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Descrizione e stile
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L'Annunciazione di Cortona viene indicata come il primo indubbio capolavoro dell'artista, che, se si accetta la datazione anteriore di quest'opera, fece da modello per una fortunata serie di pale d'altare simili, non solo dell'Angelico. Il modello di Angelico fu l'Annunciazione di Masolino nella chiesa di San Niccolò Oltrarno, con una partizione dello spazio architettonico al posto del fondo oro e al posto dei tradizionali scomparti cuspidati.
L'architettura
La scena è ambientata in un arioso loggiato rinascimentale, immerso in un giardino recintato che simboleggia la purezza e la castità della Vergine Maria, seduta sul porticato. Le colonne corinzie ricordano le opere brunelleschiane, magari filtrate dall'esperienza di Michelozzo, e sullo sfondo si apre una parete con archi su peducci, sotto uno dei quali si trova l'apertura che dà accesso alle stanze interne, dove si vede il baldacchino appena scostato di un letto a cassone. Il soffitto è coperto da un o squisito cielo stellato. Il pavimento è di marmo con incrostazioni dipinte, un abile effetto introdotto dall'Angelico nel Trittico di San Pietro Martire (1428-1429).
L'Angelo e la Vergine
La scena dell'Annunciazione avviene nel portico, dove l'angelo è appena atterrato e, con il consueto stratagemma delle lettere che gli escono dalla bocca a mo' di fumetto, porta l'annuncio divino a Maria, seduta davanti a lui. Oltre che con le parole l'angelo si esprime anche con gesti altamente eloquenti: con la destra indica la Vergine, fissandola, e con la sinistra indica il cielo, intendendo il mittente del messaggio che reca e sottolineando il tono declamatorio. L'angelo è vestito da una straordinaria veste rosa decorata da numerosi ricami d'oro e inserti di pietre preziose. Il tenue e luminoso colore si accorda perfettamente con gli altri colori della pala, e riesce ad esaltarsi tramite gli effetti cangianti della luce tersa. Anche le ali sono trattate con finissime velature di luce e colore, che ne esaltano il virtuoso brillio.
Tra i due personaggi si sviluppa un vero e proprio dialogo, con tre versi segnati in sequenza che non rispettano l'ordine della Vulgata, ma intessono invece una singolare botta e risposta: la prima parola dell'angelo ("Sp[iritu]s S[anctus] sup[er]ve[n]iet i[n] te"[1]), la risposta di Maria ("Ecce ancilla Do[mi]n[i fiat mihi secundum] v[er]bu[m] tuum"[2]), scritta capovolta, per far ben capire la direzione della risposta, e infine la risposta dell'angelo ("virt[us] Alti[s]si[mi] obu[m]brabit tibi"[3]).
La Madonna, a differenza delle Annunciazioni trecentesche, non si ritrae, ma anzi accetta il suo incarico sottomettendosi con un cenno di inchino e con le braccia incrociate al petto. Ella è seduta su un seggio coperto da un sontuoso drappo dorato (da notare lo scorcio prospettico della fantasia del broccato), avvolta nel tradizionale mantello azzurro e con un libro appoggiato su un ginocchio, tipico richiamo alle Scritture che si avverano grazie alla sua accettazione, come sottolinea anche la figura del profeta a monocromo che si sporge, con un cartiglio, dal medaglione sopra il capitello centrale. Sulla Vergine vola già infatti la colomba dello Spirito Santo.
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Il giardino e la Cacciata
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Il punto di fuga si trova all'esterno del loggiato, verso il giardino (nelle altre Annunciazioni sarà invece sotto il loggiato stesso) e guida l'occhio dello spettatore verso la scena che si svolge all'estremità sinistra in alto: la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, primo momento di rottura tra l'Uomo e Dio che viene ricomposto proprio dall'accettazione di Maria.
Nel giardino si trovano una serie di piante disegnate con estrema precisione calligrafica, secondo l'attenzione ai dettagli minuti più tipica del gotico internazionale che del Rinascimento. Tra le numerose specie si riconoscono alcune piante simboliche, come le rose bianche, simbolo di purezza, le rose rosse, simbolo della Passione di Cristo, e la palma, albero che simboleggia la gloria dopo la morte e il martirio, poiché fiorisce solo dopo aver perso tutte le fronde ed esser, all'apparenza, morta.
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Stile
Come in altre opere di questo periodo, lo studio sulla luce e i suoi effetti è protagonista della rappresentazione ed è dettato non solo da esigenze di tipo artistico, ma anche teologico, secondo la dottrina di Tommaso d'Aquino che indicava la luce terrena come riflesso del "lumen" divino, che testimonia dell'ordine e della razionalità del disegno di Dio. In questo caso l'illuminazione sembra provenire dall'esterno del quadro e tratta in maniera ancora diversa le figure (illuminate frontalmente) dalle architetture (illuminate ora da destra, in primo piano, ora da sinistra). La delicatezza delle sfumature però nasconde queste incongruenze.
Se alcuni elementi, come già detto, sono tipicamente tardo gotici, come l'attenzione minuta al dettaglio sia delle specie vegetali che dell'ornamentazione dei tessuti, d'altro canto la ricca plasticità delle figure e l'ambientazione coerentemente prospettica sono ormai pienamente rinascimentali e conferma il ruolo dell'Angelico quale mediatore tra il sontuoso ornato di Gentile da Fabriano e il rigore di Masaccio. Alcuni dettagli richiamano molto da vicino Masolino da Panicale, come la fattura delle mani della Vergine e la forma slanciata della sua figura. |
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Beato Angelico, Annunciazione (dettaglio), circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
Predella
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona
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Con la pala si è conservata anche la predella originale, in larga parte ritenuta autografa del maestro. Vi sono raffigurate cinque scene della Vita della Vergine e, in corrispondenza dei pilastrini laterali della cornice, due scene della Leggenda di san Domenico (Nascita e Visione della Vergine che consegna a san Domenico l'abito domenicano).
Le scene delle storie di Maria sono trattate in sequenza con una divisione blanda tra scena e scena, in maniera da creare l'illusione di un continuo paesaggio. Da sinistra si incontrano lo Sposalizio della Vergine, la Visitazione, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio e la Morte della Vergine.
Tra le scene meglio riuscite ci sono quelle della Visitazione e della Presentazione al Tempio. La prima mostra l'incontro tra la Vergine e sant'Elisabetta sullo sfondo di un ampio paesaggio con uno scorcio del Lago Trasimeno; a destra si vede la casa di Elisabetta, con la parete esterna scorciata in tralice, dove si affaccia, con fare curioso, un'inserviente, mentre sul lato opposto, dalla strada a sinistra, si affaccia una donna che sta salendo con fatica il sentiero scosceso: la viva espressione di gravità della figura era stata anche attribuita (erroneamente) a Piero della Francesca. La Presentazione al Tempio invece è ambientata in una basilica a tre navate, con un virtuosistico scorcio prospettico degli archi.
Interessante è anche la scena dell'Adorazione dei Magi, il cui confronto con l'analoga scena dipinta nella predella del Tabernacolo dei Linaioli permette di fugare i dubbi circa la venuta anteriore della pala di Cortona. In qeust'ultima infatti la scena è trattata in maniera più tradizionale, come un fregio che si sviluppa orizzontalmente, dalla Vergine col Bambino a destra fino al corteo dei Magi a sinistra. La predella del Tabernacolo dei Linaioli invece, databile al 1433-1435, si sviluppa invece in maniera circolare, con il corteo che scorre parallelo al gruppo dei Magi inginocchiati in adorazione.
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Natività e sposalizio della vergine
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, Natività e sposalizio della vergine , circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
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Visitazione
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, Visitazione, circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
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Natività
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, Natività, circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
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Presentazione al tempio
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, Presentazione al tempio, circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
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Dormitio Virginis
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Beato Angelico, Annunciazione, predella, Dormitio Virginis, circa 1430, tempera su tavola, Museo diocesano, Cortona |
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[1]
Guido di Pietro Trosini nasce nella cittadina di Vicchio nel Mugello, nel 1395 circa. La sua educazione artistica si svolse nella Firenze di Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina, dal primo riprende sia l'uso di colori accesi e innaturali, sia l'uso di una luce fortissima che annulla le ombre e partecipa al misticismo delle scena sacra, tutti temi che ritroviamo nella sua produzione miniaturistica e nelle sue prime tavole.
La miniatura dei manoscritti era una disciplina rigorosa che servì molto a Beato Angelico nelle sue opere più tarde. Significava comporre su una scala minuscola, presentare uno stile perfetto ed ineccepibile e usare costosi pigmenti, come il blu di lapislazzuli e l'oro in foglia, con estrema cura poiché ogni contatto specificava la quantità da utilizzare. Nel 1417 è ricordato dai documenti come "Guido di Pietro dipintore".
Nel 1418, poco prima di prendere i voti nel convento di San Domenico a Fiesole, realizzò una pala d'altare per la cappella Gherardini in Santo Stefano a Firenze (perduta). Beato Angelico entrò a far parte dei Domenicani osservanti, una corrente minoritaria formatisi all'interno dell'ordine domenicano, in cui si osservava la regola originale di San Domenico, che richiedeva assoluta povertà e ascetismo.
L'artista ne dipinse più versioni. Nell'ultimo dipinto è illustrata la scena del Nuovo Testamento in cui l'arcangelo Gabriele comunica alla Vergine Maria che è stata scelta per concepire il figlio di . La Vergine sta leggendo la Bibbia in una loggia arcata e incrocia le mani sul petto in segno di sottomissione mentre lo Spirito Santo si libra su di lei sotto forma di colomba. Sullo sfondo Beato Angelico dipinge Adamo ed Eva che vengono cacciati dall'Eden. Il primo affresco invece fu commissionato da Cosimo de' Medici Nel 1440 circa che affida a Beato Angelico la direzione della decorazione pittorica del convento di San Marco, in cui risiedeva. Gli affreschi non sono solo una pietra miliare dell'arte rinascimentale, ma sono anche i più famosi ed amati di Beato Angelico. La loro forza deriva, almeno in parte, dalla loro assoluta armonia e semplicità e consente di trascendere lo scopo immediato per il quale furono dipinti, e cioè quello della devota contemplazione. La decorazione prevedeva in ogni cella dei frati un affresco con un episodio tratto dalla Bibbia, come oggetto di meditazione.
Nell'Annunciazione, affrescata nella cella 3, la scena si svolge sotto uno spoglio porticato, aperto sul lato sinistro, sorretto da colonne con capitelli ionici, in parte coperti dalle ali dell'angelo, gli archi esterni sono a tutto sesto, mentre le arcate che poggiano sulle mensole all'interno sono a sesto acuto, la Vergine, con le mani incrociate sul petto è in ginocchio su uno sgabello, ed è colta nel momento in cui accettata la volontà divina, l'angelo, che indossa una veste rosa molto semplice, risponde al gesto di sottomissione incrociando anche lui le braccia sul petto, le due figure sono disposte lunga una direttrice obliqua, formata dall'incrocio dei loro sguardi, in modo da condurre lo sguardo dello spettatore dall'angelo alla Vergine, a sinistra fuori dal porticato assiste alla scena san Pietro Martire. Sempre per la chiesa di San Marco realizza una pala d'altare, la Deposizione della predella è a Monaco. |
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Beato Angelico, Annunciazione,
Museo del Prado, Madrid
Beato Angelico, Annunciazione, San Marco, Firenze
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Art in Tuscany | Italian Renaissance painting
Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects | Fra Angelico
Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri | Fra Giovanni da Fiesole (Fra Angelico)
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A poco chilometri da Montalcino, città conosciuta nel mondo per il suo famoso vino Brunello ma anche per per la ricchezza del suo patrimonio artistico ed architettonico rinascimentale, in posizione tranquilla e riservata, si trova Podere Santa Pia.
Montalcino è sita su un colle di circa 567 metri posto alla destra del fiume Orcia.
Di origine prima etrusca e poi romana Montalcino appartenne successivamente ai territori dell'Abbazia di Sant’Antimo. Fin dal lontano Quattrocento, Montalcino è conosciuta per la produzione dei suoi eccellenti vini, che l’hanno resa famosa in tutto il mondo.
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Museo diocesano di Cortona
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Il Museo diocesano di Cortona si trova in piazza del Duomo 1, nell'ex-chiesa del Gesù, e raccoglie oggetti ed opere d'arte provenienti dalle chiese del territorio e dalle proprietà della diocesi.
La raccolta d'arte venne fondata nel 1945 e conserva importanti opere di Pietro Lorenzetti, Beato Angelico, Bartolomeo della Gatta, Sassetta e Luca Signorelli, oltre ad arredi sacri di notevole pregio.
Il percorso espositivo inizia dall'unico oggetto antico presente, di altissima qualità, il sarcofago romano con il Combattimento tra Dioniso e le Amazzoni, databile al II secolo d.C. e ritrovato nei presi del Duomo. L'opera, scoperta nel XV secolo, venne ammirata da Donatello e da Brunelleschi, il quale si recò appositamente a Cortona per vederlo su consiglio dell'amico.
La sala successiva è dedicata alla pittura, dove si conservano una Madonna col Bambino attribuita Niccolò di Segna (1336 circa), la monumentale Croce sagomata e dipinta di Pietro Lorenzetti (1315-1320, dalla chiesa di San Marco), il Crocifisso e la Maestà dello stesso autore, a cui sono attribuiti anche dei frammenti di affreschi con l'Andata al Calvario da Santa Margherita. Sempre di scuola senese è il trittico della Madonna dell'Umiltà tra i santi Nicola, Michele, Giovanni Battista e Margherita da Cortona del Sassetta (1434 circa), già in San Domenico.
Capolavoro della pittura italiana del primo Rinascimento è la pala dell'Annunciazione di Beato Angelico (1430 circa), pure da San Domenico, dotata di predella originale. Dello stesso artista è anche il Trittico di Cortona con predella mostrante le storie di san Domenico.
L'Assunta di Bartolomeo della Gatta (1470-1475) proviene dal convento benedettino della Contesse. Sono conservate ben nove tavole del caposcuola locale, Luca Signorelli, tra cui il Compianto su Cristo morto (da Santa Margherita, 1502) e la Comunione degli Apostoli (dall'altare maggiore del Gesù, 1512) sono le uniche firmate.
La pittura del XVIII secolo è rappresentata dalla tela con le Estasi di Santa Margherita da Cortona di Giuseppe Maria Crespi (1701) e dal Miracolo di san Francesco di Paola di Francesco Capella (1750).
Nel sottochiesa, già sede della Compagnia del Buon Gesù, si trova un ciclo di affreschi del Doceno con Sacrifici del Vecchio Testamento, disegnato da Vasari e risalente al 1554-55. Il Compianto sul Cristo morto dell'altare è un gruppo in terracotta invetriata dell'ambito di Benedetto Buglioni (1517 circa). Gli stalli lignei intagliati ai lati sono di Vincenzo da Cortona (1517).
La sala delle oreficerie e degli arredi sacri è ricca di testimonianze del prestigio della sede cortonese. Tra queste spiccano il calice di Michele di Tomè con smalti translucidi (1370 circa), il reliquiario Vagnucci di Giusto da Firenze (1457-58) che inglobò una statuetta di Cristo di fattura francese del primo quarto del XV secolo (l'opera venne commissionata dal vescovo di Perugia, il cortonese Jacopo Vagnucci, per il futuro Duomo cittadino). Il pregevole parato Passerini, ricamato per il cardinale Silvio Passerini, è un'opera di scuola fiorentina del primo quarto del XVI secolo: è composto da tredici pezzi in velluto laminato d'oro e broccato con l'applicazione di ricami eseguiti su disegno di Raffaellino del Garbo e Andrea del Sarto.
Museo Diocesano
Piazza del Duomo 1, Cortona
Apertura:
aprile-ottobre: tutti i giorni dalle 10 alle 19;
novembre-marzo: martedì-domenica dalle 10 alle 17.
Chiuso il 25 dicembre. |
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Cortona
Luca Signorelli, Compianto sul Cristo morto, 1502 circa, Museo diocesano, Cortona
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