Pietro Lorenzetti, Polittico di Monticchiello, Madonna con bambino (dettaglio), Museo Diocesano, Pienza
   
 

Pietro Lorenzetti | Polittico di Monticchiello

 
 

Il Polittico di Monticchiello è un possibile gruppo di dipinti a tempera e oro su tavola di Pietro Lorenzetti [1], databili al 1315 circa e provenienti dalla pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo a Monticchiello, oggi divisi in più musei.[2]

 
 
Non è chiaro se la Madonna di Monticchiello, oggi nel Museo Diocesano di Pienza, facesse originariamente parte di un polittico a cinque scomparti, i cui santi laterali sono stati incertamente identificati in quattro pannelli di mezze figure, uno al Museo Tessè di Le Mans (Santa, forse Margherita o Agata, 55x33 cm) e tre al Museo Horne di Firenze (San Leonardo o Benedetto, Santa caterina d'Alessandria, Sant'Agata o Margherita, ciascuno 63x33 cm).

L'attribuzione ha subito alcune oscillazioni: già assegnata ad Ambrogio Lorenzetti o a un generico "Maestro di Monticchiello", è oggi ritenuta con ampio consenso opera di Pietro.

La Madonna è rappresentata a mezza figura, col Bambino in braccio che le poggia una manina sulla spalla e le rivolge un intenso sguardo girandosi di profilo e ruotando la testa molto all'indietro, una posa insolita che dimostra uno studio naturalistico dell'autore: nelle opere del Lorenzetti le figure sono sempre intense e reali, mai troppo idealizzate e lontane. Madre e figlio congiungono le mani al centro, evidenziate dal candore sullo sfondo del manto scuro della Madonna. Tale veste ricade con pieghe di grande raffinatezza, evidenziate dall'andamento sinuoso del bordo ricamato d'oro.

All'eleganza del disegno e alla grande cura del dettaglio quindi si unisce la solidità dei volumi, come dimostra ad esempio la costruzione delle gambe del Bambino, nell'ampio avvolgersi delle pieghe della tunichetta.

 
Pietro Lorenzetti, Madonna con bambino


Tre Santi, San Benedetto, Santa Caterina d'Alessandria e Santa Margherita


Pietro Lorenzetti, Polittico di Monticchiello, Tre Santi: San Benedetto, Santa Caterina d'Alessandria e Santa Margherita,
tempera su tavola, 1315 circa, Museo Horne, Firenze

Il Santo, rivestito dell'abito monacale, da identificarsi forse con s. Benedetto, è a mezza figura di tre quarti a destra: tiene con la mano destra un bastone da pellegrino e con la sinistra un libro con i 'piatti' in cuoio; al centro, Santa Caterina anch'essa a mezza figura, leggermente di tre quarti a sinistra, ha una coroncina dorata e una collana e indossa un abito rosa acceso. La mano destra sorregge una ruota, la sinistra un lembo della veste; Santa Margherita è a mezza figura, volta di tre quarti a sinistra. La mano destra regge un lembo dell'abito azzurro-mare, assai brillante, con la sinistra mostra una sottile croce tinta di rosso.

 

Una Santa (Margherita o Agata) è un dipinto a tempera e oro su tavola (55x33 cm) di Pietro Lorenzetti, databile al 1315 circa e conservato nel Musée de Tessé di Le Mans. Forse faceva parte di un presunto Polittico di Monticchiello.

La santa è raffigurata a mezza figura e non ha attributi iconografici, a parte una generica croce astile tenuta in punta di dita con la destra. Si tratta forse di santa Margherita o sant'Agata. Essa è pettinata e abbigliata come una nobildonna dell'epoca, con una treccia annodata assieme a un nastro setoso in testa e una yunicaampia e foderata, con maniche larghe, che in petto si apre mostrando una veste sottostante bordata di ricami d'oro. Di notevole realismo è la fila di quattro pensati bottoni aperti e le asole fatte con cordicelle sul lato opposto. Le dita sono affusolate, anche se la mano destra, quella sollevata, è descritta con un forte chiaroscuro che ne accentua il rilievo, quasi scultoreo. Inoltre questa particolare posizione amplifica il senso spaziale in profondità, come se la santa si muovesse entro una nicchia.
 

Santa, 1315 circa, tempera e oro su tavola, Musée de Tessé, Le Mans
 
 

Photo gallery Monastero di Sant'Anna in Camprena

Pienza

 

   
Pienza, Palazzo Comunale   Palazzo borgia (Pienza)   Duomo (Pienza)

Palazzo Comunale

 

 

Palazzo Vescovile, Museo Diocesano d'Arte Sacra di Pienza

 

  Pienza, Duomo


[1] Pietro Lorenzetti nasce a Siena intorno al 1280 e muore in questa città nel 1348. La sua formazione artistica si compie a Siena e i suoi primi dipinti subiscono gli influssi di Duccio di Buoninsegna (il polittico per la chiesa aretina di Santa Maria della Pieve commissionato dal vescovo Tarlati), mentre le opere successive provengono tutte dal suo genio creativo ispirato all’arte gotica, che sta ormai terminando il suo proficuo ciclo trecentesco. Pietro, nei suoi primi anni di attività artistica opera prevalentemente nel Senese, più tardi, si sposta tra Assisi e Firenze, dove rimangono alcune sue opere di notevole importanza. In queste si rivelano, soprattutto nei valori volumetrico-spaziali, gli influssi della scuola giottesca (compresi quelli di Martini che pur si scostava dalla pittura di Giotto), come si evidenzia nel polittico della Beata Umiltà realizzato a Firenze. La sua pittura sembra volgere verso un punto di incontro tra la l’arte fiorentina e quella senese ma, nonostante questa ricerca di conciliazione, rifiuta in modo assai evidente gli stilemi di entrambe, ormai stereotipati.
La sua opera più significativa è certamente “La Passione di Cristo”, realizzata nella Basilica Inferiore di Assisi, che comprende la “Deposizione dalla croce”, un'opera considerata dalla critica come la sua massima espressione. L’immagine stessa del Cristo richiama la cultura senese, che ha nelle sue fondamenta il germe bizantino.
Nonostante che in Pietro Lorenzetti confluiscano motivi con espressività mutata rispetto a quelli della compagine artistica del suo periodo, non si può fare altro che confermare la grande capacità espressiva della sua pittura.

[2] Monticchiello si erge sopra un colle della stupenda campagna senese. Per la sua posizione, già in epoca etrusca e romana fu un importante crocevia della zona e il primo documento riguardante questa località è precedente all'anno mille. Fino all'anno 1559, Monticchiello è stato un caposaldo del sistema militare della Repubblica di Siena, grazie alla sua rocca formata dal Cassero e dalle mura, per gran parte conservate insieme a sette torri.
Monticchiello, oggi luogo in cui dominano tranquillità e pace, è un importante centro culturale soprattutto per la Chiesa dei Santi Leonardo e Cristoforo del XII secolo, in cui è presente una colossale figura di San Cristoforo dell'altezza di quasi cinque metri (l'esempio più antico e imponente in territorio senese). La chiesa inoltre conserva un grande capolavoro pittorico: la Madonna col Bambino di Pietro Lorenzetti.

La pieve dei Santi Leonardo e Cristoforo è ’ uno degli edifici romanico-gotici più interessanti del senese meridionale: la sua alta facciata, in filari regolari di pietra, è ornata dal portale e dal rosone, di chiaro gusto gotico. L’interno, rinnovato in forme neoclassiche intorno alla metà del 1700, conserva una parte considerevole del ciclo di affreschi che la decorava, probabilmente su tutte le superfici dei muri interni: Madonne con Bambino e Santi, storie di Santi, immagini dei titolari della chiesa tra le quali un San Cristoforo alto più di quattro metri. Il nucleo fondamentale degli affreschi è attribuito a Niccolò di Segna, pittore senese della metà del XIV secolo. Statue, mobili e tele dei secoli XIV-XVI completano il patrimonio artistico della chiesa. La pieve conservava anche il capolavoro di Pietro Lorenzetti, una Madonna con Bambino, attualmente esposto al museo diocesano di Pienza.
La chiesa dei Santi Leonardo e Cristoforo venne rinnovata in forme gotiche nella seconda metà del XIII secolo.
 
Monticchiello, chiesa dei Santi Leonardo e Cristoforo


Il Museo Horne, nel Palazzo Corsi di Firenze, è una dimora rinascimentale creata dal collezionista inglese Herbert Horne tra Otto e Novecento.
Il Museo Horne in via de' Benci 6 a Firenze è un interessante museo minore della città, che ricostruisce alcuni ambienti di una tipica abitazione fiorentina antica, con numerosi pezzi d'antiquariato, sculture e soprattutto una notevole collezione di dipinti su tavola del Tre e Quattrocento.

Nel 1911 l’architetto e storico dell’arte inglese Herbert Percy Horne acquista Palazzo Corsi, in via de' Benci, con l'intento di dare una adeguata cornice alla propria collezione di dipinti, sculture, disegni e arredi, così da ricreare l'atmosfera e gli ambienti di una dimora rinascimentale.
Alla sua morte, nel 1916, Horne lascia la propria raccolta (che nel frattempo si è sviluppata fino ad accogliere oltre seimila opere) allo Stato italiano, dando vita a una fondazione, destinata “a beneficio degli studi”.
Ancora oggi il Museo Horne si presenta ai visitatori così come lo ha voluto il collezionista inglese: un raffinato scrigno di capolavori di pittura e scultura (da Giotto a Simone Martini, a Masaccio, a Filippino Lippi, a Domenico Beccafumi e al Giambologna) ma anche e soprattutto una casa, arredata con pezzi pregiati dal Duecento al Seicento.

Museo Horne, via dei Benci, 6 - 50122 Firenze | www.museohorne.it
Linee ATAF 23, C
Orario di apertura:
dal lunedì al sabato 9-13 (chiuso domenica e festivi)
Aperture straordinarie su richiesta, a pagamento


Bibliografia

Chiara Frugoni, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, in Dal Gotico al Rinascimento, Scala, Firenze 2003.




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L’arte gotica in Italia | Scultura | Pittura


La città di Siena, luogo di una nuova tradizione iconografica rappresentata da artisti quali Duccio di Buoninsegna e Simone Martini, politicamente ghibellina e dunque contrapposta alla guelfa ed artisticamente classica Firenze, accetta appieno lo stile gotico. Ne è un esempio il Palazzo Pubblico, che sorge nella splendida Piazza del Campo. Dominato dal verticalismo, dalla leggerezza delle masse e dalla giustapposizione dei colori, il palazzo è un esempio di goticismo senese. Ad esso si aggiunga il Duomo, sorto nel luogo più alto della città già nel XII secolo su progetto romanico: è realizzato su progetto di Giovanni Pisano, cui si deve la facciata. Nel 1339 l’edificio viene integralmente ripensato come transetto di una nuova immensa basilica: il Duomo nuovo, del quale per motivi economici si inizia appena la costruzione, destinata poi ad essere demolita. Infine, il Duomo vecchio viene completato.
La parte superiore della facciata del Duomo senese s’ispira al celebre Duomo di Orvieto, edificio grandioso ed imponente di importanza unica nel gotico italiano. La chiesa, iniziata nel 1290, è il simbolo del ruolo della città umbra e del prestigio cittadino, innalzata con magnificenza che sovrasta l’abitato. Lorenzo Maitani, pittore senese, firma la facciata. Influenzata dai valori pittorici dell’autore e da suggestioni francesi, essa è la più bella del gotico italiano ed è improntata ad un’assoluta coerenza interna, secondo cui ogni singola parte si coordina al risultato finale. All’interno della cattedrale lo spazio è diviso in tre navate: pilastri cilindrici, scanditi dalle fasce bianche e nere, sostengono archi a tutto sesto.

Verso la fine del XIII secolo, la tradizione pittorica bizantina, ormai assuefatta a vecchie maniere, viene lentamente abbandonata, in favore di nuove forme espressive. Il tentativo di rigenerare l’arte pittorica proviene da alcuni centri privilegiati nella produzione, sedi di botteghe e ferventi centri culturali. In essi, autori brillanti e geniali trovano diverse ed originali forme espressive. Firenze, Siena, Roma, Assisi sono le città da cui parte una vera e propria rivoluzione artistica.A Firenze Coppo di Marcovaldo annuncia l’arte di Cimabue (ma non è chiaro se piuttosto ad essa egli si ispiri): con alcune Madonne in trono, egli esalta i valori plastici e drammatici. E’ questa la strada su cui il maestro fiorentino Cimabue imposta il proprio lavoro, recuperando la tradizione bizantina colta ed accentuandone drammaticità e forme plastiche. A Siena, Duccio di Buoninsegna realizza l’opera sua incrementando il carattere lineare delle forme e l’intensità cromatica, valori già presenti in città dalla seconda metà del Duecento nella pittura locale. I risultati da lui ottenuti influenzano profondamente l’opera d’altri tre celebri autori senesi: Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti. A Roma, negli ultimi decenni del Duecento, la pittura trova rinnovamento nelle tre personalità di Jacopo Torriti, autore dei mosaici dell’abside della chiesa di San Giovanni in Laterano; Pietro Cavallini, che firma le Storie della vita della Madonna della Chiesa di Santa Maria in Trastevere; Filippo Rusuti, realizzatore dei mosaici nella parte superiore dell’antica facciata di Santa Maria Maggiore. Sembra certo che il Torriti abbia lavorato ad Assisi, partecipando alla decorazione della Basilica inferiore di San Francesco. All’imponente opera lavorano le personalità artistiche più celebri del periodo ed Assisi sembra il luogo di passaggio e di concentrazione di tutta l’arte della fine del Duecento. Cimabue attende alla decorazione del transetto della Basilica superiore, Simone Martini affresca la cappella di San Martino, della Basilica inferiore, Pietro Lorenzetti realizza un ciclo d’affreschi nella Basilica inferiore, Giotto negli ultimi anni del Duecento affresca le Storie di San Francesco della Basilica superiore.
Quest’ultimo spicca per genialità, fama e grandezza sugli artisti finora citati. Considerato il pittore che meglio rappresenta l’intero Medioevo, Giotto interrompe la tradizione del passato con una capacità innovativa che i suoi contemporanei gli riconoscono e di cui anche il Rinascimento è debitore. Molte scuole nascono intorno ai suoi stilemi creativi, stuoli d’apprendisti a lui s’ispirano e diffondono nelle città dove egli lavora la sua maniera.
[Fonte: Italica - Storia dell'arte | www.italica.rai.it]

 

 

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