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Andrea Mantegna, Assunzione della Vergine, (dettaglio), 1453-1457, affresco staccato, chiesa degli Eremitani, Padova
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l notaio Antonio Ovetari morendo lasciò una cospicua somma di denaro per la decorazione della cappella di famiglia nella chiesa degli Eremitani. Dell'attuazione della disposizione si occupò la vedova Imperatrice Ovetari, che nel 1448 incaricò un gruppo eterogeneo di artisti, che andava dai muranesi e più anziani Giovanni d'Alemagna e Antonio Vivarini, ai padovani, giovani e agguerriti Niccolò Pizzolo ed Andrea Mantegna. Mantegna in particolare era appena diciassettenne, allora all'inizio della carriera dopo l'apprendistato nella bottega di Squarcione[1], ma godeva già di una notevole considerazione come artista, tanto da aggiudicarsi varie commissioni di rilievo. Niccolò era un artista con una spiccata capacità nel rendere un volume quasi scultoreo alle figure dipinte, che trasmise presto anche al collega Mantegna[2]. Nel progetto originario i muranesi dovevano dipingere l'arcone con Storie della Passione di Cristo (mai eseguite), la volta a crociera e la parete destra (Storie di san Cristoforo), mentre ai due giovani padovani spettava il resto, cioè la parete sinistra (Storie di san Giacomo maggiore) e l'abside.
Nel 1449 sorsero i primi contrasti tra Mantegna e Pizzolo, con il primo citato in giudizio dal secondo a causa delle continue interferenze nell'esecuzione della pala della cappella. Ciò comportò una redistribuzione da parte dei committenti del lavoro tra gli artisti. Probabilmente per questi contrasti Mantegna sospese il suo lavorò e visitò Ferrara.
Nel 1450 morì Giovanni, che aveva fatto in tempo a dipingere solo i festoni decorativi della volta, e poco dopo, nel 1451 abbandonò l'opera anche il Vivarini, artista veneziano dallo stile arcaicamente tardogotico, che aveva dipinto i quattro Evangelisti sulla volta. Vennero sostituiti da Bono da Ferrara e Ansuino da Forlì, stilisticamente legati all'esempio di Piero della Francesca [1].
Mantegna iniziò a dipingere dagli spicchi del catino absidale, dove lasciò tre figure di santi, tra cui si trovavano i medaglioni con i Dottori della Chiesa di Nicolò Pizzolo.
In seguito Mantegna si dedicò probabilmente alla lunetta della parete sinistra, con la Vocazione dei santi Giacomo e Giovanni e la Predica di san Giacomo, completati entro il 1450, per poi passare al registro mediano.
Alla fine del 1451 i lavori vennero interrotti per mancanza di fondi, per essere ripresi nel novembre 1453 e conclusi nel 1457. In questa seconda fase fu protagonista solo Mantegna, anche per la morte di Pizzolo (1453), che completò le Storie di San Giacomo, affrescò la parete centrale con l'Assunzione della Vergine e infine si dedicò al completamento del registro inferiore delle Storie di San Cristoforo, iniziate da Bono da Ferrara e da Ansuino da Forlì, dove realizzò due scene unificate: il Martirio e trasporto del corpo decapitato di san Cristoforo, le più ambiziose dell'intero ciclo[3]. Nel 1457 Imperatrice Ovetari intentò una causa contro Mantegna poiché nell'affresco dell'Assunzione aveva dipinto solo otto apostoli invece di dodici. Vennero chiamati a dare un parere i pittori Pietro da Milano e Giovanni Storlato che giustificarono la scelta di Mantegna per la mancanza di spazio.
Verso il 1880 vennero staccate due scene particolarmente danneggiate, l'Assunzione e il Martirio e trasporto di san Cristoforo. Durante la seconda guerra mondiale gli affreschi staccati vennero infatti precauzionalmente ricoverati altrove, salvandoli così dalla distruzione.
L'11 marzo 1944 infatti la chiesa degli Eremitani venne bombardata, distruggendo numerose opere d'arte, tra cui c'erano anche gli affreschi della cappella Ovetari. Degli affreschi perduti resta comunque una documentazione fotografica in bianco e nero, di risoluzione non altissima, che non permette di sciogliere alcuni dubbi attributivi, ma in grado comunque di testimoniare l'aspetto del ciclo.
Un recente restauro, coadiuvato dall'uso di apparecchiature computerizzate, si è concluso nel 2006, ricollocando tutti i frammenti che erano stati salvati nel 1944, anche se l'insieme si è rivelato estremamente frammentario. la cappella venne riaperta in occasione di una grande mostra su Mantegna il 16 settembre 2006.
Descrizione
Architettura
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Nella cappella Ovetari restano pochi resti degli affreschi del Mantegna raffiguranti episodi della vita di S. Cristoforo eseguiti nel 1455.
Storie di san Cristoforo, Cappella Ovetari, 1448-1457, ciclo di affreschi in parte distrutti, Padova, chiesa degli Eremitani
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La cappella è composta da un vano di accesso a base rettangolare coperto da volta a crociera, dove si innesta un'abside pentagonale introdotta da un arco, dove si trovano un'apertura circolare e quattro alte finestre che garantiscono l'illuminazione.
Affreschi
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La cappella era dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, con le due pareti laterali dedicate alle storie di ciascuno dei due santi, composte da sei episodi disposti su tre registri sovrapposti: registro inferiore, mediano e superiore, quest'ultimo composto da una lunetta a tutto tondo. Nonostante la molteplicità delle maestranze attive nel cantiere, non sempre chiaramente distinguibili, lo schema compositivo dell'intero ciclo viene riferita a Mantegna, che ideò probabilmente il sistema unitario di cornici architettoniche[4]. Le storie raffigurate dipendevano dalla Leggenda aurea.
La parete sud era interamente dipinta da Mantegna, dedicata alle storie di san Giacomo e comprendeva:
* Vocazione dei santi Giacomo e Giovanni di Andrea Mantegna
* Predica di san Giacomo di Andrea Mantegna
* San Giacomo battezza Ermogene di Andrea Mantegna
* Giudizio di san Giacomo di Andrea Mantegna
* Miracolo di san Giacomo di Andrea Mantegna
* Martirio di san Giacomo di Andrea Mantegna
La parete nord comprende le Storie di san Cristoforo:
* Congedo di san Cristoforo dal re di Ansuino da Forlì (attr.)
* San Cristoforo e il re dei demoni di Ansuino da Forlì (attr.)
* San Cristoforo traghetta Gesù Bambino di Bono da Ferrara (firmato)
* Predica di san Cristoforo di Ansuino da Forlì (firmato)
* Martirio di san Cristoforo di Andrea Mantegna
* Trasporto del corpo decapitato di san Cristoforo di Andrea Mantegna.
Sulla parete centrale, dove si apre la finestrella, si trova una stretta e alta rappresentazione dell'Assunzione della Vergine di Mantegna. Esistono inoltre alcuni frammenti, come un Serafino, proveniente forse dai pilastri.
La volta era decorata dai quattro Evangelisti di Antonio Vivarini tra i festoni di Giovanni d'Alemania, mentre il catino absidale era diviso in sottili spicchi, dove Mantegna aveva affrescato i santi Pietro, Paolo e Cristoforo entro una cornice in pietra impreziosita da festoni di frutta. Queste figure hanno analogie con gli affreschi di Andrea del Castagno nella chiesa veneziana di San Zaccaria (1442), sia nel formato, che nella fermezza scultorea, addolcita da morbidi trapassi di toni nei panneggi[5]. Molto simile è anche la nuvoletta che fa da base alle figure, le quali vi si appoggiano saldamente.
Nei restanti spazi si trovavano il Padre eterno benedicente e i Dottori della Chiesa entro medaglioni, affrescati da Niccolò Pizzolo. I Dottori erano figure maestose, con i santi raffigurati come umanisti al lavoro nei rispettivi studi, inquadrati da cornici circolari scorciate illusionisticamente.
L'arcone infine era affrescato con due teste gigantesche, che venivano in genere identificate con i due autoritratti di Mantegna e di Pizzolo.
La decorazione della cappella era completata da una pala in terracotta rivestita di bronzo eseguita da Nicolò Pizzolo, che, sebbene molto danneggiata, esiste ancora e si trova tutt'oggi nella cappella. Si tratta di una Sacra conversazione a bassorilievo, che riprende da vicino lo schema compositivo dell'altare del Santo di Donatello.
Stile
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Storie di san Giacomo, Cappella Ovetari, 1448-1457, ciclo di affreschi in parte distrutti, Padova, chiesa degli Eremitani |
ll'epoca degli affreschi agli Eremitani Mantegna dipingeva già con una precisa applicazione della prospettiva unita ad una rigorosa ricerca antiquaria, ben più profonda di quella del suo maestro Squarcione. La decorazione ad affresco, che si protrasse per quasi un decennio, mette, nel caso di Mantegna, il progressivo affinamento del suo linguaggio.
San Giacomo
Nelle prime Storie di san Giacomo, in particolare nella lunetta, la prospettiva mostrava ancora qualche incertezza, mentre nelle due scene sottostanti essa appare invece ormai ben dominata. Il punto di vista, centrale nel registro superiore, è più abbassato nelle scene sottostanti e unifica lo spazio dei due episodi, con il punto di fuga di entrambe le scene impostato sul pilastrino centrale dipinto. Aumentano nelle scene successive gli elementi tratti dall'antico, come il maestoso arco trionfale che occupa due terzi del Giudizio, a cui vanno aggiunti medaglioni, pilastri, rilievi figurati e iscrizioni in lettere capitali[6], derivati probabilmente dall'esempio degli album di disegni di Jacopo Bellini, il padre di Gentile e Giovanni. Le armature, i costumi e le architetture classiche, a differenza dei pittori "squarcioneschi", non erano semplici decorazioni di sapore erudito, ma concorrevano a fornire una vera e propria ricostruzione storica degli eventi[1].
Tra le innovazioni di questi primi affreschi ci sono anche l'uso di scorci vertiginosi, la ricchezza di figure, come nel brulicante fondale del Martirio, dominato da una città medievale ideale. La tecnica si evolve gradualmente da un tratto duro e, in alcuni passaggi, delicato, a un tratteggio più denso e chiaroscutato, che dà alle figure la consistenza dei marmi e le pietre dure[3]. Ciò, assieme all'impostazione monumentale "all'antica", contribuisce a dare alle figure umane una certa rigidità, che le faceva apparire come statue[1].
Nell'Andata di san Giacomo al martirio la linea dell'orizzonte è alta, come se si vedesse l'immagine dal basso, e le immagini sono solide, voluminose, quasi statuarie, a causa della fissità. Dietro ai personaggi, in evidenza si trova una volta a botte con cassettoni, un lato della quale si trova sopra il punto di fuga, dando alla scena una certa artificiosità; lo squarcio tra la folla, usato per dare profondità, è una citazione di Donatello, il pezzo antico come in tutte le altre scene viene usato nella composizione per fornire una ricostruzione storica degli eventi recuperando la monumentalità del mondo romano che muta le figure in statue.
San Cristoforo
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Più sciolto appare l'episodio del Martirio di san Cristoforo, dipinto nella seconda fase degli affreschi (1454-1457), dove le architetture hanno acquistato un tratto illusionistico che fu una delle caratteristiche base di tutta la produzione di Mantegna. Nella parete sembra infatti aprirsi una loggia, dove è ambientata la scena di martirio, con un'impostazione più ariosa ed edifici tratti non solo dal mondo classico. Le figure, tratte anche dall'osservazione quotidiana, sono più sciolte e psicologicamente individuate, con forme più morbide, che suggeriscono l'influenza della pittura veneziana, in particolare di Giovanni Bellini, del quale dopotutto Mantegna aveva sposato la sorella nel 1454[1].
Come nell'Assunzione, alcune figure, visibile ormai solo sulle copie antiche del ciclo (una ad esempio al Museo Jacquemart-André di Parigi), straripavano oltre la cornice, dilatando illusionisticamente lo spazio verso lo spettatore[3]. |
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[1] 1. ^ a b c d e De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 102.
2. ^ Pauli, cit., pag. 19.
3. ^ a b c Camesasca, cit., pag. 328.
4. ^ Pauli, cit., pag. 22
5. ^ Pauli, cit., pag. 21.
6. ^ Camesasca, cit., pag. 327. |
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La chiesa degli Eremitani La chiesa degli Eremitani venne costruita tra il 1276 ed il 1306 come sede dell'ordine agostiniano degli Eremitani, fondato nel 1256. La chiesa subì pesanti distruzioni nel 1944 a seguito dei quali è stata ricostruita fedelmente: quasi completamente persi sono i notevoli affreschi che ricoprivano le cappelle laterali ed il presbiterio.
L'architettura della chiesa è a pianta rettangolare, con navata unica molto allungata che termina in tre absidi, delle quali la centrale è più grande e di forma pentagonale. Sul lato sinistro si aprono delle cappelle laterali, mentre sul destro sono presenti monumenti parietali e altari.
La facciata è aperta in alto da un rosone, mentre la parte inferiore presenta un loggiato in pietra a cinque arcate, con alla base delle lastre tombali.
La chiesa era in origine molto ricca di decorazioni, ma queste andarono in larga parte perdute durante il bombardamento americano dell'11 marzo 1944. Si trattò di una delle più gravi perdite di patrimonio artistico a causa della guerra: la facciata, il soffitto e la parte absidale furono distrutte e ricostruite nel dopoguerra seguendo l'originale.
Vi si trovano gli affreschi della Cappella Ovetari del Mantegna e di altri pittori, come Ansuino da Forlì. Essi sono stati ricostruiti e riesposti al pubblico dal 2006, proprio a partire dall'importante frammento di Ansuino, dopo essere stati distrutti nel bombardamento del 1944.
La cappella maggiore, nell'abside, è decorata da un ciclo di affreschi di Guariento conservatosi solo per metà, con le Storie di San Filippo e Sant'Agostino, a sinistra, mentre a destra è ormai leggibile solo la fascia inferiore con le allegorie dei Pianeti e delle Età dell'uomo nello zoccolo. L'opera risale al 1361-1365 ed è chiaro l'influsso dei poco lontani affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni.
Le scene superstiti sono:
1. San Filippo costretto a sacrificare a Marte
2. Miracolo della Croce
3. Incontro di San Filippo con i vescovi
4. Visione e vestizione di Sant'Agostino
Il crocifisso dietro l'altare è opera del veneziano Nicoletto Semitecolo (1367).
A destra e a sinistra dell'ingresso si conservano i due monumenti funebri di Ubertino e Jacopo II (talvolta detto anche Giacomo) da Carrara, qui trasportati dalla distrutta chiesa di Sant'Agostino all'inizio del XIX secolo: essi furono realizzati, rispettivamente, nel 1345 circa e nel 1351, dallo scultore veneziano Andriolo de Santi, da altri due artisti veneziani e dal lombardo Bonino da Campione a cui si sono attribuite le due "Madonne con il bambino" nelle nicchie centrali dei sarcofagi.
Nei pressi della chiesa degli Eremitani si trova la Cappella degli Scrovegni, cappella gentilizia eretta nel 1305. Al suo interno si trovano i famosi affreschi di Giotto, eseguiti nel 1305, raffiguranti le Storie di Gesù e Maria sulle pareti laterali ed il Giudizio Universale sulla controfacciata. Sull'altare si trovano il sepolcro di E. Scrovegni (1336) e le statue della Madonna con due angeli di Giovanni Pisano.
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La lunga navata della chiesa termina in un prebiterio dove si apre un'abside centrale affiancata da due strette absidi laterali che non sporgono all'esterno.
La bellissima copertura a carena, ricostruita fedelmente dopo la guerra, fu realizzata da fra Giovanni degli Eremitani nel 1306.
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Art in Tuscany | Italian Renaissance painting
Art in Tuscany | Giorgio Vasari's Lives of the Artists | Andrea Mantegna
Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Andrea Mantegna
Bibliografia
Tatjana Pauli, Mantegna, serie Art Book, Leonardo Arte, Milano 2001. ISBN 978-88-8310-187-8
Ettore Camesasca, Mantegna, in AA.VV., Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2007. ISBN 88-8117-099-X
Alberta De Nicolò Salmazo, Mantegna, Electa, Milano 1997.
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7212-0
Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 88-370-2315-4
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