Bicci di Lorenzo (Firenze, 1373 – 1452) è stato un pittore italiano attivo a Firenze soprattutto nella prima metà del Quattrocento.
Esponente della bottega di famiglia di artisti-artigiani, un esempio che ben rappresenta il reale panorama del mestiere artistico a Firenze fra Tre e Quattrocento (suo padre era Lorenzo di Bicci, mentre suo figlio fu Neri di Bicci, ciascuno pittore), fu un prolifico esponente dello stile gotico internazionale, influenzato da Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano.
Una delle prime opere nel quale si ritiene che abbia collaborato con il padre è il grande Tabernacolo del Madonnone, in zona San Salvi a Firenze (affreschi oggi staccati e sostituiti da copie).
Subentrò al padre nella direzione della bottega attorno al 1405, quando nella Firenze di quegli anni essa rappresentò un punto di permanenza di stilemi tradizionali rispetto alle nuove invenzioni che il Rinascimento andava via via manifestando, facendo da approdo a persone e istituti dal gusto più tradizionalista, magari più provinciale, che necessitavano opere devozionali per chiese, conventi e anche abitazioni private. Accanto a questa produzione più di mestiere, che ancora oggi troviamo spesso nelle parrocchie originali, non mancarono committenti di indubbio prestigio pubblici e privati, per i quali creò alcuni dei suoi capolavori di raffinatezza sempre maggiore: i Medici, per i quali dipinse un ciclo di Uomini Illustri ad affresco, già nel Palazzo Medici (distrutto, testimoniato solo dal Vasari), Niccolò da Uzzano (affreschi e una tavola per la chiesa di Santa Lucia dei Magnoli, documentati ma perduti, e altre opere), l'Opera del Duomo di Firenze (affreschi degli Apostoli del 1434), l' Ospedale di Santa Maria Nuova (affresco un tempo sulla facciata della chiesa di Sant'Egidio oggi nell'ospedale).
Alla Galleria dell'Accademia di Firenze si conservano due sue opere su tavola: un Matrimonio mistico di santa Caterina, databile al 1423 - 1425 ca., e un San Lorenzo del 1428 circa.
Suoi capolavori vengono considerati la Madonna in Trono (1433) della Galleria Nazionale di Parma, le Tre storie di San Niccolò e il Trittico del Duomo di Fiesole del 1450 circa o la Natività (1435) per la chiesa di San Giovannino dei Cavalieri a Firenze. Tra gli affreschi, suoi sono quelli sull'arco di entrata della Cappella Compagni nella chiesa di Santa Trinita a Firenze, chiesa per la quale aveva dipinto anche la pala per l'altare maggiore, oggi in Westminster Abbey a Londra. Lavorò molto anche nei dintorni di Firenze, in particolare restano alcune sue opere significative a Empoli (San Niccolò da Tolentino protegge Empoli dalla peste, Collegiata di Sant'Andrea) e a Lastra a Signa, da alcuni indicati come probabili luoghi d'origine della famiglia.
A lui era stata anche affidata la decorazione ad affresco della chiesa di San Francesco ad Arezzo, ma riuscì a completare solo le vele nella volta, prima di decedere. L'opera venne poi portata a termine da Piero della Francesca, con le Storie della Vera Croce, uno dei cicli pittorici più celebri del Rinascimento.
La sua bottega, situata nei pressi di piazza Tasso in Oltrarno e della quale ci resta una preziosissima documentazione di tutte le attività organizzative, finanziarie e artistiche, fu luogo di formazione di alcuni importanti pittori come Lo Scheggia e forse Masaccio (anche se la sua partecipazione è incerta e rifiutata da una parte della critica). |