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Storia
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Non si conoscono le vicende della commissione del dipinto e non è certa nemmeno l'identità del prelato ritratto. Le ipotesi più suffragate oggi identificano il soggetto del dipinto in Carlo de' Medici, figlio naturale di Cosimo il Vecchio e di una schiava circassa, la cui carnagione scura sarebbe l'indizio più evidente. In realtà tale identificazione contrasta con l'altro ritratto di Carlo: in quanto preposto della pieve di Prato è infatti ritratto nelle Esequie di santo Stefano ivi affrescate da Filippo Lippi entro il 1464. La figura tarchiata in abito rosso che compare a destra del catafalco del santo, indicata da Vasari, non assomiglia per niente al ritratto di Mantegna, mentre più simile è l'uomo ritratto immediatamente alle sue spalle.
La stessa attribuzione a Mantegna ha avuto in iter lungo: a lungo venne creduta opera di Domenico Veneziano, finché il Ricci non avanzò l'ipotesi del Mantegna, suscitando varie perplessità dovute tra l'altro al cattivo stato di conservazione dell'opera, con ampie parti di colore consunto.
La datazione oscilla tra il 1459-1460, anno del Concilio di Mantova e dell'arrivo di Mantegna nella corte lombarda, quando venne incaricato di numerosi ritratti ufficiali (il soggetto stesso è stato a lungo identificato come un Gonzaga, magari Ludovico Gonzaga, vescovo di Mantova figlio di Ludovico marchese), e il 1466, anno di un ipotetico viaggio del pittore a Firenze. La prima menzione di Carlo come possibile soggetto risale allo Schaeffer, che nel 1912 trovò un ritratto derivato dal dipinto nella genealogia della famiglia Medici incisa da Martino Rota verso il 1589. Inoltre l'opera potrebbe essere quel "quadretto pittovi messer Carlo de' Medici prevosto di Prato" indicato nell'inventario delle collezioni medicee del 1533.
Descrizione e stile
Il soggetto è ritratto di tre quarti, secondo una tipologia derivata dall'arte fiamminga, che in Italia si affermò gradualmente nella seconda metà del XV secolo, a fronte di una preferenza per i ritratti di profilo, ispirati alle effigi imperiali romane.
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Andrea Mantegna, Ritratto di Carlo de' Medici, 1466 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi |
L'uomo ha una carnagione scura ed indossa l'abito di protonotaro apostolico, carica che Carlo de' Medici ottenne effettivamente nel 1463. La probabile destinazione ufficiale spiega l'aura idealizzata della figura, priva di caratteri psicologici troppo individuali. Grande cura è riposta invece nella descrizione degli attributi legati allo status e al ruolo pubblico del soggetto, quali l'abito vermiglio di tessuto pesante e il cappello a cuffia. La luce illumina parzialmente il volto di un uomo di mezza età, con occhi chiari di notevole verismo e intensità, modellando il volume della figura nello spazio. Rispetto alla solidità scultorea di opere come il Ritratto del cardinale Ludovico Trevisan, qui Mantegna usa toni più morbidi, anche se alla delicata armonia dei toni rosa e rossi fa da contrappunto la carnagione solcata dalle rughe, in un'espressione di serena concentrazione che evita lo sguardo dello spettatore.
L'esame a raggi infrarossi ha rivelato un disegno preparatorio nel solo colletto: i tratti del volto furono forse abbozzati su disegni a matita eseguiti dal vero e poi trasferiti sulla tavola direttamente col pennello.
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[1] Biografia di Andrea Mantegna (1431 - 1506)
Nato ad Isola di Carturo - un paese del vicentino oggi in provincia di Padova - nel 1431, ebbe la sua prima formazione nella bottega padovana del pittore Francesco Squarcione, singolare personaggio appassionato d’archeologia classica presso cui, ancora bambino, fu allogato dai genitori naturali come figlio adottivo. Le condizioni economiche della famiglia d’origine erano, infatti, piuttosto modeste: il padre Biagio era un carpentiere e difficilmente avrebbe potuto permettersi di pagare la retta allora necessaria per avviare i giovani ad una professione. Nella bottega di Squarcione, Mantegna ebbe modo di maturare una profonda conoscenza dell’arte antica, destinata a rivelarsi decisiva nella sua fisionomia di artista rinascimentale. Altrettanto decisivo il contatto con l’ambiente padovano, assai stimolante per la sua tradizione culturale – dal 1222 la città è sede di un’università in cui si insegna l’aristotelismo e si studia l’antichità classica – e la presenza di artisti del calibro di Paolo Uccello, Filippo Lippi, Andrea del Castagno e Donatello, autore, peraltro, dell’“Altare del Santo” (ultimato tra il 1450 e il 1453), opera di riferimento assoluto per la cultura artistica locale.
Nel 1448, dopo essersi affrancato con un compromesso dalla tutela dello Squarcione, intraprese – con Antonio Vivarini, Giovanni d’Alemagna e Niccolò Pizzolo – l’ornamentazione della Cappella Ovetari nella chiesa padovana degli Eremitani. A lui va ascritta l’intera serie delle “Storie di San Giacomo” e parte di quelle di “San Cristoforo”, andate distrutte – fatta eccezione per poche scene trasferite altrove per un restauro – in seguito ad un bombardamento aereo durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1453 sposò Nicolosia, figlia di Jacopo Bellini e sorella dell’altro astro della pittura del tempo, Giovanni Bellini, con il quale instaurò un intenso dialogo che condusse ad una reciproca influenza artistica.
Pochi anni dopo, realizzò il “Polittico di San Luca” - oggi alla Pinacoteca di Brera - e la “Sant'Eufemia” della Galleria di Capodimonte, a Napoli.
Nel 1457 ricevette la commissione della “Pala di San Zeno”, per la chiesa del santo a Verona: l’opera, tra i suoi massimi capolavori, sarà - nel 1797 - trafugata in Francia come bottino napoleonico e ancora oggi la predella, che ospita la splendida “Crocifissione”, è esposta al Museo del Louvre.
Fra il 1459 e il 1460, dopo molte indecisioni, accettò l’invito del marchese Ludovico Gonzaga e si trasferì a Mantova, dove, salvo qualche breve viaggio, resterà tutta la vita. Qui attese alla decorazione - conclusasi probabilmente nel 1474 - di una sala del Palazzo ducale, nota come “Camera degli sposi”, che offre una suggestiva rappresentazione della famiglia Gonzaga e costituisce l’opera più complessa e matura tra quelle giunte fino a noi.
In seguito realizzò una serie di ritratti dei personaggi di corte e l’affresco di una cappella del castello di San Giorgio, interamente perduti, nonché una serie di piccole tavole - in origine collegate tra loro, ma oggi smembrate in vari musei - tra cui spiccano “La morte della Vergine”, esposta al Museo del Prado di Madrid, e il cosiddetto “Trittico degli Uffizi”.
Dello stesso periodo è il “Cristo morto” di Brera, celebre per l’insolito e ardito scorcio, e il “San Sebastiano” del Museo del Louvre.
Nel 1485 intraprese la stesura di una serie di grandi tele raffiguranti i trionfi di Cesare, in seguito (1488) interrotti per un viaggio a Roma, dove, su incarico d’Innocenzo VIII, dipinse una cappella dei palazzi Vaticani andata distrutta nel 1780.
Intorno al 1496 Mantegna fu di nuovo a Mantova, ove dipinse la “Madonna della Vittoria”, commissionatagli da Francesco Gonzaga per celebrare la vittoria ottenuta nella battaglia di Fornovo del 1495.
Nel 1497 dipinse, per la chiesa di Santa Maria in Organo a Verona, la “Madonna di Trivulzio”.
Tra il 1497 e il 1502 realizzò, per lo studiolo d’Isabella d'Este, due tele a carattere mitologico, il “Parnaso” e “Il trionfo della virtù”: una terza tela, raffigurante il “Regno di Como”, restò incompiuta a causa della morte dell'artista, avvenuta il 13 settembre 1506.
[Source: Rai International | www.italica.rai.it]
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Galleria degli Uffizi | Una scheda di catalogo | Ritratto di Carlo de' Medici
Notizie storico critiche
A lungo attribuito a Domenico Veneziano, fu il Ricci ad avanzare il nome del Mantegna. L'incertezza dell'autografia (avvertita dalla Tietze-Conrat) è dovuta al cattivo stato di conservazione dell'opera per la consunzione del colore. Il personaggio è stato a lungo identificato con un Gonzaga, ma già nel 1912 lo Schaeffer lo identificò del cardinal Carlo tramite la riproduzione dell'albero genealogico dei Medici inciso da Martino Rota nel 1589 ca..>>
A lungo attribuito a Domenico Veneziano, fu il Ricci ad avanzare il nome del Mantegna. L'incertezza dell'autografia (avvertita dalla Tietze-Conrat) è dovuta al cattivo stato di conservazione dell'opera per la consunzione del colore. Il personaggio è stato a lungo identificato con un Gonzaga, ma già nel 1912 lo Schaeffer lo identificò del cardinal Carlo tramite la riproduzione dell'albero genealogico dei Medici inciso da Martino Rota nel 1589 ca.. La Borsook avanza l'ipotesi che il ritratto sia stato eseguito a Mantova durante il concilio del 1459 e non durante il soggiorno fiorentino del pittore e che questa opera sia servita per l'effige del cenotafio, e non il ritratto esistente negli affreschi di Filippino Lippi a Prato. Carlo de' Medici figlio naturale di Cosimo il Vecchio, che nei tratti fisognomici tradisce la origine circassa della madre, fu protonotaio apostolico e preposto di Prato. Cosimo I gli fece erigere nel Duomo di Prato la tomba dallo scultore Vincenzo Danti. Nella mostra iconografica gonzaghesca (1937), il personaggio era ancora identificato con Lodovico Gonzaga (1458-1511) figlio di Lodovico Marchese di Mantova.
Art in Tuscany | Italian Renaissance painting
Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Andrea Mantegna
Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Andrea Mantegna
Bibliografia
Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 9788883101878
AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Scala Group, Roma 2003.
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Il meglio della Maremma | Case Vacanze | Podere Santa Pia
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Podere Santa Pia |
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Century-old olive trees, between Podere Santa Pia and Cinigiano |
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Sovicille |
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Tramonto in Maremma |
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