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Sano di Pietro, Assunzione della Vergine, Altenburg, Lindenau-Museum

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Sano di Pietro (1405 - 1481)


   
   

Sano di Pietro (Siena, 1405 – 1481) è stato un pittore e miniatore italiano del primo Rinascimento a Siena.

Non si conoscono opere documentate di Sano di Pietro di Mencio fino al 1443 quando risulta un pagamento per la figura di Federico il Barbarossa, nella Sala della Balia nel palazzo pubblico di Siena. Successivamente nella sua prolifica opera pittorica, troveremo molte opere firmate e datate.

La formazione di Sano sembra sia avvenuta presso il Sassetta e Giovanni di Paolo con difficoltà ad individuare il tratto autografo nel periodo iniziale della produzione. Rimasto sempre agganciato agli stilemi del primo quattrocento, dopo il 1450 si dedicherà anche alla miniatura, in cui meglio esprimerà "la sua vena narrativa e descrittiva.". Negli ultimi decenni della sua vita il ductus pittorico perderà gli ottimi livelli qualitativi raggiunti scivolando spesso in "un'ingenua e talvolta esteriore religiosità".


Sano di Pietro, La Decapitazione Di S. Giovanni Battista, Pushkin Museum, Moscow

   
   
Sano di Pietro fu attivo dal 1428 e si formò artisticamenne presso il Sassetta, senza peraltro raggiungere il lirico splendore del maestro, ma venne in qualche misura influenzato anche dal coetaneo Giovanni di Paolo, tenendosi comunque lontano dalla fantastica bizzarria di quest'ultimo.


Sano di Pietro, La Strage degli Innocenti, 1470, Metropolitan Museum of Art, New York


Il Palazzo Pubblico è uno dei più famosi monumenti della città di Siena. Osservandone la facciata su Piazza del Campo si notano, subito, i vari periodi di costruzione: al primo ordine di trifore fu usata la pietra, poi il laterizio.
La Sala delle Lupe nel Palazzo Pubblico di Siena è un vasto salone su quattro campate, così chiamato per le due lupe marmoree trecentesche che un tempo servivano come gocciolatoi esterni alla facciata del palazzo. Nel 1920, la sala è stata arricchita da pregevoli stemmi, dipinti da Umberto Giunti, e legati alla storia e alle imprese della città (S. Maurizio, S. Virgilio, Spada forte etc.).
Alla parete sinistra, accanto alle lupe, un Mosè, statuetta di Antonio Federighi. Pochi i resti pittorici in un ambiente certo un tempo riccamente decorato: fra questi il più significativo è senz'altro il S. Pietro Alessandrino tra i beati Andrea Gallerani e Ambrogio Sansedoni, sulla parete destra della 3° campata, affresco di Sano di Pietro del 1446. Il Santo regge sulle ginocchia una veduta di Siena nella quale sono ben visibili il Duomo e il Palazzo Pubblico. Sulla parte opposta, è visibile un pregevole affresco del Sodoma, raffigurante un'Aquila e due putti: coronava la Resurrezione di Cristo, sempre del Sodoma, ora traferita in una sala attigua.




Sano di Pietro, San Pietro Alessandrino tra i beati Andrea Gallerani e Ambrogio Sansedoni

Un celebre dipinto di Sano di Pietro, conservato nel Museo dell'Opera del Duomo a Siena, ritrae Bernardino mentre predica in piazza del Campo, davanti al Palazzo Pubblico.[1]

Realizzate intorno al 1440 da Sano di Pietro sono invece le due Prediche di San Bernardino, una in Piazza del Campo, l’altra in Piazza San Francesco, che oltre ad essere di grande fattura, si distinguono perché veri e propri documenti storici del tempo. Sicuramente Sano di Pietro deve aver conosciuto San Bernardino e la grande tavola al centro della parete di fondo ne rappresenta un vero e proprio ritratto.

Tra i predicatori italiani, san Bernardino da Siena (1380-1444) fu uno dei primi a lan-
ciare l’allarme e ad avvertire i cristiani che erano minacciati da un nuovo, terribile e pe-
ricolosissimo nemico
Bernardino nacque a Massa Marittima l'8 settembre 1380 dal senese Tollo degli Albizzeschi - governatore locale - e da Nera degli Avveduti, massetana. Rimasto orfano nel 1386, Bernardino si trasferì pochi anni dopo a Siena per proseguire gli studi. Prestò servizio nell'Ospedale della Scala anche in occasione della peste del 1400, senza tuttavia rimanerne contagiato.
Prestò servizio nell'Ospedale della Scala anche in occasione della peste del 1400, senza tuttavia rimanerne contagiato. Entrato nei Minori francescani, chiese di poter compiere il suo noviziato nel Convento del Colombaio sull'Amiata. In seno all'Ordine divenne uno dei principali propugnatori della riforma dell'Osservanza, che grazie a lui conobbe una straordinaria popolarità. Nel 1404 fu ordinato sacerdote e nel 1417 iniziò una brillantissima carriera di predicatore che gli è valsa persino il patronato dei pubblicitari. Predicava con stile vivace e commovente la necessità di penitenza e la scelta di povertà, denunciando il gioco d'azzardo, il lusso, l'usura, le stregonerie, la superstizione e le faziosità. Un celebre dipinto di Sano di Pietro, conservato nel Museo dell'Opera del Duomo a Siena, ritrae Bernardino mentre predica in piazza del Campo, davanti al Palazzo Pubblico. Stenografate con un metodo di sua invenzione da un discepolo, le prediche in volgare di Bernardino sono giunte fino a noi in tutta la naturalezza con cui venivano pronunciate sulle varie piazze italiane. Sul pulpito Bernardino esponeva una tavoletta col trigramma dorato del nome di Gesù (il greco YHE), che è divenuta il suo attributo iconografico principale. Talvolta Bernardino viene anche rappresentato con tre mitrie vescovili ai propri piedi, in ricordo del fatto che per ben tre volte - a Siena, Ferrara e Urbino - rifiutò la carica di vescovo. Morì a L'Aquila il 20 maggio 1444 mentre era in viaggio verso Napoli, e sul suo feretro si compirono molti miracoli. Fu canonizzato appena sei anni più tardi.



Prediche di San Bernardino, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo
Sano di Pietro, San Bernardino predica in Piazza del campo a Siena, 1445 (Siena, Museo dell’Opera del Duomo).

La Madonna col Bambino in trono tra i Santi Bernardino e Caterina

 
La presenza, all’interno del museo, di una pala in cui Sano di Pietro ha affiancato alla Vergine col Figlio le figure dei santi Bernardino e Caterina da Siena offre l’occasione per approfondire il tema di questi due “nuovi” santi senesi del Quattrocento.

Il francescano Bernardino degli Albizzeschi (nato a Massa Marittima nel 1380, ma senese di adozione) fu tra i predicatori più celebri del secolo XV: morto in odore di santità a L’Aquila nel 1444, fu canonizzato pochi anni dopo nel 1450, con grande gioia dei Senesi. A distanza di poco più di un decennio, nel 1461, il senese Pio II canonizzò anche la domenicana Caterina Benincasa (Siena, 1347-1380) che oggi è celebre soprattutto per avere favorito il rientro del papato da Avignone, ma che nel Quattrocento godeva di grande venerazione presso l’ordine domenicano, anche per avere avuto l’onore di ricevere miracolosamente le stimmate.

La pala di Sano di Pietro, databile agli anni sessanta del Quattrocento, ben attesta la fortuna dei due “nuovi” santi, che presto andarono ad aggiungersi ai tradizionali “patroni” Ansano, Crescenzio, Savino e Vittore, come veri e propri “advocati” della città di Siena.
La popolarità di Bernardino fece sì che il ritratto della sua smagrita figura (di norma accompagnata dalla tavoletta con il monogramma del Nome di Gesù che mostrava alle folle durante le prediche) trovasse facile accoglienza nelle pale d’altare, fin dai giorni successivi alla sua scomparsa e ancor prima della canonizzazione, come dimostrano molte opere esposte in mostra e altre conservate nei musei di Siena e del territorio. Tra i suoi “iconografi” più autorevoli vi furono il Sassetta, Pietro di Giovanni Ambrosi, Sano di Pietro e il Vecchietta, che certo lo avevano conosciuto di persona.[2]

 

Sano di Pietro Madonna col Bambino in trono fra i Santi Bernardino e Caterina da Siena, Museo d'Arte Sacra della Val d'Arbia, Buonconvento
Sano di Pietro è ancora oggi uno dei più popolari pittori senesi del Rinascimento: alla sua lunga e prolifica attività si deve infatti un numero impressionante di dipinti, oggi dispersi nei maggiori musei del mondo. La sua prima opera documentata è il polittico compiuto nel 1444 per la chiesa dei Gesuati di Siena (ora nella Pinacoteca Nazionale): un complesso brillante di oro e di fantastici colori. Nelle molte pale d’altare successive, spesso realizzate con l’aiuto della bottega, Sano non raggiungerà più simili vette qualitative. Alla sua mano si devono inoltre tantissime tavole per devozione privata, ispirate per lo più alla grande tradizione trecentesca di Simone Martini.

Il Polittico dei Gesuati (Siena, Pinacoteca), firmato e datato 1444, per i colori limpidamente smaltati e l'elegante e raffinato disegno, lo rivelano artista maturo, vicino al Maestro dell'Osservanza, che alcuni critici identificherebbero con S. giovane, e al Sassetta (dopo la morte di questo, S. ne terminò alcuni dipinti).
 
   

Sano di Pietro | Madonna della Misericordia



Sano di Pietro, Madonna of Mercy, ca. 1440. Private collection




Art in Tuscany | Madonna della Misericordia
 
   
 

 

La miniatura italiana ebbe un percorso simile a quella inglese, francese ed olandese. Durante il XIII e XIV secolo restò forte l'influenza bizantina, con il vecchio metodo di pittura dell'incarnato che richiedeva l'uso del colore su una base olivastra (o tinte simili), lasciata visibile sulle linee di contorno, ottenendo così un aspetto scuro. I colori usati erano di regola più opachi di quelli usati nell'Europa settentrionale, e gli artisti tendevano ad usare colori puri piuttosto che insieme all'oro. Una peculiarità degli artisti italiani è l'uso del rosso vivo. La rappresentazione del corpo umano è meno realistica di quella inglese o francese coeve essendo realizzata con tratti più spessi. In genere le miniature italiane, prima degli sviluppi del XIV secolo, erano di qualità nettamente inferiore rispetto a quelle settentrionali.[4]

A Pienza troviamo in primo luogo il pittore e miniatore senese Sano di Pietro, responsabile dell’avvio dell’impresa con la decorazione dell’Antifonario A.I, cui fanno seguito Pellegrino di Mariano, artista senese seguace di Giovanni di Paolo col quale aveva avuto occasione di collaborare in tempi recenti nella decorazione di un Graduale destinato all’eremo agostiniano di San salvatore a Lecceto, e un anonimo miniatore senese ancora del seguito di Giovanni di Paolo. [3]

 

Sano di Pietro, Antifonario, 1460-1462, Museo Diocesano, Pienza

La sala più grande e più famosa del Palazzo Pubblico è la Sala del Mappamondo, detta anche Sala del Consiglio, che conserva due grandi affreschi: la Maestà di Simone Martini (1312-1315) e Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi, attribuito tradizionalmente sempre a Simone Martini (1330), ma molto probabilmente un rifacimento quattrocentesco di un capolavoro perduto del maestro senese. Sotto di essa si trova l'affresco della Presa di un castello (forse di Giuncarico), opera attribuita non concordemente a Duccio di Buoninsegna, datata 1314, che ne fa la più antica decorazione sicura del palazzo.

Sotto venne applicato successivamente da Ambrogio Lorenzetti il mappamondo girevole che diede nome alla sala, ormai perduto, anche se le impronte del suo andamento girevole sono ncora visibili sull parete.

Sulla parete delle arcate, in alto, si vedono due grandi affreschi a monocromo sulle glorie militari di Siena: a sinistra la Vittoria dei senesi nella battaglia di Val di Chiana, di Lippo di Vanni (1363) e a destra la Vittoria dei senesi sui fiorentini al Poggio Imperiale di Poggibonsi (avvenuta nei pressi di Poggibonsi l'8 settembre 1479) di Giovanni di Cristofano e Francesco d'Andrea (1480). Completano la decorazione della sala una galleria dei più venerati santi senesi sui pilastri, da destra: i Beati Andrea Gallerani e Anbrogio Sansedoini, di autore cnquecentesco, Santa Caterina da Siena del Vecchietta (1460), San Bernardino di Sano di Pietro (1450), il Beato Bernardo Tolomei, fondatore degli Olivetani, del Sodoma (1533), Sant'Ansano e San Vittore del Sodoma (1530 circa)[7].
 


Saint Bernardino of Siena, 1463, affresco Siena, Palazzo Pubblico, Sala del Mappamondo

L'opera, firmata, rievoca l'episodio storico della carestia che afflisse Siena nel 1455 e rappresenta l'intercessione operata dalla Vergine verso il Papa Callisto III perchè soccorra la città. Le due figure sono enfaticamente raffigurate in forme più grandi rispetto al paesaggio; quest'ultimo rievoca con particolari veristici , il paesaggio con le mura di Siena e i muli che arrivano, coperti dal drappo con la balzana (lo stemma bianco-nero, simbolo della città), portando i sacchi carichi di grano. E' senz'altro una delle opere più affascinanti e riuscite di Sano, per la grazia compositiva, l'eleganza e la freschezza della narrazione.  

Sano di Pietro, Apparizione della Vergine a Callisto III,
tempera su tavola,(1456)

È ancora da capire se questa tavola costituiva in origine un dipinto isolato che faceva il verso ai dossali duecenteschi, oppure la lunetta di una pala monumentale. Certo è che si tratta di una prova tanto tipica, quanto matura di Sano di Pietro: maestro prolifico, quanto tradizionale che si fa apprezzare soprattutto per la qualità dei colori e la lavorazione delle parti in oro delle sue tavole, che emanano una manifesta nostalgia per la grande stagione trecentesca della pittura senese. Non è da escludere che vi fosse un prototipo più antico anche per la composizione di questa scena, in cui Sano ha raffigurato l’Incoronazione della Vergine: episodio caro ai Senesi, che veneravano Maria come propria “advocata”, fin dai tempi della battaglia di Montaperti (1260).  

Sano di Pietro, Incoronazione della Vergine, Monteroni d’Arbia (Siena),Buonconvento (Siena), Museo d'Arte Sacra della Val d'Arbia, 1450-55 (da Monteroni d’Arbia (Siena)
chiesa di S. Albano a Quinciano)

Opere

Polittico dei Gesuati, Siena, Pinacoteca nazionale. (Originariamente nella Chiesa del Convento dei Gesuati di S. Girolamo).

San Francesco, Siena, Pinacoteca nazionale.

Prediche di San Bernardino, Siena, Museo dell'Opera metropolitana del Duomo

Predella della pala dei signori:

Presentazione della Vergine al tempio, Roma, Pinacoteca Vaticana

Assunzione della Vergine, Altenburg, Lindenau-Museum

Matrimonio della Vergine, Roma, Pinacoteca Vaticana

Ritorno della Vergine alla casa dei genitori, Altenburg, Lindenau-Museum

Trittico, Madonna con Bambino e, ai lati, San Giacomo e San Giovanni Battista. New York, Brooklyn Museum of Art.

Madonna dell'umiltà. New York, Brooklyn Museum of Art.

Antifonario, Pienza, Museo Diocesano, ms A.I

Salterio (da Monteoliveto Maggiore), Chiusi, Museo della Cattedrale, codice V

 

Sano di Pietro, Resurrection, about 1444-1445, Cologne, Wallraf-Richartz-Museum

Sano di Pietro, "The Annunciation Angel, (detail), Avignon, Musée du Petit Palais


Bibliografia

Miklós Boskovits, Giorgio Fossaluzza, La collezione Cagnola. I dipinti, Busto Arsizio, Nomos Edizioni, 1998.

E. Gaillard, Sano di Pietro, Chambéry, 1923, pp. 176-7, no. 203, illustrated.

B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento, Milan, 1936, p. 429.

B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance: Central Italian and North Italian Schools, London, 1968, I, p. 375

Christiansen, K. , in Renaissance Painting in Siena, exhib. cat. 1989 (New York, Met. Mus.).

Emanuela Sesti, La Miniatura italiana tra gotico e Rinascimento: atti del II Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona 24-26 settembre 1982

M. G. Ciardi Dupre Dal Poggetto, La libreria di coro dell'Osservanza e la miniatura senese del quattrocento, in L'Osservanza di Siena. La basilica e i suoi codici miniati, Milano 1984, pp. 123, 131, 139-140

Sano di Pietro | Biography, Renaissance Painting in Siena



[1] Bernardino

[2] Testo tratto da www.museiinmostra.it | I Santi Senesi del Quattrocento: la Madonna col Bambino in trono tra i Santi Bernardino e Caterina di Sano di Pietro

[3] CECILIA MARTELLI, I corali del Duomo di Pienza, in “Bollettino d’Arte”, s. VI, a. XCIII, 2008, n. 143, pp. 27-48.
Questo intervento offre un’indagine sul ricco complesso di libri corali del Duomo di Pienza, commissionati da papa Pio II Piccolomini come parte dei numerosi arredi destinati alla stessa cattedrale e portati a compimento in un breve arco di tempo attorno al 1462. Si tratta di una serie liturgica prossima per molti aspetti a quelle realizzate in questi stessi anni in ambito senese per il monastero di Monte Oliveto Maggiore e per il Duomo di Siena, in cui lavorarono fianco a fianco numerosi artisti di diversa provenienza e cultura, senesi come anche ‘forestieri’. (...)
Un consistente nucleo di miniature spetta invece a un artista fiorentino, formatosi a Firenze sull’esempio di Francesco di Antonio del Chierico e Ricciardo di Nanni, presto verosimilmente trasferitosi a Siena da dove collaborò all’impresa pientina. Questi libri sono stati oggetto nel 1904 di un grave furto, che ha provocato la dispersione di 162 pagine miniate, di cui solo 45 sono state fino ad oggi recuperate. Nell’Appendice dell’articolo si presenta la catalogazione dei volumi ancora integri, conservati al Museo Diocesano di Pienza e una proposta di ricostruzione dell’apparato decorativo dei volumi incompleti, sulla base delle pagine sciolte recuperate, oggi custodite presso la Fabbriceria del Duomo pientino. Con la speranza inoltre che il ricco materiale fotografico qui presentato possa contribuire al riconoscimento e al recupero delle numerose pagine di questi libri ancora disperse.

[4] Fra il XIV e XV secolo, grazie alle trasformazioni socioculturali ed al diffondersi dell'alfabetizzazione, la produzione dei manoscritti conobbe una diffusione mai sperimentata prima. Oltre ai libri religiosi, che raggiungono punte di sfarzo mai toccate prima, si diffusero i libri scientifici anche divulgativi (medicina, botanica, geometria), narrativi, di poesia (come I Trionfi del Petrarca), di viaggio e i classici. Un nuovo tipo di libri votivi furono i libri d'ore, nati per l'uso personale, che contenevano illustrazioni finemente miniate. La decorazione di questi libriccini si separò dai vincoli convenzionali che il carattere religioso dei libri aveva precedentemente imposto. L'utenza a cui erano destinati era la più disparata, con un'evidente scarto in qualità e prezzo. A volte erano gli stessi proprietari ad illustrare i propri esemplari. La produzione minore non è ancora stata sufficientemente studiata e catalogata, per cui gli studi propongono oggi nella quasi totalità dei casi i manoscritti di lusso.
A ogni tipo di testo corrispondeva un diverso tipo di impaginazione: gli erbari o i bestiari avevano illustrazioni a piena pagina, per cogliere l'aspetto non trasmissibile con la parte scritta; i romanzi cavallereschi seguivano una narrazione continua ed analitica; gli scritti simbolici avevano illustrazioni allegoriche; i testi giuridici erano arricchiti dalle glosse figurate. Numerose erano le edizioni illustrate di opere letterarie, dalla Divina Commedia al Decameron a altre opere più frivole.

Alcuni caratteri fino ad allora specifici della miniatura (gusto ornamentale, bidimensionalità, unitarietà del foglio) vennero presto superati favorendo un allineamento con la pittura coeva, anzi spesso anticipandone alcune rivoluzioni, come il caso della spazialità nelle miniatura francesi e fiamminghe prima del Rinascimento delle Fiandre.

In questi due paesi la produzione miniata tendeva ad esibire grande libertà nelle composizioni: la pagina sembrava sfondata dalle costruzioni spaziali più ardite (Libro d'ore di Maria di Borgogna), le illustrazioni diventavano finestre aperte su una scena (Demandes à Charles VI del Maestro di Boucicaut) e i paesaggi raggiungevano una profondità mai vista (Très riches heures du Duc de Berry dei Fratelli Limbourg).
Le scene di natura del secondo quarto di secolo divennero più decise, nonostante presentino errori di prospettiva. Bisognò aspettare un'altra generazione di artisti per trovare l'apprezzamento dell'orizzonte e degli effetti atmosferici.
Le miniature francesi e fiamminghe fino a quel periodo avevano avuto un'evoluzione parallela, ma dopo la metà del secolo caratteristiche nazionali divennero più marcate e divergenti. La qualità delle opere francesi iniziò a peggiorare, nonostante esistano esempi di altissimo livello. La rappresentazione dei corpi divenne carente e la pittura più dura, senza profondità che invece l'artista cercava di realizzare attraverso un eccesso di ombreggiature dorate.
La miniatura fiamminga raggiunse l'apice verso la fine del XV secolo. Le opere raggiunsero un'estrema delicatezza e profondità di colore, come pure la sempre crescente accuratezza del dettaglio, dei panneggi, delle espressioni facciali: il modello del viso della Madonna con la fronte alta è tipico. Nelle migliori miniature olandesi del periodo lo stile presenta una grandissima morbidezza e sfavillio di colore. Questi alti livelli non si esaurirono al termine del secolo, ma ebbero seguito ancora per qualche decennio.
Nelle esecuzioni in grisaglia l'assenza di colori invitava ad un maggior impegno nella cura dei dettagli. Questo è visibile nelle miniature provenienti dalle Fiandre settentrionali, particolarmente per i drappi disegnati con angoli netti, che suggeriscono collegamenti con l'incisione del legno.

Con l'avvento del XV secolo, sotto l'influenza del Rinascimento, la miniatura italiana ricevette una spinta artistica che la ripropose sulla ribalta continentale in concorrenza con quella olandese. L'uso di pigmenti più densi permise ai miniaturisti di ottenere superfici forti e lisce mantenendo però la nitidezza dei contorni, il tutto senza perdere la profondità e la ricchezza dei colori tipici della scuola fiamminga.

Lo stile italiano prese piede anche in Provenza nel XIV e XV secolo. Influenzò le correnti artistiche della Francia del nord da cui venne, a sua volta, influenzato. Anche nei manoscritti della Germania meridionale si notano simili influenze.

Nei primi anni del XV secolo, in Inghilterra, furono create opere di eccellente qualità, ma la tecnica usata era ancora legata alle convenzioni medievali. L'arte locale raggiunse il suo punto d'arrivo verso la metà del secolo, proprio quando un nuovo apprezzamento per la natura stava modificando le vecchie convenzioni continentali sulla rappresentazione dei paesaggi, e le miniature si trasformarono nella pittura moderna. Le miniature prodotte in Inghilterra dopo questo momento furono opera di artisti stranieri o di inglesi che ne copiavano lo stile. La situazione durante la Guerra delle due rose spiega a sufficienza l'abbandono di quest'arte.

Bibliografia
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.
Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.

 
   


La Toscana è una regione ricca di risorse da questo punto di vista, il suo paesaggio è unico al mondo e la zona della Maremma presenta vaste e verdi distese di natura incontaminata dove sorgono strutture turistiche davvero esclusive, confortevoli e alla portata di tutti. Una di queste è Podere Santa Pia, un’oasi di silenzio e quiete, una struttura immersa nel verde e nei profumi della Maremma toscana. Questo splendido relais in Maremma si trova a Caqstiglioncello Bandini, in provincia di Grosseto, ed è posizionato tra mare e colline, vicino a città storiche come Montalcino e Pieenza, parchi naturali e grandi spiagge.

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Qui, a 300 mt sul livello del mare, alle spalle del Parco Naturale di poggio all'Olmo, si trova Podere Santa Pia, una casa vacanze accogliente, spaziosa e confortevole per gruppi da 2 a 13 persone.

Situato in una splendida posizione panoramica, in un ambiente incontaminato, collocato nel bellissimo, con una straordinaria vista sulle colline Maremmane, fino a Castiglione della Pescaia e Monte Argentario, Podere Santa Pia è una classica casa toscana, antica ma interamente ristrutturata. Le pietre della facciata sono state riportate ai loro colori naturali, all’interno sono stati riscoperti i vecchi mattoni fatti a mano in originale cotto toscano ed i soffitti hanno tutti i travi a vista.
Podere Santa Pia è composto da due unità. La casa principale ha quattro camere da letto (3 camere da letto doppie, una camera matrimoniale), due bagni con doccia, una grande cucina con splendido camino antico in pietra e l'originale forno con grandezza per la pizza.

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La vicinanza a città d'arte quali Montalcino, Firenze, Siena, San Gimignano, Massa Marittima ed altre ancora tutte raggiungibile in poco tempo darà anche agli amanti della cultura una vacanza ricca di emozioni.

Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia

     

Val d'Orcia" tra Montalcino Pienza e San Quirico d’Orcia.
 
Podere Santa Pia, giardino
 
Podere Santa Pia
         
San Qurico d'Orcia
Siena, Piazza del Campo
Orvieto, Duomo
         
Acidosso
Civiltà Bagno Regio
Siena, Duomo
         
Podere Santa Pia, con una vista indimenticabile sulla Maremma Toscana.


Palazzo Pubblico di Siena

       

Il Palazzo Pubblico di Siena fu costruito quasi contemporaneamente al Palazzo Vecchio di Firenze, a riprova della rivalità dei due comuni toscani. In effetti, gli antagonismi verificatisi in toscana nel medioevo furono tra i più produttivi nella storia dell'architettura: permisero lo sviluppo del nuovo stile gotico e la sua applicazione non solo negli edifici religiosi ma anche nelle architetture difensive e civili, come i palazzi comunali.

Le lotte tra guelfi e ghibellini

Dall’inizio del XIII secolo erano sorte tensioni tra i guelfi, sostanzialmente fedeli al papa, e i ghibellini, fedeli all’imperatore. Queste tensioni scatenarono una guerra civile che durò quasi 200 anni e un continuo alternarsi di patti e tradimenti. Il popolo minuto cercò di rimediare a questa situazione con progetti di costituzioni repubblicane. Tuttavia, il conflitto dei partiti aristocratici caratterizzò la vita cittadina.

Le torri gentilizie

Protagonisti di tale scontro furono Firenze, per lo più guelfa, e Siena, a maggioranza ghibellina. In occasione dei cambi di potere molto frequenti, soprattutto nel Duecento, e dei reciproci assogettamenti, si compiva lo stesso rituale: le abitazioni dei membri del partito nemico erano di volta in volta rase al suolo, per essere ricostruite più tardi maggiormente fortificate. La “torre gentilizia” divenne il segno di riconoscimento della città.

La costruzione di torri era privilegio dell'aristocrazia ed era soggetta a rigide regole che ne limitavano l’altezza. In conseguenza dei continui disordini, poche città hanno conservato l’originario aspetto medievale: bisogna immaginare anche Firenze e Siena piene di torri-case difficilmente espugnabili come appare oggi San Gimignano.

Da questa difficile situazione storica nacque una produttiva rivalità che rappresentò il leitmotiv di molte imprese architettoniche. Firenze e Siena cominciarono quasi contemporaneamente a riordinare radicalmente il loro centro e a costruire palazzi comunali rappresentativi.


Il Palazzo Pubblico di Siena

Le prime idee per il Palazzo Pubblico di Siena risalgono al 1282, mentre nel 1297 furono emanate disposizioni per il progetto del Campo, l’antistante piazza a forma di conchiglia.

Il Palazzo Pubblico di Siena corrisponde alla tipologia dei palazzi comunali del XIII secolo, con arcate a piano terra e finestre trifore riccamente decorate. All’inizio fu progettato solo il blocco centrale a quattro piani, mentre le ali a due piani furono aggiunte più tardi (l’ultimo piano risale al 1680).

La caratteristica, alta torre dell’orologio, detta Torre del Mangia, fu costruita su una loggia addossata al suo fianco sinistro e risale alla metà del Trecento. Il nome curioso della Torre, si deve al suo primo campanaro Giovanni di Duccio, soprannominato il Mangiaguadagni, che nel 1347 fu incaricato di scandire le ore.
La Torre è interamente realizzata in laterizio con coronamento in pietra e cella campanaria, su disegno forse di Lippo Memmi. Quattrocento sono gli scalini che permettono l’accesso fino alla sommità della Torre, alta 88 metri, da cui si può ammirare uno splendido panorama.

Il palazzo alloggiava tutti gli uffici pubblici principali della città. Per capire quale immagine essa forniva di se stessa, basta vedere gli affreschi di Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti, realizzati all’interno.

Il Palazzo Pubblico di Siena s’innalza come la scena principale di un antico teatro, sul margine inferiore del ripido Campo. Tutti gli edifici circostanti, sin dal 1280 dovevano attenersi a rigide disposizioni in modo da non turbare l’immagine unitaria della piazza.
L’innovazione più sorprendente del comune fu una loggia, da cui si godeva una vista meravigliosa sul paesaggio, eretta su poderose infrastrutture nella parte posteriore dell’edificio.

Il Museo Civico di Siena
Piazza del Campo, 1
53100 – Siena

Orari di apertura
1 novembre - 15 marzo 10.00 - 18.30
16 marzo – 31 ottobre 10.00 - 19.00

 

 

Siena, Piazza del Campo e Palazzo Publicco


Piazza del Campo, Palazzo Publicco e la
Torre del Mangia

Sul lato sinistro del Palazzo Pubblico, svetta la Torre del Mangia, che si può definire un miracolo di architettura di leggerezza ed eleganza.


Lippo Vanni, Battaglia del Val di Chiana, c. 1364


Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi, 1328-30, Palazzo Pubblico, Siena

Questa casa di vacanza si trova fuori il paese di Cinigiano,  in uno splendido giardino, con vista panoramica sulle colline che conducono al mare e l'isola Monte Christo

 

 

 

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