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Camposanto monumentale di Pisa
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Pisa, Camposanto Monumentale
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Il Campo Santo, noto anche come Camposanto monumentale o Camposanto vecchio, si trova al limite nord della Piazza. Si tratta essenzialmente di un cimitero cinto da mura. Si dice, secondo uno schema di leggenda di fondazione tipica di altri edifici simili in tutta Europa, che il Campo Santo sia nato intorno ad uno strato di terra portato dalla Terrasanta via nave dopo la Terza Crociata dall'arcivescovo Ubaldo Lanfranchi nel XII secolo.
La sua struttura, iniziata nel 1278 da Giovanni di Simone, è quella di un chiostro oblungo in stile gotico fiorito, che però non fu completato fino al 1464, a causa della crisi provocata della sconfitta pisana nella battaglia della Meloria avvenuta nel 1284. Il muro esterno è composto di 43 archi ciechi con due porte.
I muri erano una volta affrescati: il primo affresco fu eseguito nel 1360, l'ultimo circa tre secoli più tardi. Le Storie dell'Antico testamento di Benozzo Gozzoli (XV secolo) si trovavano nella galleria nord, mentre quella sud era famosa per le Storie della Genesi di Piero di Puccio (fine del XV secolo). L'affresco più interessante è il realistico Trionfo della Morte, opera di Buonamico Buffalmacco.
Il 27 luglio 1944 una scheggia di bomba alleata provocò un inizio di incendio il quale, non potendo essere spento rapidamente a causa delle cisterne sotto vigilanza militare, fece scaturire un vero e proprio incendio che bruciò le travi in legno del tetto del Campo Santo il quale collassò arrecando ingenti danni alle opere custodite. Il piombo della copertura del tetto, fuso dal calore, danneggiò gli affreschi in modo gravissimo. Dal 1945 ad oggi sono ancora in corso lavori di restauro, che fra l'altro hanno portato al recupero delle preziose sinopie oggi esposte nel Museo delle Sinopie, situato nell'antico ospedale del XIII secolo a sud della piazza.
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Pisa, Camposanto Monumentale
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Buonamico di Martino da Firenze ditto Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341
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Trionfo della Morte
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L'affresco di Buonamico Buffalmacco raffigurante il Trionfo della Morte è il primo di una serie di tre grandi scene per il Campo Santo e fu eseguito nel 1336-41, su commessa dei frati domenicani. Staccato dalla parete e riportato su tela (misura: metri 5,6 x 15,0), l'opera è oggi conservata presso lo stesso Campo Santo nel cosiddetto "salone degli affreschi", appositamente attrezzato per la conservazione al chiuso dell'importante ciclo pittorico. |
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Buonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte sinistra) |
Descrizione e stile
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Questa scena è la più emblematica del ciclo del Campo Santo, con un'interpretazione dello spazio libera e disorganica, contrapposta alla prevalente scuola giottesca contemporanea, con caratteristiche narrative che non hanno confronti immediati nel quadro della pittura della prima meta del Trecento. Lo stato di conservazione è piuttosto rovinato, ma viste le drammatiche vicende che queste pitture hanno subito (già con vistosi problemi, furono incendiate durante la seconda guerra mondiale per poi venire restaurate in tutta fretta usando tecniche e materiali che solo in seguito si sono rivelati inadatti) è quanto meno un miracolo che possiamo ammirarle tutt'oggi. Il problema principale è legato al colore che ha perso di incisività per via di una diffusa polverizzazione durante i secoli, anche a causa della collocazione al coperto, ma a contatto continuo con l'aria esterna, tanto da rendere di difficile lettura i dettagli, che appaiono spesso "spalmati" con lo sfondo. Le zone meglio conservate restano quella più alta, in particolare la battaglia tra angeli e demoni, e le due scene cortesi ai lati.
Il tema del Trionfo della Morte, legato alla credenza della fine del mondo, assume tra le mura di un cimitero, un valore fortemente suggestivo. La scena è frammentata in più scene dominate da diversi sentimenti: l'orrido, il grottesco, il comico, il senso di serenità. Le dame ed i cavalieri che si vedono nell’affresco stanno andando a caccia in allegra brigata (si notino i cani e il falconiere), con le vesti eleganti ed i modi cortesi del tempo; ma, guardando l'intera parete affrescata, ci si accorge che essi non hanno tempo per bearsi delle delizie proprie della vita cortese: la tragedia della morte che trionfa sul mondo terreno sta ormai incombendo su di loro.
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La prima avvisaglia è proprio l'incontro tra i tre vivi e i tre morti, che occupa tutta la zona inferiore sinistra dell'affresco. Tre cavalieri, ignari dell'avvertimento del monaco Macario, che domina la parte soprastante da un promontorio roccioso degradante, vivono la loro esistenza senza problemi, ma si trovano davanti tre cadaveri imputriditi nelle loro bare (ciascuno in uno stadio diverso della morte, dal cadavere "fresco", a quello in putrefazione, a quello ormai scheletro; avvolti da serpenti emanano cattivo odore come suggerisce il cavaliere che si tappa il naso).
Poi, guardando più a destra nel dipinto, si vede che il "Giorno dell'Ira" è ormai iniziato e con esso la battaglia tra angeli soccorrevoli e implacabili demoni, determinati a strappare le anime dai corpi dei defunti. Le anime sono rappresentate in forma di infanti che escono dalla bocca delle persone, secondo un'iconografia tradizionale. In alto si consuma la vera e propria battaglia tra Angeli e Diavoli, che si contendono le anime dei defunti. Il precario stato dell'affresco lascia solo intravedere, in basso, nella zona centrale, la Morte in orribili sembianze di Genio volante munito di falce ed ali di pipistrello che campeggia la scena. Sotto la Morte sta un ammasso di persone ormai falciate: fra esse si scorgono, gli uni sopra gli altri, pontefici, imperatori, regine, principi, poveri, servi e villani, a simboleggiare l'umanità tutta coinvolta in eguale destino di morte. Verso quel mucchio si dirigono diavoli mostruosi, bramosi di stapparne le anime. È dunque un formidabile "Memento mori" quello che viene dall'opera di Buffalmacco.
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Buonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 |
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Buonamico Buffalmacco, Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte destra)
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In alto sulla sinistra, arrampicati su balze rupestri, stanno quattro monaci intorno ad una chiesetta; si tratta di eremiti che paiono indifferenti al destino di morte. Sono intenti alle opere della vita attiva e contemplativa: chi munge una capra, chi prega o legge seduto, chi guarda in basso la scena. Attorno alla chiesetta, a sottolineare la calma della vita eremitica, si vedono animali selvatici, quali il fagiano o la lepre, prede che la caccia della nobile brigata non riuscirà ormai più a raggiungere. Il Monaco Macario, nella parte inferiore dell'affresco, sulla sinistra dello spettatore, si trova all'imboccatura della via del promontorio e cerca di mettere in guardia i giovani.
Anche nell'ultima parte dell'affresco, quella in basso a destra, incontriamo una scena che potrebbe apparire di "amor cortese", tipica del gotico internazionale, con i Dieci giovani nel verziere fatta di giovani uomini e donne seduti in un giardino, su di un prato smaltato di fiori, all'ombra di profumati aranceti, fra suoni e canti, che si godono la vita spensierati. Ma proprio verso di loro la Morte sta ora volgendo la sua falce, per rammentare il destino che comunque li attende.
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Trionfo della Morte, affrescato 1336-1341 (parte destra)
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Buonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)
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Il Giudizio finale e l'Inferno
Gli affreschi di Buonamico Buffalmacco raffiguranti Il Giudizio finale e L'Inferno sono due scene collegate di una serie di tre grandi dipinti, eseguito nel 1336-41 su commessa dei frati domenicani nel Camposanto di Pisa in Piazza del Duomo. Staccate dalla parete e riportata su tela le due opere (che misurano rispettivamente metri 6,0 x 8,6 e metri 6,0 x 7,0) sono oggi conservate presso lo stesso Camposanto Monumentale nel "Salone degli affreschi", appositamente attrezzato per la conservazione al chiuso dell'importante ciclo pittorico.
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Buonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)
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Descrizione e stile
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Nell'arte gotica la rappresentazione del Giudizio Universale segue uno schema canonico: in alto è la "Gerusalemme Celeste", con le schiere ordinate dei santi e dei beati che contemplano il "Cristo giudicante". Con gesto pacato ma sicuro Cristo divide la scena in due settori: a destra gli eletti; a sinistra i reprobi, travolti da un fiume di fuoco che li fa precipitare all'inferno. Se questa è l’idea generale, l’artista deve poi fare i conti con lo spazio pittorico a disposizione. Per esempio nella Cappella degli Scrovegni a Padova, Giotto aveva tutta la controfacciata della chiesa a disposizione, qui Buffalmacco può contare solo sull’altezza dei muri che recintano il Camposanto. Anziché rimpicciolire le figure opta per una soluzione in lunghezza, affiancando il Giudizio alle scene dell'Inferno.
Uno sguardo d'insieme al Giudizio finale ci consente di rilevare elementi di forte originalità iconografica nell’affresco di Buffalmacco e la sua autonomia rispetto allo stile di Giotto. Il Giudizio, cosa insolita, è condotto congiuntamente da Cristo e dalle Vergine, entrambi assisi nell’arcobaleno di due "mandorle" adiacenti. Misericordioso è l'atteggiamento della Vergine, con una mano al seno; severo quello di Cristo, con il braccio alzato in segno di condanna (gesto che ci induce a pensare che il Michelangelo della Sistina dovesse conoscere gli affreschi del Camposanto di Pisa).
Ai lati dei giudicanti, posti in semicerchio un po' in basso, stanno gli Apostoli, mentre sopra di essi stanno alcuni angeli che recano nelle mani i simboli della Passione. Sotto alle due "mandorle" troviamo un gruppo formato da due agneli buccinatori, da un terzo accovacciato che si chiude la bocca con una mano, e da un quarto, ritto in piedi, che regge due cartigli; in quello di destra sta scritto: "venite benedicti patris mei, percipite regnum quod vobis paratum est"; in quello a sinistra: "ite maledicti in ignem aeternum qui paratus est a diabulo".
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Bonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341
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Carlo Lasinio,1759-1838, Il Giudizio Universale e l’Inferno, acquaforte dall’affresco del Camposanto di Pisa)
The engraving are photographs of Carlo Lasinio's Pitture a fresco del Campo Santo di Pisa, published in 1828.
A copy of Lasinio's book was owned by John Everett Millais; the spare style and linear simplicity appealed to the nascent Pre-Raphaelite Brotherhood as marks of a pictorial attitude wholly unlike the reigning academic canons, in particular what they called the 'slosh' promoted by Sir Joshua Reynolds. |
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Buonamico Buffalmacco, Il Giudizio finale e L'Inferno, affrescato (dettaglio), 1336-1341 (parte destra)
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Più in basso, al centro, San Michele Arcangelo, con la spada nella destra, indica ad altri arcangeli i compiti da eseguire per smistare correttamente le anime. I morti resuscitano dalla terra, da tombe quadrate scavate direttamente nel suolo. Uno di essi, che aveva recuperato la vita a destra, sul lato dei giusti, viene afferrato per i capelli e riportato tra i dannati; per contro, sulla sinistra, un arcangelo presenta a San Michele un eletto, erroneamente uscito da terra nella zona dei dannati. In primo piano è raffigurato , mentre esce da una tomba ed è ancora incerto del suo destino, il Re Salomone.
La fama di Buffalmacco nel suo tempo fu sicuramente alimentata dalla spaventevole scena dell' Inferno, collocata proprio di fianco al Giudizio. Al centro troneggia "Lucifero", figura gigantesca, di dimensioni doppie rispetto al Cristo giudice. Lucifero rappresenta l'orgoglio, radice di tutti i vizi. Di colore verde, con le corna e squame serpentine, è ritratto mentre sgrana un dannato con le orride zanne.
Attorno a questo mostro tricefalo (le due teste laterali sono appena distinguibili ai lati), che inghiotte ed evacua i dannati, si organizza una rigorosa suddivisione in zone, differenziate a seconda del genere di supplizi che vi sono praticati. Si tratta spesso dello stesso tipo di torture che si vedono nell'affresco di Giotto a Padova, ma qui esse sono suddivise in aree distinte, riservate ciascuna alla punizione di uno dei sette peccati capitali, ispirati alla Divina Commedia dantesca.
Nel girone dei "Simoniaci" troviamo un mostro marino che richiama forse l'episodio di Giona inghiottito dalla balena - "ho invocato il Signore…dal profondo degli inferi ho gridato (Giona 2:1,2)" - mostro che compare assai spesso nelle rappresentazioni dell'Inferno tipiche dell’arte nordica. Tra i "Simoniaci" troviamo anche la figura di Maometto: si tratta di una raffigurazione che ubbidisce ad un preciso intento pedagogico e propagandistico della Chiesa che continuerà anche nel XV secolo (come si può osservare nell'Inferno di Giovanni da Modena nella Basilica di San Petronio a Bologna).
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La Tebaide |
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L'affresco di Buonamico Buffalmacco raffigurante i santi anacoreti della Tebaide è il primo di una serie di tre grandi scene per il Camposanto di Pisa e fu eseguito nel 1336-41, su commessa dei frati domenicani.
Staccata dalla parete e riportata su tela (misura: metri 6,1 x 15,6), l'opera è stata rimossa dal cosiddetto "salone degli affreschi" per essere sottoposta a restauro. Tra le tre scene è quella peggio conservata, con i colori che appaiono "spalmati" con lo sfondo, rendendo più difficile la lettura dei dettagli.
Descrizione e stile
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Attraverso l’affresco della Tebaide, il programma pedagogico dei committenti, i frati domenicani che gestivano il Camposanto, Buffalmacco arriva a presentare un modello di vita alternativo a quello futile e peccaminoso dei nobili pisani raffigurati nel Trionfo della Morte. L'affresco ci trasporta tra i monti desertici dove vissero i grandi santi anacoreti (Sant'Antonio abate, San Paolo Eremita, Santa Maria Egiziaca, ecc.) e ci offre una rappresentazione per immagini della loro vita.
Il tema è trattato in modo aneddotico, riconducendo a poche scene, interpretate in modo popolare, quanto si poteva leggere nell'agiografia dei santi eremiti. A volte il tono diventa burlesco, come nella scena di Sant'Antonio che scaccia il demonio sotto forma di donna tentatrice. Vien da pensare che Buffalmacco, pur esaudendo gli ordini dei committenti, si sia preso qualche libertà artistica, assecondando la vis comica per la quale andava famoso. Le scene, pur apologetiche, dell’affresco richiamano il gusto narrativo con il quale Boccaccio rappresenta i semplici di spirito e gli episodi di inganno.
Difficile pensare che il Beato Angelico, autore della Tebaide conservata agli Uffizi, non avesse in mente l’affresco di Buffalmacco. |
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Buonamico Buffalmacco, Incredulità di San Tommaso, Sinopia , Museo delle Sinopie, Pisa
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Alla fine del XVI secolo, la parte sinistra della sinopia e del relativo affresco furono distrutti per fare spazio al Monumento Onesti. Il pittore pisano Zaccaria Rondinosi ritoccò la scena, danneggiando ulteriormente la sinopia. Nel 1951 lo strappo dell'affresco e della sinopia è avvenuto contemporaneamente per le cattive condizioni dell'incannicciato e dell'intonaco. La sinopia è stata solo in parte recuperata e riportata su eternit. |
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