Bonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)
   
 

Giorgio Vasari | Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri

Buonamico Buffalmacco

 
 
BUONAMICO BUFFALMACCO

Pittor Fiorentino

   

Non fece mai la natura un burlevole e con qualche grazia garbato, ch’ancora non fosse a caso e da straccurataggine accompagnato nel viver suo. E nientedimeno si truovano alle volte costoro sí diligenti, per la dolcezza dell’amicizia, nelle comodità di coloro che amano, che per fare i fatti loro il piú delle volte dimenticano se medesimi. Onde, se costoro usassero la astuzia ch’è lor data dal cielo, si leverebbono dattorno quella necessità, che nasce nelle vecchiezze loro e negli infortuni ove si veggono incorrere il piú delle volte, e serbandosi il capitale di qualcosa delle fatica della giovanezza, diventerebbe loro comodità utilissima e necessaria, in quel tempo proprio ove sono tutte le miserie e tutte le incomodità. E certamente chi ciò fa, s’assicura benissimo per la vecchiaia e vive con minor sospetto e con maggior contentezza. Questo non seppe fare Buonamico detto Buffalmacco, pittor fiorentino, celebrato dalla lingua di messer Giovanni Boccaccio nel suo Decamerone. Fu costui, come si sa, carissimo compagno di Bruno, e di Calandrino pittori, e dotato nella pittura di buon giudicio. Lavorò nelle monache fuor della porta, a Faenza (luogo oggi ruinato per farvi il castello) tutta la chiesa di sua mano. E per essere egli figura astratta nel vestire come nel vivere, rare volte portava il mantello e ’l cappuccio. Onde cominciando l’opera, e le monache per la turata che fatto aveva Buonamico spesso guatando, non si contentavano di vederlo in farsetto. Pure, avendo il castaldo lor detto che egli era maestro molto valente di quel mestiero, se ne stettero tacite alcuni dí; ma di nuovo rivedendolo pareva loro un garzonaccio da pestar colori. Perché fu Buonamico dalla badessa richiesto che il maestro arebbono voluto veder lavorare e non lui; onde Buonamico, come uomo faceto e di piacevole pratica, promise loro che, tosto che il maestro ci fosse stato, gliele arebbe fatto intendere, accorgendosi della diffidenza che le monache avevano dell’opera sua. Preso dunque un desco, e postovene sopra un altro, mise all’ultimo in cima una brocca d’acqua, che serviva al lavoro che faceva; e dove era la bocca di essa pose il cappuccio in su ’l manico, e co ’l mantello il mezzo del corpo coperse, affibbiatolo intorno a i deschi; e nel boccuccio dove l’acqua si trae, pose un pennello. Onde da una banda cansando la turata della tela, le monache vedevano il maestro dell’opera, che pareva che dipignesse. Ma essendo elle venute in desiderio di veder l’opera ch’e’ faceva, e passati piú di quindici giorni che Buonamico non c’era capitato, elleno una notte, pensando che il maestro non ci fosse, come curiose andarono a vedere la pittura di Buonamico e ritrovarono la loro semplicità esser mutata in goffezza. Perché, scornate dalla burla, fecero cercare al castaldo di Buonamico, il quale con grandissime risa si ricondusse al lavoro, dichiarando alle monache la differenza ch’era da gli uomini alle brocche. Ora quivi in pochi giorni lavorando finí una storia, di ch’elle vedutola si contentaron molto, a una cosa sola apponendosi: che le figure parevano loro troppo smorticce. Per il che Buonamico, il quale aveva inteso che la badessa aveva una bonissima vernaccia, che per lo sacrificio della messa serbava, le disse esserci rimedio ad acconciarle; che avendo vernaccia, la qual buona fusse, stemperandola ne’ colori e toccandone le gote e ’l corpo delle figure, le farebbe tornare il colore piú vivace che non avevano; di che ne fu fornito mentre che durò il lavoro, et egli fece le figure piú rosse co i colori, et a sé et a gli amici suoi il colore medesimamente mantenne. Finito il lavoro delle monache, dipinse nella Badia di Settimo alcune istorie di S. Iacopo a’ monaci di quel luogo, a i quali fece infinitissime burle e molte piacevolezze. Lavorò a fresco in Bologna in S. Petronio la capella de’ Bolognini, con molte istorie e gran numero di figure, dove tanto satisfece a quel gentiluomo che lo faceva lavorare, che oltre al premio che non fu piccolo, ne acquistò benivolenzia et amore perpetuo. Appresso fu da molti signori per Italia chiamato per la sua garbata maniera e per far burle e per trattener cicalando gli amici. Fece ancora in San Paolo a Ripa d’Arno in Pisa certi lavori, et in Campo Santo alcune storie dove comincia il principio del mondo. Fu costui sempre familiare e domestico di Maso del Saggio, e la sua bottega era del continuo piena di cittadini, tirati dalle costui piacevolezze, secondo che si vede nella novella di maestro Simone, quando lo mandarono in corso, e similmente nelle giostre fatte a Calandrino.

Dicesi che, avendo egli promesso in Valdimarina a un contadino lavorare un San Cristofano, ne fece fare d’accordo con esso lui in Fiorenza uno istrumento rogato, che lo dovesse fare per prezzo d’otto ducati, e la figura doveva essere dodici braccia. Arrivato Buonamico a la chiesa per farlo, trovò che ella non era piú che nove braccia in tutta l’altezza, dove né di fuori né di dentro potendo accomodarlo, si risolse poi che non ci poteva capir ritto, di farlo dentro in chiesa a giacere, e cosí lo fece. Onde il contadino si dolse di Buonamico in giudicio all’Arte de gli Speziali, ma per lo contratto che avevano fatto insieme fu giudicato ch’egli avesse il torto. A Calcinaia ancora dipinse una Nostra Donna a fresco co ’l Figliolo in braccio, la quale finita, non potendo trarre i danari di mano al contadino, vedendosi trattenere et alla fine uccellare, deliberò valersene. Et una mattina, partitosi da Fiorenza et a Calcinaia inviatosi, convertí il fanciullo che la Vergine aveva in collo, con tinta senza colla o tempera, in uno orsacchino. Dove il contadino, pressoché disperato, ritornando per Buonamico della prima opera fatta e della seconda ch’a fare aveva, lo pagò interamente. Et egli, con una spugna bagnata, lavò la tinta che vi aveva messa di sopra, et allegro, co’ meritati danari, se ne ritornò a Fiorenza. Fece infinite altre burle Buonamico, le quali lungo sarebbe e fuor di proposito a raccontare. Basta che le figure sue furono stimate bonissime e da quegli che dopo lui sono stati sempre avute in pregio grandissimo. Finí il corso della vita sua nell’età d’anni LXVIII, e dalla Misericordia sovenuto in Santa Maria Nuova di Fiorenza ordinariamente fu sepolto nelle ossa l’anno MCCCXL. Dolse veramente a molti la perdita di Buonamico, il quale con le piacevolezze sue trattenne del continuo i suoi cittadini e gli artefici, facendosi conoscere non meno mirabile nell’arte che faceto ne i costumi. Onde dopo la sua morte fu alcuno che cosí scrisse di lui:

VT MANIBVS NEMO MELIVS FORMARE FIGVRAS
SIC POTERAT NEMO VEL MELIORA LOQVI.

 

 
Bonamico di Martino da Firenze ditto Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte destra)
 
 

Trionfo della Morte


Bonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte sinistra)


Bonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341


Bonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte destra)


Bonamico di Martino da Firenze ditto Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte destra, dettaglio)



Il Giudizio finale e L'Inferno



Bonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)

 

 

Carlo Lasinio,1759-1838, Il Giudizio Universale e l’Inferno, acquaforte dall’affresco del Camposanto di Pisa

Bonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)

Buonamico Buffalmacco, Incredulità di San Tommaso, Sinopia , Museo delle Sinopie, Pisa

 
 
 


Art in Tuscany | Italian Renaissance painting

Art in Tuscany | Giorgio Vasari | Lives of the Most Excellent Painters, Sculptors, and Architects | Buonamico Buffalmacco

Arte in Toscana | Buonamico Buffalmacco | Gli affreschi del Campo Santo

Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, Giorgio Vasari, 1550 | Fonte del testo
Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri. Nell'edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino - Firenze 1550
A cura di Luciano Bellosi e Aldo Rossi
Presentazione di Giovanni Previtali
Giulio Einaudi Editore. Torino 1986
Collana: I Millenni
ISBN 88-065-9659-4
Wikisource contiene opere originali di o su Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori

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Podere Santa Pia, un’oasi di pace immersa nel verde delle colline della Maremma, è un’antica struttura completamente ristrutturata cercando di mantenere inalterate le stupende caratteristiche dell’immobile originario.
Sulle splendide e verdeggianti colline dell’alta Maremma, a 300 mt sul livello del mare, sorge il paese di Cinigiano. Qui si trova Podere Santa Pia, una casa vacanze accogliente, spaziosa e confortevole per gruppi da 2 a 13 persone.
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Appartamento di circa 90 mq con ingresso indipendente, composto da una camera matrimoniale ed una grande cucina, un bagno e con una terrazza solarium adiacente alle stanze e una bella terrazza con favolosa vista su campi e vigneti di Brunello e Montecucco.

La vicinanza a città d'arte quali Montalcino, Firenze, Siena, San Gimignano, Massa Marittima ed altre ancora tutte raggiungibile in poco tempo darà anche agli amanti della cultura una vacanza ricca di emozioni.

Case vacanza in Toscana | Podere Santa Pia

     
Podere Santa Pia
 
Podere Santa Pia, giardino
 
La Maremma e Monte Christo, vista dal terrazza Podere Santa Pia
         


Santa Trinita a Firenze
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Choistro dello Scalzo, Firenze
         
Siena, Duomo
Piazza della Santissima Annunziata
a Firenze
Firenze, Duomo
         
Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574) è stato un pittore, architetto e storico dell'arte italiano. Fu fortemente influenzato da Michelangelo e da Andrea del Sarto.

La sua formazione artistica fu composita, basata sul primo manierismo, su Michelangelo, su Raffaello e sulla cultura veneta. Come architetto fu la figura chiave delle iniziative promosse da Cosimo I de' Medici, contribuendo, grazie anche alla protezione di Sforza Almeni, a grandi cantieri a Firenze e in Toscana, tra cui spiccano la costruzione degli Uffizi, la ristrutturazione di Palazzo Vecchio e molto altro.
La fama maggiore del Vasari oggi è legata al trattato delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568. L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) è una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto di partenza tutt'oggi imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei più di 160 artisti descritti.

La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al granduca Cosimo I de' Medici, includeva un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu in parte riscritto e arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici. La prima edizione si presentava più corposa e più artistica della seconda edizione giuntina. Quest'ultima, con l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta più piatta, ma è anche quella che ha riscosso più successo e diffusione, con le sue 18 edizioni italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da Cimabue in poi, sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dal buio del Medioevo, talvolta esponendo idee per partito preso. Si può comunque dire che Vasari con quest'opera è stato l'iniziatore della critica artistica e molti artisti toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione e divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole, seppur altrettanto importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura dell'Italia settentrionale del Quattro e Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al pubblico non specializzato.

Come primo storico dell'arte italiana iniziò il genere, tuttora in voga, dell'enciclopedia di biografie artistiche. Vasari coniò il termine "Rinascita", sebbene una consapevolezza del fenomeno artistico che stava avvenendo era già nell'aria sin dai tempi di Leon Battista Alberti.
 

La copertina de "Le Vite"