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Masaccio, Maestà (Madonna in trono col Bambino e quattro angeli) (dettaglio), 1426, tempera su tavola a fondo oro, National Gallery, Londra

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Masaccio | Polittico di Pisa (1426)

   
   

Il Polittico di Pisa è un'opera di Masaccio, già dipinta per la chiesa del Carmine di Pisa ed oggi smembrata in più musei e parzialmente dispersa. Documentata dal 1426, è una tempera su tavola a fondo oro. Originariamente doveva essere composta da almeno cinque scomparti, organizzati su doppio registro, per dieci pannelli principali, dei quali se ne conoscono solo quattro. Altri quattro piccoli pannelli laterali e tre della predella (due dei quali con doppia scena) sono noti e oggi conservati agli Staatliche Museen di Berlino.


   
   

Destinato alla cappella del notaio ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto, il polittico di Pisa è l'opera meglio documentata di Masaccio, grazie a un committente particolarmente pignolo, che annotò tutti i pagamenti e i solleciti fatti al pittore.

Il 19 febbraio 1426 l'artista era a Pisa a siglare il contratto per la somma di 80 fiorini, con i quali il pittore doveva provvedere anche ai materiali più costosi: l'oro dello sfondo e l'azzurro ultramarino di buona qualità. Era stato sicuramente presentato dai carmelitani di Firenze, nella cui chiesa aveva dipinto gli affreschi della Cappella Brancacci: alcuni storici pongono questa data come termine del famoso ciclo di affreschi, interrotti per richiesta forse del committente, che permise all'artista di dedicarsi a un'altra opera. Il 20 febbraio è registrato un primo pagamento di dieci fiorini, e il 23 marzo di altri 15. Il 24 luglio dello stesso anno è Donatello a riscuotere per il pittore dieci fiorini: lo scultore aveva infatti perso bottega a Pisa proprio in quegli anni per lavorare con Michelozzo al sepolcro del cardinale Rainaldo Brancaccio, che venne spedito a Napoli via mare. Il 23 agosto Masaccio era tornato a Firenze per una questione legale, mentre il 25 ottobre, dopo aver riscosso altri 25 fiorini a Pisa, promette di non intraprendere altri lavori fino al completamento del polittico. Il 9 novembre incassa altre tre lire e il 18 dicembre un suo aiutante riceve un fiorino di pagamento, testimone Donatello in vece di Masaccio. Ancora il 18 dicembre il suo assistente, Andrea di Giusto, riceve un pagamento di otto lire e cinque soldi, mentre il 26 dicembre è l'artista in prima persona a ricevere il saldo per l'opera, sedici fiorini.

Entro il 1568 Giorgio Vasari lo vide e lo descrisse nella seconda edizione delle Vite. Nel corso del XVII o XVIII secolo venne rimosso dall'altare, sembrato e disperso.

Dibattuta la questione dell'accostamento all'antico di Masaccio. Nel Polittico di Pisa si nota sul basamento del trono della Vergine il motivo strigilato tratto da sarcofagi che pone la questione ancora più controversa delle collaborazioni con l'amico Brunelleschi, ben più evidente nella volta a botte della posteriore Trinità in Santa Maria Novella.


Arte in Toscana | Masaccio, Maestà o Madonna in trono col Bambino e quattro angeli (1426)

Considerazioni generali

 


Madonna col Bambino, Londra

Il polittico aveva un impianto ancora medievale, diviso forse in scomparti su più ordini e figure su fondo oro, con i personaggi modellati da un forte chiaroscuro, ottenuto tramite vibranti campiture di colore e lumeggiature.

Vi si può sicuramente leggere un'influenza di Donatello e delle sue sculture nella maestosa monumentalità di alcune figure, come la stessa Madonna o i santi nelle cuspidi. Domina la ricerca di plasticismo definita più dall'illuminazione che dal contorno. Tutti i pannelli rispondevano ad un unico punto di fuga in modo che la composizione risultasse unitaria, per questo si spiegano le figure rialzate della predella e le figure incassate della cuspide.

Alcuni ipotizzano che il polittico, il cui scomparto centrale è vistosamente tagliato ai lati, potesse essere ancora più originale, disponendo i santi in un'unica tavola, attorno al trono della Madonna, in una composizione orizzontale indivisa (una "Sacra conversazione").

Un indizio di questa ipotesi sarebbe la presenza di alcuni aloni d'ombra a sinistra dei gradini del trono della Madonna, proiettati magari dalle figure dei santi. Inoltre il polittico di Pisa pare che sia il modello del Polittico della Misericordia di Piero della Francesca (1448), che ha appunto una struttura senza scomparti. Inoltre ne sarebbero state precoci imitazioni la Madonna in trono fra angeli e santi di Filippo Lippi a Empoli (1430 circa) e la pala di Santa Lucia dei Magnoli di Domenico Veneziano (1445 circa).


 

     
Masaccio, Maestà (Madonna in trono col Bambino e quattro angeli) (dettaglio), 1426, tempera su tavola a fondo oro, National Gallery, Londra


Pannelli


   

Madonna in trono col Bambino, conservata alla National Gallery di Londra. In questa tavola su fondo oro, la Vergine assisa su un trono costruito prospetticamente con un punto di vista ribassato, in modo da tener conto del punto di vista reale dello spettatore, s'incurva, come a formare un bozzolo protettivo attorno al Bambino che mangia un acino d'uva, simbolo della sua futura Passione; le figure imponenti sono modellate dal chiaroscuro.

Crocifissione, Museo Capodimonte di Napoli: la tavola su fondo oro mostra la scena della Crocifissione con un Cristo che, guardato di fronte, pare abbia il capo completamente incassato nelle spalle, in realtà la tavola va vista dal basso verso l'alto come quando era collocata nel suo sito originario, ed in questa prospettiva il collo appare nascosto dal torace innaturalmente sporgente, anche il corpo, con le gambe disarticolate dal supplizio, appare sfalsato dalla prospettiva; ai lati della croce la Vergine e san Giovanni Evangelista, ai piedi la Maddalena vista di spalle.

San Paolo, Museo Nazionale di Pisa: un san Paolo un po' irsuto, con i capelli lunghi e la folta barba, si erge con sguardo fermo e rivolto lontano, vestito con un ampio mantello rosso e, secondo la sua usuale iconografia, tiene con la mano destra la spada e con la sinistra gli Atti degli Apostoli.

Sant'Andrea, Getty Museum di Los Angeles.


Pannelli laterali

Sant'Agostino, Staatliche Museen di Berlino

San Girolamo, Staatliche Museen di Berlino

Santo carmelitano barbuto, Staatliche Museen di Berlino

Santo carmelitano glabro, Staatliche Museen di Berlino


Predella

Martirio di san Giovanni Battista e Crocefissione di san Pietro, Staatliche Museen di Berlino

Storie di san Giuliano e san Nicola, Staatliche Museen di Berlino

Adorazione dei Magi, Staatliche Museen di Berlino

 



Ricostruzione possibile


   

 

  Sono perduti invece i quattro santi laterali alla Madonna che, a giudicare dalla predella, dovevano appunto rappresentare San Giuliano (patrono del committente), San Nicola, San Giovanni Battista e San Pietro. Sopra di essi, a rigor di logica, dovevano trovarsi altri due pannelli di cuspide perduti che affiancavano il san Paolo e il Sant'Andrea.
Retaggio


   
Il polittico di Pisa fu molto studiato dai seguaci ed estimatori della "maniera moderna" di Masaccio, tra cui sicuramente Filippo Lippi, forse già partecipe all'esecuzione come allievo, e Piero della Francesca, che ne copiò lo schema nel Polittico della Misericordia a Sansepolcro.


Pannelli

Madonna in trono col Bambino


   
La Maestà di Masaccio (Madonna in trono col Bambino e quattro angeli) è il pannello centrale del polittico di Pisa, del 1426. L'opera misura 135,50x73 cm, è una tempera su tavola a fondo oro ed è conservata alla National Gallery di Londra.

Destinato alla chiesa del Carmine per la cappella del notaio ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto, il polittico di Pisa è l'opera meglio documentata di Masaccio, grazie a un committente particolarmente preciso, che annotò tutti i pagamenti e i solleciti fatti al pittore.

Il 19 febbraio 1426 l'artista era a Pisa a siglare il contratto e, dopo vari solleciti e richieste a impegnarsi in esclusiva all'opera, il 26 dicembre Masaccio riceveva il saldo per l'opera.

Entro il 1568 Giorgio Vasari lo vide e lo descrisse nella seconda edizione delle Vite. Nel corso del XVII o XVIII secolo venne rimosso dall'altare, sembrato e disperso.

Il pannello centrale venne riscoperto solo nel 1907 da Bernard Berenson in una collezione privata inglese e l'evento rappresentò il culmine di una campagna di ricerca che aveva visto gli studiosi dell'artista impegnati per decenni. Nel 1916 venne acquistato dal museo londinese con il contributo di The Art Fund.

L'opera venne chiaramente descritta da Vasari, facilitando così il riconoscimento del 1907. La Madonna in trono (una Maestà), tiene in braccio il Bambino, reggendolo con la mano sinistra, mentre con la destra gli porge un grappolo d'uva, simbolo dell'Eucarestia, presente anche nel Trittico di San Giovenale (1422). Il Bambino con una manina tocca il frutto e con l'altra porta gli acini alla bocca, succhiandosi anche le dita. La sua aureola è disegnata in prospettiva. La Madonna indossa un magnifico mantello azzurro con orlo dorato. Il maestoso trono è ricco di dettagli architettonici, come le colonnine in pietra e le cornici "all'antica": la sua struttura così pienamente rinascimentale stona con la cuspide goticheggiante dell'arco del pannello.

Attorno a esso si dispongono quattro angeli: due oranti ai lati, in parte nascosti dalla spalliera, e due musicanti in basso, seduti davanti all'alto zoccolo del trono. Questi ultimi due hanno ali d'uccello e suonano due liuti: uno sembra cantare, mentre l'altro, come scrisse il Vasari, "porge con attenzione l'orecchio all'armonia di quel suono".

Il formato del dipinto è piuttosto insolito, più alto e stretto del normale, ed ha subito un taglio ai lati, ma non si sa se di pochi centimetri o di una porzione più grande. Shearman ipotizzò che l'alone sui gradini in basso a sinistra del trono fosse l'ombra di un altro angelo, o di una figura. Forse lo era dell'elemento che separava il pannello attiguo (un pilastrino o colonna) o forse era una proiezione che unificava lo spazio con il pannello successivo.


Stile

L'effetto d'insieme del dipinto è monumentale, come le figure principali improntate a una massiccia statuarietà, attenuata dai gesti e le espressioni tratte dalla quotidianità: entrambi gli elementi rivelano un'influenza di Donatello, che proprio in quegli anni lavorava a Pisa con Michelozzo e che in un'occasione si incaricò anche di riscuotere un pagamento per conto dell'amico pittore. L'illuminazione, più che il disegno di contorno, definisce la forma plastica delle figure, facendole assomigliare a voluminose sculture.

Il manto della Madonna è composto da pieghe realistiche, che modellano il volume delle gambe e del busto, e contrastano con la dolce fragilità del viso. Il Bambino è paffuto e dai gesti infantili, ma il volto appare pensoso, sospeso probabilmente al significato premonitore dell'uva eucaristica. L'opera assomiglia alla Madonna Hildburgh di Donatello o copia della sua bottega (oggi al Victoria and Albert Museum e colpisce in entrambe le opere il difficile scorcio dei liuti, quasi fosse stata una gara di virtuosismo dei due artisti.

Colpisce la precisione della luce che taglia lo schienale del trono e lascia in ombra gran parte del volto della Madonna, forse per la prima volta nell'arte italiana.

 

Madonna col Bambino, Londra

 

Madonna col Bambino (dettaglio, angelo), Londra



La Crocifissione




 
La Crocifissione rappresenta il simbolo per antonomasia della religione cristiana: essa occupa un posto centrale nella produzione dell'arte sacra.
La Crocifissione è un dipinto tempera su tavola di Masaccio, facente parte dello smembrato e in parte disperso Polittico di Pisa, del quale costituiva il comparto centrale superiore. L'opera misura 83 x 63 cm, risale al 1426 ed è oggi conservata al Museo di Capodimonte a Napoli.

Il 19 febbraio 1426 l'artista era a Pisa a siglare il contratto per la somma di 80 fiorini (con i quali il pittore doveva provvedere anche ai materiali più costosi: l'oro dello sfondo e l'azzurro ultramarino di buona qualità) e, dopo vari solleciti e richieste a impegnarsi in esclusiva all'opera, il 26 dicembre Masaccio riceveva il saldo per l'opera.

Entro il 1568 Giorgio Vasari lo vide e lo descrisse nella seconda edizione delle Vite. Nel corso del XVII o XVIII secolo venne rimosso dall'altare, smembrato e disperso.

La tavola della Crocefissione venne acquistata dal museo nel 1901 come opera di un anonimo fiorentino. Pochi anni dopo Suida lo riconobbe come opera di Masaccio e lo associò al polittico pisano (W. Suida, 1906, pp. 125-127).


Descrizione e stile

La tavola di Capodimonte mostra la scena della Crocifissione con tre "dolenti": la Vergine, san Giovanni e la Maddalena, rappresentata in ginocchio di spalle al centro (riconoscibilissima dal tipico vestito rosso). Quest'ultima è creata quasi unicamente dal suo gesto disperato, mentre allarga le braccia e piega la schiena.

Il Cristo, guardato di fronte, pare abbia il capo completamente incassato nelle spalle, come arreso alla morte. In realtà la tavola va vista dal basso verso l'alto come quando era collocata nel suo sito originario, ed in questa prospettiva il collo appare nascosto dal torace innaturalmente sporgente. Anche il corpo, con le gambe disarticolate dal supplizio, appare sfalsato dalla prospettiva. Masaccio tentò di scorciare in prospettiva il corpo del Cristo, ma l'effetto sperimentale ottenuto fu più maldestro che illusionistico. In ogni caso fu il primo tentativo del genere e ben testimonia il clima sperimentale del primo Rinascimento fiorentino. Boskovits sottolineò l'inedita posizione frontale, molto rara dai tempi del declino del Cristus Triumphans (inizio del XIII secolo).

Il volto brunito di Cristo è colto nel momento del trapasso, quando ha appena pronunciato, rivolto a san Giovanni, le parole «Ecco la tua madre!», con le quali gli ha affidato la Madonna.

La Madonna sta ora immobile ai piedi della croce, le mani giunte che si stringono nel dolore, erta in tutta la sua statura, nell'ampio mantello blu, come impietrita dall'angoscia. Sull'altro lato della croce sta san Giovanni con il capo mestamente reclinato sulle mani congiunte, ed il movimento delle braccia è sottolineato dal blu di una manica che contrasta con il rosso del manto. Ha il volto affranto e sembra sforzarsi per trattenere le lacrime. In alto sulla croce è posto il l'albero della vita, simbolo della rinascita: quando Giuda si impiccò, l'albero rinacque.

La scena sembrerebbe immobile — come se con il trapasso di Cristo anche il tempo si fosse fermato — se non fosse per la presenza della Maddalena che vediamo solo di spalle, i lunghi capelli biondi disciolti sul suo manto scarlatto, e pare aver fatto da poco irruzione nella scena ed agitarsi scomposta dal dolore.

Inginocchiata ai piedi di Cristo, le braccia aperte e tese al cielo che ricordano i gesti drammatici delle «lamentatrici» nell'antico pianto funebre della tradizione mediterranea, la Maddalena ha, in questa tavoletta di Masaccio, una impareggiabile forza espressiva che segna il culmine del pathos della scena. Roberto Longhi pensò che la figura della Maddalena fosse un'aggiunta leggermente posteriore che si sovrapponeva al piede della croce, come farebbe pensare l'aureola senza decorazioni, che venivano aggiunte in un momento precedente alla pittura della tavola.


Masaccio, Crocifissione, 1426, Museo di Capodimonte, Napoli


Piero della Francesca, Crocifissione, 1444-1464, Museo civico, Sansepolcro

La Crocefissione di Piero della Francesca è la tavola dove si nota una maggiore dipendenza da Masaccio, con il Cristo rappresentato di scorcio ottimizzato per una veduta dal basso, migliorando il tentativo sperimentale, ma un po' goffo, della Crocifissione masaccesca di Napoli. I gesti della Vergine Maria e di Giovanni, ai lati della croce, sono ampi e drammaticamente espressivi, ricordando da vicino il pathos dell'analoga tavola masaccesca.
La Crocifissione è un omaggio a Masaccio, anche se rispetto a lui Piero predilige una
composizione ordinata e simmetrica, in cui le figure esprimono un’emotività più contenuta.


San Paolo




 
Il San Paolo di Masaccio è un pannello del polittico di Pisa, datato 1426. L'opera, che occupava con tutta probabilità il registro superiore, misura 51x30 cm ed è una tempera su tavola a fondo oro. Dei vari scomparti è l'unico che sia rimasto a Pisa ed è conservato nel Museo nazionale di San Matteo.

Non vi sono testimonianze certificanti che l'opera fosse appartenuta al polittico di Pisa, ma lo stile, il collegamento con il Sant'Andrea – anch'esso posto in forte relazione con lo stesso polittico – e la provenienza da Pisa, lasciano presupporre che l'opera avesse fatto parte del grande e pregiatissimo complesso.

Entro il 1568 Giorgio Vasari lo vide e lo descrisse nella seconda edizione delle Vite. Nel corso del XVII o XVIII secolo venne rimosso dall'altare, sembrato e disperso.


Descrizione e stile

San Paolo, che si trovava forse sopra il perduto pannello laterale di San Pietro, è raffigurato dalla vita in su, come l'altro pannello che si conosce di questo registro, il Sant'Andrea del Getty Museum di Los Angeles. Il santo è un po' irsuto, con i capelli lunghi e la folta barba (come un filosofo dell'antichità) e si erge con sguardo fermo e rivolto lontano, vestito con un ampio mantello rosso, che è modellato da ampie campiture di colore lumeggiate sapientemente. A differenza del Sant'Andrea il trattamento delle carni e dei tessuto ha un approccio più delicatamente sfumato e pittorico, mentre nell'altra opera è più contrastante e scultoreo. Le dita sono solide e squadrate.

Secondo la sua usuale iconografia, Paolo tiene con la mano destra la spada e con la sinistra gli Atti degli Apostoli.

Joannides (1993) mise l'opera in relazione col Geremia di Donatello.
 


Masaccio, San Paolo, 1426, tempera su tavola a fondo oro, Museo nazionale di San Matteo, Pisa


Sant'Andrea




 
Il Sant'Andrea di Masaccio è un pannello del polittico di Pisa, datato 1426. L'opera, che occupava con tutta probabilità il registro superiore destro, misura 51x31 cm ed è una tempera su tavola a fondo oro. È conservato nel Getty Museum di Los Angeles.

Storia

Il pannello del Sant'Andrea riapparve in Austria nel XIX secolo e dopo essere stato riconosciuto passò attraverso varie collezioni private, finché non entro al Getty, acquistato su consiglio di Federico Zeri.


Descrizione e stile

Sant'Andrea è raffigurato dalla vita in su, come l'altro pannello che si conosce di questo registro, il San Paolo del Museo nazionale di San Matteo di Pisa.

Il santo è ritratto con in mano la croce e gli Atti degli Apostoli, avvolto in un ampio manto color verde, che è modellato da ampie campiture di colore lumeggiate sapientemente. Il volto barbuto ricorda quello dei filosofi dell'antichità e si erge con sguardo fermo e rivolto lontano. Alcuni dettagli, con lo scorcio della croce e il poco slancio della figura del santo, fanno pensare alla volontà del pittore di ottimizzare queste figure per una visione dal basso, come faceva Donatello, amico di Masaccio i cui rapporti sono documentati proprio durante il soggiorno pisano di entrambi nel 1426, e come Masaccio creò con più evidenza nel pannello centrale superiore della Crocefissione, col Cristo dalla testa incassata nelle clavicole.

A differenza del San Paolo il trattamento delle carni e dei tessuto ha un approccio più vigoroso e scultoreo, con colori cangianti, pieghe spesse e nette che fanno apparire la veste vaporosa e pesante. Nell'altra opera il tratto è invece più delicatamente sfumato e pittorico. Le dita di Andrea sono solide e squadrate, come nel più piccolo pannello del Santo carmelitano imberbe.

 

 


Pannelli laterali


Sant'Agostino


   
Il pannello di Sant'Agostino, attribuito di Masaccio, è una delle quattro figurette (38 x 12 cm) già facenti parte del polittico di Pisa ed oggi conservate nello Staatliche Museen di Berlino. Gli altri tre sono il San Girolamo, il Santo carmelitano barbuto e il Santo carmelitano imberbe. L'opera, datata 1426, è una tempera su tavola a fondo oro.

I quattro piccoli pannelli vennero alla luce nel 1893 in un'esposizione alla New Gallery di Regent Street a Londra e nel 1905 vennero acquistati dal Museo di Berlino. Fu Berenson il primo a metterli in relazione col perduto polittico pisano nel 1908, proprio per la presenza dei carmelitani.


Descrizione e stile

La collocazione di queste quattro figure è incerta e in ogni caso ne dovevano esistere alcuni di più, poiché si era normalmente soliti accoppiare queste figure simmetricamente, voltate verso destra e verso sinistra in misura uguale. I pannelli di Berlino sono tre voltati verso destra (Agostino, Girolamo e Carmelitano barbuto) e uno solo verso sinistra (Carmelitano glabro) e si tende a immaginarli incastonati nei pilastri ai lati della cornice lignea. Berti e Foggi hanno proposto anche una ricostruzione alternativa, dove i pannelli decoravano lo spazio tra gli scomparti superiori del polittico, dove erano dipinti dei santi a mezza figura, dei quali si conosce oggi solo il San Paolo e il Sant'Andrea. In ogni caso i pannelli perduti sarebbero almeno due.

Sant'Agostino è ritratto con l'abito vescovile, la mitria e i guanti, mentre è concentrato alla lettura di un libro sacro. Lo stile della figura è tipico di Masaccio, con una pennellata fluida che definisce le figure per mezzo di ampie campiture di colore, ravvivate dal tocco realistico della luce. In questo caso l'illuminazione proviene da sinistra, come anche nelle altre figure del polittico, e lascia il volto del santo in ombra, un dettaglio inconsueto che Masaccio sperimentò per primo anche in altre opere, superando la stereotipato bagliore senza fonte precisa delle opere del gotico internazionale.


San Girolamo




San Girolamo è ritratto con l'abito cardinalizio mentre è concentrato nello studio e legge un libro posto su un banco. Lo stile della figura è tipico di Masaccio, con una pennellata fluida che definisce le figure per mezzo di ampie campiture di colore, ravvivate dal tocco realistico della luce. In questo caso l'illuminazione proviene da sinistra, come anche nelle altre figure del polittico, e lascia il volto del santo in ombra, un dettaglio inconsueto che Masaccio sperimentò per primo anche in altre opere, superando la stereotipato bagliore senza fonte precisa delle opere del gotico internazionale.


Santo carmelitano barbuto

Il santo barbuto con l'abito carmelitano è ritratto mentre si regge il mantello con una mano e con l'altra un libro. La sua veste è trattata con un approccio più delicato e pittorico del Santo imberbe. La pennellata fluida definisce le figure per mezzo di ampie campiture di colore, ravvivate dal tocco realistico della luce. In questo caso l'illuminazione proviene da sinistra, come anche nelle altre figure del polittico, e lascia il volto del santo in ombra, un dettaglio inconsueto che Masaccio sperimentò per primo anche in altre opere, superando la stereotipato bagliore senza fonte precisa delle opere del gotico internazionale.

Non è chiaro perché questa figura abbia la calotta cranica apparentemente mozza, se per un attributo iconografico, per un danno o per un maldestro tentativo di scorciare la figura "di sott'in su", magari trovandosi nella parte alta del polittico.



Masaccio, Sant'Agostino, 1426, tempera su tavola a fondo oro, Staatliche Museen, Berlino

Santo carmelitano imberbe


   
Il santo imberbe con l'abito carmelitano è ritratto mentre guarda in lontananza e nasconde sotto il mantello un libro, simbolo di sapienza. La fisionomia ha tratti che evidenziano la rotondità, e la sua veste è trattata con un approccio più scultoreo del Santo barbuto: richiama lo stile del pannello del Sant'Andrea, col quale condivide anche la forma solida e squadrata delle dita. Le pieghe sono più vigorose, con colori più contrastanti, che fanno apparire il mantello pesante e voluminoso.

Su figure simili a questa Filippo Lippi, allievo di Masaccio, formò il proprio stile, tanto che alcuni hanno anche attribuito l'opera alla sua mano.


 


Predella





 
Masaccio, Martirio di san Giovanni Battista (dettaglio),1426, Musei statali, Berlino

     

Martirio di san Giovanni Battista


 


Il Martirio di san Giovanni Battista di Masaccio è una tempera su tavola (30,5x21 cm) proveniente dallo smembrato polittico di Pisa ed oggi conservato nei Musei statali di Berlino. Risale al 1426.

I tre pannelli della predella si trovano tutti a Berlino, anche se vennero acquisii in date diverse. I due pannelli dell'Adorazione dei Magi e dei Martiri di Pietro e Giovanni Battista si trovavano nella collezione Capponi a Firenze quando vennero ceduti, nel 1880, al museo berlinese. Già registrati come opera del Pesellino, all'arrivo in Germania erano già stati correttamente attribuiti a Masaccio e al polittico pisano; le Storie di san Giuliano e san Nicola entrarono invece in collezione nel 1908, con attribuzione più incerta.


Descrizione

L'opera, che faceva parte della predella, in particolare del lato sinistro, al di sotto di un perduto pannello con san Giovanni Battista. La scena mostra la decollazione del Battista, un attimo prima che il martirio sia compiuto. In primo piano, sulla sinistra, un comandante con il bastone ha ordinato l'esecuzione, come indica il gesto eloquente, e due soldati stanno eseguendola: uno, di spalle, sta vibrando il colpo di grazia con la spada, mentre l'altro tiene la testa del santo per i capelli e lo picchia con un bastone. Masaccio si sforzò di rappresentare la violenza dei carnefici, di uno dei quali, l'esecutore materiale, non mostrò la faccia e, quindi, il lato umano. Il gesto rotatorio della spada in scorcio che sta per abbattersi è sottolineato, oltre che dalla posizione del boia, anche dalla sua veste, che svolazza per il movimento. Egli indossa la tunica corta dei pagani, la stessa di cui Masaccio vestì ad esempio il gabelliere senza scrupoli nell'affresco del Pagamento del Tributo nella Cappella Brancacci.

Il Battista, inginocchiato su un gradino e curvo per offrire il collo al carnefice, si appresta a ricevere il martirio con rassegnazione, mentre prega con le mani giunte. Nella sua figura si scorge anche un silenzioso dolore, reso straziante dal volto in ombra e la posizione indifesa. Davanti a lui si trova già la cesta dove cadrà la sua testa.

Chiudono al scena due guardie giovani, che assistono dietro ai loro alti scudi dipinti di rosso, che forniscono una quinta di violento impatto cromatico alla drammatica scena. Anticamente gli scudi erano decorati da motivi e forse lustri metallici oggi quasi cancellati. Anche le armature, gli elmi e la spada erano un tempo lustrate con sottili lamine metalliche.

Lo sfondo è un paesaggio di montagne rocciose e un pietroso selciato, che riprende quello dell'attigua scena della Crocefissione di san Pietro.
Stile [modifica]

L'opera è un compiuto esempio di uno spazio dipinto illusionisticamente dove tutti gli elementi sono collocati razionalmente seguendo un principio razionale unitario, legato a una rigorosa costruzione matematica della prospettiva.

Lo spazio è vivificato anche dalla luce, che dà concretezza e volume ad ogni singolo elemento, dal corpo del santo ai ciottoli del selciato.

 


Martirio di san Giovanni Battista,
1426, Musei statali, Berlino


Masaccio, Martirio di san Giovanni Battista (dettaglio),1426, Musei statali, Berlino




Adorazione dei Magi

   
L'Adorazione dei Magi, faceva parte della predella nello scomparto centrale, sotto la Maestà oggi alla National Gallery di Londra. La scena dell'Adorazione dei Magi è presentata come di consueto di profilo (solo Sandro Botticelli rinnoverà questa iconografia), e sembra dipinta per contrastare la celebre Adorazione di Gentile da Fabriano, che nel 1423 aveva incantato i fiorentini.

La composizione di Masaccio è pacata e simile a un fregio, in contrapposizione con l'affollata e sontuosa "frivolezza" di Gentile. A sinistra si vede la capanna, dove il bue e l'asinello stanno di spalle, accanto a una cavalcatura per il dorso dell'asino. Subito dopo si vede la Sacra Famiglia, con le aureole scorciate in prospettiva. Maria è seduta in un seggio dorato con protomi e zampe leonine (il faldistorio con le teste leonine imperiali), e tiene in braccio il Bambino che benedice il primo dei Magi, il quale è già inginocchiato e tolto la corona deponendola in terra; il suo dono è già nelle mani di san Giuseppe. Dietro di lui sta un altro Magio con tunica rosa, la cui fisionomia assomiglia molto a un personaggio nell'affresco del San Pietro risana gli infermi con la sua ombra nella Cappella Brancacci; esso si è intanto inginocchiato e la sua corona è nelle mani di un servitore. Il terzo Magio è appena arrivato, è in piedi e un servo gli sta togliendo la corona, mentre un altro ne porta il dono. Dietro i re si trovano due personaggi emblematici, non presi dall'iconografia tradizionale, vestiti di cappelli alla moda dell'epoca e da lunghi mantelli grigi, che lasciano scoperte le gambe coperte da calzamaglie. Si tratta probabilmente delle figure dei committenti: il notaio ser Giuliano di Collino, più alto in secondo piano, e suo nipote, più basso e in primo piano, posto sopra una montagnola del terreno.

A destra stanno infine i cavalli e i servitori, tra i quali si scorge qualche affinità sia con Gentile (il cavallo con la testa in scorcio in lato), sia con altre opere come l'Adorazione di Nicola Pisano scolpita nel pulpito del Battistero di Pisa (1260 circa), come il cavallo intento a pascolare.

Lo stile della pittura è a tratti morbido e sfumato, come nello sfondo, a tratti forte e incisivo, come nei mantelli dei due committenti. In ogni caso la luce e la ricca cromia unificano tutta la rappresentazione, senza squilibri.

 

Masaccio, Adorazione dei Magi, 1426, Musei statali, Berlino




Le Storie di san Giuliano e san Nicola


   
Le Storie di san Giuliano e san Nicola entrarono invece in collezione nel 1908, con attribuzione più incerta: tutti i più autorevoli critici, da von Hadeln a Venturi a Berenson e Longhi ne assegnarono l'esecuzione a aiuti di Masaccio, in particolare ad Andrea di Giusto o allo Scheggia, a causa di alcune debolezze esecutive. Solo Berti sostenne la paternità di Masaccio per almeno la gran parte dei due interni, tra cui la maggior parte dei volti.


Descrizione e stile

L'opera, faceva parte della predella, in particolare del lato destro, al di sotto dei perduti pannelli con san Giuliano e san Nicola.

Le due scene sono indistricabilmente congiunte, anzi il pittore usò un unico punto di fuga come se le due abitazioni, aperte su una parete per mostrare l'interno, fossero dirimpetto su una medesima via. Queste due scene sono dipinte con una gamma cromatica simile ad anche le scene che raccontano, immerse in ambienti domestici dominati dal sonno, sono analoghe e degne del disegno di un grande maestro.

A sinistra si vede Giuliano l'Ospitaliere che compie il massacro dei genitori nel sonno ingannato dal demonio: nella stanza infatti ha già alzato la spada per decapitarli, credendo che fossero la moglie con l'amante. Nel vicolo attiguo egli, riconoscibile per la veste rossa, si duole del fatto con la moglie, coprendosi la faccia per la disperazione un gesto che ricorda l'Adamo nella Cacciata dei progenitori dal Paradiso Terrestre di Masaccio nella Cappella Brancacci.

La scena destra mostra invece san Nicola che, sempre vestito di rosso, si affaccia da una finestrella con grata nella casa di un pover'uomo con tre figlie, che dormono. Il santo fa loro il dono di tre palle d'oro, che permetterà ad esse di maritarsi: la prima a destra ha la palla sotto la mano, la seconda la troverà al risveglio accanto a sé sul gradino del letto, la terza, vestita di rosso e con un turbante, la sta per ricevere, poiché il santo l'ha in mano e sta per lanciarla.

La rigidità dello schema simmetrico delle due stanze è risolta ruotando leggermente in tralice la seconda, in modo da evitare ripetizioni.
 


Masaccio, Storie di san Giuliano e san Nicola, 1426, Musei statali, Berlino
 
   
Opere di Masaccio

   
   
[1] Tommaso di ser Giovanni Cassai, detto Masaccio, nacque il 21 dicembre del 1401 a San Giovanni Valdarno (Arezzo).
Si trasferì con la famiglia a Firenze dove nel 1422 si iscrisse come pittore all'arte dei medici e degli speziali. La sua attività si svolse prevalentemente in questa città, ma poco si sa della sua formazione, anche la tradizione, che lo vuole allievo di Masolino da Panicale è oggi smentita dalla critica, anzi è sicuramente Masolino che riceve l'influenza del più giovane Masaccio.
Con il dipinto Sant'Anna Metterza iniziò comunque una collaborazione fra i due pittori. La pala d'altare fu realizzata per la chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze intorno al 1424-1425, oggi si trova alla galleria degli Uffizi.
La critica attribuisce a Masolino la figura di Sant'Anna e di tutti gli angeli tranne forse quello centrale in alto e quello reggicortina di destra che sono attribuito a Masaccio come la Vergine e il Bambino. In queste figure sono evidenti i caratteri distintivi dell'arte Masaccesca con il suo modo di concepire le figure poste saldamente in uno spazio reale creato dalla volumetria delle figure stesse. Masolino è influenzato dalla spinta in avanti rappresentata dalla pittura di Masaccio rispetto agli artisti che lo precedono e cerca di fare propri i modi nuovi della rappresentazione masaccesca ottenendo però dei risultati inferiori.
L'affiatamento tra i due è comunque grande, tanto che vengono incaricati da Felice Brancacci di affrescare la cappella di famiglia nella chiesa del Carmine a Firenze.
Gli affreschi, aventi per soggetto Storie della Vita di San Pietro al quale si affiancano alcune Storie della Genesi, vengono realizzati a partire dal 1424; i due pittori si distribuiscono le scene da rappresentare in modo che i due diversi modi di dipingere non entrino in contrasto tra loro. Masolino abbandona i lavori nel 1425 a quel tempo erano già completate la volta, affrescata con i simboli degli evangelisti, le pareti di fondo con il Pentimento di San Pietro, Pasce agnos, pasce oves meas, le lunette a destra e a sinistra con la Chiamata e il Naufragio. Queste parti purtroppo però sono andate perdute durante un incendio sviluppatosi nella chiesa nel 1771, ancora era completato il registro decorativo superiore con i Progenitori nel paradiso terrestre e la Tentazione , la Guarigione dello zoppo e la Resurrezione di Tabia di Masolino e il Battesimo dei neofiti di Masaccio.
Ancora nel registro superiore abbiamo la Predica di San Pietro di Masolino e il Tributo e la Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre di Masaccio. Quindi dal 1425 Masaccio continua da solo la decorazione del registro inferiore dove dipinge San Pietro risana con l'ombra, la Distribuzione dei beni e la morte di Ananiae una parte della Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in cattedrache finirà verso la fine del 1426 quando abbandona anche lui i lavori che saranno completati più tardi da Filippino Lippi.
Nello stesso periodo gli fu commissionato dal notaio Giuliano di Colino degli Scarsi un polittico per l'altare della cappella di famiglia nella chiesa del Carmine a Pisa. L'opera si compone di 25 pannelli oggi smembrati e sparsi in vari musei. Tra questi abbiamo il pannello centrale che rappresenta la Madonna in trono con Bambino e quattro angeli, oggi alla National Gallery di Londra, nella quale, come per la pala di Sant'Anna Metterza, la definizione volumetrica dei personaggi e il chiaroscuro dei panneggi, definisce lo spazio in modo realistico; il bambino è rappresentato nell'atto di mangiare un'acino d'uva immettendo la raffigurazione sacra nella realtà, cosa impensabile per un pittore suo precedente.
Fa parte del polittico la Crocifissione, che oggi si trova al museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, anche in questo caso il fatto sacro viene rappresentato con intento realistico, basti guardare il capo del Cristo incassato nelle spalle a rappresentare l'abbandono della morte; inoltre se pur è presente il fondo in oro, cosa che chiude ogni possibilità di rappresentazione spaziale, qui l'illusione della profondità è ben rappresentata per esempio dalla Maddalena in primo piano, della quale Masaccio riesce a far intuire il dolore anche se viene rappresentata di spalle. L'ultima opera da lui realizzata fu la Trinitàper la basilica di Santa Maria Novella a Firenze. La scena avviene su tre piani distinti: in basso il sarcofago con lo scheletro adagiato sopra che simboleggia la transitorietà delle cose terrene, poi un secondo piano con le figure dei committenti inginocchiate e all'interno della complessa struttura architettonica della cappella, in terzo piano, ci sono la Vergine e San Giovanni e il Cristo sulla Croce sorretto dal Creatore.
Masaccio morì prematuramente a Roma alla fine del 1428 a soli 27 anni, la leggenda dice fu avvelenato da un suo rivale. [Fonte: Storia dell'Arte | www.storiadellarte.com]

Bibliografia

John T. Spike, Masaccio, Rizzoli libri illustrati, Milano 2002 ISBN 88-7423-007-9

Erwin Panofsky, Rinascimento e rinascenze nell'arte occidentale, Feltrinelli 2009 ISBN 8807721104

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.
 
Presunto autoritratto di Masaccio, negli affreschi della Cappella Brancacci.



Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Masaccio, painter of Florence

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Masaccio | Pittore Fiorentino

Museo di Capodimonte | Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai detto Masaccio: Crocifissione | www.museodicapodimonte.it
Il museo ospita le collezioni Farnese e borbonica che costituiscono i nuclei principali del patrimonio museale di Capodimonte. L'origine della raccolta Farnese si deve all'azione politica e alle scelte culturali di Alessandro Farnese (1468-1549), che, ancora prima di diventare papa col nome di Paolo III, aveva coltivato l'interesse per il collezionismo artistico e antiquario.
Museo di Capodimonte | via Miano 2, 80131 - Napoli

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Sant' Antimo


         

Podere Santa Pia è situata in una posizione strategica per coloro che vogliono immergersi nella tranquilla campagna maremmana.

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Castiglioncello Bandini è un affascinante borgo maremmano, soprannominato “La Spia della Maremma” poichè in grado di offrire la vista di panorami e paesaggi che spaziano dalle coste dell’Argentario alle splendide isole dell’Arcipelago Toscano e nelle giornate più chiare fino alla Corsica.

In Primavera il risveglio della natura rende il paesaggio vivo e coinvolgente con effetti benefici sia per il corpo che per la mente.

In estate le varie possibilità di alternare giorni di mare e vita frenetica sulla vicina costa Tirrenica a giorni di tranquillità totale rimanendo in collina, offrono divertimento e allo stesso tempo serenità e riposo.

In autunno, oltre la bellezza dei suoi particolari colori paesaggistici, a pochi passi dalla casa, si possono raccogliere castagne, funghi, fare bellissime passeggiate con destinazione sorgenti, torrenti e castelli diroccati sperduti nel bosco.

In inverno, in questa zona, parte della vegetazione è spoglia e parte è verde, ma è sempre un paesaggio bello e completamente diverso: i movimenti di attività venatoria (caccia al cinghiale), di attività del taglio del bosco e alla sera il camino acceso creano un’ atmosfera intima e calorosa.

Podere Santa Pia, circondata unicamente da prati e boschi, offre una indimenticabile vista a 360° sulle boscose colline della Maremma Toscana.
Castiglioncello Bandini è il borgo medioevale più vicino per effettuare acquisti: dista circa a km. 3 dall’abitazione.

Podere anta Pia si trova a pochi chilometri da Pienza, Montalcino e l'Abbazia di Sant'Antimo. La città di Montalcino è diventata ricca e famosa grazie al Brunello, uno dei migliori vini italiani e tra i più apprezzati al mondo. Il borgo era già rinomato per i suoi vini rossi nel XV secolo. Tuttavia, la preziosa formula del fantastico vin Brunello fu inventata nel 1888 da Ferruccio Biondi Santi, che per primo ebbe l'idea di eliminare i vitigni della tradizionale ricetta del Chianti, come il Canaiolo e il Colorino, usando invece solo la varietà Sangiovese.

Ma Montalcino non è solo vino, è anche arte e cultura. Il centro storico è dominato dalla possente Rocca, fortezza costruita nel 1361 come segnare il passaggio della città sotto il dominio di Siena. Il panorama che si gode dai bastioni della rocca è davvero spettacolare; và dal Monte Amiata, attraverso le Crete fino a Siena, e attraversa tutta la Val d'Orcia fino alle colline della Maremma.
A pochi chilometri da Montalcino troviamo l'Abbazia di Sant'Antimo, uno dei monumenti più belli di stile romanico, probabilmente cistercense, con evidenti richiami ai modelli lombardi.

Wines in Tuscany | Brunello di Montalcino (Inglese)