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La Vergine è colta nel momento in cui l'angelo se n'è appena andato (oppure nel momento dell'int errogazione). Dalla sagoma, quasi piramidale, del manto emerge il perfetto ovale del volto e l'asse della composizione è dato dalla verticale che va dalla piega dello scollo all'angolo leggio, ove vengono narrate le profezie che le stanno accadendo; al contrario il lento girare della figura e il gesto della mano, probabilmente posta in segno di benedizione, ma anche di sconvolgimento, danno movimento alla composizione.
La posa è di tre quarti, lo sfondo scuro e la rappresentazione essenziale derivano dai modelli fiamminghi, in particolare da Petrus Christus che forse Antonello conobbe direttamente in Italia. La luce è radente ed illumina l'effigie come se si affacciasse da una nicchia, facendo emergere gradualmente i lineamenti e le sensazioni del personaggio. L'uso dei colori ad olio permette poi un'acuta definizione della luce, con morbidissimi passaggi tonali, che riescono a restituire la diversa consistenza dei materiali.
A differenza delle opere fiamminghe però, Antonello impostò anche una salda impostazione volumetrica della figura, con semplificazioni dello stile "epidermico" dei fiamminghi che permette di concentrarsi su altri aspetti, quali il dato fisiognomico individuale e la componente psicologica.
L'opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana. La purezza formale, lo sguardo magnetico e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un capolavoro assoluto.
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Annunziata, Palermo, Palazzo Abatellis |
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Antonello da Messina, Annunziata di Palermo (particolare), 1476 circa, tempera e olio su tavola, 45 x 34,5 cm,
Palermo, Galleria regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, c. 1476
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L’Annunciazione della chiesa di Santa Maria Annunziata di Palazzolo Acreide
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Antonello da Messina, L'Annunciazione, cm. 180 x 180, Museo Nazionale di Siracusa
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L'Annunciazione è un dipinto olio su tavola di tiglio (180×180 cm) di Antonello da Messina, datato al 1474 e conservato nel Museo di Palazzo Bellomo di Siracusa.
L’Annunciazione della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, assieme al Polittico di S. Gregorio di Messina, è da ritenersi tra le opere più importanti eseguite da Antonello prima del suo soggiorno veneziano (1475 - 1476).
L'opera era stata commissionata all'artista siciliano nell'agosto 1474 da Giuliano Maniuni per la chiesa della SS. Annunziata di Palazzolo Acreide (nel Siracusano) e terminata entro il dicembre dello stesso anno.
Della sua paternità si era persa memoria fino alla seconda metà dell'Ottocento, quando alcuni studiosi locali cominciarono ad avanzare l'attribuzione ad Antonello, confermata nel 1903 dalla scoperta del documento di commissione. Nonostante le sollecitazioni di studiosi quali Adolfo e Lionello Venturi soltanto nel 1907 lo Stato riuscì ad acquistare l'opera, destinandola al Museo archeologico di Siracusa e sottraendola così al gravissimo degrado da cui era stata coinvolta.
Per questo capolavoro la critica ha variamente ricercato influenze sia italiane, sia fiamminghe. Tanti i rapporti col Rinascimento italiano, con Piero della Francesca in primo luogo per l’impianto della prospettiva geometrico-luminosa, ma tanti anche i legami con gli artisti delle Fiandre come Jan Van Eyck, che Antonello conosceva grazie ai suoi studi napoletani, alla condizione culturale del regno aragonese di Sicilia, e ai traffici navali e commerciali che interessavano anche la città di Messina. Comune con i nordici la ricerca del dettaglio, il rapporto esterni - interni, e l’uso della tecnica ad olio, più ampiamente utilizzata dagli artisti del nord, che consentiva al pittore di stendere sottili velature e rinnovare tutto l’impianto luministico del quadro. Stimoli che Antonello interpreta creando uno stile e una tecnica assolutamente personali. [2]
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L'Annunciazione, cm. 180 x 180, Museo Nazionale di Siracusa.
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L'Annunciazione (dettaglio), cm. 180 x 180, Museo Nazionale di Siracusa
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[1] Antonello da Messina (Messina - 1430 circa, 1479)
La vicenda biografica di Antonello da Messina è stata oggetto, nel corso dei secoli, di ricostruzioni biografiche contraddittorie e talora piuttosto fantasiose. Molte le ragioni di una così complicata vicenda critica: a una complessiva scarsezza di materiale documentario, infatti, si affianca la singolare concentrazione cronologica dei dipinti rimasti. Se quasi nulla è pervenuto dei primi due decenni di attività del pittore, che possiamo ipotizzare al lavoro dal 1450, una gran mèsse di opere si concentra invece negli anni Settanta, e in particolare nell’ultimo lustro di vita dell’artista, contribuendo a sbilanciare l’approccio critico nei suoi confronti.
Il percorso artistico di Antonello, nato plausibilmente attorno al 1431, prende avvio nel vivace clima culturale della corte aragonese di Napoli, allora una delle culle della civiltà del Mediterraneo e città ove operava il pittore Colantonio, nella cui bottega il messinese avrà appreso i primi rudimenti dell’arte, attento ai molteplici stimoli offerti da un ambiente in cui si trovavano opere catalane e provenzali, oltre che capolavori nordici come, ad esempio, lo straordinario Trittico Lomellini di Jan Van Eyck.
L’esordio di Antonello è segnato da testi quali la Madonna Salting o l’enigmatico Ritratto d’uomo di Cefalù cui seguono, solo per citare gli esempi più significativi, negli anni 1473-1474 e con esiti già compiutamente maturi, l’Annunciazione di Siracusa, dall’articolata impaginazione spaziale gestita con completa padronanza degli effetti luministici, e il Polittico di San Gregorio, commissionato per la chiesa del convento di monache benedettine di Santa Maria extra moenia, rivoluzionario nella resa psicologica dei personaggi che lo popolano.
Ma è il soggiorno veneziano, datato 1475-1476, a segnare un definitivo punto di non-ritorno per la carriera artistica del siciliano e per la storia dell’arte italiana del Quattrocento. E’ l’incontro tra l’arte di Antonello e l’ambiente figurativo veneziano, rappresentato in primis da Giovanni Bellini, a creare le premesse di capolavori assoluti con ritratti quali il cosiddetto Condottiero del Louvre o i ritratti virili conservati alla National Gallery di Londra e alla Galleria Borghese di Roma, ove le caratteristiche tipicamente fiamminghe della posa di tre quarti, il diaframma del parapetto a segnare la separazione tra effigiato e spettatore, il trompe-l’oeil del cartellino, il fondo scuro, si coniugano a una resa del dato psicologico inedita e rivoluzionaria per acutezza di penetrazione.
Immediatamente riconosciuto nella sue capacità dalla città lagunare, Antonello ricevette commissioni di prestigio: tra tutte quella per la Pala di San Cassiano, realizzata nel 1476 per il patrizio Pietro Bon, opera da subito celeberrima per la fastosa profusione di dettagli preziosi e realizzata in diretto colloquio con le coeve opere belliniane.
Il soggiorno veneziano, breve ma ritmato da un’incalzante serie di stupefacenti capolavori, vede lo sviluppo del tema dell’Ecce Homo, opere di fortissima intensità emotiva a commuovere lo spettatore con particolari di realismo sofferto umanizzando il tormento del Cristo; la tavoletta con San Girolamo nello studio, dallo sbalorditivo impianto spaziale e inedita ambientazione, uno studiolo rinascimentale nella navata semibuia di una chiesa; le tavolette votive delle Crocifissioni di Anversa e di Londra. In un crescendo di novità formali e di coinvolgimento dello spettatore a livelli prima mai ipotizzati, si giunge infine all’Annunciata di Palermo ove una fanciulla, chiusa nel proprio manto, ieratica e consapevole del ruolo nella storia dell’umanità, congela il tempo nel gesto sospeso della mano e presupponendo in chi guarda il ruolo dell’angelo annunciante. Al 1476 risalgono il Salvator Mundi di Londra, prossimo all’Annunciata per virtuosismo spaziale nella resa delle mani, e il cosiddetto Ritratto Trivulzio di Torino, altissimo risultato nella caratterizzazione dei ritratti antonelliani, catturando lo spettatore con uno sguardo ipnotico di maliziosa sfida.
A chiudere il percorso artistico del pittore siciliano sono infine due eccezionali opere: il San Sebastiano di Dresda, commissionato in occasione di un’epidemia di peste, prova suprema di maestria prospettica nella resa del paesaggio urbano di Venezia, e la Pietà del Prado, probabilmente realizzata una volta tornato in patria, come suggerisce lo sfondo, in cui si scorgono edifici realmente esistenti a Messina.
Il 14 febbraio del 1479 Antonello fa testamento; due mesi dopo egli risulta defunto, ponendo così termine a una carriera artistica di straordinaria rilevanza, entro cui si condensarono con inedita coerenza e intensità, come raggi solari sotto l’effetto di una lente convergente, le diverse matrici culturali che si intrecciavano nel Mediterraneo in quell’epoca di splendore che fu il XV secolo.
[Source: Antonello da Messina | Alle Scuderie del Quirinale di Roma, dal 18 marzo al 25 giugno 2006 | Una mostra che raccoglie per la prima volta i capolavori del grande Maestro del Quattrocento e getta nuova luce sulla biografia e le opere | www.mostraantonellodamessina.it]
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Antonello da Messina, Ritratto d'uomo (forse autoritratto), 1475 ca., Londra, National Gallery |
[2] Agosto 1474. L’horabilis magister Antonius de Anthonio stipula un contratto con il sacerdote Iuliano Maniuni de terra Palacioli per la realizzazione di un quadro raffigurante l’immagine dell’Annunciazione con la vergine Maria, l’angelo Gabriele ac Dey patris. Si tratta dell’Annunciazione della chiesa di Santa Maria Annunziata di Palazzolo Acreide, dipinta da Antonello da Messina nel periodo compreso tra il settembre e il novembre 1474, e ritrovata nel 1897 da Enrico Mauceri (1869-1966), incaricato dal Museo Archeologico di Siracusa di redigere un catalogo delle opere d’arte della provincia.
Nel 1902 Gaetano La Corte Cailler rintraccia nell’Archivio di Stato di Messina, in un volume del notaio Antonino Mangianti, il documento di allocazione del dipinto. Da quel momento l’identificazione dell’Annunciazione della chiesa di Palazzolo con l’opera cui fa riferimento il documento notarile confermerà l’attribuzione del dipinto ad Antonello.
L’Annunciazione della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, assieme al Polittico di S. Gregorio di Messina, è da ritenersi tra le opere più importanti eseguite da Antonello prima del suo soggiorno veneziano (1475 - 1476).
Su questo dipinto hanno scritto i più importanti storici dell’arte, ma oggi a descriverlo sono le semplici parole di colui che lo ha trovato, riconosciuto e salvato, restituendolo alla comunità: Enrico Mauceri.
[…] La scena si svolge entro un ampio salone bene arredato, con soffitto a travate e con larghe finestre attraverso le quali appare la campagna. Sul davanti sono dipinte di color grigio-cenere due grandi colonne con ricchi capitelli che sorreggono un architrave decorato di cartocci e di rosette intermedie. La Vergine, ispirata dal vero, col labbro superiore alquanto prominente ed il viso scarno, piegata sulle ginocchia e con le mani incrociate sul petto, esprime una dolce, soave modestia.
Ella è ornata di ricco nimbo d’oro di forma conciliare ed indossa un abito di broccato di tinta rossa e mantello celeste. Dinanzi a lei è posto un leggio decorato a traforo con su disteso un tovagliolo merlettato e sopra, un libro aperto. Ai piedi del leggio bel vaso da fiori con motivi floreali azzurri su fondo bianco, e sulla stessa linea, accanto alla colonna dimezzata, figurina di devoto (attraverso il documento notarile identificato poi con il committente, Giuliano Maniuni, n.d.r.). L’Angelo con le ali iridescenti, riccamente vestito con mantello di broccato purpureo dal bavero azzurro e con nimbo d’oro, eguale a quello della Vergine, si piega per dare il celeste annunzio con la destra levata ed una palma nella sinistra e con la bocca dischiusa nell’atto di pronunciare le fatidiche parole. Il suo viso bellissimo è incorniciato di lunghi capelli biondi, adorni sulla fronte di diadema azzurro a forma di cuspide in cima, con perline ed un rubino, legato alla nuca mediante un nastrino dello stesso colore. Il quadro disgraziatamente ha molto sofferto, e, in epoca moderna, numerose lacune prodotte dallo scrostamento dei colori furono riempite di colla di farina. Non pertanto, le figure nobilissime, d’un colorito vivo come di smalto, son salve (E. Mauceri, Su alcuni dipinti del Museo Archeologico di Siracusa, in Bollettino d’Arte, giugno 1908, pp. 1-6).
[Fonte: Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa | Museo Regionale Bellomo - Siracusa | www.regione.sicilia.it] |
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Bibliografia
Eugenio Battisti, Antonello, il teatro sacro, gli spazi, la donna (Il labirinto), Editrice Novecento Palermo. ISBN 88-373-0021-2
Stefano Zuffi, La pittura italiana, Mondadori 1998. ISBN 88-04-45057-6
Simonetta Nava, La pittura del Rinascimento, Rizzoli 1999. ISBN 88-17-86148-0
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Antonello da Messina
Antonello da Messina | Alle Scuderie del Quirinale di Roma, dal 18 marzo al 25 giugno 2006 | Una mostra che raccoglie per la prima volta i capolavori del grande Maestro del Quattrocento e getta nuova luce sulla biografia e le opere | www.mostraantonellodamessina.it
Le Scuderie del Quirinale hanno riunito per la prima volta quasi tutte le opere di Antonello da Messina, uno dei grandi maestri del Quattrocento italiano, in una mostra-evento di portata straordinaria che si è conclusa il 25 giugno 2006.
Da Londra, da Washington, da New York, da Parigi, da Vienna, da Dresda, da Anversa, da tutti i principali musei del mondo, dalla Sicilia e da tutta Italia sono giunte a Roma le Madonne, gli straordinari Ritratti, le Crocifissioni, il famosissimo San Girolamo nel suo studio e tutte le preziosissime tavole che hanno creato la leggenda di questo grandissimo pittore siciliano.
La mostra si propone di ricostruire compiutamente la figura di Antonello, anche attraverso l'esame delle tematiche da lui sviluppate: dalla serie delle "Annunciate" ai celeberrimi "Ecce homo", alle "Crocifissioni", sino all'altissima poesia dei volti.
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Il meglio della Maremma | Case Vacanze | Podere Santa Pia
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Podere Santa Pia |
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Pienza |
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Montalcino |
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Montefalco |
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Perugia |
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Sansepolcro |
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Vini in Toscana |
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Pitigliano
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Roccalbegna |
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Podere Santa Pia, in posizione panoramica, con vista sulle colline che conducono al mare e l'isola Montecristo
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La Galleria Regionale della Sicilia è composta dal quattrocentesco Palazzo Abatellis, sede espositiva delle collezioni del museo e dall'attigua ala settecentesca, che ospita i laboratori di restauro e gli uffici amministrativi; a questi due nuclei si è aggiunto l'Oratorio dei Bianchi, che accoglierà presto le collezioni di scultura settecentesca.
Palazzo Abatellis sorge nel cuore del quartiere della Kalsa, in prossimità dell'antico porto della Cala;
la sua fondazione risale al 1495, quando Francesco Abatellis o Patella, maestro portulano del Regno ne affida la costruzione a Matteo Carnelivari, architetto siciliano originario della Val di Noto, ma ampiamente attivo a Palermo.
Come nel vicino Palazzo Ajutamicristo, anche qui l'architetto tenta una sintesi tra la tradizione costruttiva gotico-ispanizzante e lo spirito rinascimentale che permea le varie parti del palazzo, concepito per fasce orizzontali.
Il complesso a due piani si sviluppa intorno ad un ampio atrio caratterizzato sul lato occidentale da un doppio loggiato e da una scala esterna che conduce al piano nobile.
Il fronte principale è dominato dall'elaborato portale d'ingresso e, sull'angolo nord occidentale, dall'alta torre merlata.
Morto senza eredi Francesco Patella, l'edificio diviene nel 1527 convento delle benedettine dell'attigua chiesa di Santa Maria della Pietà, indi monastero delle domenicane che lo adattano alle esigenze della clausura.
I gravi danni inferti dai bombardamenti del '43 sollecitano il restauro dell'intero complesso, eletto a nuova sede della Galleria Nazionale della Sicilia e aperto al pubblico il 23 giugno 1954.
Il nuovo ordinamento delle collezioni viene curato dall'allora Soprintendente Giorgio Vigni, il quale affida all'architetto veneziano Carlo Scarpa l'allestimento museografico che ha reso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis uno dei musei più noti in tutto il mondo.
Museo Regionale Abatellis - Home Page | www.regione.sicilia.it |
Questo articolo è basato sulgli articoli Antonello da Messina e L'Annunciata di Palermo dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.
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