Andrea Mantegna


Elenco opere in ordine cronologico

Il Polittico di San Luca, 1453-1455

Presentazione al Tempio, 1455

Cappella Ovetari, 1448-1457
      L'Assunzione della Vergine, 1448-1457

Orazione nell'orto, 1458-60 circa

Ritratto del cardinale Ludovico Trevisan, 1459-1460

Ritratto di Carlo de' Medici, 1466 circa

La Camera degli Sposi (1465-1474)

Parnaso, 1497

Ecce Homo, 1500 circa

San Sebastiano, 1481

Il Trionfo della Virtù, 1502 circa

Giorgio Vasari | Le vite | Andrea Mantegna







 





 

             
 

Mantegna's affrescchi nel Palazzo Ducale in Mantua, camera degli Sposi (1465-1474),
L’incontro, particolare con i ritratti dell’imperatore Federico III d’Asburgo e del re di Danimarca Cristiano I

 
       
   

Andrea Mantegna | Affrescchi nel Palazzo Ducale in Mantua, La Camera degli Sposi (1467?-1474)

   
   

La Camera degli Sposi, chiamata nelle cronache antiche Camera picta ("camera dipinta"), è una stanza collocata nel torrione nord-est del Castello di San Giorgio di Mantova. È celebre per il ciclo di affreschi che ricopre le sue pareti, capolavoro di Andrea Mantegna, realizzato tra il 1465 e il 1474. Mantegna studiò una decorazione ad affresco che investisse tutte le pareti e le volte del soffitto, adeguandosi ai limiti architettonici dell'ambiente, ma al tempo stesso sfondando illusionisticamente le pareti con la pittura, come se lo spazio fosse dilatato ben oltre i limiti fisici della stanza. Il tema generale è una celebrazione politico-dinastica dell'intera famiglia Gonzaga, con l'occasione dell'elezione a cardinale di Francesco Gonzaga. [0]
La decorazione della stanza venne commissionata da Ludovico Gonzaga a Mantegna, pittore di corte dal 1460. La sala aveva originariamente una duplice funzione: quella di sala delle udienze (dove il marchese trattava affari pubblici) e quella di camera da letto di rappresentanza, dove Ludovico si riuniva coi familiari [1].

L'occasione della commissione è tutt'altro che chiarita dagli studiosi, registrando varie discordanze. L'interpretazione tradizionale lega gli affreschi all'elezione al soglio cardinalizio del figlio del marchese Ludovico, Francesco Gonzaga, avvenuta il 1 gennaio 1462: la scena della Corte rappresenterebbe quindi il marchese che ne riceve la notizia e quella dell'Incontro mostrerebbe padre e figlio che si trovano nel felice evento. La figura matura e corpulenta di Francesco tuttavia non è coerente con la sua età nel 1461, di circa 17 anni, testimoniata invece da un suo presunto ritratto conservato oggi a Napoli. Si è pensato quindi che gli affreschi celebrino la venuta di Sua Eminenza a Mantova nell'agosto 1472, quando si apprestò a ricevere il titolo di Sant'Andrea [2].

La sequenza cronologica delle pitture è stata chiarita dal restauro del 1984-1987: il pittore iniziò dalla volta con limitate campiture a secco, che riguardano soprattutto parti dell'"oculo" e della ghirlanda che lo circonda; si passò poi alla parete della Corte, dove venne usata una misteriosa tempera grassa, stesa a secco procedendo per "pontate"; seguirono le pareti est e sud, coperte dai tendaggi dipinti, dove venne usata la tecnica tradizionale dell'affresco; infine fu dipinta la parete ovest dell'Incontro, pure trattata ad affresco e condotta a "giornate" molto piccole, che testimoniano una lentezza operativa che confermerebbe la durata quasi decennale dell'impresa, indipendentemente da altri compiti che il maestro dovette assolvere [3].

Dopo la morte di Ludovico, la stanza e il suo ciclo subirono una serie di traversie, che spesso ne degradarono, oltre che la conservazione fisica, anche il ruolo nella storia dell'arte. Pochi anni dopo la morte del marchese la camera risulta adibita a deposito di oggetti preziosi: forse per questa ragione a Vasari non fu permesso di visitarla, escludendola dal resoconto delle Vite. Durante l'occupazione imperiale del 1630 subì numerosi danni, per poi essere praticamente abbandonata alle intemperie fino al 1875 circa[4]. Non è chiaro da quando la stanza iniziò ad essere chiamata "Camera degli Sposi". In ogni caso il riferimento era dovuto alla presenza in posizione predominante di Ludovico raffigurato accanto alla moglie, non tanto perché si trattasse di una camera nuziale.

La tecnica usata, che prevedeva in alcuni episodi parti a secco più o meno ampie, non facilitava la conservazione e si hanno notizie vaghe di restauri prima del XIX secolo. Quelli successivi, fino a quello del 1941, furono numerosi ed inadeguati[5]. Finalmente nel 1987 si procedette a un restauro capillare con tecniche moderne, che ha recuperato tutto quanto sopravvissuto, restituendo l'opera agli studi e alla fruizione pubblica.

Andrea Mantegna, Camera degli Sposi, Palazzo Ducale, Camera degli Sposi (Bridal Chamber), Mantua


Descrizione e stile


Giulio Carlo Argan evidenzia come la pittura mantegnesca qui, come in altre opere, si caratterizzi per la sua evocazione di immagini dell'antichità classica. Mantegna è il primo grande "classicista" della pittura. La sua arte può essere definita un "classicismo archeologico".[6]

   
   
Andrea Mantegna, Marquess Ludovico Greeting His Son Cardinal Francesco Gonzaga, Palazzo Ducale, Camera degli Sposi (Bridal Chamber), Mantua


Impaginazione generale



 

Nella stanza pressoché cubica (8,05 m circa di lato, con due finestre, due porte e un camino), Mantegna studiò una decorazione che investiva tutte le pareti e le volte del soffitto, adeguandosi ai limiti architettonici dell'ambiente, ma al tempo stesso sfondando illusionisticamente le pareti con la pittura, come se ci si trovasse al centro di un loggiato o di un padiglione aperto verso l'esterno[7].

Motivo di raccordo tra le scene sulle pareti è il finto zoccolo marmoreo che gira tutt'intorno nella fascia inferiore, sul quale poggiano i pilastri che suddividono le scene in tre aperture. La volta è affrescata suggerendo una forma sferoidale e presenta centralmente un oculo, da cui si sporgono personaggi e animali stagliati sul cielo azzurro. Attorno all'oculo alcuni costoloni dipinti dividono lo spazio in losanghe e pennacchi. I costoloni vanno a terminare in finti capitelli, a loro volta poggianti sui reali peducci delle volte, gli unici elementi a rilievo di tutta la decorazione, assieme alle cornici delle porte e al camino. Ciascun peduccio (esclusi solo quelli in angolo) appoggia in corrispondenza di uno dei pilastri dipinti[8].

Il registro superiore delle pareti è occupato da dodici lunette, decorate da festoni e imprese dei Gonzaga. Alla base delle lunette, tra peduccio e peduccio, corrono figuratamente le aste che fanno da cursore ai tendaggi, che sono raffigurati come scostati per permettere la visione delle scene principali[9]. Questi drappi, che realmente coprivano i muri delle stanze del castello[10], simulano il broccato o il cuoio impresso a oro e foderato d'azzurro, e sono abbassati sulle pareti sud ed est, mentre sono aperti sulla parete nord (la Corte) e ovest (l'Incontro)[11].

Il tema generale è la celebrazione politico-dinastica dell'intera famiglia Gonzaga, anche se decenni di studi non sono riusciti a chiarire univocamente un'interpretazione accettata da tutti gli studiosi[12]. Probabilmente l'ideazione del complesso programma iconografico richiese varie consulenze, tra cui sicuramente quella del marchese stesso. Numerosissimi sono i ritratti, estremamente curati nella fisionomia e, talvolta, nella psicologia. Sebbene un'identificazione certa di ognuno di essi è impossibile a causa della mancanza di testimonianze, taluni sono tra le opere più intense di Mantegna in questo genere.


La volta

La volta è composta da un soffitto ribassato, che è illusionisticamente diviso in vele e pennacchi dipinti. Alcuni finti costoloni dividono lo spazio in figure regolari, con sfondo dorato e pitture a monocromo. L'abile articolarsi degli elementi architettonici dipinti simulano una volta profonda, quasi sferica, che in realtà è una leggera curva di tipo "unghiato".

Al centro si trova il famoso oculo, il brano più stupefacente dell'intero ciclo, dove sono portati alle estreme conseguenze gli esperimenti illusionistici della Cappella Ovetari di Padova. Si tratta di un tondo aperto illusionisticamente verso il cielo, che doveva ricordare il celebre oculo del Pantheon, il monumento antico per eccellenza celebrato dagli umanisti. Nell'oculo, scorciati secondo la prospettiva da "sott'in su", si vede una balaustra dalla quale si sporgono una dama di corte, accompagnata dalla serva di colore, un gruppo di domestiche, una dozzina di putti, un pavone (riferimento agli animali esotici presenti a corte, piuttosto che simbolo cristologico) e un vaso, sullo sfondo di un cielo azzurro. Per rafforzare l'impressione dell'oculo aperto, Mantegna dipinse alcuni putti pericolosamente in bilico aggrappati al lato interno della cornice, con vertiginosi scorci dei corpicini paffuti: uno è anche raffigurato mentre fa pipì. La varietà delle pose è estremamente ricca, improntata ad una totale libertà di movimento dei corpi nello spazio: alcuni putti arrivano a infilare il capo negli anelli della balaustra, oppure sono visibili solo da una manina che spunta.

Se non è chiara l'eventuale identificazione delle fanciulle con personaggi reali gravitanti attorno alla corte gonzaghesca (un volto muliebre è acconciato come la marchesa Barbara), esse sono colte in atteggiamenti diversi (una addirittura ha in mano un pettine) e le loro espressioni giocose sembrano suggerire la preparazione di uno scherzo, un episodio tratto dalla quotidianità nel solco della lezione di Donatello. Il pesante vaso di agrumi è infatti appoggiato a un bastone e le ragazze attorno, con volti sorridenti e complici, sembrano in procinto di farlo cadere nella stanza.

Nella nuvola vicino al vaso si trova nascosto un profilo umano, probabile autoritratto dell'artista abilmente mascherato[13].

L'oculo è racchiuso da una ghirlanda circolare, a sua volta racchiusa in un quadrato di finti costoloni, che sono dipinti con un motivo intrecciato che ricorda le palmette dei bassorilievi all'antica. Nei punti di incontro tra si trovano medaglioni dorati. Attorno al quadrato sono disposte otto losanghe con sfondo dorato, ciascuna contenente una ghirlanda circolare che racchiude un ritratto di uno dei primi otto imperatori romani, dipinto a grisaglia, sorretto da un putto e circondato da nastri svolazzanti. Tale rappresentazione suggella la concezione fortemente antiquaria dell'intero ambiente[14]. I cesari sono ritratti in senso antiorario con il nome entro il medaglione (dove conservato) e le loro pose sono variate per evitare uno schematismo. Sono:

 


Parete dell'Incontro


Parete nord, la Corte


Parete est


Parete sud


Il soffitto della Camera degli Sposi

 
Ingrandimento dell'oculo

La volta, dorata e sostenuta da putti dipinti a monocromo, è un omaggio agli imperatori romani (raffigurati secondo il gusto della medaglistica classica) e si apre verso il cielo attraverso l'oculo, l'apertura illusionistica del soffitto realizzata con un'eccezionale applicazione della prospettiva in pittura. Da una balconata si affacciano dei putti (alcuni giocano, uno di loro mostra un flauto, un altro una mela,...), delle fanciulle (una di loro si pettina, un'altra ha un nastro tra i capelli, una terza è acconciata) e delle figure misteriose (un personaggio di colore e una dama pettinata come la marchesa Barbara).
Secondo alcune interpretazioni Mantegna si sarebbe ispirato a un testo retorico di Luciano di Samosata dedicato alla sala ideale; secondo altre teorie le presenze femminili dell'oculo sarebbero un'esaltazione del prestigio dinastico mentre una terza ipotesi sottolinea il legame con gli studi di Leon Battista Alberti sulla casa romana antica.


Parete della Corte



 
La scena della corte ha un'impaginazione particolarmente originale, per adattarsi alla forma della stanza. La presenza del camino infatti, che invade a metà la parte inferiore destinata agli affreschi narrativi, rendeva molto difficile ambientare la scena senza interruzioni, ma Mantegna risolse il problema usando l'espediente di collocare la scena su una piattaforma rialzata a cui si accede da alcuni gradini che scendono nel lato destro. Da questa piattaforma, il cui pavimento coincide con il ripiano sopra il camino, pendono preziosi tappeti che arricchiscono la sontuosità della scena.

Il primo settore è occupato da una finestra che dà sul Mincio: qui Mantegna si limitò a disegnare una tenda chiusa. Nel secondo la tenda è dischiusa e mostra la corte dei Gonzaga riunita, sullo sfondo di un'alta transenna decorata da medaglioni marmorei, oltre la quale un alberello sfonda nella lunetta. Il terzo settore ha la tenda chiusa, ma una serie di personaggi vi passa davanti, camminando anche davanti al pilastro, secondo un espediente che confonde il confine tra mondo reale e mondo dipinto, usato già da Donatello.

Il settore centrale mostra il marchese Ludovico Gonzaga seduto su un trono a sinistra in veste "de nocte", in risalto particolare grazie alla posizione leggermente defilata. Egli è ritratto mentre tiene in mano una lettera e parla con un servitore dal naso adunco, probabilmente il suo segretario Marsilio Andreasi o Raimondo Lupi di Soragna. La posa del marchese è l'unica che rompe la staticità del gruppo, attirando inevitabilmente l'attenzione dello spettatore. Sotto il trono sta accucciato il cane preferito del marchese, Rubino, simbolo di fedeltà. Dietro di lui sta poi in piedi il terzogenito Gianfrancesco, che tiene le mani sulle spalle di un bambino, forse il protonotario Ludovichino. L'uomo col cappello nero è Vittorino da Feltre, precettore del marchese e dei suoi figli. Al centro troneggia seduta la moglie del marchese, Barbara di Brandeburgo, in posizione quasi frontale e con un'espressione di dignitosa sottomissione, con una bambina alle ginocchia che sembra porgerle una mela in un gesto di fanciullesca ingenuità, forse l'ultimogenita Paola. Dietro la madre sta in piedi Rodolfo, affiancato a destra da una donna, forse Barbarina Gonzaga. Gli altri personaggi sono incerti. Il primo profilo in secondo piano da sinistra è stato interpretato come un possibile ritratto di Leon Battista Alberti, mentre la donna dietro Barbarina è forse una nutrice di casa Gonzaga o, come sostengono alcuni studiosi, Paola Malatesta, madre di Ludovico III, in abito monastico; in basso sta la famosa nana di corte, che guarda direttamente lo spettatore; in piedi parzialmente coperto dal pilastro sta un famiglio (cortigiano).
Il settore successivo mostra sette cortigiani che si avvicinano alla famiglia marchionale, in parte sulla piattaforma, in parte salendo le scale attraverso un'anticamera. Gli ultimi "entrano" nella scena discostando la tenda, dietro la quale si intravede un cortile assolato con muratori all'opera[15].

Nello sguancio della finestra si trova un finto paramento marmoreo, solcato da venature tra le quali è celata la data 16 giugno 1465, dipinta come un finto graffito e di solito interpretata come data di inizio dei lavori.

Non è chiaro l'esatto episodio a cui si riferisce l'affresco di questa parete. Fondamentale sarebbe stata la lettura delle scritte sulla lettera tenuta dal marchese, secondo alcuni la stessa tenuta in mano dal cardinale nella parete ovest, che l'ultimo restauro ha confermato come definitivamente perdute[16]. Alcuni hanno interpretato la missiva come l'urgente convocazione di Ludovico quale comandante della truppe milanesi, da parte della duchessa di Milano Bianca Maria Visconti, a causa dell'aggravarsi delle condizioni del marito Francesco Sforza: spedita da Milano il 30 dicembre 1461 era giunta a Mantova il 1 gennaio 1462, proprio la data destinata ai festeggiamenti del neocardinale. Partito ligiamente per Milano rinunciando ai festeggiamenti, Ludovico avrebbe così incontrato a Bozzolo il figlio Francesco, che percorreva la strada in senso opposto (scena dell'Incontro), tornando da Milano dove si era recato per ringraziare lo Sforza per il ruolo che aveva giocato nelle trattative per la sua nomina a cardinale. Il pomello del faldistorio nel trono farebbe in modo di coprire proprio l'indirizzo della lettera, dettaglio che è stato interpretato come una sorta di damnatio memoriae decretata dai Gonzaga verso gli Sforza, colpevoli di aver impedito al loro erede di sposare prima una e poi l'altra figlia delle figlie di Ludovico. Ma molti hanno sollevato il dubbio che una vendetta così ermetica potesse essere rappresentata in un'opera tanto rilevante ed alcuni dubitano anche se l'episodio della lettera e della partenza del marchese per Milano fosse così significativo da dover essere immortalato[17].

 


Parete nord, la Corte

Camera degli Sposi (1465-1474), Ritratto di corte, particolari. Il marchese Ludovico è a colloquio con il segretario Marsilio Andreasi; il cane sotto la sedia è un simbolo di fedeltà. I due personaggi in nero sono stati identificati con l'Alberti e Vittorino da Feltre.

 

 


Il 16 giugno 1465 Mantegna dipinge a finto graffito la data di inizio dei lavori della camera degli Sposi o «Camera picta», come viene citata nei documenti, una delle opere più celebri del Quattrocento italiano e sicuramente l'opera più significativa tra quelle che hanno un valore politico. Si tratta di una sala quasi cubica coperta da una volta a vela, dove il pittore lavorò fino al 1474, come testimoniato dall'illusionistica epigrafe dedicatoria in finto bronzo sostenuta da putti alati sopra una delle porte.

 

Ludovico Gonzaga e il suo segretario Marsilio Andreasi


Parete dell'Incontro



 
La parete ovest, detta "dell'Incontro", è analogamente divisa in tre settori. In quello di destra avviene l'"incontro" vero e proprio, in quello centrale alcuni putti reggono una targa dedicatoria e in quello di sinistra sfila la corte del marchese, che prosegue con due personaggi anche nel settore centrale: questi ultimi sono rappresentati nell'angusto spazio tra il pilastro e la reale mensola dell'architrave della porta, dimostrando la difficile compenetrazione attuata efficacemente tra mondo reale e mondo dipinto. Nel pilastro tra l'incontro e i putti si trova nascosto tra le grisaille un autoritratto di Mantegna come mascherone[18].

Nell'Incontro sono rappresentati il marchese, stavolta in vesti ufficiali, accanto al figlio Francesco cardinale. Sotto di loro stanno i figli di Federico I Gonzaga, Francesco e Sigismondo, mentre il padre si trova all'estrema destra: le pieghe generose del suo abito sono uno stratagemma per nascondere la cifosi. Federico è a colloquio con due personaggi, indicati da alcuni come Cristiano I di Danimarca e Federico III d'Asburgo (cognato di Ludovico II, poiché marito di Dorotea di Brandeburgo, sorella di Barbara), figure che ben rappresentano il vanto della famiglia per la parentela regale. Il ragazzo al centro infine è l'ultimo figlio maschio del marchese, il protonotario Ludovico, che tiene per mano il fratello cardinale e il nipote, futuro cardinale, rappresentando il ramo della famiglia destinato al cursus ecclesiastico. La scena ha una certa fissità, determinata dalla staticità dei personaggi ritratti di profilo o di tre quarti per enfatizzare l'importanza del momento.

Sullo sfondo è rappresentata una veduta ideale di Roma, in cui si riconoscono il Colosseo, la piramide di Cestio, il teatro di Marcello, il ponte Nomentano, le Mura aureliane, ecc. Mantegna inventò anche alcuni monumenti di sana pianta, come una statua colossale di Ercole, in un capriccio architettonico che non ha niente di filologico, derivato probabilmente da un'elaborazione fantastica basata su modelli a stampa. La scelta della città eterna era simbolica: rimarcava il forte legame tra la dinastia e Roma, avvalorato dalla nomina cardinalizia, e poteva anche essere una citazione beneaugurante per il cardinale quale possibile futuro papa[19]. A destra si trova anche una grotta dove alcuni cavatori sono al lavoro nello scolpire blocchi e colonne.

La parte centrale è occupata dai putti che reggono la targa dedicatoria. Vi si legge: "ILL. LODOVICO II M.M. / PRINCIPI OPTIMO AC / FIDE INVICTISSIMO / ET ILL. BARBARAE EJUS / CONIUGI MVLIERVM GLOR. / INCOMPARABILI / SVVS ANDREAS MANTINIA / PATAVVS OPVS HOC TENVE / AD EORV DECVS ABSOLVIT / ANNO MCCCCLXXIIII". Oltre alla firma "pubblica" dell'artista, che si dichiara "padovano", vi si legge la data 1474, generalmente indicata come quella della fine dei lavori, e parole di adulazione verso Ludovico Gonzaga ("illustrissimo... principe ottimo e di fede ineguagliata") e a sua moglie Barbara ("incomparabile gloria delle donne").


 


Parete dell'Incontro

Questa scena dipinta nella Camera di elementi celebrativi e simbolici. In primo piano sono affrontate tre generazioni della dinastia “politica” dei Gonzaga: il marchese Ludovico II (a sinistra), e i futuri marchesi, il figlio Federico (a destra) e il nipote Francesco (a sinistra). Al centro si tengono per mano i tre esponenti della dinastia “religiosa”, il cardinale Francesco, il futuro vescovo Ludovico e il futuro cardinale Sigismondo.
Il paesaggio costellato di castelli, cave, coltivazioni rappresenta simbolicamente lo spazio esterno alla corte, cui dà ordine l'attività politica del principe.

     
Camera degli Sposi, Parete dell'Incontro. Putti che reggono la targa dedicatoria a Ludovico II Gonzaga e sua moglie Barbara.
Nell'iscrizione latina si legge un pregevole testo di omaggio cortigiano la cui traduzione recita: «All'illustre Ludovico secondo marchese di Mantova, principe ottimo e invincibile nella fede, e all'illustre Barbara sua consorte, incomparabile gloria delle donne, il loro Andrea Mantegna padovano compì questa tenue opera in loro onore nell'anno 1474».


Nell'ultimo restauro è stata riscoperta nello scomparto sinistro una carovana dei Magi, stesa a secco e già coperta di sudiciume, forse aggiunta per indicare la stagione invernale dell'Incontro, nonostante la rigogliosa vegetazione, che però comprende anche alcuni aranci, che fioriscono a fine anno[20]. Nello scomparto sinistro manca una lunga fascia di lato, che era stata coperta da una ridipintura settecentesca: i restauri hanno confermato la completa perdita delle pitture, dove si nascondeva una figura della quale si vede ancora oggi una mano.


Pareti minori

Le pareti sud ed est sono coperte da tendaggi, oltre i quali spuntano le lunette. In quella sud si aprono una porta e un armadio a muro. Sopra l'architrave della porta è dipinto un grande stemma gonzaga, piuttosto malridotto, e le lunette sono quasi illeggibili. Quella est è meglio conservata e presenta tre belle lunette con festoni e imprese araldiche.

Bibliografia

   

Mauro Lucco, Mantegna a Mantova, 1460-1506, Skira, Milano 2006.

Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 978-88-8310-187-8

Alberta De Nicolò Salmazo, Mantegna, Electa, Milano 1997.

Ettore Camesasca, Mantegna, in AA.VV., Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2007. ISBN 88-8117-099-X


Sito ufficiale Camera Degli Sposi | www.cameradeglisposi.it

Leandro Ventura, Mantegna e la corte di Mantova, Milano, Giunti Editore (January 1, 2006)

Mantegna's Camera Degli Sposi
, edited by Michele Cordaro ; essays by Maurizio Marabelli, Giovanni Rodella, Giuseppina Vigliano, Milano, Electa, 1993

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Andrea Mantegna

Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Andrea Mantegna

Camera degli Sposi: mostra di Andrea Mantegna al castello di San Giorgio - Mantova (it) | www.cameradeglisposi.it

STUDIO di Claudio A. Barzaghi | www.stilearte.it
L’artista utilizzò le nubi “umanizzate” come contrappunto semantico che conferiva ai dipinti un effetto straniante. Autoritratti, cavalieri vaporosi, volti inquietanti. Ecco i codici segreti che il pittore nascose tra nembi e cumuli.

 

Autoritratto del Mantegna

L'autoritratto del pittore è nascosto tra i racemi di uno dei pilastri dipinti della camera degli Sposi.

[1] Pauli, cit., pag. 62.
[2] Camesasca, cit., pag. 366.
[3] Camesasca, cit., pag. 370.
[4] Camesasca, cit., pag. 360.
[5] Camesasca, cit., pag. 360.
[6] Storia dell'arte italiana, Sansoni, vol.2, p.290 e segg.
[7] Camesasca, cit., pag. 362.
[8] Camesasca, cit., pag. 360.
[9] Pauli, cit., pag. 62.
[10] De Niccolò Salmazo, cit., pag. 70.
[11] Camesasca, cit., pag. 360.
[12] Camesasca, cit., pag. 360.
[13] Pauli, cit., pag. 70.
[14] Pauli, cit., pag. 63.
[15] Camesasca, cit., pag. 362.
[16] Camesasca, cit., pag. 366.
[17] Camesasca, cit., pag. 366.
[18] Camesasca, cit., pag. 366.
[19] Camesasca, cit., pag. 366.
[20] Camesasca, cit., pag. 366.

 

La città sul fondo della scena dell'Incontro è una trasfigurazione ideale di Mantova quale città del principe. Gli stemmi sulle porte (tra cui anche il primitivo scudo gonzaghesco, fasciato di nero e oro, sulla postierla murata presso la torre circolare) ne definiscono l'appartenenza ai Gonzaga; la città però è caratterizzata da monumenti inequivocabilmente romani quali il Colosseo, Castel Sant'Angelo o la Piramide Cestia, che trasformano Mantova in una "Nova Roma".

 
   


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I Gonzaga

   

I Gonzaga sono stati una delle più note famiglie principesche d'Europa, protagonisti della storia italiana ed europea dal XIV al XVIII secolo.

Oltre ad aver retto le sorti della città di Mantova dal 1328 fino al 1708 ed oltre ad aver dato i natali a sei cardinali e a un santo della chiesa cattolica, essi godono di una grande fama per aver promosso per diverse generazioni la vita artistica e culturale. La dinastia dei Gonzaga mantenne un ruolo di primo piano nel contesto politico italiano ed europeo grazie ai loro ambasciatori e ad un'abile politica matrimoniale, che aveva portato a rinsaldare i rapporti con l'Impero, la Spagna, il Mezzogiorno d'Italia e con le famiglie più in vista del tempo.

Sul finire del 1456 Andrea Mantegna stava lavorando a Padova alle ultime fasi della decorazione della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani, ed è questo il momento in cui Ludovico II Gonzaga, marchese di Mantova, avviò i suoi rapporti con il pittore. 

Ludovico III Gonzaga, alias Ludovico II, detto il Turco (5 giugno 1412 – Goito, 11 giugno 1478), figlio di Gianfrancesco e di Paola Malatesta, fu il II marchese di Mantova dal 1444 alla data della sua morte.
Educato alla Ca' Zoiosa di Vittorino da Feltre, Ludovico seguì le orme del padre Gianfrancesco, combattendo come condottiero per la famiglia Visconti al fianco di Milano dal 1446, ma l'anno seguente passò al servizio della Repubblica di Venezia, nella lega formata con la Repubblica di Firenze, contro Milano. Nel 1450 gli fu concesso di condurre un esercito per il re Alfonso V d'Aragona in Lombardia, con l'intento principale di conquistare possedimenti per se stesso. Ma Francesco Sforza, il nuovo duca di Milano, lo attrasse a sé con la promessa di Lonato, Peschiera e Asola, ex territori mantovani in possesso di Venezia. Quest'ultima replicò saccheggiando Castiglione delle Stiviere e portando al suo fianco il fratello di Ludovico, Carlo.
Il 14 giugno 1453, Ludovico mise in rotta le truppe di Carlo a Goito, ma le truppe veneziane sotto la guida di Niccolò Piccinino contrastarono qualunque tentativo di riconquistare Asola. La Pace di Lodi (1454) costrinse Ludovico a restituire tutti i territori conquistati e a rinunciare definitivamente alle tre città. Ricevette, però, le terre di suo fratello dopo la morte senza figli di quest'ultimo nel 1450. Il momento di massimo prestigio di Mantova fu il Concilio di Mantova, tenuto in città dal 27 maggio 1459 al 19 gennaio 1460, convocato da Papa Pio II per lanciare una crociata contro gli Ottomani, che avevano conquistato Costantinopoli alcuni anni prima. Come ricompensa Ludovico ricevette dal Papa l'onorificenza della Rosa d'Oro e il figlio Francesco divenne cardinale.

Nel 1460 Ludovico nominò Andrea Mantegna artista di corte della famiglia Gonzaga che si incaricò di dipingere nel castello la famosa Camera degli Sposi e chiamò a Mantova architetti del calibro di Luca Fancelli e Leon Battista Alberti, quest'ultimo in città già dal 1459, che iniziarono la costruzione delle chiese di S. Andrea e S. Sebastiano. Diede incarico a Luca Fancelli di acquistare dei gelsi in Toscana e diffonderne la coltivazione nel marchesato, iniziando da Cavriana, dove il marchese fece del castello la sua residenza estiva. Ne trasse benificio soprattutto la zona di Castiglione e Castel Goffredo dove si insediarono le prime attività connesse alla produzione e lavorazione della seta.

Ludovico morì a Goito nel 1478 durante un'epidemia di peste. Fu sepolto nel Duomo di Mantova. Alla sua morte avvenne lo smembramento dello stato gonzaghesco fra i suoi cinque figli ed ebbero origine le diverse "signorie mantovane".

 


Ludovicio Gonzaga
Studiolo di Isabella d'Este

   

La figura di Isabella d'Este è emblematica nella storia del Rinascimento italiano per il gusto di committente e di collezionista, ma anche per la corte di umanisti e artisti di cui si circondava. Quando Isabella giunse da Ferrara a Mantova nel 1490, sposa del marchese Francesco II Gonzaga, nell'appartamento a lei destinato sistemò uno studiolo, con la sottostante Grotta, destinata all'esposizione delle sue eclettiche collezioni. Lo studiolo è uno di quegli ambienti raccolti che i principi del Rinascimento allestivano per le loro collezioni di libri e oggetti preziosi e per celebrare i propri interessi culturali. Per Isabella, lo studiolo era il luogo che le permetteva di creare e visualizzare una propria particolare identità culturale, diventando così il fulcro     simbolico dell'appartamento e il principale luogo rappresentativo, utilizzato dalla marchesa non solo per dedicarsi alle attività dello spirito, ma anche per ricevere visitatori di riguardo e la cerchia di letterati a lei vicini. Lo studiolo isabelliano è famoso soprattutto per i dipinti che vi si trovavano e che, programmaticamente, dovevano essere opera dei più celebri artisti del tempo. Per Isabella lavorarono così Mantegna ( Il Parnaso, terminato nel 1497, e Minerva che scaccia i Vizi, consegnato nel 1502), Perugino ( Battaglia tra Amore e Castità , 1505), Lorenzo Costa (l' Allegoria della corte di Isabella , 1506, e la Storia del dio Como , 1512), Correggio (le due allegorie del vizio e della virtù del 1530 circa), ma la marchesa cercò invano di ottenere anche tele da Giovanni Bellini e Raffaello. I dipinti di questo celebre ciclo costituiscono un paradigma della cultura cortigiana degli anni cruciali tra Quattro e Cinquecento, affrontando con complessi richiami mitologico-allegorici temi quali la ricerca della "virtus" e la fuga dal vizio, il ruolo della conoscenza, delle arti e del-   TT l'amore quali strumenti di elevazione spirituale, il tutto letto attraverso un occhio femminile che dà all'intero complesso figurativo un tono assolutamente singolare. Questi quadri non sono semplici rappresentazioni di favole antiche, pur essendo basati sulla mitologia, ma sono immagini fondate su un uso complesso ed eclettico delle fonti letterarie, nelle quali la figura retorica dell'allegoria mette alla prova l'osservatore in un gioco interpretativo che continua ancora oggi (19) . Nel Parnaso , eseguito da Mantegna tra il 1496 e il 1497, su un arco di roccia si vedono Marte, Venere e Cupido, mentre sul fondo a sinistra, dal suo opificio, Vulcano addita la sua sposa in compagnia del dio della guerra. Ora, anche se l'arancio che incornicia l'alcova degli amanti è un antichissimo simbolo matrimoniale, questo dipinto racconta l'amore adulterino tra Marte e Venere, un rapporto moralmente dubbio secondo un'ottica cristiana. Qui però il tema si presta a molteplici letture: da un lato l'amore tra Marte e Venere si sublima con la nascita di Armonia figlia degli opposti; dall'altro, per la sua estrema notorietà, il mito diventa un paradigma di favola antica e fonte di ispirazione per i poeti; da un altro ancora, Marte e Venere si prestano a un'identificazione con Isabella d'Este e Francesco II.

 


Ritratto di f Francesco Gonzaga, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
Andrea Mantegna | Dipinti sotto Ludovico Gonzaga

   
Ritratto del cardinale Ludovico Trevisan, 1459-1460, tempera su tavola, 44x33 cm, Berlino, Staatliche Museen
Madonna Butler, 1460 circa, tempera su tavola, 44,1x28,6 cm, New York, Metropolitan Museum
Trittico degli Uffizi, 1460 circa, tempera su tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi
Ascensione, 86x42,5 cm
Adorazione dei Magi, 76x76,5 cm
Circoncisione, 86x42,5 cm
San Giorgio, 1460 circa, tempera su tavola, 66x32 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
Ritratto virile, 1460-1470 circa, tempera su tavola, 24,2x19 cm, Washington, National Gallery of Art
Morte della Vergine, 1462 circa, tempera su tavola, 54x42 cm, Madrid, Museo del Prado
Cristo con l'animula della Vergine, 1462 circa, tempera su tavola, 27x17 cm, Ferrara, Pinacoteca nazionale
Ritratto di Francesco Gonzaga, 1461 circa, tempera su tavola, 25,5x18 cm, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
Camera degli Sposi, 1465-1474, ciclo di affreschi, 8 m circa di lato ciascuna parete, Mantova, Palazzo Ducale
Parete nord, la Corte di Ludovico Gonzaga
Parete ovest, l'Incontro tra Ludovico e Francesco Gonzaga
Pareste sud, lunette con ghirlande e stemma Gonzaga
Parete est, lunette con ghirlande e imprese Gonzaga
Soffitto, Oculo, ghirlanda, busti dei Cesari e scene mitologiche
Madonna col Bambino dormiente, 1465-1470, tempera su tela, 43x32 cm, Berlino, Staatliche Museen
Ritratto di Carlo de' Medici, 1466 circa, tempera su tavola, 40,4x29,5 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi
     
Dipinti sotto Federico Gonzaga

   
Cristo morto, 1475-1478 circa, tempera su tela, 68x81 cm, Milano, Pinacoteca di Brera
San Sebastiano, 1481 circa, tempera su tavola, 255x140 cm, Parigi, Musée du Louvre

Dipinti per Francesco II e Isabella

   
Trionfi di Cesare, 1485-1505 circa, tempera su tela, 268x278 cm ciascuno, Londra, Hampton Court
Trombettieri e portatori di insegne
Carri trionfali, trofei e macchine belliche
Carro con trofei e portatori di bottino
Portatori di vasi, tori sacrificali e trombettieri
Trombettieri, tori sacrificali ed elefanti
Portatori di corsaletti, di trofei e di armature
Prigionieri, buffoni e un portainsegna
Musici e portainsegne
Giulio Cesare sul carro trionfale
Madonna col Bambino e un coro di cherubini, 1485 circa, tempera su tavola, 88x70 cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Madonna delle Cave, 1488-1490, tempera su tavola, 29x21,5, Firenze, Galleria degli Uffizi
Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovanni Battista, 1490 circa, tempera su tela, 62,9x51,3 cm, Fort Worth, Kimbell Art Museum
Madonna con Bambino addormentato, 1490-1500 circa, tempera su tela, 43x35 cm, Milano, Museo Poldi Pezzoli
Madonna col Bambino, 1490-1500 circa, tempera su tavola, 43x31 cm, Bergamo, Accademia Carrara
Madonna col Bambino, due santi e una santa, 1490-1500 circa, tempera su tela, 57x42 cm, Parigi, Museo Jacquemart-André
Cristo in pietà sorretto da due angeli, 1490-1500, tempera su tavola, 78x48 cm, Copenaghen, Statens Museum for Kunst
Sacra Famiglia con Gesù come Imperator mundi, 1500 circa, tempera su tela, 71x50,5 cm, Parigi, Petit Palais
Discesa al Limbo, 1492 circa, tempera su tavola, 38,6x42 cm, Princeton, Barbara Piasecka Johnson Collection
Cristo Redentore, 1493, tempera su tavola, 53x43 cm, Correggio, Pinacoteca civica
Giuditta e l'ancella con la testa di Oloferne, 1495, tempera su tavola, Washington, National Gallery of Art
Giuditta con la testa di Oloferne, 1495 circa, tempera su tela, 48,1x36,7 cm, Dublino, National Gallery of Ireland
Sacra Famiglia con sant'Anna e san Giovannino, 1495-1505, tempera su tela, 75x62 cm, Dresda, Gemäldegalerie
Madonna Altman (Sacra Famiglia con Maria Maddalena), 1495-1505 circa, tempera a colla e oro su tela, 57,2x45,7 cm, New York, Metropolitan Museum
Sacra Famiglia con una santa, 1495-1505 circa, tempera su tela, 76x55,5 cm, Verona, Museo di Castelvecchio
Sansone e Dalila, 1495-1500, tempera su tela, 47x37 cm, Londra, National Gallery
Sibilla e profeta, 1495-1500, tempera su tela, 58,4x51,1 cm, Cincinnati, Cincinnati Art Museum
Sofonisba, 1495-1506 circa, tempera su tela, 72,5x23 cm, Londra, National Gallery
Didone, 1495-1506 circa, tempera a colla e oro su tela, 65,3x31,4 cm, Montreal, Montreal Museum of Fine Arts
Giuditta, 1495-1506 circa, tempera a colla e oro su tela, 65,3x31,4 cm, Montreal, Montreal Museum of Fine Arts
Tuccia, 1495-1506 circa, tempera su tela, 72,5x23 cm, Londra, National Gallery
Madonna della Vittoria, 1496, tempera su tela, 280x166 cm, Parigi, Musée du Louvre
Pala Trivulzio, 1497, tempera su tela, 287x214 cm, Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco
Parnaso, 1497, tempera su tela, 160x192 cm, Parigi, Musée du Louvre
Adorazione dei Magi, 1497-1500 circa, tempera su tavola, 54,6x70,7 cm, Los Angeles, Getty Museum
Trionfo della Virtù (Minerva caccia i Vizi dal giardino delle Virtù), 1499-1502, tempera su tela, 160x192 cm, Parigi, Musée du Louvre
Occasio e poenitentia (scuola di Mantegna), 1500 circa, affresco, Mantova, Palazzo Ducale
Ecce Homo, 1500 circa, tempera e olio su tavola, 54x42 cm, Parigi, Musée Jacquemart-André
Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Maria Maddalena, 1500 circa, tempera su tela, 139,1x116,8 cm, Londra, National Gallery
Madonna col Bambino e santi, 1500 circa, tempera su tavola, 61,5x87,5 cm, Torino, Galleria Sabauda
Sacra Famiglia con san Giovannino, 1500 circa, tempera su tela, 71x50,5 cm, Londra, National Gallery

Bibliografia

"Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori", Giorgio Vasari, Firenze 1550 e 1568.

"Andrea Mantegna", Paul Kristeller, Longmans, Londra (prima edizione 1901, seconda edizione 1902).

"Il Mantegna", Roger Fry, Abscondita, Milano 2006.

"Mantegna as a mystic", in "The Burlington Magazine", VIII, da pagina 87 a pagina 98, Roger Fry, 1905-1906.

"Mantegna", Giuseppe Fiocco, Hoepli, Milano 1937.

"L'arte di Andrea Mantegna", Giuseppe Fiocco, Neri Pozza, Venezia 1959.

"Andrea Mantegna", Erica Tietze-Conrat, Phaidon Press, Londra 1955.

"Andrea Mantegna" (ed. italiana), Erica Tietze-Conrat, Firenze, Sansoni, 1955.

Catalogo della mostra a cura di Giovanni Paccagnini: "Andrea Mantegna", Neri Pozza, Venezia 1961.

"Crivelli e Mantegna: due mostre interferenti e la cultura artistica nel 1961" di Roberto Longhi in "Paragone - Arte", XIII, 1962, n° 145, da pagina 7 a pagina 21.

Mantegna, with a complete catalogue of the paintings, drawings and prints, Ronald W. Lightbown, Oxford 1986 (ed. italiana, Mondadori, Milano 1986).

Mantegna, con un catalogo completo di dipinti, disegni e stampe, Ronald W. Lightbown, Mondadori, Milano 1986.

Catalogo della mostra a cura di Jane Martineau: "Andrea Mantegna", Electa, Milano 1992.

"I Trionfi di Cesare di Andrea Mantegna e il Palazzo di San Sebastiano in Mantova", Carla Cerati, Casa del Mantegna, Mantova 1993.

"Su Mantegna I", Giovanni Agosti, Feltrinelli, Milano 2005.

"Mantegna e la corte di Mantova" (supplemento a "ArtDossier" 225), Leandro Ventura, Giunti, Firenze 2006.

Catalogo della mostra,a cura di Mauro Lucco: "Mantegna a Mantova 1460-1506", Skira Milano, 2006.

Catalogo della mostra a cura di Alberta de Nicolò Salmazo, Davide Banzato ed Anna Maria Spiazzi: "Mantegna a Padova 1445-1460", Skira, Milano, 2006.

Catalogo della mostra a cura di Alberta de Nicolò Salmazo e Domenico Toniolo: "Andrea Mantegna e la cappella Ovetari a Padova", Skira, Milano 2006.

"Mantegna", Alberta De Nicolò Salmazo, Electa, Milano 1997.

"Andrea Mantegna e le arti a Verona 1450-1500" a cura di Paola Marini e Sergio Marinelli, Marsilio, Venezia 2006.

"Andrea Mantegna, libro gioco", Vanna Rubini, Skira Milano, 2006.

"El più soave et dolce et dilectevole et gratioso bochone", Costantino Cipolla e Giancarlo Malacarne, Franco Angeli, Milano.

Catalogo della mostra a cura di Rodolfo Signorini: "A casa di Andrea Mantegna. Cultura artistica a Mantova nel Quattrocento", Skira, Milano 2006.

"Mantegna", Vittorio Sgarbi, Skira, Milano, 2007 (supplemento 3 a "Il Corriere della sera": "I grandi maestri dell'arte" ).

Catalogo della mostra (Parigi, musée du Louvre, 26 settembre 2008 - 5 gennaio 2009), a cura di Dominique Thiébaut e Giovanni Agosti: "Mantegna 1431-1506", Officina Libraria, Milano, 2008.

"Mantegna, serie Art Book", Tatjana Pauli, Leonardo Arte, Milano 2001.

"Mantegna", in" Pittori del Rinascimento", AA.VV., Ettore Camesasca, Scala, Firenze 2007.

I tempi dell'arte, volume secondo, Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, Bompiani, Milano 1999.

"Il Quattrocento", Stefano Zuffi, Electa, Milano 2004.

 

 

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