Isabella d'Este (Ferrara, 17 maggio 1474 – Mantova, 13 febbraio 1539) fu una delle donne più importanti del Rinascimento e del mondo culturale italiano del suo tempo.
Figlia di Ercole I d'Este, duca di Ferrara, e di Eleonora d'Aragona (a sua volta figlia di Ferdinando I di Napoli e di Isabella di Clermont) fu marchesa di Mantova sposando Francesco II Gonzaga ed ebbe come sorella un personaggio storico ugualmente famoso: Beatrice d'Este, duchessa di Milano e moglie di Ludovico Sforza.
Per nascita o matrimonio, il suo nome fu collegato a quello dei maggiori regnanti di Spagna. Spesso è citata semplicemente come la Primadonna del Rinascimento.
Isabella d'Este ebbe in gioventù una educazione di grande impronta culturale, come testimoniano le sue copiose corrispondenze dalla città di Mantova.
"Nec spe nec metu" ("Né con speranza né con timore") fu il suo motto.
Le sorelle Este furono esposte a molte delle idee del Rinascimento: in seguito Isabella divenne un'appassionata, addirittura avida, collezionatrice di sculture romane e commissionò sculture moderne in stile antico. All'età di 16 anni sposò Francesco II Gonzaga, Marchese di Mantova. I coniugi furono patroni di Ludovico Ariosto mentre questi stava scrivendo l'Orlando Furioso ed entrambi furono molto influenzati da Baldassare Castiglione, autore de Il Cortigiano, un modello di decoro aristocratico per duecento anni. Fu su suo suggerimento che Giulio Romano venne convocato a Mantova per ampliare il castello ed altri edifici. Sotto gli auspici di Isabella la corte di Mantova divenne una delle più acculturate d'Europa. Tra i tanti importanti artisti, scrittori, pensatori e musicisti che vi giunsero ci furono Raffaello Sanzio, Andrea Mantegna, e i compositori Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara. Isabella venne ritratta due volte da Tiziano, e il disegno di Leonardo da Vinci che la ritrae (preparatorio per un dipinto ad olio mai eseguito) è esposto al Louvre. Fu ella stessa una brillante musicista, e riteneva gli strumenti a corda, come il liuto, superiori ai fiati, che erano associati al vizio e al conflitto; considerava inoltre la poesia incompleta finché non veniva trasposta in musica, e cercò i più abili compositori dell'epoca per tale "completamento".
Si dedicò al gioco degli scacchi tanto che il grande matematico rinascimentale Luca Pacioli (1445c.-1517c.), nel 1499 avendo il re di Francia Luigi XII conquistato il ducato di Milano ed essendo lo stesso Pacioli in compagnia di Leonardo da Vinci fuggito e riparato a Mantova, scrisse e le dedicò il manoscritto De ludo schacorum, detto Schifanoia, opera per secoli ritenuta persa e solo nel 2006 ritrovata presso la biblioteca Coronini Cronberg di Gorizia dal bibliologo Duilio Contin.
Mostrò inoltre grande abilità diplomatica e politica nei negoziati con Cesare Borgia, che aveva spodestato Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, marito della cognata e amica intima Elisabetta Gonzaga (1502).
Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1519, Isabella governò Mantova come reggente del figlio Federico, giocando un ruolo importante nella politica italiana e rafforzando costantemente il prestigio del marchesato mantovano. I suoi molteplici e importanti conseguimenti compresero l'elevazione di Mantova a ducato e l'ottenimento del titolo di cardinale per il figlio minore Ercole Gonzaga.
Con il conseguimento della maggiore età del figlio, la sua figura di donna di comando, generò alcuni dissapori e maldicenze, tanto che Federico di fatto la estromise dalla vita politica di Mantova negandole qualsiasi notizia che dall'esterno perveniva alla cancelleria. Fu forse questa la molla che spinse Isabella a allontanarsi dalla città recandosi a Roma, nonostante la situazione politica tumultuosa. Nel 1527 infatti fu testimone del Sacco di Roma ed il suo palazzo, nel quale aveva dato rifugio a circa 2000 persone, fu l'unico in tutta la città a non essere saccheggiato dai lanzichenecchi, per via della protezione offerta da suo figlio Ferrante, capo di una milizia dell'esercito imperiale. Isabella si prodigò nella protezione dei rifugiati che erano comunque stati dichiarati ostaggi dell'esercito imperiale e per i quali fu richiesto un riscatto.
Tornata a Mantova, si occupò della vicenda del matrimonio del figlio Federico, un'operazione molto ingarbugliata dall'ordine dei numerosi fatti: il ripudio della prima moglie Maria Paleologa, accusata di congiura da una cortigiana di Federico, poi la scelta di Carlo V di dargli in moglie la sua cugina Giulia, più anziana di lui e malvoluta dal popolo, la riabilitazione di Maria dopo che questa era diventata unica erede del feudo del Monferrato e, in seguito alla morte di lei, le definitive nozze con sua sorella Margherita Paleologa.
Il primo studiolo
Isabella, nata a Ferrara ed educata da alcuni dei più colti umanisti dell'epoca, andò in sposa a Francesco II Gonzaga nel 1490 a soli sedici anni, arrivando a Mantova il 12 febbraio di quell'anno. Si sistemò negli appartamenti al piano nobile del castello di San Giorgio, poco distante dalla Camera degli Sposi. Poco dopo il suo arrivo fece organizzare due piccoli ambienti del suo appartamento, scarsamente illuminati e senza camini, come stanze ad uso personale: lo "studiolo", situato nella torretta di San Niccolò, e la "grotta", un ambiente voltato a botte al di sotto dello studiolo, al quale si accedeva tramite una scala e un portale decorato in marmo. L'idea le era probabilmente partita sia dalla conoscenza dello Studiolo di Belfiore di suo zio Leonello d'Este, sia attraverso la conoscenza della cognata Elisabetta Gonzaga, maritata Montefeltro, con la quale aveva un particolare sentimento di amicizia, che le mostrò gli studioli di Urbino e di Gubbio.
Nello studiolo Isabella si ritirava per dedicarsi ai suoi passatempi, alla lettura, allo studio, alla corrispondenza. Inoltre vi radunò i pezzi più pregiati delle sue collezioni, che inizialmente contenevano solo pezzi di archeologia e poi accolsero anche opere contemporanee, secondo quel confronto tra "antichi e moderni" che all'epoca dominava le speculazioni in campo artistico. Amava ritenersi ispiratrice di poesia, musica e arte, tanto che si guadagnò il soprannome di "decima Musa", e le rappresentazioni di Muse infatti abbondavano nello studiolo, sia nella tela di Mantegna che nei rilievi sul portale che portava alla grotta.
La grotta conteneva la collezione di antichità, mentre per lo studiolo elaborò almeno dal 1492 un programma decorativo basato su una serie di dipinti commissionati ai più illustri artisti dell'epoca, su temi mitologici, allegorici desunti dalla letteratura e celebrativi di se stessa e della sua casata, che venivano suggeriti dai suoi consiglieri, tra cui primeggiava Paride da Ceresara. Il progetto di Isabella, piuttosto originale, sarebbe stato quello di mettere in competizione (in "paragone") i vari artisti su dipinti di identiche dimensioni, tutti su tela, con la medesima direzione della luce, che riprendeva quella naturale della stanza, e con le figure in primo piano di stessa grandezza. Queste condizioni si rivelarono tutt'altro che semplici da comunicare ai vari artisti, specie se lavoravano fuori Mantova, per i diversi strumenti di misura da città a città e per una certa confusione che generò la stessa Isabella, variando e revocando spesso gli ordini dati su soggetti e composizioni, sbagliandosi almeno una volta sulla direzione della luce. Inoltre non tutti gli artisti avevano familiarità con i temi mitologici ed allegorici, e in alcuni casi erano inibiti dal confronto con Mantegna, colui che iniziò la serie, il quale eccelleva in tali temi. Emblematico è il caso di Giovanni Bellini, che pur lasciato libero di scegliersi un tema, alla fine declinò poiché non abituato ad essere legato a richieste dettagliate.
Una fitta corrispondenza resta tra Isabella e il Perugino, attivo allora a Firenze, per la creazione della Lotta tra Amore e Castità che permette di ricostruire il metodo di ordinazione di un dipinto per lo studiolo. Il tema letterario, specificato in tutte le parti, era incluso addirittura nel contratto notarile e comprendeva un disegno su cui il pittore doveva basarsi. Il pittore poteva omettere qualche episodio secondario nel dettagliatissimo programma, ma gli era assolutamente proibito di aggiungere figure di sua invenzione o di fare modifiche: quando dipinse una Venere nuda anziché vestita la marchesa, tramite i suoi consulenti che continuamente visitavano lo studio dell'artista, protestò vigorosamente. Nel 1505, alla consegna del dipinto, Isabella non ne rimase pienamente soddisfatta: disse che le sarebbe piaciuto di più se fosse stato a olio, quando invece era stato fatto a tempera su sue esplicite istruzioni per seguire lo stile di Mantegna. Il tutto per 100 ducati, ben sudati.
Studiolo e grotta divennero presto uno dei luoghi più interessanti da mostrare ai dignitari in visita nella città, con le dovute cautele, dovuta alle piccole dimensioni e alle tentazioni in cui poteva cadere anche l'ospite migliore: dopo una vista della scorta del duca di Borbone, nel 1509, mancarono infatti all'appello alcuni argenti di valore.
Pitture
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Andrea Mantegna, Ritratto di f Francesco Gonzaga, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
Leonardo Da Vinci, cartone per il ritratto di Isabella d'Este, Museo del Louvre, Parigi
Isabella d'Este, ritratto di Tiziano
Bartolomeo Veneto o Bartolomeo Veneziano (1502 – 1555), Lucrezia Borgia
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