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Andrea del Castagno, Stories of Christ's Passion and Last Supper, 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence
« Andreino fu grande disegnatore et di gran rilievo: amatore delle difficultà dell'arte et di scorci,
vivo et prompto molto et assai facile nel fare. » (Cristoforo Landino)
Travel guide for Tuscany
       
   

Andrea del Castagno

   
   
Andrea di Bartolo di Bargilla detto Andrea del Castagno (Castagno, 1421 circa – Firenze, 1457) è stato un pittore italiano.

Fu uno dei protagonisti della pittura fiorentina nei decenni centrali del XV secolo, assieme a Beato Angelico, Filippo Lippi, Domenico Veneziano e Paolo Uccello. Il suo stile personalissimo fu influenzato da Masaccio e Donatello, dei quali sviluppò in particolare la resa prospettica, il chiaroscuro plastico, che drammatizzò con l'uso di tinte più scure, e il realismo delle fisionomie e dei gesti, talvolta così esasperato da raggiungere esisti espressionistici.

A Firenze la sua lezione fu solo in parte capita e recepita, mentre si sviluppava, in età laurenziana, un gusto prevalentemente legato alla ricercatezza del disegno e a un accordo elegante di tinte chiare. Fu invece a Ferrara che l'opera di Andrea del Castagno venne ulteriormente sviluppata, ponendo le basi per la scuola locale di Cosmè Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de' Roberti.


Biografia

Giovinezza e formazione


Andrea nacque nel 1421 circa a Castagno, villaggio sulle pendici del Falterona circa a metà strada tra Firenze e Forlì, da Bartolo di Simone di Bargilla e Lagia. Durante la guerra tra Firenze e Milano visse a Corella, nella fortezza di Belforte, al riparo dalle scorrerie e dai saccheggi. Al termine della guerra rientrò con la sua famiglia a Castagno. Nel 1440, con la protezione di Bernardetto de' Medici, si recò a Firenze, dove dipinse, dopo la battaglia di Anghiari, l'effige dei ribelli impiccati (Albizzi e Peruzzi), sulla facciata del Palazzo del Podestà (perduti già nel 1494), da cui il soprannome di «Andrea degli Impiccati».

Non si sa niente della sua formazione, ipoteticamente si possono fare i nomi di Filippo Lippi e Paolo Uccello, ma gli artisti che influenzarono di più il giovane Andrea furono Masaccio e Donatello. Nel 1439 era, con Piero della Francesca e altri, tra gli assistenti di Domenico Veneziano durante la realizzaizone degli affreschi perduti delle Storie della Vergine nella chiesa di Sant'Egidio, ai quali lavorò per completarli anche più tardi.

Tra il 1440 e il 1441 realizzò l'affresco con la Crocifissione e santi per l'Ospedale di Santa Maria Nuova: la costruzione prospettica della scena e la volumetria delle figure sono di origine masaccesca.


A Venezia

Nel 1442 si recò a Venezia dove, nell'abside della cappella di San Tarasio in San Zaccaria, eseguì gli affreschi con Dio Padre, Santi e i quattro Evangelisti in collaborazione con Francesco da Faenza. Di sua mano sono il Dio Padre, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. L'opera, asciutta nella grafica e nei contorni, fu coraggiosamente impostata in modo prospettico e con la centralità delle figure umane, in netto contrasto con la cultura figurativa veneziana dell'epoca.
Successivamente lavorò alla Basilica di San Marco lasciando il disegno per alcuni mosaici con le Storie della Vergine (tra cui Visitazione e Morte della Vergine), databili al 1442-1443.


La maturità a Firenze

Tornato a Firenze nel 1444 fornì il cartone per una vetrata a Santa Maria del Fiore con la Deposizione. Il 30 maggio 1445 si immatricolò all'Arte dei Medici e degli Speziali. Di quello stesso anno è l'affresco con la Madonna col Bambino e santi della Collezione Contini Bonacossi.

Nel 1447 lavorò nel refettorio di Sant'Apollonia a Firenze, una delle sue opere più significative. Nella parte superiore della parete affrescata dipinse a destra la Deposizione, al centro la Crocifissione e a sinistra la Resurrezione (scene molto rovinate poiché scialbate, ma ancora leggibili); nella parte inferiore l'Ultima Cena: la scena della rivelazione del tradimento si svolge in un ambiente ricco, caratterizzato dalla decorazione a tarsie marmoree e con richiami all'antico, come le due sfingi ai lati della tavolata. In questa scena, scorciata con violenza, le figure, in pose pacate e solenni, si allineano seguendo il ritmo orizzontale e convergono nel gruppo centrale formato dal Cristo, Giovanni e Giuda (seduto, diversamente dalle altre figure, nella parte opposta della tavolata). Sempre per Sant'Apollonia dipinse su una sopraporta l'affresco con Cristo in Pietà sorretto da due angeli (di cui rimane anche la sinopia).


Cenacolo di Sant'Apollonia, 1447 con il famoso ciclo degli uomini e donne illustri di Andrea del Castagno, fotografia dagli inizi del XIX secolo

 

   
   
Tra il 1449 e il 1450 dipinse l'Assunzione della Vergine tra i santi Miniato e Giuliano per la distrutta chiesa di San Miniato fra le Torri (ora a Berlino). In quegli anni lavorò per Filippo Carducci al Ciclo degli uomini e donne illustri nella Villa Carducci di Legnaia, che comprende i ritratti a tutta figura di Pippo Spano, Farinata degli Uberti, Niccolò Acciaioli, Dante, Petrarca, Boccaccio, la Sibilla Cumana, Ester e Tomiri.
Il Ciclo degli uomini e donne illustri eè oggi divisa tra la Galleria degli Uffizi (affreschi staccati dei pannelli degli uomini e donne illustri) e la villa stessa.
Il ciclo venne coperto da intonaco bianco in epoca imprecisata e fu riscoperto nel 1847, quando il Granduca acquistò gli affreschi e li fece staccare. Dopo essere stati esposti nel Museo del Bargello dal 1865, i pannelli staccati furono trasferiti nel museo di Andrea del Castagno nel Cenacolo di Sant'Apollonia, dove in seguito all'alluvione di Firenze del 1966 vennero di nuovo rimossi, per approdare agli Uffizi nel 1969, dove vennero collocati nella ex-chiesa di San Pier Scheraggio.


Ultima fase

Al 1450 circa fanno riferimento la Crocifissione di Londra, il David con la testa di Golia e il Ritratto d'uomo di Washington. Tra il gennaio 1451 e il settembre 1453 riprese gli affreschi delle Scene della vita della Vergine lasciati incompiuti da Domenico Veneziano a Sant'Egidio (perduti). A ottobre Filippo Carducci gli commissionò altri affreschi per la sua villa di Legnaia, in particolare Eva e una Madonna col Bambino molto lacunosa.

Nel 1455 lavorò alla chiesa della Santissima Annunziata (affreschi con Trinità san Gerolamo e due sante e San Giuliano e il Redentore). Nel primo seppe coniugare l'accentuazione dei valori espressivi a un esasperato realismo.

Di quegli anni dovrebbe essere l'affresco della Crocifissione di Santa Maria degli Angeli, oggi in Sant'Apollonia. Nel 1456 afrrescò in Duomo il Monumento equestre di Niccolò da Tolentino, in pendant con un analogo affresco di Paolo Uccello.

Morì di peste il 19 agosto 1457.


Opere


 
* Storie della Vergine (con Domenico Veneziano, Alesso Baldovinetti e Piero della Francesca), 1439 poi 1451-1453, affreschi perduti, già nella chiesa di Sant'Egidio, Firenze. Qualche frammento è esposto nel Cenacolo di Sant'Apollonia, Firenze
* Crocifissione e santi, 1440-1441, affresco staccato, Ospedale di Santa Maria Nuova, Firenze
* Dio Padre, Santi e i quattro Evangelisti, affreschi, chiesa di San Zaccaria, Venezia
* Storie della Vergine, 1442-1443, cartoni per mosaici (con altri artisti), Basilica di San Marco, Venezia
     Visitazione
     Dormitio Virginis
* Deposizione, 1444, cartone per vetrata, cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze
* Madonna col Bambino e santi, 1444, affresco staccato, Collezione Contini-Bonacossi, Firenze
* Cenacolo di Sant'Apollonia, 1447, affreschi e sinopie, ex-monastero di Sant'Apollonia, Firenze
     Ultima Cena
     Deposizione
     Crocifissione
     Resurrezione
* Cristo in pietà sorretto da due angeli, 1447-1448 circa, affresco staccato, ex-monastero di Sant'Apollonia, Firenze
* Ciclo degli uomini e donne illustri, 1448-1451, affreschi staccati, già a villa Carducci di Legnaia, Galleria degli Uffizi, Firenze
* Assunzione della Vergine tra i santi Miniato e Giuliano, 1449-1450, tempera su tavola, Gemäldegalerie di Berlino
* Crocifissione, 1450 circa, tempera su tavola, National Gallery, Londra
* David con la testa di Golia, 1450 circa, tempera su pelle applicata su tavola, National Gallery of Art, Washington
* Ritratto d'uomo, 1450-1457 circa, tempera su tavola, National Gallery of Art, Washington
* Adamo, Eva e Madonna col Bambino, 1450 circa, affreschi, villa Carducci di Legnaia, Firenze
* San Giuliano e il Redentore, affresco, 1451, basilica della Santissima Annunziata, Firenze
* Trinità e santi, 1455, affresco, basilica della Santissima Annunziata, Firenze
* Trinità e santi, 1455, sinopia, ex-monastero di Sant'Apollonia, Firenze
* Crocifissione di Santa Maria degli Angeli, 1455 circa, affresco staccato, ex-monastero di Sant'Apollonia, Firenze
* Monumento equestre di Niccolò da Tolentino, 1456, affresco, cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze
     

Crocifissione di Santa Maria degli Angeli

Andrea del Castagno, Crocifissione di Santa Maria degli Angeli, 1455 circa, affresco staccato, Museo del Cenacolo di Sant'Apollonia, Firenze


Nel 1440, con la protezione di Bernadetto de' Medici, si recò a Firenze, dove dipinse, dopo La battaglia di Anghiari, l'effige dei ribelli impiccati (Albizzi e Peruzzi), sulla facciata del Palazzo del Podestà (perduti già nel 1494), da qui il soprannome di Andrea degli Impiccati.
Tra il 1440 e il 1441 realizza l'affresco con Crocifissione e santi per l'Ospedale di Santa Maria Nuova, la costruzione prospettica della scena e volumetrica delle figure sono di origine masaccesca. L’opera è ricordata sia nel Libro di Antonio Billi, che da Vasari e l'anonimo Gaddiano, che confermano l'autografia a Andrea del Castagno. Dentro ad una cornice dipinta che imita un'architettura classicheggiante, possiamo ammirare la Crocifissione di Gesù affiancata dalle figure tradizionali di Maria, Giovanni e la Maddalena inginocchiata, mentre alle estremità si trovano i due santi monaci Romualdo, fondatore dei Camaldolesi, e Benedetto da Norcia, fondatore del monachesimo occidentale. La linea di contorno delle figure è molto nervosa, molto realistica. Nelle vesti assieme al colore possiamo ammirare la luce, che fa ricordare il bianco del marmo. Da un punto di vista anatomico, il Cristo è perfetto. Le aureole, sono ricche di effetti che ricordano l’oro puro.

I Capolavori dell'Arte in Toscana | Andrea del Castagno | Crocifissione di Santa Maria Nuova

È a Venezia nel 1442 dove, nella cappella di San Tarasio della chiesa di San Zaccaria, eseguì gli affreschi con Dio Padre, Santi e i quattro Evangelisti in collaborazione con Francesco da Faenza, di sua mano " Dio Padre, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista"; successivamente lavora alla Basilica di San Marco lasciando un affresco con la Morte della Vergine (1442 - 1443). L'opera mostra la conoscenza della pittura di Masaccio e di Filippo Lippi, e deriva suggestioni da Donatello e dall'arte nordica soprattutto per l'incisività del disegno.

Il pittore realizzò le sue opere più importanti nel refettorio del convento delle benedettine di Santa Apollonia, in Firenze. Discussa è la datazione degli affreschi (ora staccati e conservati nel Museo di Castagno), che si presume eseguì tra il 1445 il 1450, comprendenti le scene della Passione, nelle quali si distinguono nella parte superiore: a sinistra la Deposizone, al centro la Crocifissione e a sinistra la Resurrezione (scene molto rovinate, ma ancora leggibili); nella parte inferiore l'Ultima Cena.

Nel Cenacolo, gli sfondi architettonici, che comprendono colonne, scale, finestre, rivelano tutta l'abilità dell'artista nell'applicazione della neonata scienza della prospettiva. La scena della rivelazione del tradimento si svolge in un ambiente interno, ricco, caratterizzato dalla decorazione a tarsie marmoree policrome e con richiami all'antico, vedi le due sfingi ai lati della tavolata, nella scena, scorciata con violenza, le figure, in pose pacate e solenni, si allineano seguendo il ritmo orizzontale della tavolata, e in ordine simmetrico, convergendo nel gruppo centrale formato dal Cristo, con alla sinistra Giovanni e da Giuda, che si trova seduto, diversamente dalle altre figure nella parte opposta della tavolata. In S. Apollonia si trova anche un'altra solenne Crocifissione, in cui la monumentalità masaccesca viene accentuata e le asprezze luministiche si attenuano in una luce diffusa, collegabile a Domenico Veneziano e all'Angelico.
Nei gli stessi anni eseguì anche un affresco nella lunetta del chiostro rappresentante Cristo nel sepolcro tra due angeli (di cui rimane anche la sinopia).

 


Sant'Apollonia, sala degli affreschi |

Andrea del Castagno, Stories of Christ's Passion, 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence

 

     

Stories of Christ's Passion, synopia

Andrea del Castagno, Stories of Christs Passion (synopia), 1447, fresco in Sant'Apollonia, Florence

 

   

Cenacolo di Sant'Apollonia, Resurrezione, 1447

Andrea del Castagno, Resurrection (detail), 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence

 

 

Andrea del Castagno, Resurrection (detail), 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence
Andrea del Castagno, Resurrection, 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence

   
 
 
 
     
     

Cenacolo di Sant'Apollonia

Andrea del Castagno, Last Supper (detail), 1447, fresco, Sant'Apollonia, Florence

 

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Christ in the Sepulchre with Two Angels

   

Il Ciclo degli uomini e donne illustri è un'opera ad affresco di Andrea del Castagno dipinta per villa Carducci di Legnaia per il gonfaloniere di Giustizia Filippo Carducci tra il 1448 e il 1451, ed è oggi divisa tra la Galleria degli Uffizi (affreschi staccati dei pannelli degli uomini e donne illustri) e la villa stessa, dove restano l'impostazione architettonica generale e una Madonna col Bambino sotto una tenda a padiglione retta da angeli, accanto ai quali figurano un Adamo ed Eva.

Arte in Toscana | Ciclo degli uomini e donne illustri

 
Eve
, 1450 circa, Andrea del Castagno, Soffiano (Firenze), Villa Carducci, Fresco.
     

 

 
Andrea del Castagno, David with the Head of Goliath
David with the Head of Goliath,
Widener Collection



 

Andrea del Castagno, Apparizione della Trinità, Santissima Annunziata, Firenze

La Madonna di casa Pazzi è un affresco staccato (290 x 212 cm) di Andrea del Castagno, datato al 1443 e conservato nella Collezione Contini Bonacossi agli Uffizi di Firenze.

Raffigura la Madonna col Bambino in trono con i santi Giovanni Battista a destra e Girolamo a sinistra. I due bambini, un maschietto con un vaso e la femmina con una ghirlanda di fiori nelle mani, sono i figli gemelli del committente Andrea de’ Pazzi, Niccolò e Orietta. Il tondo conteneva probabilmente una decorazione, forse un bassorilievo o una tavola. Proviene da una cappella del castello del Trebbio a Pontassieve.

I Capolavori dell'Arte in Toscana | Andrea del Castagno | Madonna di casa Pazzi

 


Andrea del Castagno, Madonna and Child with Saints, fresco, 290 x 212 cm, Contini Bonacossi Collection, Florence

 
   
   
[1] Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri, Torrentino - Firenze 1550.
Opera di Giorgio Vasari (1511-1574), pubblicata la prima volta nel 1550 e la seconda volta nel 1568, in tre volumi (con il titolo Le vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architetti da Cimabue insino a' tempi nostri, di nuovo ampliate, con i ritratti loro e con l'aggiunta delle vite de' vivi et de' morti dall'anno 1550 insino al 1567). Dalla prima edizione alla seconda c'è questa differenza, che la prima è più letteraria ed esprime meglio la personalità dell'autore, la seconda è opera "collettiva" ed eclettica; comunque fu la seconda a essere ristampata. Scritta su incitamento di un gruppo di letterati, fra i quali Annibal Caro, e su ispirazione dei Commentari del Ghiberti e del Trattato di architettura del Filarete, l'opera si apre con un'introduzione sulle arti del disegno, fondamentale nel Vasari, e con un proemio sulle arti, che già giunte a perfezione nell'età antica, decaddero nel Medioevo: l'ultimo aspetto della decadenza è il gotico o "stile tedesco". Poi viene la prima "maniera" dell'arte italiana, il cui vertice è toccato da Giotto, quindi la seconda maniera con Brunelleschi, Masaccio, Donatello, Botticelli ecc., in cui il disegno viene migliorato. Infine c'è la terza maniera, o "moderna", con Leonardo, Bramante, Giorgione, Tiziano, Raffaello e soprattutto Michelangelo, che hanno superato gli stessi antichi con il dominio del naturale. E' evidente che le Vite possono essere lette, a seconda dell'interesse del lettore, come documento o raccolta di notizie relative ad artisti e opere, come critica d'arte, e come opera letteraria autonoma. Lo stile è ineguale, ma sempre vivo ed efficace; sono presenti anche massime filosofiche e prediche moraleggianti. Il Venturi defin quest'opera "il testamento dell'arte italiana"; infatti nel Vasari l'amore dell'arte supera l'amore del progresso "oltre che gli uomini di questo secolo, il quale è nel colmo della perfezione, non sarebbono nel grado che sono, se quelli non fossero prima stati tali e quali che furono innanzi a noi".
[2] Serena Nocentini | The technique of fresco painting | www.brunelleschi.imss.fi.it
[3] Alla fine del 1998 è stata trasferita presso la Galleria degli Uffizi la Donazione Contini Bonacossi. Questa collezione è, senza dubbio, una delle più importanti acquisizioni degli ultimi tempi da parte della Galleria.
La donazione Contini Bonacossi è un complesso di opere che consta di trentacinque dipinti, dodici sculture, quarantotto maioliche, undici grandi stemmi robbiani e trentotto mobili; un totale di 144 pezzi di ingente valore che furono donati allo Stato, dopo lunghe e complesse trattative, concluse ne] 1969, dal Conte Alessandro Contini Bonacossi che conservava la sua favolosa collezione nella villa di Fratello Orsini a Firenze. E' senza dubbio una delle più rilevanti donazioni degli ultimi anni, sia per 1'entità, sia per 1'eccezionalità dei pezzi. Infatti sono presenti: una Madonna e Santi attribuita a Cimabue (1272-1302), un'altra di Duccio (1278-1318) o della sua bottega e 1'eccezionale pala quattrocentesca della "Madonna della Neve" del Sassetta (1400 ca-1450), che come poche altre documenta la grandissima scuola senese. Un'altra perla della collezione è il San Gerolamo di Cima da Conigliano (1459-15 17 ca) e per il Cinquecento il superbo ritratto del Conte Giuseppe Da Porto con figlio di Paolo Veronese (1528-1588). Fanno inoltre spicco il ritratto di Torero del Goya (1746 1828), "El Aguadorde Sevilla" di Velasquez (1599-1660) e il potente "Martirio di San Lorenzo" opera giovanile del Bernini (1589-1680), forse l'opera scultorea di maggior rilievo.
Oggetti di gran valore si trovano inoltre tra le cosiddette arti minori, soprattutto un gruppo di maioliche rinascimentali, di cassoni e di mobili, che coprono un arco di anni tra il XV e il XVIII secolo.

 

 

Andrea del Castagno, Dante Alighieri,Andrea del Castagno, Philippus Hispanus Descolaris, Ciclo degli uomini e donne illustri, da Villa Carducci.

 


Art in Tuscany | Italian Renaissance painting

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Andrea da 'l Castagno di Mugello
Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects | Andrea del Castagno

La Villa Carducci di Legnaia o Carducci-Pandolfini è una villa di Firenze situata in via Guardavia 18, a pochi metri dal cimitero di Soffiano.
Il complesso risale al XV secolo ed ingloba, a sud-ovest, i resti di una torre trecentesca, che faceva parte di un "palagio" fortificato alle porte della città. Fu la residenza del gonfaloniere di giustizia Filippo Carducci, che commissionò il famoso ciclo degli uomini e donne illustri ad Andrea del Castagno nel 1448-1451, un tema poi molto caro in ambito fiorentino, che in quest'opera ha l'esemplare più antico a noi pervenutoci in ambito privato.
La villa, che oggi è in mano pubblica e visitabile su appuntamento, è famosa per essere stata affrescata da Andrea del Castagno con il ciclo di affreschi di Uomini e donne illustri, il più antico del genere a Firenze. L'opera risale al 1455 e si trovava in un loggiato che diventò poi un salone; ricoperti di calce in epoca imprecisata, gli affreschi vennero poi riscoperti nel 1847, staccati e acquistati dal governo granducale; vennero esposti in varie sedi prima di approdare agli Uffizi.
Nel salone, dove è stato ricostruita l'architettura d'insieme degli affreschi nel 1965 grazie alle tracce supersititi, sono stati ritrovati nel 1948-1949 una Madonna col Bambino sotto un tendaggio a padiglione aperto da due angeli, affiancati da Adamo ed Eva, che si trovano ancora in situ.
La parte superiore del fregio risale invece al 1472 e comprende una fascia con puttini, ghirlande e stemmi araldici.
Villa Pandolfini Carducci | Via Guardiavia 18, Soffiano, Firenze

Bibliografia

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.
Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004.



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Podere Santa Pia
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Castiglion Fiorentino,  Castello di Montecchio Vesponi
Cortona, Santa Maria de Nuova
Orvieto, Duomo
Arezzo

         

Corridoio Vasari e Galleria degli Uffizi
a Firenze

 

Siena, Duomo

Firenze, Duomo
Podere Santa Pia, situata sulle splendide colline del valle d'Ombrone nel cuore della Maremma


La realizzazione di un affresco

La sinopia
'Per la realizzazione di un affresco, il pittore cominciava stendendo, sulla parete, uno strato d'intonaco ottenuto mescolando con l'acqua calce spenta e sabbia di fiume a grana grossa. Questo primo strato, steso nello spessore di circa un centimetro, si chiama 'arriccio'. La superficie doveva risultare piuttosto ruvida, perché il secondo intonaco potesse avere su di esso una buona adesione. L'artista eseguiva direttamente su questo primo strato il disegno preparatorio. Con un carboncino – facilmente eliminabile – creava lo schema della rappresentazione e, una volta soddisfatto di ciò che aveva eseguito, tracciava con terra d'ocra, accanto al disegno in carbone, un'altra linea. Poi con un mazzo di penne spazzava via il carboncino e ripassava con una terra rossa la figurazione giallo tenue che rimaneva, così come con lo stesso pigmento erano completati i dettagli della rappresentazione (pieghe dei panneggi, volti, chiaroscuri, ecc.). Nacquero in questo modo, nel Trecento e fino a gran parte del Quattrocento, i grandi disegni preparatori, che oggi, dal colore del pigmento rossastro (originario della città di Sinope) con cui furono eseguiti, si usano chiamare sinopie.
Eseguita la sinopia, aveva inizio la pittura vera e propria. Veniva steso sopra l'arriccio un nuovo strato d'intonaco destinato a ricevere il colore, chiamato 'intonachino', la cui superficie doveva in questo caso risultare perfettamente liscia. L'intonachino è un velo trasparente, composto da una parte di calce spenta e due parti di sabbia di fiume macinata fine. Dovendo restare ben umido durante tutto il lavoro di coloritura veniva applicato sull'arriccio solo per quella quantità di superficie che l'artista poteva colorare in una giornata di lavoro. Poi il pittore ripassava a mano libera, con un pennello, il disegno della sinopia che intravedeva attraverso l'intonachino. In ultimo iniziava a dipingere questa porzione con i colori macinati e mescolati con l'acqua.'

L'affresco
'La tecnica del dipingere in affresco, come indica la parola stessa, consiste nello stendere i colori sull'intonaco ancora umido, ossia appunto "a fresco".
Nella costruzione del muro destinato ad ospitare la pittura si prediligeva l'uso di un unico materiale, generalmente pietra o mattone, per evitare che i diversi movimenti di assestamento provocassero danni. L'artista cominciava stendendo sulla parete uno strato d'intonaco ottenuto mescolando, con l'acqua, calce spenta e sabbia di fiume a grana grossa.
Questo primo strato, detto arriccio, era steso nello spessore di un centimetro e la sua superficie doveva risultare piuttosto ruvida per permettere al secondo intonaco di aderire più facilmente.
Sopra l'arriccio si eseguiva il disegno con il carboncino, che veniva spazzato via con delle piume dopo aver aggiunto lungo i suoi contorni una seconda linea in ocra. Si ripassava poi quest'ultima con il rosso sinopia, pigmento colorato il cui nome finì per indicare i disegni preparatori con esso eseguiti.
Infine si applicava l'intonachino, o velo, uno strato di intonaco trasparente più raffinato dell'arriccio, costituito in genere da una parte di calce spenta e due parti di sabbia macinata fine. Questo doveva avere una superficie perfettamente liscia e restare ben umido per tutto il corso del lavoro di coloritura, per cui veniva steso solo per quella quantità di superficie che l'artista dipingeva in una giornata di lavoro. Per questo motivo, ognuna di queste parti prende il nome di "giornata".
Dopo aver riportato sull'intonachino fresco il disegno della porzione di sinopia che traspariva da sotto, il pittore iniziava a dipingere con colori macinati e mescolati con acqua. In genere nei volti si iniziava dai toni chiari per arrivare a quelli scuri; viceversa nelle vesti si cominciava a dipingere dalle tonalità scure per poi degradare verso quelle più chiare.
Non tutti i colori potevano essere utilizzati. Infatti, quando l' intonaco si asciuga, la calce in esso contenuta determina una reazione chimica, la carbonatazione, che, per il calore sprigionato, può bruciare i pigmenti di origine vegetale. Spesso erano quindi necessari alcuni ritocchi a secco per piccoli perfezionamenti. A secco dovevano, inoltre, essere dipinti gli azzurri, sia il costosissimo lapislazzuli, o oltremarino, sia l'azzurro di Alemagna, o azzurrite.
Già dalla metà del Quattrocento al posto della sinopia venne introdotto l'uso del cartone preparatorio. I disegni si facevano in bottega, su carta quadrettata, in piccole dimensioni.
Poi su un foglio di dimensione uguale a quello dell'affresco si tracciava una quadrettatura del medesimo numero di quadrati ma di proporzioni maggiori; quindi si riportavano, ingrandendole, le linee del disegno piccolo.
Il disegno grande veniva forato con un grosso ago per passarvi sopra un sacchetto di tela rada con polvere di carbone.
Con questa tecnica, definita spolvero, si formava una serie ininterrotta di puntini che l'artista congiungeva tra loro creando il disegno.
Sempre durante il Rinascimento si sviluppò, infine, un terzo metodo: il disegno, ingrandito con la quadrettatura, veniva tracciato su cartone leggero il quale, steso sull'intonaco fresco, veniva calcato con un chiodo lungo le linee in modo da incidere e trasferire la composizione sulla malta.'
Serena Nocentini | La realizzazione di un affresco | La sinopia e l'affresco | www.brunelleschi.imss.fi.it | Watch the movie

Lo strappo
'Nel corso del Settecento furono messe a punto nuove tecniche per il recupero e la conservazione delle opere antiche, tra cui il metodo del distacco per le pitture murali.
Il distacco consiste nella separazione della pellicola pittorica dal suo supporto naturale, generalmente pietre o mattoni, e si distingue in base alla tecnica di asportazione usata.
Il metodo più antico, detto "a massello", prevede il taglio del muro e la conseguente asportazione, assieme alla pellicola pittorica, dell'intonaco di preparazione e di buona parte della muratura.
Lo "stacco" implica, invece, l'asportazione, insieme al colore, del solo intonaco di preparazione, l'arriccio.
Infine lo "strappo", senza dubbio la tecnica meno invasiva, agisce esclusivamente sul velo d'intonaco dove sono assorbiti i colori, senza toccare l'arriccio.
In quest'ultimo metodo, sulla superficie dipinta si applica, a scopo protettivo, un intelaggio composto da tele di cotone e colla animale, sul quale poi si incolla una tela più robusta di dimensioni maggiori rispetto al dipinto. Sulla parete si esegue un'incisione profonda lungo i margini della pittura.
Si batte ripetutamente il dipinto per distaccarlo dal muro adoperando un mazzuolo in gomma, proseguendo poi, con l'ausilio di un ferro da stacco - una sorta di punteruolo - a strappare, partendo dal basso, la pellicola pittorica e l'intonachino attaccati all'intelaggio di cotone e colla.
Il retro dell'affresco viene assottigliato per rimuovere le eccedenze di calce e ricostituito con un intelaggio definitivo: si incollano due sottili tele di cotone, dette "velatini" e una tela più robusta con uno strato di colla. Si passano poi due strati di malta, la prima più granulosa e la seconda più liscia e compatta.
Le malte costituiranno il primo strato vero e proprio del nuovo supporto. I velatini e la tela serviranno solo ad agevolare un futuro nuovo distacco: per questo motivo prendono il nome di "strato di sacrificio".
Una volta asciutta la malta si stende uno strato di adesivo e si fa aderire l'affresco ad un supporto rigido in materiale sintetico, con il quale si possono ricostruire le architetture che lo ospitavano.
Dopo il completo essiccamento del retrointelaggio definitivo, con l'ausilio di un vaporizzatore ad acqua calda e alcool etilico decolorato, si rimuovono le tele utilizzate per proteggere la pittura durante la fase dello strappo.'
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Art in Tuscany | Italian Renaissance painting

 

 

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