[1] Ghirlandaio y el Renacimiento en Florencia | Nell’immaginario universale, la Florentia felix del Magnifico Lorenzo ha le fattezze della Venere e le movenze danzanti delle ninfe di Botticelli. Uno sguardo più attento all’arte prodotta nel periodo compreso tra il 1470 e il 1490 rivela però un quadro alquanto diverso. Tra gli artisti di rango che resero bella la Firenze del tempo, da Verrocchio a Perugino, da Andrea e Piero del Pollaiuolo a Filippino Lippi, certo Botticelli fu il più laurenziano. Pittore di fiducia dei Medici, figura eminente del loro entourage, fedele "militante" del loro partito, Sandro Filipepi fu il testimone e l’interprete più geniale dei sogni umanistici di quell’universo elitario, autoreferenziale e intellettualmente sofisticato fino allo snobismo che ruotava intorno alla famiglia del Magnifico. Summa purissima di pensiero neoplatonico, l’arte di Botticelli con la sua estenuata raffinatezza e il suo sfuggente simbolismo fu però tutt’altro che popolare e distante come poche dai gusti e dai costumi di quella oligarchia borghese che proprio nella Firenze medicea ebbe onori e ricchezze, prosperò e fece prosperare; che non frequentò il circolo umanistico mediceo, preferendo intrecciare rapporti d’affari, familiari e politici con la famiglia del Magnifico e con essa decise il destino della città.
Questa società danarosa e paga di sé, insieme semplice e civile, che desiderava celebrare se stessa, l'agio del suo vivere, l'armonioso decoro dei suoi ordinamenti, trovò in Domenico Ghirlandaio (1449 – 1494) il proprio interprete più fedele e felice. Chiara e decorosa come l’umanità che rappresentava, l’arte di Domenico di Tommaso Bigordi (detto il Ghirlandaio dalle “ghirlande” inventate dal padre orafo per ornare lle pettinature delle fanciulle fiorentine), fu nuova senza essere rivoluzionaria e splendida senza essere sfarzosa, aliena da tormenti intellettuali e stilistici, testimoniale e celebrativa. Ancora un secolo dopo Vasari, nelle sue Vite (1568), avrebbe definito Ghirlandaio “Uno de' principali e più eccellenti maestri dell'età sua, per la virtù e per la grandezza e per la moltitudine dell'opere … fatto dalla natura per esser pittore”. In effetti Domenico “Reputato non solo in Fiorenza, ma per tutta Italia, de’ migliori maestri che ci fussero”, veloce e gran lavoratore “che molto più stimava l’onore che le ricchezze” fu coperto di commissioni, tra affreschi, pale d’altare, ritratti e mosaici (la sua tecnica preferita) dando reiterata prova di una grande tecnica e vivacità inventiva nell’interpretazione dei modelli illustri antichi (Giotto a Masaccio) e contemporanei (Verrocchio e Botticelli), che fecero scuola tra le generazioni future. Priva di complicazioni, semplice, fu l’arte di Domenico, e lineare la sua storia stilistica che si svolse dagli affreschi in chiaro della Collegiata di San Gimignano ancora illuminati dalla "pittura di luce" all’incontro con la verità dei fiamminghi testimoniato dall'”Adorazione dei Pastori”di Santa Trinità, luminosa citazione del “Trittico Portinai” di Hugo von der Goes, per arrivare infine, al vertice di molte esperienze, all'eloquenza eclettica e colorita del ciclo Tornabuoni a Santa Maria Novella. A dispetto di ciò, o forse per questo, nella critica novecentesca la figura di Ghirlandaio è stata oggetto di non pochi malintesi, degradato spesso al rango di semplice illustratore o cronista noioso nel paragone con Botticelli, suo geniale coetaneo.
Il Rinascimento insieme ideale e reale proposto dal Ghirlandaio, rappresentazione tra le maggiori e più efficaci della Florentia felix nella sua proiezione più ottimistica, è al centro di una bella rassegna allestita al Museo Thyssen- Bornemisza di Madrid che affianca al massimo cantore della borghesia medicea un cospicuo nucleo di capolavori realizzati da suoi contemporanei da Pollaiolo, a Botticelli, Verrocchio, Filippo e Filippino Lippi. Cuore della mostra è il “Ritratto di Giovanna degli Albizi Tornabuoni”, uno dei rari superstiti certi della produzione ritrattistica del pittore e unanimemente considerato il suo capolavoro, nonché gioiello della collezione Thyssen. Grande costernazione aveva suscitato nella società dell’epoca la sfortunata vicenda di questa delicata nobildonna ritenuta tra le più belle del suo tempo, andata in sposa a Lorenzo Tornabuoni con un matrimonio da favola che aveva riconciliato le due famiglie, e morta di parto neanche ventenne appena due anni dopo. Il ritratto. datato 1488, anno della morte di Giovanna, molto probabilmente fu commissionato dal marito come suggerisce l’epitaffio di Poliziano riportato nel cartiglio raffigurato alle spalle di Giovanna. L’impostazione del dipinto è tradizionale, simile a quella dei ritratti coevi di Botticelli, Pollaiolo e Verrocchio. Un disegno limpido delinea un profilo perfetto che si staglia in tutta la sua purezza su uno sfondo scuro, mentre una luce ferma illumina un incarnato trasparente. L’acconciatura sofisticata, l’abito ricco ed elegante, i gioielli di prestigio, un libro di preghiere sono la sintesi più efficace di quegli ideali di composto decoro e devozione quieta su cui si fondava l’etica della borghesia fiorentina dell’epoca. L’abilità di Ghirlandaio nel fare ritratti dal vero, ripetutamente celebrata da Vasari, è documentata in mostra da altri due dipinti attribuiti alla sua bottega il “Ritratto di Selvaggia Sassetti” e il “Ritratto di giovane donna”, ai quali sono accostati il “Ritratto di dama”di Piero del Pollaiuolo, proveniente dal Metropolitan Museum di New York e il “Ritratto femminile (La Bella Simonetta)” di Botticelli, prestato dalla Galleria Palatina diFirenze. Il viaggio nella Florentia felix di banchieri e mercanti prosegue con la “Riconciliazione dei Romani e dei Sabini” del Maestro di Marradi (ca. 1475-1513), di collezione privata, vivida rappresentazione della metropoli toscana come città-mercato, mentre due rarissimi manoscritti documentano i “movimenti bancari” di Maso di Luca degli Albizzi, esponente di spicco della finanza locale, in occasione delle nozze della figlia. Il sontuoso matrimonio tra Giovanna e Lorenzo celebrato nel 1486, e rimasto negli annali della storia cittadina, viene evocato da una spettacolare rassegna di capolavori realizzati in occasione delle nozze, dal “Matrimonio di Giasone e Medea nel Tempio di Apollo”, dono nuziale dei Medici che lo commissionarono a Biagio D’Antonio, proveniente dal Musée d’Arts Decoratifs di Parigi al tondo raffigurante l’"Adorazione dei Magi" del Ghirlandaio, conservata agli Uffizi fiorentini e commissionata dallo stesso Tornabuoni per l’evento, fino ai pannelli raffiguranti “Scene della Guerra di Troia”, in una celebrazione congiunta degli ideali classici di eroismo e di quelli cristiani che costituirono l’universo morale della borghesia nell’età dei Medici. Chiudono la sezione due capolavori botticelliani - il pannello raffigurante un episodio della “Storia di Nastagio degli Onesti” dal Museo del Prado e quello con il “Giudizio di Paride” dalla Fondazione Cini di Venezia - che illuminano il contesto sociale e culturale dell’epoca. La chiusura della rassegna assume la vita domestica di Giovanna in casa Tornabuoni come paradigmatica dei costumi di un’intera classe sociale che coltivò in ugual misura educazione e devozione. Preziosi esemplari di “Libri delle ore” accostati a dipinti e sculture del periodo, in dialogo tra loro - la Vergine con il Bambino di Ghirlandaio e la “Madonna col Bambino” di Filippo Lippi e l'”Annunciazione” di quest’ultimo con quella di Biagio d’Antonio e lo splendido rilievo in marmo della “Madonna con Bambino e due angeli” di Antonio Rossellino; il “Cristo con corona di spine” di Ghirlandaio con il “Compianto sul Cristo morto” di Cossimo Rosselli fino al “San Giovanni Battista Adolescente” di Benedetto da Maiano, luminoso marmo levigato della Pinacoteca Comunale di Faenza - illustrano la religiosità della Firenze medicea, sospesa tra fantasie pagane e seduzioni cristiane. [Fonte: www.italica.rai.it]
[2] Calouste Sarkis Gulbenkian era un ricchissimo petroliere armeno, che ha raccolto una magnifica collezione d'arte.
Gulbenkian era dal 1902 cittadino britannico, e ha messo in suo possesso prevalentemente in Gran Bretagna. A partire dal 1915 ha vissuto a Parigi. Dal momento che simpatizzava con il governo di Vichy durante l'equipaggio di Parigi dai nazisti, gli inglesi conquistarono la sua proprietà come proprietà nemico. 1942 è riuscito ad esso poi a lasciare il paese in folle Portogallo. Si è affermata a Lisbona e lasciò la città fino alla sua morte nel 1955 non più. (Fonte: Mister Five Percent, Renate Petriconi).
A partire dal 1942 ha vissuto la sua Gulbenkian, una donazione, che amministra oggi la sua eredità, dedicato se stesso e si basa per lo più giorni a Lisbona per la sua collezione d'arte di grandi dimensioni. Gulbenkian era un amante di tutti bella, ha acquistato l'arte in grandi quantità.
Il "Museu Calouste Gulbenkian" di Lisbona, sviluppato dalla sua enorme fortuna e la sua collezione d'arte, gode di grande apprezzamento nei circoli d'arte internazionali. Nel contesto di questa donazione lavoro anche un balletto è designato dopo di esso.
Il museo Calouste Gulbenkian a Lisbona
Secondo la storia ufficiale, quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, il cittadino di origine armena nazionalizzato inglese Calouste Sarkis Gulbenkian, uno degli uomini più ricchi del mondo in virtù del suo operato pionieristico e non sempre limpido con i mercati petroliferi sparsi per il Medio Oriente (giunse a possedere il 5% di alcune delle maggiori compagnie del settore, dovuto alla sua partecipazione nel trasferimento dei beni della compagnia del petrolio turca attraverso la disintegrazione dell’Impero ottomano) e all’essere membro della delegazione diplomatica persiana, seguì in qualità di membro della stessa al governo collaborazionista di Vichy, il che non fece perdere tempo al governo del suo paese di adozione nel dichiararlo nemico della patria.
(www.museu.gulbenkian.pt)
Bibliografia
Andreas Quermann, Ghirlandaio, serie dei Maestri dell'arte italiana, Könemann, Köln 1998. ISBN 3-8290-4558-1
Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004. ISBN 88-8117-099-X
Gert Jan van der Sman, Lorenzo e Giovanna. Vita e arte nella Firenze del Quattrocento, Mandragora, Firenze 2010. ISBN 88-7461-127-0
Raccontare la Firenze del '400 e la sua arte con l'attenta e filologica maestria e documentazione dello studioso, unite alla narrazione della vicenda umana di due giovani bene dell'epoca, Lorenzo Tornabuoni e Giovanna degli Albizzi, e della loro storia d'amore. Vince la scommessa lo storico dell'arte olandese Gert Jan van der Sman nel suo libro Lorenzo e Giovanna. Vita e arte nella Firenze del Quattrocento.
Marcello Vannucci, Le donne di casa Medici, Newton Compton Editori, Roma 1999, ristampato nel 2006 ISBN 88-541-0526-0 |