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Gaiole in Chianti | Anello Castello di Meleto

   
   

Gaiole in Chianti è situato fra le Colline del Chianti. La storia di Gaiole in Chianti è strettamente legata alla sua posizione di nodo viario nelle comunicazioni tra il Chianti e il Valdarno superiore. Grazie a ciò divenne la sede del mercato dei vicini castelli.
Il suo primo ricordo si trova in una carta della Badia a Coltibuono risalente al 1086 ed a quell'epoca gli abitanti dei vicini castelli di Vertine, Montegrossi e San Donato in Perano iniziarono ad incontrarsi sul fondovalle, lungo il torrente Massellone per scambiarsi le merci; inizialmente il mercato era situato ai piedi del castello di Barbischio. Il mercato di Gaiole è citato in atti notarili fin dal 1215.
Nel XIV secolo Gaiole e la sua comunità entrarono a far parte della Lega del Chianti. Ancora nel XVIII secolo il mercato di Gaiole era un importante avvenimento per la zona come testimoniò nelle sue relazioni il granduca Pietro Leopoldo a seguito della visita fatta nel luglio 1773. Fino all'inizio del XIX secolo amministrativamente faceva parte della provincia di Firenze ma in epoca napoleonica, durante il Regno d'Etruria, venne inserito nel Dipartimento Senese e in provincia di Siena rimane tutt'ora. Per molti anni fu sindaco Bettino Ricasoli.
Nonostante tutto, al plebiscito del 1860 per l'annessone della Toscana alla Sardegna i "si" non ottennero la maggioranza degli aventi diritto, con un astensionismo da record, sintomo dell'opposizione all'annessione[4].
Dopo la seconda guerra mondiale il territorio comunale fu investito dal fenomeno dello spopolamento delle campagne ma a partire dalla fine degli anni settanta le ex-case coloniche sono stare progressivamente restaurate e oggi sono sede di agriturismi, e il turismo enogastronomico è la principale fonte di ricchezza per il territorio.


Comune Gaiole in Chianti
via Ricasoli, 3
53013 Gaiole in Chianti (SI)

www.comune.gaiole | Comune Gaiole in Chianti

   
   
Trekking in Toscana    


Anello – Castello di Meleto – Castagnoli – Castello di Brolio (La Madonna) – Ginestrelle

Punto di partenza : Castello di Meleto
Punto di arrivo : Castello di Meleto
Lunghezza sentiero : 16 chilometri (circa)
Zone attraversate : Castello di Meleto – Castagnoli – Castello di Brolio (La Madonna) – Ginestrelle -
Punti di interesse : Castello di Meleto; Castagnoli; Castello di Brolio
Difficoltà percorso : E

Il percorso è anche paradigmatico del territorio chiantigiano sia per gli scorci paesaggistici che per le difficoltà che troveretesu gran parte di questo territorio dove i percorsi sono profondamente vallonati in un susseguirsi ininterrotto di salite e discese. Da Meleto (415 slm) si sale a Castagnoli (506 slm) e qiuindi in un tratto che alterna seminativi, vigneti e bosco si giunge alla Madonna (448 slm) ai piedi del Castello di Brolio.  Si procede in salita nella strada proprio davanti al castello raggiungendo Ginestrelle (458 slm) e quindi riportandosi sui propri passi presso il castello di Meleto.

[Fonte: CAI Sez. Valdarno Superiore | Trekking in Chianti | www.caivaldarnosuperiore.it]

Il Castello di Meleto

 


Il Castello di Meleto si erge maestoso nell'incantevole paesaggio chiantigiano al termine di un piacevole viale fiancheggiato da cipressi e ginepri.

Il Castello apparteneva ai Monaci Benedettini della Badia a Coltibuono ed il nome "Meleto in Chianti" è citato, per la prima volta nel 1269, nel "Libro degli Estimi" dei Guelfi fiorentini, come proprietà della famiglia di Raineri de Ricasolis. La famiglia Ricasoli, nel corso dei secoli, ne ha ampliato ed abbellito la struttura: oggi il Castello conserva da un lato le massicce fortificazioni quattrocentesche, con l'imponente torre cilindrica costruita per sfuggire alle artiglierie, dall'altro la grazia signorile della villa nobile, con le sue stanze arredate e decorate ed un impareggiabile teatrino settecentesco.

Indirrizzo: 53013 Gaiole in Chianti, Siena | www.ricasoli.it

 

Castello di Meleto

Il Castello di Brolio si trova in località Brolio, sul dorso di un poggio che si stacca da uno sprone occidentale dei monti del Chianti alto fra Monte Fienali e Monte Luco Berardenga, fiancheggiato dai torrenti Malena e Dudda tributari dell'Arbia.

Il castello di Brolio è di origine longobarda, sebbene dell'antico fortilizio non rimanga oggi alcuna traccia ad eccezione dell’originaria ubicazione. Il suo ruolo nella storia iniziò ad essere rilevante a partire dal XII secolo, quando vi si insediò la potente famiglia dei Ricasoli, ai quali ancora oggi appartiene. La sua posizione strategica era fondamentale per il controllo di quella zona del Chianti ai margini dell'influenza fiorentina, ai confini con il territorio senese. Di conseguenza, fin dal '300, fino alla metà del XVI secolo, il castello è stato al centro dell'astiosa lotta tra Siena e Firenze per l'occupazione di quelle importanti terre di frontiera.


Castello di Brolio


Da alcuni documenti risalenti al X secolo appare che signore del castello di Brolio e del suo distretto fosse un marchese Bonifazio figlio di un conte Alberto, il quale nel 1009 donò alla Badia di Firenze, fra altre sue corti quella di Brolio insieme col padronato della chiesa parrocchia di S. Regolo; donazione che fu poi confermata alla stessa badia dall' imperatore Enrico II, nel 1012 e da Enrico IV, nel 1074.

In seguito il territorio e castello di Brolio divenne, e si conserva tuttora, patrimonio della famiglia nobile fiorentina dei Ricasoli. Il primo atto pubblico rogato da questa casata nella loro corte di Brolio porta la data del febbraio 1141 e in forza del quale Rodolfino di Rolando con suo figlio Renuccino cedettero alcuni terreni alla Badia di Coltibuono.

L'entrare a far parte del territorio fiorentino coincise con la fortificazione massiccia del castello che venne munito di bastioni e torri di vedetta. Infatti Brolio era l'ultimo avamposto della Repubblica Fiorentina sul confine fiorentino-senese, e dunque una postazione sensibile nello scacchiere militare del Chianti tant' è che il castello fu vittima di numerosi attacchi.

Nel 1252 fu assalito e preso dai Senesi e restituito ai Ricasoli solo l'anno dopo alla firma dell' armistizio tra Firenze e Siena[4]. Ancora nel 1434 Antonio Petrucci di Siena vi penetrò con l'inganno e prese i prigionieri i Ricasoli fino a che la Signoria di Firenze inviò in loro soccorso Neri Capponi che con i suoi uomini costrinse Petrucci alla resa. Poi nel 1452 gli Aragonesi, alleati di Siena, posero sotto assedio Brolio e Cacchiano ma non riuscirono ad espugnarle.

 

Il castello di Brolio


Ben più devastante fu l'attacco senese del 27 agosto 1478 perché furiosamente portato avanti a colpi di bombarda. Nonostante Firenze avesse mandato l'Anghiarino, abile stratega e capitano di ventura, a guidare la difesa del castello, sotto i colpi di mortaio senesi parte delle mura caddero e la situazione si fece difficile. Allora Bongianni Gianfigliazzi, dal Valdarno, radunò un esercito e si mise in marcia per il Chianti nel tentativo di portare soccorso agli assediati "ma prima che egli potesse ciò fare, Brolio a' 14 [di settembre] si rese a nemici; i quali sicome havevan fatto a Radda, senza osservare a quelli di dentro promessa alcuna, entrati che vi furono dier la terra a sacco, abbruciaronvi molte case e gittarono a terra delle mura[5]

Dopo la conquista fiorentina di Siena, Brolio fu convertito, su progetto di Giuliano da Sangallo, in una prestigiosa residenza signorile e in una imponente azienda agricola e soprattutto vinicola. A questo proposito, anche se documenti degli inizi del millennio attestano già a quei tempi la diffusione a Brolio della coltura della vite, è del 1696 un atto notarile che assicurava un carico di pregiati vini in partenza dal porto di Livorno con destinazione Amsterdam. Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva ad un rappresentante di Brolio a Londra per assicurarsi ogni mese la consegna “di cinquanta o più casse del vero Chianti” di Brolio. Nel 1773, infine, Pietro Leopoldo di Lorena scrive nelle sue relazioni di viaggio: "Broglio (Brolio) è un'antica, grande e bella fortezza (...) nella fattoria vi sono grandi e belle cantine ed ottimi comodi, è fattoria che fa 1000 barili di vino che è squisito e sul gusto del Carmignano ma più leggero.".

Nel 1829 Bettino Ricasoli, appena ventenne, iniziò a seguire personalmente la proprietà di Brolio e per tutta la sua vita alternò gli impegni politici ad approfonditi studi in viticoltura. Particolare attenzione pose il “Barone di Ferro” ai vitigni più rispondenti per quel vino ideale che voleva produrre sulle sue terre. Varie furono le uve coltivate a Brolio, dal Pinot al Cabernet, dal Grenache al Carignano, ma a dare i migliori risultati per Bettino Ricasoli furono senza dubbio i cloni del Sangiovese di Brolio, una varietà ancor oggi presente nelle vigne dell’azienda perché i successivi reimpianti hanno quasi sempre visto utilizzare materiale vegetale autoctono. Si arriva così al 1874 quando il Barone Bettino, dopo anni di ricerche e sperimentazioni, definì l’uvaggio per il Chianti Classico al quale, quasi un secolo più tardi, si è poi ispirato il disciplinare di produzione del più famoso vino italiano, rimasto in vigore fino ai giorni nostri.

Nel 1835 il barone Bettino Ricasoli incaricò l'architetto Pietro Marchetti di modificare il castello secondo il gusto del revival gotico, movimento romantico originato in Inghilterra. Questo fu trasformato da antica fortezza in maniero inglese, utilizzando il mattone come materiale principale, aprendo finestre in stile Tudor e inserendo torrette merlate estranee all'architettura locale.

Una leggenda locale vuole che nelle notti di luna piena, nelle campagne attorno al castello di Brolio, si aggiri ancora il fantasma del barone Ricasoli, a cavallo e avvolto in un mantello nero, con una muta di cani da caccia al seguito. Tale vicenda è talmente nota che, nel 1964, gli è stata dedicata una copertina della “Domenica del Corriere” da parte del pittore Walter Molino, e all'interno della rivista un giornalista dette testimonianza dell'apparizione. Anni più tardi, lo scrittore Alessandro Orlandini, ne ha trattato ampiamente in una pubblicazione appositamente dedicata [1][2].

Del castello vero e proprio si riconosce, come originale, soltanto il basamento del cassero, risalente ai primi anni del mille, mentre le mura ben conservate sono tipiche dell'architettura medievale rinascimentale. Le varie epoche sono facilmente distinguibili grazie al diverso uso dell'antico materiale costruttivo, la pietra serena, e il mattone.

Anche nella sistemazione del verde di Brolio, così come nell'architettura del complesso, si distinguono due zone d'epoca diversa: il giardino cinquecentesco all'italiana, con siepi di bosso e vialetti e il parco romantico ottocentesco, voluto dal botanico Simone Ricasoli. Questi fece piantare, attorno al castello, varie essenze botaniche d'importazione, tra le quali alcuni esemplari d'abete che oggi hanno raggiunto l'altezza di 30-40 metri.

Il ‘900 ha visto il crescente affermarsi dei Ricasoli come produttori e vinificatori e non sono mancate mete straordinariamente lontane per le loro spedizioni: negli anni ‘40 del secolo passato, i vini di Brolio raggiungevano tutti i continenti, dalla Repubblica Dominicana all’India, dalla Cina all’Arabia Saudita, dal Sud Africa al Guatemala, dalla Costa Rica a quelle che allora si chiamavano Afriche Britanniche.

Dal 1993 dirige l’azienda Francesco Ricasoli, 32º Barone di Brolio, artefice di una rinascita seguita ad un trentennio di proprietà straniera. Nel 1995 nella tenuta di Brolio fu girato il film Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci.

Address: 53013 Gaiole in Chianti, Siena | www.ricasoli.it



     


La chiesa di Coltibuono, dedicata a San Lorenzo, fu fondata, secondo la leggenda, da Geremia dei Firidolfi. Esisteva già nel X secolo ed é sempre stata legata alla famiglia dei Firidolfi, che nel 1049 vi istituì una comunità di canonici regolari sotto il suo patronato.

Coltibuono, trasformato in monastero, si arrricchì con un cospicuo patrimonio immobiliare, come testimoniato da numerose carte del convento e dal 1095 fu inserito nella congragazione di Vallombrosa; nel 1160 Ugo Ricasoli fece costruire il campanile della chiesa.

Dopo il 1239, anno in cui l'abbazia fu presa sotto la protezione di Firenze, iniziò un lungo periodo di decadenza. Nel XV secolo la crisi di Coltibuono si accentuò e, secondo l'uso del tempo, il patrimonio ecclesiastico fu amminostrato da laici tramite un commenda.

Alla fine del 1400 Lorenzo il Magnifico, nonostante le resistenze dei patroni Ricasoli, otenne per il figlio Giovanni, futuro papa Leone X, la commenda di San Lorenzo a Coltibuono. Con la cacciata dei Medici e l'elezione di papa Alessandro VI, i Ricasoli sperarorno di recuperare il privilegio, ma nel 1502 l'abate di Vallombrosa, appoggiato dalla repubblica fiorentina, riusci ad espellerli definitivamente riconoscendo all'antica casata solo uno "Jus Honorificum".

La chiesa di San Lorenzo con il massiccio campanile, due edifici adiacenti e vari altri corpi di fabbrica costituiscono il perimetro del cortile. Dal portale principale del cortile si accede al giardino della badia che è impostato secondo uno schema che rispecchia quello dell'antico hortus conclusus (orto murato) spartito da geometriche di siepi di bosso con inserimenti di piante aromatiche e officinali.[3]


 

Badia di Coltibuono


Il giardino segreto di Badia a Coltibuono

 

Bucine (AR), Castelnuovo Berardenga, Cavriglia (AR), Montevarchi (AR), Radda in Chianti sono comuni confinanti di Gaiole in Chianti.
Frazioni: Ama, Badia a Coltibuono, Barbischio, Brolio, Casanova, Castagnoli, Colle, Fietri, Galenda, La Madonna, Lecchi, Lucignano, Montegrossi, Monteluco T.V., Monti, Monti di Sotto, Nusenna, Poggio San Polo, Rietine, San Giusto alle Monache, San Martino, San Polo, San Regolo, San Sano, San Vincenti, Starda, Vertine.
 
   


[1] Alessandro Orlandini, Il fantasma di Bettino. Genesi di uno spettro: la leggenda del Barone Bettino Ricasoli, Franco Angeli, Milano, 1988
[2] Il fantasma di Bettino. Genesi di uno spettro: la leggenda del barone Bettino Ricasoli
[3] Fonte: Comune di Gaiole in Chianti (SI) | www.comune.gaiole.si.it

 

Badia a Coltibuono [Photo by Mimmo Valenti]



CAI Sez. Valdarno Superiore
Via Cennano 105 - Montevarchi (AR)

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Bibliografia

Barone Ricasoli, I vini e gli olj Ricasoli di Brolio in Chianti, Firenze, Tipografia Barbera, n.d.

Emanuele Repetti, Brolio in Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, I Edizione, Firenze, 1846, Vol. I

Luigi Passerini, Genealogia e storia della famiglia Ricasoli, Firenze, 1861

Raffaele Cadorna, Il castello di Brolio; studio architettonico-militare, Roma, Vincenzo Bona, 1882

Antonio Casabianca, Le mura di Brolio in Chianti. Studio storico-critico, Siena, 1900

Antonio Casabianca, Notizie storiche sui principali luoghi del Chianti: Castellina, Radda, Gaiole, Brolio, ristampa, Roma, Multigrafica, 1976

I giardini di Toscana, a cura della Regione Toscana, Edifir, Firenze 2001.


Questo articolo è basato sugli'articoli Badia di Coltibuono, Gaiole in Chianti, Castello di Brolio e Bettino Ricasoli dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.




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Bettino Ricasoli, soprannominato il Barone di ferro (Ricàsoli [riˈkasoli]; Firenze, 9 marzo 1809 – Castello di Brolio, 23 ottobre 1880), è stato un politico italiano, sindaco di Firenze e secondo presidente del Consiglio del Regno d'Italia dopo Cavour.


La giovinezza

Nato in una potente famiglia fiorentina in via di decadimento economico, visse quasi tutta la sua vita nel principale possedimento antico della famiglia: il Castello di Brolio presso Gaiole in Chianti in provincia di Siena.

Fin da bambino mostrò uno spiccato interesse per le scienze fisiche e naturali e trascorse la prima infanzia con il padre Luigi e la madre Elisabetta Peruzzi, nel Castello di Brolio, fino a quando nel 1816 il padre morì. Rimasto orfano all'età di diciotto anni con una proprietà oberata dai debiti, fu dichiarato maggiorenne per decreto speciale del Granduca di Toscana e gli fu assegnata la potestà sui fratelli più giovani. Interrotti gli studi si ritirò a Brolio e, con un'attenta gestione, riuscì a salvare la proprietà di famiglia.
L'ascesa politica nel Granducato

Ricasoli fu un uomo d'azione, molto religioso e di spirito meditativo; il suo orientamento politico, almeno all'inizio, fu condizionato dai pensieri e dagli scritti di Cesare Balbo e di Massimo d'Azeglio.

Seguendo la sua indole religiosa, giunse alla conclusione che il papato avrebbe dovuto riformarsi poiché, "priva della religione, la società italiana non aveva basi".

Nel 1847, Ricasoli fondò il giornale "La patria", il cui programma mirava a definire la "costituzione della nazionalità italiana". Nell'ottobre dello stesso anno fu incaricato di mediare tra Toscana e Modena in un conflitto scoppiato a causa dell'annessione del territorio di Lucca alla Toscana. Questo fatto lo convinse che era necessario gettare le basi per una nuova politica italiana. Nel 1848 venne eletto Gonfaloniere di Firenze, ma si dimise a causa delle posizioni anti-liberali del granduca Leopoldo II.

Forte nella sua missione, a dispetto dei disastri del 1849 avvenuti in Italia, Ricasoli poneva molta fiducia nel Piemonte come "stato" capace di coagularne politicamente altri, tra cui la Toscana, in un'unica e futura nazione italiana.
I governi nel Regno d'Italia

Il 27 aprile 1859 fu nominato ministro dell'Interno del Governo Provvisorio Toscano ed assunse, dopo l'armistizio di Villafranca, il potere centrale. Ricasoli fu poi protagonista dell'annessione della Toscana al nuovo Regno d'Italia, nato il 17 marzo 1861. Sempre nel 1859 Ricasoli ebbe un ruolo determinante nella fondazione del nuovo giornale La Nazione che appunto poneva la tematica nazionale al centro del proprio interesse.
Eletto deputato nel 1861, successe, il 12 giugno dello stesso anno, a Cavour nella carica di Primo Ministro. La sua attività di governo impresse una forte spinta unitaria nella gestione amministrativa dello stato. Durante il suo mandato ammise i volontari Garibaldini all'esercito regolare, revocò l'esilio a Mazzini e tentò invano la riconciliazione con la Santa Sede.Sprezzante degli intrighi del suo rivale Rattazzi, Ricasoli si trovò obbligato alle dimissioni il 3 marzo 1862 per poi però ritornare al potere dal 20 giugno 1866 al 10 aprile 1867. Del suo secondo incarico sono da ricordare il rifiuto dell'offerta di Napoleone III di cedere Venezia all'Italia in cambio dello scioglimento e dell'alleanza dell'Italia con la Prussia e il rifiuto nell'accettare la decorazione prussiana dell'Aquila nera perché questa non era stata anche offerta a La Marmora, autore dell'alleanza stessa.


Gli ultimi anni

Alla partenza dei francesi da Roma, alla fine del 1866, Ricasoli tentò ancora la riconciliazione con lo Stato Pontificio proponendo una convenzione in virtù della quale il Regno d'Italia avrebbe restituito alla Chiesa le proprietà degli ordini religiosi soppressi, in cambio del graduale pagamento di 24 milioni di lire. Per avvicinare la Santa Sede il primo ministro concesse l'exequatur a quarantacinque vescovi contrari al regime italiano. Il Vaticano accettò questa proposta ma la Camera dei deputati si trovò refrattaria e, sebbene Ricasoli la sciolse, la successiva fu ancora più ostile all'accordo.
A questo punto, senza aspettare le successive elezioni, Ricasoli si dimise allontanandosi dalla vita politica, e facendo sporadici discorsi alla Camera; comunque continuò ad essere considerato un membro influente nella destra storica denominata dagli avversari consorteria. L'unica carica politica che mantenne fu quella di sindaco di Gaiole in Chianti.

Oltre che uomo politico, fu abile agricoltore. Membro dell'Accademia dei Georgofili, fu un innovatore della vitivinicoltura toscana. Come spiega Michele Taddei nel libro "Siamo onesti! Il barone che volle l'unità d'Italia" si deve a Ricasoli la formula del Chianti. Nel romanzo di Taddei si legge "dove il barone riuscì ad ottenere ottimi risultati, in rapporto agli investimenti e agli sforzi impiegati, fu nel realizzare il vino “sublime”, in grado di poter essere venduto e bevuto in tutto il mondo, senza per questo perderne le caratteristiche organolettiche durante i lunghi periodi di viaggio. Anche in questo caso fu un instancabile ricercatore ed un perfezionista. Si affidò a mani esperte per la parte delle analisi chimiche e, girando soprattutto in Francia, provò a carpire tutti i segreti della vinificazione e, prima ancora, della coltivazione della vite e della fermentazione. Per verificare la tenuta dei propri vini nella distanza e nel trasporto faceva persino prove di “navigazione” imbarcando per anni le botti su mercantili diretti in tutte le parti del mondo, in Sud America come a Bombay. Si deve alla sua tenacia e alle prove sul campo e in cantina,che durarono tre decenni, quel regolamento di produzione del vino Chianti che nel tempo successivo è stato trasformato in disciplinare di produzione e che ancora oggi, seppure con una leggera modifica introdotta pochi anni fa, definisce le percentuali di uve di cui deve essere composto il più celebre vino italiano nel mondo".

Bibliografia

Questo testo proviene in parte, o integralmente, dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera dell'Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), rilasciata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0

"Siamo onesti! Il barone che volle l'unità d'Italia" di Michele Taddei, Mauro Pagliai Editore