumuli si presentano come rilievi di modesta entità.
All'interno si accede attraverso un dromos (corridoio) di accesso ad una camera funeraria di forma quadrangolare con una copertura a pseudocupola (cob delle lastre di copertura sempre più aggettanti verso l'interno fino a chiudersi al culmine). In alcuni casi si conserva la grande pietra che chiudeva l'accesso alla camera funeraria e anche i sostegni ed il piano lastricato corrispondente al letto funebre. E' evidente la somiglianza e la tipologia riconducibile ad altri gruppi di tombe (ad es. quelle di Val Beretta) riferibili ad abitati sotto il controllo della città etrusca di Vetulonia. La necropoli di San Germano fu in uso per tutto il VI secolo a.C.[3]
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La necropoli etrusca di San Germano[6] |
Tumulo di Poggio Pelliccia
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Il tumulo di Poggio Pelliccia sorge lungo la strada che conduceva all’area mineraria di Vetulonia, la collocazione di una tomba monumentale (tholos) proprio in quest’areasuggerisce la presenza di una famiglia aristocratica, come testimonia anche il ricco corredo rinvenuto ed ora conservato presso il Museo di Vetulonia.
Il tumulo di terra che circonda la tomba è circoscritto da una struttura muraria realizzata con pietre a secco. Attraverso un lungo corridoio semicoperto (dromos) diviso in due da una porta, che conserva ancora stipiti, architrave e soglia, si accede alla camera sepolcrale.
La copertura della tomba consiste in una pseudocupola, una tecnica antecedente l'invenzione delle cupole vere e proprie, che fu realizzata dai romani. Questo tipo di copertura è composta da anelli concentrici in pietra che progressivamente si restringono verso l’alto fino a chiudersi alla sommità.
Seppur violata e saccheggiata in epoca antica, la tomba ha però restituito parte dei corredi funebri, risalenti tra la metà del VII e la metà del V secolo a.C. [5]
Indirrizzo
Loc. Poggio Pelliccia - Gavorrano (GR)
S.P. 27 verso Ribolla. Oltrepassato il passaggio sotto la ferrovia, si trova l’indicazione turistica per Poggio Pelliccia
Considerata parte del parco etrusco di Vetulonia, la tomba e' aperta alla visita del pubblico.
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Area archeologica di Poggio Tondo
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Poggio Tondo è una collina coperta da una fitta macchia mediterranea. L'area archeologica è situata nella valle del torrente Alma dove ricerche archeologiche, iniziate alla fine degli anni Ottanta, hanno messo in luce, oltre ad una necropoli comprendente quattro tombe del tipo a tumulo, anche un edificio isolato da identificarsi come fattoria.
Le indagini palinologiche, che analizzano i pollini contenuti nei sedimenti per risalire alla flora presente in un determinato periodo storico, hanno rivelato che il bosco di epoca etrusca era più folto e ricco di quello attuale: più numerose dovevano essere le querce e meno abbondanti le piante di leccio.
Attualmente l’area è recintata e i pannelli esplicativi consigliano due itinerari di visita: il primo itinerario, più breve, prevede la visita della fattoria e di parte della necropoli (Tomba 1 "del Tamburo", Tomba 2 "del Carro", Tomba 3 "del Cippo). Il secondo itinerario si estende invece fino a comprendere la Tomba 4 detta "delle due Porte".[8]
Indirrizzo
Area archeologica di Poggio Tondo
Località Poggio Tondo, 58020 Scarlino GR, Italia
Orari:
Liberamente accessibile
Coordinate: 42°51'37"N 10°50'43"E
mappa
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