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Duccio, Madonna col bambino e tre francescani in adorazione, 1285 circa, tempera e oro su tavola di piccole dimensioni, Siena,

Pinacoteca Nazionale

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Duccio di Buoninsegna


   
   
Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319) è stato un pittore italiano, tradizionalmente indicato come il primo maestro della scuola senese.

L'arte di Duccio aveva in origine una solida componente bizantina, legata in particolare alla cultura più recente del periodo paleologo, e una notevole conoscenza di Cimabue (quasi sicuramente il suo maestro nei primi anni di attività), alle quali aggiunse una rielaborazione personale in senso gotico, inteso come linearismo ed eleganza transalpini, una linea morbida e una raffinata gamma cromatica. Col tempo lo stile di Duccio raggiunse esiti di sempre maggiore naturalezza e morbidezza e seppe anche aggiornarsi alle innovazioni introdotte da Giotto, quali la resa dei chiaroscuri secondo una o poche fonti di luce, la volumetria delle figure e del panneggio, la resa prospettica. Il suo capolavoro, ovvero la Maestà del Duomo di Siena, è un'opera emblematica dell'arte del Trecento Italiano.
 
Duccio di Buoninsegna e sua bottega, Maestà del Duomo di Massa Marittima, Storie della Passione di Cristo, Workshop of Duccio di Buoninsegna about 1311-1324, tempera e oro su tavola, Massa Marittima, Duomo di San Cerbone
   
   
Biografia e opere


Le prime opere

 

Duccio, figlio di Buoninsegna, nacque probabilmente poco oltre la metà del Duecento, intorno al 1255. I primi documenti su di lui risalgono al 1278 e si riferiscono a pagamenti per copertine di libri contabili e per dodici casse dipinte destinate a contenere documenti del Comune di Siena. Tali opere sono oggi perdute.

La prima opera di Duccio che è invece giunta fino ai nostri giorni è la cosiddetta Madonna Gualino che si trova oggi alla Galleria Sabauda di Torino (la provenienza originaria è ignota). Dipinta intorno al 1280-1283, riporta uno stile molto simile a quello di Cimabue, a tal punto da essere stata attribuita a lungo al maestro fiorentino anziché a Duccio. La tavola ricorda effettivamente le Maestà di Cimabue, nell'impostazione generale, nella forte derivazione bizantina e assenza di tratti gotici, nei tratti somatici della Madonna, nella veste del bambino e nell'uso dei chiaroscuri. Questa forte derivazione cimabuesca, che resterà evidente anche in opera successive seppure sfumando gradatamente, ha fatto pensare che ci fosse un rapporto di maestro-allievo tra il più anziano Cimabue e il più giovane Duccio. Tuttavia già in questa prima opera giovanile di Duccio ci sono elementi nuovi rispetto a Cimabue: una ricchezza cromatica che porta a colori che non appartengono al repertorio fiorentino (quali il rosa della veste del piccolo, il rosso vinato della veste della Madonna e il blu del suppedaneo), il naso a patatina del piccolo che rende il suo volto più dolce e fanciullesco, la matassa lanosa di crisografie bizantine della veste di Maria. Ma sono comunque dettagli. La tavola è decisamente cimabuesca.

Nella successiva Madonna di Crevole del 1283-1284, che proviene dalla Pieve di Santa Cecilia a Crevole e che è oggi esposta al Museo dell'Opera del Duomo a Siena, si nota una maggiore divergenza rispetto allo stile di Cimabue. La Madonna ha un volto più dolce e raffinato, pur non tradendo un'espressione che rimane ancora seria e profonda. Permane il naso a patatina del piccolo che si lascia però andare anche ad un gesto affettuoso verso la madre.

Agli stessi anni risalgono anche alcune pitture a secco, purtroppo molto rovinate, che si trovano nella Cappella Bardi (un tempo intitolata a san Gregorio Magno) della Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di due pitture a secco nelle lunette in alto a sinistra e a destra della cappella e che raffigurano, rispettivamente, San Gregoorio Magno tra due flabelliferi e Cristo in trono tra due angeli. Anche in questo caso non si può non notare la forte derivazione da Cimabue, ma è proprio l'eleganza dei volti degli angeli e la matassa fasciante della veste di Cristo in trono a farci apprezzare, di nuovo, il distacco dal maestro fiorentino.

Madonna di Crevole

Duccio di Buoninsegna, Madonna di Crevole, 1283-84, Museo dell'Opera del Duomo, Siena

La Madonna di Crevole, proveniente dalla Pieve di Santa Cecilia a Crevole, è oggi conservato nel Museo dell'Opera metropolitana del Duomo di Siena. È una delle prime opere di Duccio di Buoninsegna, molto studiata per capire le origini della pittura del capostipite della pittura senese e i suoi rapporti con il maestro Cimabue.

Sulla base di una serie di indizi Vittorio Lusini afferma che la tavola fu realizzata per la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Montepescini a Murlo (Siena) per poi passare all'Eremo agostiniano di Montespecchio (Siena). Con la soppressione dell'eremo e il trasferimento dei monaci nel XVII secolo, la tavola fu trasportata presso la Pieve di Santa Cecilia a Crevole (Siena), dove si trasferirono anche gli stessi monaci di Montespecchio. In tempi recenti fu trasferita al Museo dell'Opera metropolitana del Duomo di Siena in cui si trova ancora oggi. Fu restaurata nel 1929-1930. Lo stato di conservazione è più che soddisfacente.

L’opera non è firmata dall'artista, né esistono documenti scritti che aiutano nell'attribuzione. Tuttavia gli esperti la attribuiscono, senza pareri discordi, al giovane Duccio.

Per quanto riguarda gli elementi che hanno portato alla sua datazione, la tavola non contiene nessuna delle novità gotiche riscontrabili nella Madonna Rucellai (1285), ma il volto della Madonna e del Bambino sono già caratterizzati da una dolcezza e raffinatezza figurativa che sono ancora assenti nella primissima opera di Duccio, ovvero la Madonna Gualino (1280-1283). La datazione più corretta sembra quindi essere agli anni intorno al 1283-1284.

La tavola raffigura la Madonna con la testa reclinata a tre quarti ed un Bambino che allunga il braccio destro per toccare teneramente il velo della madre. Due piccoli angeli compaiono negli angoli superiori della tavola. La tavola è molto simile, nell'impostazione generale, alla Madonna esposta nel Museo di Santa Verdiana a Castelfiorentino (Firenze) ed attribuita a Cimabue (le due figura riportate a destra facilitano il confronto). Tale somiglianza suffraga la teoria, formulata anche sulla base di altri indizi ben più solidi, che il giovane Duccio di questi anni fosse un allievo del più anziano Cimabue.

Arte in Toscana | Duccio di Buoninsegna | Madonna di Crevole

 


Madonna with Child and Two Angels (Crevole Madonna), 1283-84, Museo dell'Opera del Duomo, Siena
     

La Madonna Rucellai


   

Il 15 aprile 1285 venne commissionata a Duccio la cosiddetta Madonna Rucellai, dalla Compagnia dei Laudesi. La tavola fu realizzata per la Cappella Bardi della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, la stessa cappella in cui sono stati rinvenuti i resti delle pitture a secco di Duccio descritte sopra. La tavola venne detta "Rucellai" perché a partire dal 1591 venne collocata nella contigua Cappella Rucellai, prima di approdare agli Uffizi. In questa opera è raffigurata la Madonna col Bambino in maestà, fiancheggiati da sei angeli. L'opera si ispira alla Maestà del Louvre di Cimabue, dipinta circa 5 anni prima, tanto che a lungo venne creduta un'opera di Cimabue e tale errata attribuzione fu sostenuta a lungo, anche dopo il ritrovamento del documento di allogazione (1790). Questa "maestà" è un'opera chiave nel percorso dell'artista, dove la solida maestosità e l'umana rappresentazione di Cimabue viene incrociata con una maggiore aristocraticità e raffinatezza, con un contenuto umano ancora più dolce. Inoltre l'opera è caratterizzata da motivi decorativi di origine gotica, come il capriccioso orlo dorato della veste di Maria che disegna una complessa linea dal petto fino ai piedi, le bifore e trifore gotiche del trono ligneo e il mantello della Vergine non più "intriso" di crisografie bizantine, ma ammorbidito da pieghe morbide e cadenti. Sono soprattutto questi elementi gotici che segnano un ulteriore distacco dal maestro Cimabue, che rimarrà ancora ancorato alla tradizione bizantina.

Al 1285 circa è datata anche la Madonna col Bambino e tre Francescani in adorazione, piccola tavola di ignota provenienza ed esposta oggi alla Pinacoteca Nazionale di Siena.

 

 

Le opere di fine secolo

 


Madonna Rucellai, 1285,, tempera e oro su tavola, proveniente dalla Cappella Bardi prima e dalla Cappella Rucellai poi della Basilica di Santa Maria Novella, Firenze, Galleria degli Uffizi

Dopo la Madonna Rucellai del 1285, l’unica opera attribuita a Duccio fino alla fine del secolo di cui possediamo una documentazione scritta per la sua datazione è la vetrata del Duomo di Siena, il cui originale è conservato ora al Museo dell'Opera del Duomo di Siena (quello presente nel Duomo è una copia). Sebbene la vetrata fu realizzata da maestri del vetro, si ritiene oggi che il disegno fu proprio del patriarca della pittura senese, che vi lavorò nel 1287-1288. Il trono della scena dell’Incoronazione della Vergine e quelli dei quattro evangelisti sono troni marmorei architettonici, non più lignei come quello della Madonna Rucellai o dei precedenti troni di Cimabue. Questo è il primo esemplare noto di trono architettonico in marmo, un prototipo che Duccio continuerà ad usare e che diventerà molto popolare da ora in poi, persino nella vicina Firenze di Cimabue e Giotto.

Poco posteriore (1290-1295) si ritiene la Madonna in trono tra angeli di cui si ignora la provenienza e che è conservata oggi al Kunstmuseum di Berna in Svizzera. E possiamo ammirare proprio quest’opera per poter apprezzare l’evoluzione dello stile di Duccio in questi anni. Quello che è immediatamente evidente in questa piccola Maestà è la miglior profondità spaziale nella disposizione degli angeli, non più uno sopra l’altro come nella Madonna Rucellai, ma adesso uno dietro l’altro come nella Maestà del Louvre di Cimabue. Gli angeli della stessa coppia non sono neppure perfettamente simmetrici, come risulta dalle diverse posizioni delle loro braccia. Anche questo è un elemento nuovo che supera la ripetitiva simmetria degli angeli della Madonna Rucellai, favorendo il loro differenziamento. Anche il trono, pur avendo un’impostazione simile a quello della Madonna Rucellai, secondo i canoni della prospettiva inversa, ha un’assonometria migliore e sembra più adeguatamente inserito nello spazio. Queste variazioni mostrano che Duccio si lasciava ancora ispirare dal Maestro Cimabue, molto attento alla coerenza spaziale e alle volumetrie di cose e personaggi. Ma Duccio dimostra anche di continuare il suo percorso verso un’eleganza figurativa tutta sua, un percorso che era già iniziato, abbiamo visto, con la Madonna di Crevole. Sebbene si notino ancora le tipologie dei volti cimabueschi con teste e facce ampie, i tratti somatici appaiono più delicati (si notino per esempio la sfumatura della forcina alla base del naso, le labbra stette e sfumate e il naso a ballotta del piccolo). Più naturale e morbido appare anche il decorso delle pieghe delle vesti.

Altre opere generalmente attribuite a Duccio sono datate tra il 1285 e il 1300, ma senza che ci sia un consenso unanime tra gli esperti riguardo alla datazione. Tra queste si annovera la Madonna col Bambino proveniente dalla Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Buonconvento, e conservata oggi nel Museo di Arte Sacra della Val d’Arbia, sempre a Buonconvento. Datata tradizionalmente poco oltre il 1280, ricerche di archivio recenti che testimonierebbero il passaggio di Duccio a Buonconvento dopo il 1290 e studi accurati sulla disposizione delle pieghe del manto della vergine e sulla perdita di tratti spigolosi del viso della Madonna e del Bambino avrebbero spostato la datazione al 1290-1295[1].

Dopo la Madonna Rucellai del 1285 sarebbe stato composto, secondo alcuni esperti, anche il Crocifisso proveniente dal Castello Orsini - Odescalchi di Bracciano, già in Collezione Odescalchi a Roma, e oggi in Collezione Salini a Siena, dove il Cristo con gli occhi aperti ed ancora vivo riprendeva un'iconografia di epoca romanica (il Christus Triumphans), molto rara alla fine del Duecento. Sempre dello stesso periodo è, secondo alcuni, il Crocifisso della Chiesa di San Francesco a Grosseto. Occorre altresì sottolineare che per questi due crocifissi non esiste un consenso unanime neppure riguardo l'attribuzione a Duccio. Più unanime sembra il consenso intorno alle tre tavolette raffiguranti la Flagellazione, Crocifissione e Sepoltura di Cristo, di ignota provenienza ed oggi depositate nel Museo della Società di Esecutori di Pie Disposizioni a Siena.


Le opere di inizio 1300

Con le opere dei primi anni del nuovo secolo Duccio di Buoninsegna approda al suo stile maturo e autonomo, ormai dissociato da quello di Cimabue. I volti delle figure diventano più allungati, I lineamenti del viso si fanno più morbidi, complice una pennellata più fusa che permette di smussare I tratti spigolosi del viso. Nelle numerose tavole col bambino dipinti in questi anni la Madonna e il piccolo hanno fisionomie proprie, ben distinte da quelli della Madonna Rucellai o anche della Madonna di Crevole che erano di impronta ancora cimabuesca. Anche il panneggio si arricchise di piege naturali e morbide. Prevale un realismo figurativo senza precedenti che permette a Duccio di acquisire la reputazione di miglior artista della città di Siena. Il polittico n. 28 proveniente forse dalla Chiesa di San Domenico a Siena e conservato oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena fornisce un esempio di questo stile maturo. La tavola ha anche il primato di essere il primo polittico architettonico a scomparti indipendenti, un prototipo che diventerà sempre più usato.

A questo periodo risalgono anche il Trittico a sportelli di proprietà della dinastia reale inglese e il Trittico a sportelli raffigurante la Madonna col Bambino tra san Domenico e sant'Aurea di Ostia, conservato alla National Gallery di Londra (entrambi di provenienza ignota e datati al 1300 circa), la Madonna col Bambino conservata alla Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia (proveniente dalla Chiesa di San Domenico a Perugia) e la Madonna Stoclet, cosiddetta perché appartenne ad Adolphe Stoclet a Bruxelles prima di approdare al Metropolitan Museum of Art di New York (provenienza originale ignota). Alla fine di questo periodo (1304-1307), e poco prima di iniziare la grandiosa Maestà del Duomo di Siena descritta di seguito, apparterrebbe il Trittico a sportelli con la Crocifissione tra i santi Nicola di Bari e Clemente (provenienza ignota).

In tutti questi dipinti si può apprezzare il realismo figurativo e l'aristocraticità dei volti, propri dell'arte di Duccio e ineguagliati agli inizi del Trecento in Italia. Si possono ammirare anche le ricche volumetrie delle vesti, tratti ormai del tutto acquisiti dalla scuola fiorentina, che fu la prima fonte di apprendimenti e ispirazione per Duccio. Fu così che Duccio diventò l'artista più accreditato a Siena, l'unico a cui il governo della città potesse pensare di affidare il compito di realizzare un'opera così grandiosa e dispendiosa quale la Maestà da collocare sull'altare principale del Duomo di Siena, senza dubbio il capolavoro dell'artista.
     


La Maestà del Duomo di Siena

 

Nel 1308 iniziano i documenti relativi al massimo capolavoro del maestro, la grandiosa 'Maestà' per l'altar maggiore del Duomo senese, recante sul retro 25 storie della Passione di Cristo e completata da ulteriori episodi della 'Vita di Gesù e di Maria' nella predella e nel coronamento.

Duccio di Buoninsegna, Maestà, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo, Siena

La Maestà realizzata per l'altare principale del Duomo di Siena risale al 1308-1311, come testimoniato dalla documentazione scritta che ha permesso di risalire al contratto (1308) ed una cronaca locale che testimonia il passaggio dell'opera dalla bottega del maestro al Duomo (1311). La Maestà è il capolavoro di Duccio, nonché una delle opere più emblematiche dell'arte italiana. Restò esposta nel Duomo, anche se fra vari spostamenti, fino al 1878, mentre oggi è conservata presso il Museo dell'Opera metropolitana del Duomo.

Finita nel giugno del 1311, era tale la sua fama già prima del completamento, che il giorno 9, dalla bottega di Duccio in contrada Stalloreggi, fu portata in Duomo con una festa popolare con tanto di processione: a capo di questa, il vescovo e le massime autorità cittadine, mentre il popolo, portando candele accese, cantava ed elargiva elemosine.

Si tratta di una grande tavola (425x212 cm) a due facce, anche se oggi si presenta tagliata lungo lo spessore secondo un discutibile intervento ottocentesco che non mancò di creare alcuni danni. Il lato principale, quello originariamente rivolto ai fedeli, era dipinto con una monumentale Vergine con Bambino in trono, circondata da un'affollata teoria di santi e angeli su fondo oro. La Madonna è seduta su un ampio e sfarzoso trono, che accenna ad una spazialità tridimensionale secondo le novità già praticate da Cimabue e Giotto, ed è dipinta con una cromia morbida, che dà naturalezza al dolce incarnato. Anche il bambino esprime una profonda tenerezza, ma il suo corpo non sembra generare peso e le mani di Maria che lo reggono sono piuttosto innaturali. Alla base del trono, sta la preghiera-firma in versi latini: "MATER S(AN)CTA DEI/SIS CAUSA SENIS REQUIEI/SIS DUCIO VITA/TE QUIA PINXIT ITA" (trad.:"Madre Santa di Dio, sii causa di pace per Siena, sii vita per Duccio, poiché ti ha dipinta così").

Il retro era invece destinato alla visione del clero, e vi sono rappresentate 26 Storie della Passione di Cristo, divise in formelle più piccole, uno dei più ampli cicli dedicati a questo tema in Italia. Il posto d'onore, al centro è dato dalla Crocifissione, di larghezza maggiore e altezza doppia, come anche la formella doppia nell'angolo in basso a sinistra con l' Entrata a Gerusalemme. In varie scene Duccio diede prova di essere aggiornato rispetto alle "prospettive" dei fondali architettonici di Giotto, ma in altre deroga volontariamente alla raffigurazione spaziale per mettere in risalto particolari che gli premono, come la tavola apparecchiata nella scena dell' Ultima cena (troppo inclinata rispetto al soffitto) o come il gesto di Ponzio Pilato nella Flagellazione, che è in primo piano rispetto a una colonna nonostante i suoi piedi poggino su un piedistallo che è collocato dietro. Duccio non sembra quindi interessato a complicare eccessivamente le scene con regole spaziali assolute, anzi talvolta la narrazione è più efficace proprio in quelle scene dove un generico paesaggio roccioso tradizionale lo libera dalla costrizione della rappresentazione tridimensionale.

La pala aveva anche una predella dipinta su tutti i lati (la prima conosciuta nell'arte italiana) e a coronamento dei pannelli cuspidati con Scene della vita di Maria (fronte) e Episodi post-mortem di Cristo (retro): queste parti non sono più a Siena ed alcune di esse si trovano in collezioni e musei esteri.

Nella Maestà si ravvisa tutto il realismo dei volti dei personaggi di cui era capace Duccio, nonché l'orma acquisita capacità di disegnare cose e personaggi secondo i canoni giotteschi della prospettiva diretta (non più l'antiquata prospettiva inversa di Cimabue ripresa da Duccio fino a fine 1200). Le vesti hanno un panneggio voluminoso, i chiaroscuri sono resi con un'attenzione per la provenienza delle fonti di luce, tendenze anch'esse ereditate da Giotto. L'opera spicca anche per la profusione di dettagli e decorazioni: dagli intarsi marmorei dei trono alla fantasia fine del drappo sullo schienale dello stesso trono, dalla capigliatura degli angeli agli ornamenti delle sante. La coesione di elementi di matrice fiorentina con il realismo figurativo propri di Duccio, il tutto impreziosito da una cura estrema per il particolare, fanno di quest'opera uno dei capolavori del Trecento italiano.

Art in Tuscany | Duccio di Buoninsegna | The Maestà

Duccio di Buoninsegna, Maesta, Il lato delle Storie di Cristo, 1308-11, Museo dell'Opera del Duomo, Siena


Nella grande tavola principale il posto d'onore, al centro, è dato dalla Crocefissione, di larghezza maggiore e altezza doppia, come anche la formella doppia nell'angolo in basso a sinistra con l'Entrata a Gerusalemme (da dove inizia la lettura), dove forse il tiburio gotico che sporge dalle mura è una citazione fantasiosa della cupola del Duomo di Siena. Le scene si leggono dall'angolo sinistro procedendo nella fascia inferiore verso destra dal basso verso l'alto.

Dopo il pannello centrale (Preghiera nel Getsemani e Bacio di Giuda) la narrazione riprende nell'angolo in basso opposto, procedendo verso sinistra, sempre dal basso verso l'alto. Questo espediente, già usato da secoli, serve per convogliare la lettura verso la scena centrale della Crocefissione. La fascia superiore invece si legge da sinistra verso destra, sempre dal basso verso l'alto fino alla Crocefissione.

L'ultimo riquadro è più complesso: a sinistra in basso la Deposizione dalla Croce sovrastata dalla Sepoltura, poi si prosegue per due riquadri a sinistra, poi in basso, infine a destra dove è presente il Ritorno di Cristo che resuscita i morti e sconfigge il demonio.

In varie scene Duccio diede prova di essere aggiornato rispetto alle "prospettive" dei fondali architettonici di Giotto. Uno dei più notevoli esempi si ha nella scena di Gesù davanti al Sommo sacerdote, dove è rappresentato un edificio che continua nella formella inferiore, il Tradimento di Pietro, collegato da una verosimile scalinata con tanto di pianerottolo tra le due scene, ravvivato da un'elegante bifora. Lo spazio però per Duccio non è mai condizione sine qua non, anzi in talune scene deroga volontariamente alla raffigurazione spaziale per mettere in risalto particolari che gli premono, come la tavola apparecchiata nella scena dell' Ultima cena (troppo inclinata rispetto al soffitto) o come il gesto di Ponzio Pilato nella Flagellazione, che è in primo piano rispetto a una colonna nonostante i suoi piedi poggino su un piedistallo che è collocato dietro. Duccio non sembra quindi interessato a complicare eccessivamente le scene con regole spaziali assolute, anzi talvolta la narrazione è più efficace proprio in quelle scene dove un generico paesaggio roccioso tradizionale lo libera dalla costrizione della rappresentazione tridimensionale.

 


Lettura delle scene nel lato delle Storie della Passione e Resurrezione


Flagellazione , Museo dell'Opera del Duomo, Siena

Sul retro della Maestà, destinato alla visione del clero, erano rappresentate 26 Storie della Passione e Resurrezione di Cristo, divise in formelle più piccole, uno dei più ampli cicli dedicati a questo tema in Italia. Le Storie cominciavano dalla predella, poi smembrata, nella quale erano rappresentati alcuni episodi della vita pubblica di Cristo

 

Duccio di Buoninsegna, Maestà, Tentazione sul monte, Frick Collection, New York

La Natività tra i profeti Isaia ed Ezechiele è un dipinto tempera e oro su tavola (43,8x77,5 cm il pannello centrale, 43,8x16,5 quelli laterali) di Duccio di Buoninsegna, databile al 1308-1311 circa e conservato nella National Gallery of Art di Washington. L'opera faceva parte della predella anteriore con Storie dell'infanzia di Cristo alternate a figure di Profeti della Maestà del Duomo di Siena, destinata alla visione dei fedeli.

In questa composizione il Brandi mette in evidenza il rinnovamento del modello bizantino in una dimensione certamente superiore all'intento narrativo, mentre il Carli sottolinea la presenza di puntuali citazioni derivate dal pulpito del duomo di Siena di Nicola Pisano.

La Maestà di Duccio, posta sull'altare maggiore del Duomo di Siena con una solenne processione il 9 giugno 1311, venne rimossa dalla sua prestigiosa collocazione nel 1506, per il mutato gusto in fatto d'arte sacra. Nel 1771 la grandiosa pala venne trasferita alla chiesa di Sant'Ansano in località Castelvecchio di Siena, dove venne smontata e segata in più porzioni: in quell'occasione numerosi pannelli andarono perduti. Mentre i pannelli più grandi tornarono in Duomo nel 1795 e da lì vennero musealizzati nel 1878, molti altri, appartenenti soprattutto alle parti accessorie come le predelle e le cuspidi, vennero dispersi.

Il pannello della Natività finì nel 1884 nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino e nel 1937 venne scambiato con un'opera dei mercanti d'arte della Duveen Brothers Inc., il Ritratto d'uomo con liuto di Hans Holbein. Immesso nel mercato d'arte, fu acquistato il 26 aprile 1937 dal Trust di Andrew Mellon, finendo nel nucleo originario della galleria statunitense con la sua donazione del 1937.

Arte in Toscana | Duccio di Buoninsegna | Maestà del Duomo di Siena


 
Duccio di Buoninsegna, c. 1255 - 1318, La Natività tra i profeti Isaia ed Ezechiele, Andrew W. Mellon Collection, Washington National Gallery of Art
     
The Crevole Madonna

The Crevole Madonna and the Madonna of Buonconvento are unanimously considered the earliest works attributable to Duccio. The basic approach of the two paintings is of evident Byzantine tradition: the elegant stylization of the hands, the typical downward curving nose, the red maph?rion under Mary's veil, the dark drapery animated by shining gilded lines. New details appear, to a lesser extent in the Buonconvento Madonna and repeated with greater confidence in the Crevole painting, such as the subtle play of light on the Virgin's face, over her chin and cheeks, and a clear attempt at plasticism in the folds of the garment around the face.

In Duccio's art the formality of the Italo-Byzantine tradition, strengthened by a clearer understanding of its evolution from classical roots, is fused with the new spirituality of the Gothic style. Greatest of all his works is “Maestà” (1311), the altarpiece of Siena cathedral.
The more carefully considered compositon of the Crevole Madonna shows a faint but decided French influence: the elegant forms of the angels in the upper corners, the veiled transparency of the Child's garment, held up by a curious knotted cord, and most of all, the intimate gesture of the Infant Jesus, held in a tender embrace.

Le ultime opere

 

Maestà del Duomo di Massa Marittima, 1316 circa


   
Numerose opere d'arte sono conservate all'interno del Duomo di Massa Marittima. La cappella dedicata alla Vergine (alla sinistra del presbiterio) ospita attualmente al suo interno l'opera di maggior pregio di tutto l'edificio, la frammentaria Maestà dipinta su tavola intorno al 1316 dal celebre pittore senese Duccio di Buoninsegna e dalla sua bottega, in origine destinata all'altare maggiore del Duomo, raffigurante sul recto la Madonna col Bambino (la cosiddetta Madonna delle Grazie) e sul verso le Storie della Passione di Cristo.  

Maestà del Duomo di Massa Marittima, Cattedrale di san Cerbone, Massa Marittima

Duccio di Buoninsegna e sua bottega, Maestà del Duomo di Massa Marittima, Storie della Passione di Cristo, 1311-1324 circa, tempera e oro su tavola, Massa Marittima, Duomo di San Cerbone


La consegna del Castello di Giuncarico



   
Il Palazzo Pubblico di Siena, dove si ammira, su una parete della Sala del Mappamondo, subito al di sotto del celebre Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini, la scena con la Consegna del castello di Giuncarico, riferita allo stesso Duccio da Luciano Bellosi. È questa una delle ultime opere del maestro che ci siano pervenute, databile attorno al 1314 e dunque posteriore alla Maestà del Duomo.

Duccio di Buoninsegna, La consegna del Castello di Giuncarico, Palazzo Publicco, Siena

 
   
   

[0] Duccio di Buoninsegna nacque a Siena nel 1255 circa.
Fu uno dei più importanti esponenti della pittura senese della metà del 200.
Alla sua produzione giovanile appartiene la Madonna di Crevole che si trova al museo dell'opera del Duomo di Siena. In quest'opera sono evidenti i modelli della sua formazione: il panneggio schematico e l'uso dell'oro provenienti dalla pittura bizantina, elementi derivanti dalla miniatura gotica e motivi iconografici tipicamente bizantini. Nello stesso periodo mentre Cimabue e i suoi seguaci cercano di rappresentare lo spazio tridimensionalemente e volumetricamente, Duccio cerca di focalizzare la sua attenzione sull'eleganza delle forme e delle linee e sull'armonia dei colori. Per esempio questo è evidente nella Madonna Rucellai eseguita nel 1285 per la chiesa di Santa Maria Novella a Firenze e che oggi si trova alla Galleria degli Uffizi. Un tempo questo dipinto era attribuito a Cimabue ma poi alcuni elementi hanno proposto l'attribuzione a Duccio, per esempio i motivi tipici della cultura bizantina e il fatto che manca in quest'opera il senso volumetrico tipico della pittura del Cimabue.
Nel 1308 e gli venne commissionata la pala della Maestà per il Duomo di Siena che oggi si trova al Museo dell'opera del Duomo. Il dipinto, terminato nel 1311, rappresenta sul recto la Madonna in trono tra angeli mentre nella parte posteriore, divisa in 26 scomparti, vi sono rappresentati episodi della passione di Cristo. In origine nella parte sottostante della pala era presente una predella con una storie dell'infanzia di Cristo. Influssi del gotico francese appaiono evidenti nelle linee dei contorni estremamente morbide e nella scelta dei colori, la figura centrale della Madonna col bambino non ha una vera e propria consistenza volumetrica e risulta sproporzionata rispetto alle figure che la circondano. Un'altra opera di Duccio di Buoninsegna è la Madonna dei Francescani che si trova alla Pinacoteca Nazionale di Siena, per alcuni quest'opera è ritenuta prodotto giovanile per altri è da considerarsi più tarda. La piccola pala ha uno sfondo quadrettato tipico delle miniature gotiche francesi.
Tra le opere tarde del pittore che corrispondono pienamente al suo gusto pittorico, con spunti tratti dalla miniatura gotica francese, con una delicata stesura dei colori, con le rispondenze ritmiche e lineari, un'iconografia tipicamente bizantina, ricordiamo il Trittico della Madonna e il Polittico di Siena.
Duccio di Buoninsegna morì nel 1318 circa.
[1] istruzioni del Museo di Arte Sacra della Val d’Arbia.
[2] La ricostruzione del catalogo delle opere segue l'ordine e la scelta operata nel corso della recente mostra Duccio. Alle origini della pittura senese (cfr. catalogo a cura di Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini, Luciano Bellosi e Michele Laclotte, Silvana, Milano 2003), salvo ove diversamente specificato.
[3] Datazione ricostruita su basi puramente stilistiche (assenza di datazione autografa o altra documentazione scritta).
[4] Datazione ricostruita sulla base di documentazione scritta.
[5] identificazione respinta dal Bellosi


Bibliografia

Cesare Brandi, Il restauro della "Maesta" di Duccio, a cura del Ministero della Pubblica Istruzione, Istituto Centrale del Restauro. Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1959

Pier Paolo Donati, La Maesta di Duccio, (Forma e colore; 42), Sansoni, Firenze 1965

Enzo Carli, La Maesta di Duccio, IFI, Firenze 1982

Luciano Bellosi, Duccio. La Maestà, Milano 1998

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.


Lista delle opere

 


Madonna Stoclet, 1300-1305[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, New York, Metropolitan Museum of Art

 


Madonna Gualino, 1280-1283[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Torino, Galleria Sabauda

Madonna di Crevole, 1283-1284[3], tempera e oro su tavola, dalla Pieve di Santa Cecilia a Crevole, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo

Resti di affreschi nella Cappella Bardi, 1283-1285[4], pittura a secco, Firenze, Basilica di Santa Maria Novella

Madonna Rucellai, 1285[4], tempera e oro su tavola, proveniente dalla Cappella Bardi prima e dalla Cappella Rucellai poi della Basilica di Santa Maria Novella, Firenze, Galleria degli Uffizi

Madonna col bambino e tre francescani in adorazione, 1285 circa[3], tempera e oro su tavola di piccole dimensioni, provenienza ignota, Siena, Pinacoteca Nazionale

Croce Orsini-Odescalchi, 1285-1290[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Siena, Collezione Salini (già nella collezione Odescalchi a Bracciano e poi a Roma)

Vetrata del Duomo di Siena, 1287-1288[4], vetri colorati e dipinti a grisaglia, dal Duomo di Siena, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo

Crocifisso di Grosseto, 1289 circa[3], tempera e oro su tavola, Grosseto, chiesa di San Francesco

Madonna col Bambino di Buonconvento, 1290-1295[1][3], tempera e oro su tavola, dalla Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Buonconvento, Buonconvento, Museo di Arte Sacra della Val d'Arbia

Maestà di Berna, 1290-1295[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Berna, Kunstmuseum

Flagellazione, Crocifissione e Sepoltura di Cristo (trittico), 1295 circa[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Siena, Museo della Società di Esecutori di Pie Disposizioni

Trittico della collezione reale inglese, 1300 circa[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Hampton Court, Collezione reale inglese

Trittico con la Madonna col Bambino tra i santi Domenico e Aurea di Ostia, 1300 circa[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Londra, National Gallery

Madonna col Bambino e Angeli, 1300-1305[3], tempera e oro su tavola, dalla Chiesa di San Domenico di Perugia, Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria

Madonna Stoclet, 1300-1305[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, New York, Metropolitan Museum of Art

Polittico n. 28, 1300-1305[3], tempera e oro su tavola, dalla Chiesa di san Domenico di Siena, Siena, Pinacoteca Nazionale

Trittico con la Crocifissione tra i santi Nicola di Bari e Gregorio, 1304-1307[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Boston, Museum of Fine Arts

Maestà del Duomo di Siena, 1308-1311[4], tempera e oro su tavola, dal Duomo di Siena, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo
* Madonna in trono col Bambino, angeli e santi (pannello frontale), Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo;
* Storie della passione e morte di Cristo (pannello retrostante), Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo;
* Annunciazione, Londra, National Gallery;
* Natività, Washington, National Gallery of Art;
* Adorazione dei Magi, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Presentazione al tempio, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Strage degli innocenti, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Fuga in Egitto, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Disputa con i dottori del tempio, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Tentazione sul tempio, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Tentazione sul monte, New York, Frick Collection;
* Vocazione di Pietro e Andrea, Washington D.C., National Gallery;
* Nozze di Cana, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Incontro con la Samaritana, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza;
* Guarigione del cieco nato, Londra, National Gallery;
* Trasfigurazione, Londra, National Gallery;
* Resurrezione di Lazzaro, Fort Worth, Texas, Kimbell Art Museum;
* Apparizione a porte chiuse, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Incredulità di Tommaso, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Pentecoste, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Apparizione sul lago di Tiberiade, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Apparizione sul monte di Galilea, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Apparizione alla cena degli apostoli, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Annuncio della morte alla Vergine, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Congedo di Maria da Giovanni, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Congedo dagli apostoli, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Incoronazione della Vergine (probabilmente dalla Maestà), Budapest, Szépm?veszéti Múzeum[5];
* Dormitio Virginis, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Funerali di Maria, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Sepoltura di Maria, Siena, Museo dell'Opera del Duomo;
* Angelo (probabilmente dalla Maestà), South Hadley, Massachusetts, Mount Holyoke College Art Museum;
* Angelo (probabilmente dalla Maestà), Philadelphia, Philadelphia Museum of Art;
* Angelo (probabilmente dalla Maestà), 's Heerenbergh, Paesi Bassi, Stichting Huis Bergh;
* Angelo (probabilmente dalla Maestà), già nella collezione Stoclet;

Polittico n. 47, 1315-1319[3], tempera e oro su tavola, dalla perduta chiesa dello Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, Siena, Pinacoteca Nazionale

Consegna del castello di Giuncarico, 1314[3], affresco, Siena, Sala del Mappamondo del Palazzo pubblico;

Maestà del Duomo di Massa Marittima, 1316 circa[3], tempera e oro su tavola, Massa Marittima, cattedrale di San Cerbone
 
Maestà del Duomo di Siena, 1308-1311, Il lato delle Storie di Cristo, (dettaglio), tempera e oro su tavola, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo


Mostra Duccio. Alle origini della pittura senese (4 ottobre 2003 - 14 marzo 2004)
Dal 4 ottobre 2003 Siena ospita la prima grande mostra dedicata a Duccio di Buoninsegna, capostipite della scuola pittorica senese, dalla cui produzione presero le mosse alcuni dei maggiori geni della pittura italiana del Trecento, da Simone Martini ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
L'esposizione (4 ottobre 2003 - 14 marzo 2004) è articolata in due distinte sedi: lo Spedale di Santa Maria della Scala, dove una serie di ambienti è stata per l'occasione interamente restaurata e destinata ad essere sede di grandi occasioni espositive, e il Museo dell'Opera del Duomo, dove si conserva il più celebre capolavoro di Duccio, la Maestà (1308 - 1311), inamovibile per le sue colossali dimensioni.
Proprio all'interno del complesso di Santa Maria della Scala è stato compiuto negli ultimi anni il delicato intervento conservativo della grande vetrata circolare dell'abside del Duomo, una delle opere più importanti realizzate in questa tecnica nell'Italia medievale, per la quale Duccio, attorno al 1287, forní il cartone preparatorio ed eseguí personalmente il disegno a pennello che definisce sui vetri colorati le fisionomie e da corpo ai panneggi. La mostra raccoglie attorno a questi due capolavori (la Vetrata e la 'Maestà') un centinaio di opere, tra dipinti, miniature, sculture e oreficerie, nell'intento di restituire il clima culturale di Siena tra la fine del Duecento e i primi decenni del secolo successivo e di testimoniare l'ampio raggio d'influenza del magistero duccesco.

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Duccio di Buoninsegna

Arte in Toscana | Siena Palazzo Pubblico

Simone Martini | Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi






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Il Duomo di Massa Marittima

 
Il Duomo di Massa Marittima, dedicato a San Cerbone, viene edificato tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo, sul luogo in cui insisteva una chiesa più antica. La facciata si sviluppa su tre ordini sovrapposti: l'ordine inferiore è animato da sette arcature cieche decorate da oculi e da losanghe.

Nell'ordine mediano cinque arcate cieche si dispongono a formare un finto loggiato: le sottili colonne centrali, situate davanti ad un rosone costruito successivamente, si appoggiano su sculture rappresentanti i Simboli degli Evangelisti.
Il timpano di facciata è anch'esso decorato da una loggia costituita da dieci arcate digradanti, sostenute da colonne poggianti su sculture antropomorfe e zoomorfe; le tre guglie così come la quadrifora ogivale posta dietro alla loggia sono frutto di un intervento posteriore. Nell'architrave del portale d'ingresso, scolpiti a rilievo, si conservano cinque Episodi della vita di San Cerbone.
I fianchi dell'edificio riprendono in parte la decorazione della facciata: divisi su due livelli corrispondenti alle pareti delle navate laterali (quello più basso) e della navata centrale (quello più alto) ripropongono rispettivamente le arcate cieche e una decorazione bicroma a filari di pietre bianche e verdi ritmata da archetti pensili e colonnine.
Il campanile quadrangolare è stato in buona parte ricostruito negli anni venti del XX secolo.
L'interno dell'edificio è suddiviso in tre navate sorrette da colonne con capitelli intagliati ornati da elementi vegetali o animali. Il rosone di facciata ospita una vetrata policroma datata alla metà del XIV secolo e raffigurante San Cerbone davanti al papa Vigilio.
Numerose opere d'arte sono conservate all'interno del Duomo di Massa Marittima. Tra queste, il fonte battesimale, situato all'inizio della navata destra, eseguito in un unico blocco di travertino nel 1267 da Giroldo da Como e decorato da rilievi con Storie del Battista.
Nel centro della vasca si eleva un tabernacolo marmoreo con piccole figure scolpite di Patriarchi e Profeti del 1447. Dietro all'altare maggiore del Duomo si conserva il monumento marmoreo dedicato al santo titolare della chiesa, l'Arca di San Cerbone.
La pregevole opera, firmata e datata 1324 dallo scultore senese Goro di Gregorio, è costituita da un'urna di marmo, decorata sui quattro lati da otto scene ad altorilievo raffiguranti la Leggenda di San Cerbone, e chiusa da un coperchio a quattro spioventi con medaglioni scolpiti.
Infine, la cappella dedicata alla Vergine (alla sinistra del presbiterio) ospita attualmente al suo interno l'opera di maggior pregio di tutto l'edificio, la frammentaria Maestà dipinta su tavola intorno al 1316 dal celebre pittore senese Duccio di Buoninsegna e dalla sua bottega, in origine destinata all'altare maggiore del Duomo, raffigurante sul recto la Madonna col Bambino (la cosiddetta Madonna delle Grazie) e sul verso le Storie della Passione di Cristo.

 

 

Il Duomo di Massa Marittima
Nella suggestiva cornice del valle d'Ombrone, nei pressi di Montalcino, la Casa Vacanze Podere Santa Pia è un tranquillo podere, contornato da olivi in una posizione soleggiata e gode dello splendido panorama sulla Maremma, fino al mare e l'isola Monte Christo.

 

 

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